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domenica 14 giugno 2009

GIOVANI INDUSTRIALI ITALIANI APPLAUDONO...


piccoli collaboratori crescono


Santa Margherita Ligure (Genova), 13 giugno 2009


Berlusconi, Marcegaglia, Guidi_La Stampa


"Penso che avrete peso atto che posiamo e che io poso con due signore che probabilmente non sono minorenni".


All'ingresso le due signore, Marcegaglia e Guidi, ridono di gusto alla battuta.  Ma Noemi e Roberta erano minorenni, quindi che ci trovano da ridere le due signore? Perché Berlusconi ripete dovunque vada la battuta sulle minorenni? Crede di sminuire il peso dello scandalo? Certo le risate compiacenti delle signore e gli applausi delle platee degli imprenditori sembrano dargli ragione. [ BERLUSCONI ALL'ATTACCO: PIANO EVERSIVO CONTRO DI ME - Video ...Video ]



Dice Berlusconi dal podio: "Le calunnie contro di me, quattro calunnie filate, le veline, le minorenni, Mills, i voli di Stato, hanno costituito una campagna di scandalo molto negativa all'estero per il nostro Paese e credo sia un comportamento colpevole da chi l'ha pensato e organizzato, un progetto eversivo perché la finalità è quella di costringere a far decadere un presidente del Consiglio eletto dagli italiani e a mettere un'altra persona non eletta dagli italiani". "Avete visto come hanno costruito su quattro calunnie filate una campagna di scandalo molto negativa all'estero per il nostro Paese? Se questa non è eversione, ditemi voi cos'è".


Qui i giovani industriali applaudono.


Le affermazioni di Berlusconi sono di un'estrema gravità, ancorché generiche. Che cosa vogliono dire gli applausi dei giovani ma non ingenui industriali? Sanno di che cosa si tratta ed esprimono la loro solidarietà con gli applausi? Hanno contezza di quel piano eversivo e con gli applausi sostengono Berlusconi? O, più semplicemente, applaudono perché questo richiede la convenienza mercantile?  [ Berlusconi: ''Piano eversivo contro di me'' ... video ]


Continua Berlusconi dal podio: «La situazione della crisi è quella che conoscete, bisognerebbe non avere una opposizione e dei media che tutti i giorni cantano la canzone del pessimismo, del disfattismo, del catastrofismo. Penso che anche voi dovreste operare di più in questa direzione, per esempio non date pubblicità a chi si comporta così. Credo che sia una difesa logica e assolutamente fondata sulla realtà dei fatti».


Qui ancora applausi dei giovani industriali.


Sono d'accordo anche con queste affermazioni? Ma bravi, bravi davvero, bravi questi giovani liberisti. Non sentono la stonatura di quegli applausi prodotti da chi fa impresa rivolti all'invito aberrante di Berlusconi che approfitta del suo potere per schiacciare dei concorrenti. Non dovrebbero essere loro, i giovani fortunati rampolli della borghesia produttiva a sostenere la libera concorrenza e a stupirsi della minaccia lanciata dal più grosso imprenditore italiano, nonché presidente del governo? No, loro applaudono, come hanno già fatto i loro omologhi "adulti": confindustria e confesercenti.    
 [
Poi attacca i giornali: ''Industriali, niente pubblicità ai disfattisti''. ... Video ]


Nota dello staff berlusconiano: "Mi riferivo al leader del Pd Franceschini".


Smentisce e conferma Berlusconi: Ma dopo la conferma: "Intendevo proprio Repubblica" [ Video ]



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Il Cavaliere e il suo fantasma di EZIO MAURO
La sconfitta del capo di EUGENIO SCALFARI
Quelle calunnie che sono bugie di GIUSEPPE D'AVANZO


 


giovedì 27 novembre 2008

Una Nuova Rivoluzione




La crescita infinita? E' finita. Il coraggio di fare la rivoluzione


di Loretta Napoleoni - Internazionale - 25/11/08


loretta napoleoni“Per uscire dalla spirale della crescita infinita c’è bisogno di un gesto radicale: inventare un’altra teoria economica”.

Cos’hanno in comune il nuovo presidente degli Stati Uniti e il pianeta? Tutti e due rischiano di deluderci per mancanza d’idee. Senza una nuova teoria economica, Barack Obama non attuerà il programma di giustizia sociale che l’ha portato alla Casa Bianca e la Terra non riuscirà a soddisfare il nostro bisogno di risorse.



La prima frase del Nuovo testamento economico potrebbe essere: “E poi arrivò la Rivoluzione industriale”. Tutte le teorie economiche moderne, da Adam Smith a Milton Friedman, incluse quelle di stampo marxista, hanno come epicentro questo fenomeno. Ecco perche il moderno capitalismo e il suo opposto, il marxismo, hanno un identico cuore: lo sfruttamento ad infinitum delle risorse, per produrre una crescita economica altrettanto infinita. Ma da Smith a Marx, da Keynes a Friedman, tutti analizzano un mondo che non esiste, un pianeta che possiede risorse illimitate.
Il problema di queste teorie é che sono costruite su ipotesi sbagliate. Per salvare il mondo ci vuole una rivoluzione teorica della stessa portata di quella scatenata dalla rivoluzione industriale. Il nuovo presidente degli Stati Uniti deve incoraggiare gli economisti a guardare al futuro immaginando il mondo del 2050, quando le risorse scarseggeranno ovunque. Fino a oggi nessuno l’ha fatto perche gli sforzi sono concentrati sul settore finanziario, dove negli ultimi vent’anni è successo di tutto e dove confluisce la ricchezza prodotta dalla globalizzazione. Il difficile compito di difendere il pianeta dalla devastazione prodotta dalla crescita economica è ricaduto sulle spalle degli scienziati, che possono solo continuare a denunciare la catastrofe ambientale provocata dall’economia globalizzata.
E inutile cercare la soluzione nelle teorie economiche del passato. Il presidente Obama se ne accorgerà quando dovrà farsi rieleggere: meglio indebitarsi ulteriormente o aumentare le tasse sulla benzina per finanziare il programma di assistenza sanitaria ai poveri? Neanche limitare lo sfruttamento delle risorse è sufficiente, perche il problema non é congiunturale, è di sistema. Anche se gli Stati Uniti diventassero improvvisamente ecologisti come i paesi scandinavi, il pianeta continuerebbe l’inesorabile discesa verso l’inquinamento globale. Il modello di sviluppo economico, per la Cina comunista come per l’India capitalista e per la Norvegia ecologista, poggia sullo sfruttamento illimitato delle risorse. Un modello alternativo non esiste. Per uscire dalla gabbia di questa teoria economica c’è bisogno di un gesto radicale: inventare una teoria nuova.
Neppure le soluzioni utopiche come quella che mette l’individuo al centro di un movimento globale ecologista o quella che vuole creare uno status speciale per chi inquina meno salveranno il mondo. Sono modelli prodotti in occidente, che presuppongono un livello di sviluppo economico molto avanzato. Al contadino indiano che finalmente può permettersi dei fertilizzanti nitrogenati interessa solo il guadagno prodotto dal raccolto più rigoglioso, che userà per meccanizzare la sua azienda.


Un mondo più giusto

Il problema insomma è globale e la soluzione deve essere globale. Ce ne siamo accorti durante la crisi del credito: l’intervento di una nazione, gli Stati Uniti, non è servito a nulla, e anche le nazionalizzazioni e i salvataggi in extremis degli altri paesi non hanno avuto i risultati previsti. Forse l’unico modo per spingere gli economisti a sviluppare una teoria nuova, che funzioni in un pianeta a risorse limitate, è partire proprio dalla crisi del credito, che è stata un pallido anticipo di quello the succederà quando si esauriranno le risorse del pianeta. Non possiamo permetterci di aspettare che la crisi peggiori per poterla risolvere. Oggi dobbiamo farci con la stessa urgenza belle domande scomode: come risolvere il problema dell’acqua? Gli economisti classici questo problema se lo sono posto e una soluzione l’hanno trovata: chi non si può permettere l’acqua morirà di sete, e la popolazione mondiale si ridurrà fino al punto in cui ci sarà acqua a sufficienza per i sopravvissuti.
Malthus non avrebbe problemi con questo scenario, l’aveva analizzato più volte nel corso della storia. Perché la storia economica è scritta da due autori: abbondanza e carestia. La grande sfida di Barack Obama è la stessa del pianeta: trovare la teoria economica che interrompa il ciclo di ricchezza e povertà che ci intrappola, una teoria che produca uno sviluppo equo, equilibrato e sostenibile, e che lo faccia prima che sia troppo tardi. Bisogna aiutare il mondo a riprendersi dalle tragiche conseguenze dello sfruttamento irrazionale the distrugge più ricchezza di quanta ne produca.
Cosi sarà più facile ottenere la giustizia sociale.

Fonte: Internazionale n. 770, 14-20 novembre, pp. 20-21


lunedì 29 dicembre 2003

Financial Times; Dec 29, 2003 - Martin Mulligan and Wolfgang Munchau


Parmalat affair has plenty of blame to go round (L'affare Parmalat ha ancora molte responsabilità da tirar fuori)


 Il FINANCIAL TIMES a proposito del caso PARMALAT:


«Gli italiani pagheranno gli errori di Berlusconi»

La legge sul falso in bilancio, il ritorno della corruzione. Il caso Parmalat è il frutto di una debolezza del sistema di controllo dell'economia in Italia e il responsabile di questa debolezza ha un nome e un cognome: Silvio Berlusconi. Lo afferma il Financial Times, in un'editoriale che dice: «Guardiamo ai fatti». Gli investitori fino ad oggi non lo hanno fatto. E ora chi ne paga le conseguenze: «I contribuenti italiani e la comunità internazionale».



Gli investitori adesso possono anche mostrare stupore. Ma bastava guardare al passato per cogliere certi segnali, e non affidarsi solo alle stime delle agenzie di rating. «Le aziende di Berlusconi sono state coinvolte in accuse di frodi in bilancio; e arrivato al governo lo stesso Berlusconi ha fatto leggi per proteggere il mercato da pubblici ministeri troppo zelanti. Lo scorso anno la legge sul falso in bilancio è stata molto allentata – spiega Munchau – La massima pena è stata abbassata a tre anni di carcere. Il numero delle esenzioni è stato accresciuto».


Ora il crack della società di Calisto Tanzi dimostra come quella legge fosse fuori dal tempo. E nell’economia italiana si apre un buco impressionante: «Si stima che dai conti dell’azienda manchino circa 10 miliardi di euro. È circa lo 0,8% del Pil Italiano. Come percentuale sul Pil degli Stati Uniti, il buco di Enron al confronto era una manciata di noccioline».


E così anche il mito di Berlusconi presidente – imprenditore è sfatato: «Il più grande errore commesso dagli investitori è stato di farsi cullare dall’idea che Berlusconi sarebbe stato un bene per l’ecomonia solo perché era stato un buon business man». Al contrario: le sue scelte di governo hanno drasticamente ridotto la credibilità del sistema Italia. Come esempio Munchau cita le stime di un’organizzazione no profit, Trasparency International, sui livelli di corruzione nell’Unione Europea: l’Italia è il secondo paese più corrotto, subito dopo la Grecia.


«Proprio come l’incapacità di Berlusconi nella gestione della presidenza dell’Unione Europea ha provocato una crisi di fiducia reciproca quando i leader si sono incontrati per accordarsi sulla nuova costituzione, allo stesso modo – afferma Munchau – le sue scelte hanno contribuito a introdurre in Italia un clima in cui gli scandali finanziari sono più, invece che meno, probabili».


E ora chi ne paga le conseguenze? Gli italiani per primi: «C’è un prezzo da pagare per il cattivo governo e la cattiva amministrazione, e i contribuenti italiani e la comunità internazionale dovranno pagarlo». Berlusconi, invece, quando comincerà a pagare la sua parte?


Da L'UNITA', 29 Dicembre 2003 - di RED


E l'OBSERVER da parte sua scrive:

 


Il suo controllo dei mezzi di comunicazione soffoca ogni possibilità di dibattito e critica.


Il risultato: cattivo governo,


                     niente pluralismo


                     e Parmalat».



«Come primo ministro, incarico ottenuto grazie al supporto dei propri media, Berlusconi è in grado di mettere in pratica quanto predicato attraverso i suoi giornali e le sue televisioni.