martedì 11 marzo 2003



Credo che sia vitale prestare attenzione ai media e distinguere, per quanto possibile, tra informazione e disinformazione.

L'articolo di Robert Fisk, apparso su Znet il 21 Gennaio 2003, è illuminante e offre qualche consiglio pratico.


I giornalisti di guerra non dovrebbero cercare di ingraziarsi l'esercito


Sembra una riedizione della guerra del Golfo del 1991. I giornalisti americani stanno lottando come tigri per unirsi al "contingente" ed essere "immessi" nelle forze militari USA per assistere alla guerra in prima persona e, naturalmente, essere censurati. [...] Così, durante le quattro settimane passate, i ranghi compatti delle reti televisive americane si sono riversati in Kuwait per ingraziarsi le truppe USA, alla ricerca di quelle bramate posizioni nel contingente, per provare le armi o le divise ed assicurarsi che, se o quando il giorno verrà, potranno fare il servizio che ogni giornalista ed ogni generale desiderano: pochi fatti, belle immagini e niente di sporco che possa far vomitare gli spettatori mentre fanno colazione.

Ricordo come, nel 1991, solo quei soldati iracheni abbastanza ossequiosi da morire in pose romantiche, col braccio ritratto a nascondere le parti in decomposizione o con la faccia anonimamente nella sabbia, riuscirono ad apparire in diretta.

Quelli ridotti ad un incubo da obitorio o i cui corpi erano ridotti in brandelli dai cani randagi - ho davvero visto questa scena orrenda in un filmato della troupe della ITV - non ricevettero gli onori dello schermo. Il filmato della ITV non si poté trasmetterlo, chiaramente, non sia mai dovesse persuadere il mondo intero che nessuno dovrebbe più andare in guerra, mai.

Allora ecco una piccola lista di ciò da cui guardarsi bene, in quanto a falsità e propaganda, sugli schermi una volta che la guerra del Golfo 2 (o 3, se si considera il conflitto Iran-Iraq tra il 1980 e il 1988). Guardate con sospetto le seguenti cose:

  • giornalisti che vestono le divise americane o inglesi, elmetti, giubbotti mimetici, armi ecc.
  • giornalisti che dicono "noi" quando si riferiscono alle unità militari americane o inglesi in cui sono "incorporati";

  • quelli che usano l'espressione "danno collaterale" e non "morti civili";

  • quelli che cominciano a rispondere alle domande dicendo: "Be', chiaramente, a causa della sicurezza militare non posso divulgare...";

  • quelli che nei servizi sulla parte irachena insistono nel riferirsi alla popolazione irachena come al "suo" (di Saddam) popolo;

  • i giornalisti a Baghdad che parlano di "ciò che gli americani descrivono come violazioni dei diritti umani da parte di Saddam Hussein" piuttosto che della pura e semplice tortura che tutti noi sappiamo Saddam pratica.
  • i giornalisti che riferiscono di una delle due parti e usano la orribile e raccapricciante frase "secondo fonti ufficiali" senza dire chi sono questi "ufficiali" che spesso mentono.
Restate sintonizzati.

Documento originale War Journalists Should Not Be Cosying Up To The Military [Il testo integrale su www.Znet.org]

Traduzione di Sergio De Simone






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