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domenica 24 aprile 2011


Risorgere 

 


Taddeo Gaddi_Ultima Cena_Albero della Vita_1330_Santa Croce_Firenze
 



Risorgere. Risuscitare, rinascere, rivivere, rifiorire, risollevarsi, alzarsi, riemergere.
 

domenica 4 ottobre 2009


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IL COMPLEANNO DI GANDHI






Voglio celebrare Gandhi con questo gabbiano in volo colto da "dolcetta" poco dopo l'alba sul nostro mare di questo inizio autunno, perché a un tempo voglio celebrare gli spiriti in-nocenti che praticano con amore la non-violenza, la ricerca della verità e la giustizia.



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Sull'ahimsa come atto positivo d'amore

da WIKIPEDIA



"L'ahimsa a mio parere deve essere interpretato non puramente come un'espressione negativa che indica la volontà di non nuocere ad alcuno, ma come un'espressione positiva di amore, della volontà di fare il bene anche di chi commette il male. Ciò non significa tuttavia aiutare chi commette il male a continuare le sue azioni immorali o tollerare queste ultime passivamente. Al contrario l'amore, espressione positiva dell'ahimsa, richiede che si resista a colui che commette il male dissociandosi da lui; anche se questo può offenderlo o arrecargli dei danni fisici. Così, se mio figlioconduce una vita immorale, io non devo aiutarlo a perseverare nella sua condotta continuando a mantenerlo, al contario il mio amore per li richiede che io cessi di matenerlo in qualsiasi modo, anche se questo potrebbe significare la sua morte. E lo stesso amore richiede che io lo raccolga al mio seno quando si pente. Ma non posso costringere con la forza fisica mio figlio a diventare buono. Questo a mio parere è la morale della storia del Figliol Prodigo." (da "Young India", 25 agosto 1920)


Satyagraha


Il satyagraha letteralmente indica la completa adesione alla Verità, e dunque significa forza della Verità. La Verità è l'anima o spirito, e dunque il satyagraha è definito anche forza dell'anima. Esso esclude l'uso della violenza poiché l'uomo è incapace di conoscere la verità assoluta, e dunque non ha il diritto di punire. ... (da "Young India", 23 marzo 1921)

 

giovedì 21 maggio 2009

Il sogno a occhi aperti di


DIONIGI TETTAMANZI




Cristianesimo


"Vorrei declinare il comandamento 'Non nominare il nome di Dio invano' in questo modo: 'Non nominare il nome di cristiano invano'. Non si tratta di nominare un nome, si tratta di viverne il contenuto, il significato, la bellezza. In questo senso mi pare si possa stabilire una perfetta corrispondenza tra il comandamento che riguarda Dio e il comandamento che riguarda chi da Dio ha ricevuto la fede, cioè il cristiano".



Politica e morale


"Chi è impegnato a guidare una comunità ha il dovere di presentarsi non secondo una doppia morale, ma secondo un’unica morale. Questo riguarda tutti, ma per chi ha una responsabilità nei confronti degli altri diventa un’esigenza ancora più forte."



Politica ed emergenza


''Penso che, soprattutto la politica, debba senz'altro interessarsi del momento - certo piu' difficile e delicato - dell'emergenza, ma ad essa non puo' arrestarsi. La politica deve partire da progetti grandiosi, e soltanto in questo quadro e' possibile allora attivare le diverse forze sociali, culturali istituzionali, di volontariato, religiose, perche' solo in un quadro progettuale e' possibile risolvere anche il momento puntuale dell'emergenza.''


''Il nostro tempo e' caratterizzato dall'azione di emergenza. E l'emergenza si accompagna con la paura. E la paura non e' la consigliera piu' saggia per affrontare il problema nella sua ampiezza e nella sua profondita'. A partire da un vero e proprio progetto.''


"Dobbiamo pensare a queste sofferenze attuali con analogia alle doglie del parto. C’è un momento di estrema sofferenza, ma è una sofferenza che chiede di guardare più avanti, di guardare al domani, alla vita. Se noi affrontiamo la sofferenza di oggi come uno stimolo non soltanto per risolvere i problemi contingenti, immediati, complicati, ma elaborando un progetto".


Semi di speranza


"Questo domani io lo intravedo già perché semi e frutti di speranza già ci sono - ha detto -. Penso ai bambini e ai ragazzi che nella scuola si trovano naturalmente amici tra loro, è un segnale che gli adulti dovrebbero considerare con molta più attenzione, ricaricandosi di fiducia".


Esigenze e doveri


''Di fronte alle esigenze mi domando: non ci troviamo forse di fronte a delle attese, a delle aspettative, a delle speranze vere? Quanto poi ai diritti, penso che non esistano da soli, isolati, ma esistano intimamente connessi con dei doveri." 


Sobrietà e identificazione


"Con grande forza devo dire, in riferimento alla dottrina sociale della Chiesa, quindi in riferimento a una esemplarità umile, ma nello stesso tempo schietta e forte, che la comunità cristiana può e deve diventare molto più sobria. Ogni comunità cristiana, a cominciare da quella più piccola". "Da questo punto di vista ritengo che solo nella sobrietà è possibile mostrare uno dei volti più belli e più necessari oggi della Chiesa, e cioè il volto di una Chiesa che agisce come il Signore Gesù, che si identifica in tutte le persone, ma in maniera privilegiata nella persona povera, bisognosa, dimenticata, emarginata, disperata".


Libertà religiosa


"La libertà religiosa è uno di qui valori essenziali, fondamentali che sono di aiuto, di stimolo, di dialogo. La libertà religiosa è antidoto all'aggressività, che è sempre anti evangelica e contro la razionalità, è segno di mancanza di sincerità nel rapporto".


La persona


«Personalmente ritengo che esiste una regola delle regole e una governance delle governance. Perché la regola, in ultima analisi, è una sola, ed è la persona, la dignità della persona, i valori e le esigenze della persona. C'è solo un principio che dobbiamo onorare con fatica, e questo principio è il rimettere al centro l'uomo, la sua dignità. Potrei dire che bisogna avere il coraggio di parlare dell'etica. Dove l'etica non è qualcosa che blocca, o frena, o ostacola, ma al contrario qualcosa che libera, perché ci dà la possibilità di affrontare tutto e sempre in chiave umana e umanizzante».

lunedì 10 novembre 2008


Questo sappiamo.
Che tutte le cose sono legate
come il sangue
che unisce una famiglia...
Tutto ciò che accade alla Terra,
accade ai figli e alle figlie della Terra.
L'uomo non tesse la trama della vita;
in essa egli è soltanto un filo.
Qualsiasi cosa fa alla trama,
l'uomo lo fa a se stesso.


Ted Perry, ispirandosi al capo indiano Seattle

venerdì 3 ottobre 2008



TESTAMENTO BIOLOGICO


sole buio


Abiura di una cristiana laica


“Questo è un addio. E’ un addio a qualunque collaborazione che abbia una diretta o indiretta relazione alla Chiesa italiana. Monsignor Betori nega la coscienza e la libertà ultima di essere una persona. Si rende conto?”

Questo è un addio. A molti cari amici – in quanto cattolici. Non in quanto amici, e del resto sarebbe un fatto privato. E’ un addio a qualunque collaborazione che abbia una diretta o indiretta relazione alla chiesa cattolica italiana, ...


Questo addio interessa a ben poche persone, e come tale non meriterebbe di esser detto in pubblico. Ma se oggi scrivo queste parole non è certo perché io creda che il gesto o la sua autrice abbiano la minima importanza reale o morale: bensì per un senso del dovere ormai doloroso e bruciante. Basta. La dichiarazione, riportata oggi su “Repubblica”, di Mons. Betori, segretario uscente della Cei, e “con il pieno consenso del presidente Bagnasco”, secondo la quale, per quanto riguarda la fine della propria vita, alla volontà del malato va prestata attenzione, ma “la decisione non deve spettare alla persona”, è davvero di quelle che non possono più essere né ignorate né, purtroppo, intese diversamente da quello che nella loro cruda chiarezza dicono.


E allora ecco: questa dichiarazione è la più tremenda, la più diabolica negazione di esistenza della possibilità stessa di ogni morale: la coscienza, e la sua libertà. La sua libertà: di credere e di non credere (e che valore mai potrebbe avere una fede se uno non fosse libero di accoglierla o no?), di dare la propria vita, o non darla, di accettare lo strazio, l’umiliazione del non esser più che cosa in mano altrui, o di volerne essere risparmiato. Sì, anche di affermare con fierezza la propria dignità, anche per quando non si potrà più farlo. E’ la possibilità di questa scelta che carica di valore la scelta contraria, quella dell’umiltà e dell’abbandono in altre mani. Ma siamo più chiari: quella che Betori nega è la libertà ultima di essere una persona, perché una persona, sant’Agostino ci insegna, è responsabile ultima della propria morte, come lo è della propria vita. Fallibile, e moralmente fallibile, è certo ogni uomo. Ma vogliamo negare che, anche con questo rischio, ultimo giudice in materia di coscienza morale sia la coscienza morale stessa? Attenzione: non stiamo parlando di diritto, stiamo parlando di morale. Il diritto infatti è fatto non per sostituirsi alla coscienza morale della persona, ma per permettergli di esercitarla nei limiti in cui questo esercizio non è lesivo di altri. Su questo si basano ad esempio i principi costituzionali che garantiscono la libertà religiosa, politica, di opinione e di espressione.


Oppure ci sono questioni morali che non sono “di competenza” della coscienza di ciascuna persona? Quale autorità ultima è dunque “più ultima” di quella della coscienza? Quella dei medici? Quella di mons. Betori? Quella del papa? E su cosa si fonda ogni autorità, se non sulla sua coscienza? Possiamo forse tornare indietro rispetto alla nostra maggiore età morale, cioè al principio che non riconosce a nessuna istituzione come tale un’autorità morale sopra la propria coscienza e i propri più vagliati sentimenti? C’è ancora qualcuno che ancora pretenda sia degna del nome di morale una scelta fondata sull’autorità e non nell’intimità della propria coscienza? “Non siamo per il principio di autodeterminazione”, dichiara mons. Betori, e lo dichiara a nome della chiesa italiana. Ma si rende conto, Monsignore, di quello che dice? Amici, ve ne rendete conto? E’ possibile essere complici di questo nichilismo? Questa complicità sarebbe ormai – lo dico con dolore – infamia.


di Roberta de Monticelli (Il Foglio, 2 ottobre 2008)


Una testimonianza senza pari per tensione morale e valore delle argomentazioni. Da parte di una persona che vive nella fede cattolica. Laici, agnostici, atei e quanti non si riconoscono nella chiesa di Roma, tutti sostengono le medesime cose. E io con loro. Sono stata educata anch'io, con buon rigore, nella chiesa cattolica. Conservo il buono di quegli insegnamenti e di quelle riflessioni sulla vita e sulla morte, e anche sul rapporto con la divinità, sebbene abbia "abiurato" anch'io molto tempo fa. Un processo lento di allontamento e di ribellione a tante idee e a tanti comportamenti che mi sembravano e mi sembrano assurdi. Non ho mai smesso, però, di continuare a cercare un senso e a vivere almeno come se un senso alto e splendente l'avesse questa nostra vita misteriosa in ogni suo aspetto. Una vita che, lo impariamo presto, non è infinita. E, mentre viviamo, dobbiamo contemplare la morte, ognuno/a con ciò che ha nel cuore e nella mente, ma senza certezza alcuna. Ora ci tocca anche contemplare quella zona sconosciuta tra la vita/non vita e la morte, una zona che immagino come il sole buio di un tramonto di maggio che mi è capitato di fotografare in una giornata comunque felice.


Per completezza: 


Testamento biologico: Bagnasco apre uno spiraglio, Ruini chiude un portone. in Adista.


Immagine 766


Aggiornamento del 4 ottobre 2008


Mi sembra giusto indicare le risposte date a Roberta de Monticelli da Mons. Betori, direttamente chiamato in causa, e di Ferrara, direttore del giornale che ha ospitato l'abiura pubblica della stessa. I miei riferimenti filosofici ed etici sono altri, tuttavia m'interessa ascoltare le voci di chi è più lontano dalle mie posizioni. Ferrara lo sento lontano anche nel metodo, che consiste nel mescolare abilmente argomenti e argomentazioni impressionando benevolmente. A prima vista. Ma, se qualcuno si prendesse la briga di precisare ogni enunciato, ogni concetto, sarebbe facile scoprire dov'è l'imbroglio. Non ho voglia di discutere, però, e poi l'hanno già fatto in tanti. Se potrò, andrò avanti con la pubblicazione di altre testimonianze e, magari, dei testi degli autori che quasi sempre vengono citati senza citazioni, in tal modo piegandoli al proprio punto di vista. Nel frattempo non è inutile accostarsi al Betori-pensiero e al Ferrara-pensiero per farsi un'idea delle posizioni del Vaticano e dei cosiddetti atei-devoti.



  • La risposta di Giuseppe Betori a Roberta de Monticelli: Chiedo anch’io la libertà di coscienza. Altra cosa dall’auto-determinazione. (L'avvenire, 3 ottobre 2008) 

  • La risposta di Giuliano Ferrara a Roberta de Monticelli: La coscienza libera di De Monticelli è abissale fino a diventare un’incognita. (Il Foglio, 3 ottobre 2008


  • La Chiesa gerarchica contro i cattolici. Il teologo Mancuso: Spetta alla persona decidere sulla sua vita. Sulla sospensione delle cure e il testamento biologico la Chiesa non riconosce il primato della libertà di coscienza di Vito Mancuso. QUI .





sabato 29 marzo 2008

      Raimon Panikkar


" «ponte vivente» tra Oriente e Occidente, tra diverse tradizioni di pensiero - cristianesimo, buddhismo, hinduismo - instancabile viaggiatore leggero, attraversatore di confini tra sapere scientifico e cultura umanistica "


Paul Klee_Macchina per Cinguettare_1922_MoMa


Paul Klee, Macchina per Cinguettare


A Raimon Pannikar, uomo «ponte vivente» è stato dedicato un saggio. Paulo Barone: Spensierarsi. Raimon Panikkar e la macchina per cinguettare (Diabasis, pp. 117, euro 13). Se ne parla in un articolo de Il Manifesto.


Attimi di contemplazione vivente insieme a Raimon Panikkar


Al pensiero di uno dei grandi maestri della nostra epoca, è dedicato il recente saggio di Paulo Barone «Spensierarsi». Inedite costellazioni, utili per orientarsi tra le destabilizzanti «formule» del filosofo

Alberto Ghidini



Educare lo sguardo a una nuova innocenza, sembra essere la sfida più urgente nell'illuminismo spettacolare e tecnoscientifico della postmodernità. Impresa non da poco se si pensa che oggi la rete globale dell'informazione «si incarna nell'occhio», come scriveva Ivan Illich, riducendo la visione, la stessa capacità di sentire, a una forma di scanning. La posta in gioco è una trasformazione radicale del nostro modo di vedere: agli occhi viene chiesto di assumere una «funzione ricettiva estrema», in grado di avviare un sistema di avvistamento auricolare della realtà materiale, umana e divina, in una parola sola cosmoteandrica.

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Questa espressione ci proietta direttamente nella filosofia di Raimon Panikkar, al quale Paulo Barone ha dedicato il suo saggio Spensierarsi. Raimon Panikkar e la macchina per cinguettare (Diabasis, pp. 117, euro 13), che prende il sottotitolo da Die Zwitscher Maschine, opera di Paul Klee degli anni '20 in cui, su un fondale olio e acquerello di colori stinti, estenuati, «e perciò - osserva lo stesso Barone - continuamente variabile», appare un bizzarro congegno a manovella concepito per riprodurre il cinguettio degli uccelli.

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Nel libro la minuscola e singolare macchina di Klee diventa un ritornello ispiratore, un talismano che Barone attiva per accompagnare il lettore nell'incontro con questo maestro della nostra epoca, «ponte vivente» tra Oriente e Occidente, tra diverse tradizioni di pensiero - cristianesimo, buddhismo, hinduismo - instancabile viaggiatore leggero, alla Langer, attraversatore di confini tra sapere scientifico e cultura umanistica. La complessa, lampeggiante, visione del mondo secondo Panikkar - del quale presso Jaca Book è in preparazione l'Opera Omnia - ci viene presentata da Barone attraverso un raffinato intreccio di riferimenti testuali relativi tanto alla sua vasta e poliedrica produzione, quanto a una piccola famiglia filosofica e letteraria di amici che ad essa offre l'ambientazione ideale: da Wittgenstein a Benjamin a Deleuze, ma anche Canetti, Kafka, Leopardi.

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Il libro, del resto, è popolato di inedite costellazioni, utili per orientarsi tra le destabilizzanti, talvolta sconvolgenti, «formule» di Panikkar, itinerari tortuosi, interstiziali, da percorrere a zig-zag, come un taxi nel traffico urbano, su più ritmi e velocità, lungo linee d'attesa o di fuga, strade a senso unico, tra sterzate, frenate e ripartenze improvvise, rendendo evidente come mai la lettura di Panikkar necessiti di uno sfondo variabile. Per Panikkar «il compito del nostro tempo» è reintegrare il terzo occhio, il senso mistico, nell'essere dell'uomo. Nel quotidiano, nell'adesso, nell'angolo più minuto, concreto, umile, immediato e apparentemente insignificante della realtà - che sfugge a qualsivoglia indagine razionale - senza per questo banalizzarne la relazione diretta con il mistero, con l'impenetrabile. La mistica come dimensione antropologica, quindi, in risposta a qualunque specialismo intenda collocarla in una zona impervia, riservata a pochi prescelti - e allo stesso tempo, così distante dalla partecipazione massiva e allucinata agli improbabili sogni di felicità propagati dal misticismo new age.
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«La mistica è l'esperienza integrale della realtà». È questo il primo sutra di Panikkar. Esperienza che si potrebbe definire in molti altri modi (completa, olistica, pleromatica, e via dicendo), ma Panikkar, attento alla lingua, non si lascia sedurre dall'idea di trovare una «parola giusta», dal significato univoco e stabilito una volta per tutte, e sceglie l'aggettivo intregrale come via polisemica per indicare un'esperienza diretta, non mediata, in comunione con la realtà intesa come un «tutto». Esperienza libera da pensieri (gedankenfreie Erlebnis), vicino alle cose di sempre, nella disposizione etica «dell'infinitamente accanto».

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Leggendo il testo si ha l'impressione che l'atmosfera generata dalla Zwitscher Maschine messa in moto da Barone abbia molto in comune con l'aria che si respira nell'ultimo scritto di Deleuze, il cui titolo L'immanence: une vie... reca in sé qualcosa di simile a un motivo in cui le forze convergono e si agitano, e la vita diviene pura contemplazione senza oggetto né soggetto della conoscenza, contemplazione vivente che produce quella tonalità emotiva che il filosofo francese era solito chiamare (come ha fatto notare Agamben) self-enjoyment.

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Per il contemplativo, che sperimenta la tempiternità nel quotidiano, oltre la nostalgia per un bene perduto o per ciò che è passato nei momenti temporali di questa vita, così intesa, per quanto goffa, cagionevole, di costituzione debole, fragile, claudicante essa sia, ogni giorno è una vita, e dunque basta a se stesso - e basta a Panikkar - per rivelare la pienezza di tutto ciò che è. Ecco perché Paulo Barone ha tutte le ragioni per affermare che «non si può guardare al mistico senza invidia». Essere ben bilanciato, inter-essere, sempre tra le cose, come la Pantera rosa o, parafrasando Burroughs, il gatto che è in noi (il gatto, nel baule degli animali di Panikkar, ha una certa rilevanza), nella società attuale, il mistico, scrive Panikkar ne La nuova innocenza (Servitium, 2003), è il solo che può sopravvivere «senza diventare terrorista (violento) o cinico (menefreghista)», proprio in virtù del suo grado di coscienza o, con Barone, di una macchina per cinguettare, che potrebbe costituire il motore di una nuova Achsenzeit o «età assiale» finalmente spensierata.

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Paul Klee, Cat and Bird, 1928. Museum of Modern Art New York City.


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Dedicato al vecchio della montagna, che nella mia blogosfera è maestro di spiritualità, amante dei gatti e della gattità.


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Aggiornamento delle 13:10.



Il Dalai Lama alla comunità internazionale
"Aiutateci a risolvere la crisi del Tibet"


New Delhi - "Per favore, aiutate il mio popolo a risolvere la crisi del Tibet. Per favore, abbiamo bisogno dell'aiuto di tutto il mondo".


In ginocchio, le mani giunte sopra la testa, con la voce spezzata dalla tensione e dal dolore, la guida spirituale del buddismo lancia un nuovo, accorato appello alla comunità internazionale. La scena è drammatica e le parole del Dalai Lama rendono l'atmosfera ancora più densa di emozioni. (continua qui)


giovedì 27 settembre 2007


Una maglietta rossa per la Birmania
"In tutto il mondo, venerdì 28"


Un messaggio sta circolando in queste ore per sms e sui blog per chiedere a tutti un segno di solidarietà per i monaci buddisti e per il popolo birmano. (La Repubblica)


Ricordiamoci di collegarci con i blogger birmani (i link sono un po' su tutti i giornali online). Nel sito BBCNews ho trovato questo: Ko Htike's blog .


Il sito di notizie dal punto di vista dei birmani:  "The Irrawaddy News Magazine [Covering Burma and Southeast Asia] . Un altro sito suggerito da Linodigianni : http://www.mizzima.com/





"L'intera popolazione guidata dai monaci attua una protesta pacifica per la liberazione dalle generali crisi politiche economiche e sociali recitando la Metta Sutta". Questa è la frase con cui si apre la dichiarazione dell'Alleanza dei Monaci Birmani e degli Studenti della generazione del 1988.


Metta Sutta



Parole del Buddha sulla gentilezza amorevole



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Questo dovrebbe fare
chi pratica il bene
e conosce il sentiero della pace:
essere abile e retto,
chiaro nel parlare,
gentile e non vanitoso,
contento e facilmente appagato;
non oppresso da impegni e di modi frugali,
calmo e discreto, non altero o esigente;
incapace di fare
ciò che il saggio poi disapprova
ciò che il saggio poi disapprova.
continua qui



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Sulla Metta Sutta: La pratica di "Metta" nella meditazione di visione profonda [ ivi ] nel sito Santacittarama . La maglietta dal blog di Rosalba.


martedì 7 agosto 2007

Arborea Saggezza


Arboreal Wisdom 



Lenta, paziente, forte, imperturbabile. Emerge e si consolida turgida di linfa la saggezza degli alberi, con i meandri profondi delle radici scavati nella terra e  i mirabili ghirigori dei rami verdi di foglie spinti verso il cielo. Indicibile, misteriosa, bramata saggezza.



 to O' Shanter with LOVE.

domenica 24 giugno 2007

DARFUR



Profughi del Darfur


©UNICEF/2006/S. Noorani




"Io studierò e ce la farò"

E' il canto di un bambino del Darfur, un canto che vale per tutti i bambini e le bambine del mondo. E' possibile ascoltarlo nel sito de La Repubblica: QUI.


BARBIANA



Parole e pensieri che collegano questo bambino a don Lorenzo Milani che in questi giorni viene celebrato per la sua vita dedicata all'insegnamento e alla "liberazione" dei bambini di Barbiana. L'accostamento rende giustizia all'opera di don Lorenzo. Io l'ho conosciuto leggendo "Lettera a una professoressa", che ha educato e formato la mia forma mentis e la mia anima.. Di don Lorenzo si stanno scrivendo moltissime cose in questi giorni, ma qualcosa di straordinario io l'ho trovato in alcuni post che ho avuto la fortuna di leggere:


 Don Lorenzo Milani, priore di Barbiana. nel blog ilvecchio.splinder.com/  >>>QUI<<< Maître - Maître II - Maître III . nel blog independance.splinder.com/


giovedì 12 aprile 2007

La Sacra Unione di fatto


Enzo Mazzi


«Sacra Unione di Fatto», questa è la giusta definizione del modello cristianamente perfetto di ogni famiglia, incarnato da quella che tradizionalmente viene chiamata "Sacra Famiglia". Potrebbe sembrare una battuta spiritosa e dissacrante. È invece una reale contraddizione teologica irrisolta che il cristianesimo si porta dietro da quando è divenuto religione dell´Impero. Costantino si convertì al cristianesimo ma al tempo stesso il cristianesimo si convertì a Costantino. La nuova religione dovette cioè farsi carico della stabilità dell´Impero accettando di sacralizzarne alcuni capisaldi e fra questi proprio la famiglia. Fu un compromesso fatale.

Il cristianesimo non era nato per difendere la famiglia. Anzi all´inizio fu un movimento di superamento del concetto patriarcale di famiglia. La cultura e la teologia predominanti nella esperienza da cui sono nati i Vangeli è di un "radicalismo etico", quasi una rivoluzione, che si propone di oltrepassare la cultura e la teologia tradizionali: «Vi è stato detto..., io invece vi dico... » afferma Gesù in contraddittorio con sacerdoti, scribi, farisei. «Si trattò all'inizio di un movimento di contestazione culturale e di abbandono delle strutture della società» (G. Theissen, La religione dei primi cristiani, Claudiana, 2004). Basta pensare alla reazione di Gesù, in un episodio del Vangelo di Matteo: «Ecco là fuori tua madre e i tuoi fratelli che vogliono parlarti. Ed egli, rispondendo a chi lo informava, disse: "E chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?". Poi stendendo la mano verso i suoi discepoli disse: "Ecco mia madre ed ecco i miei fratelli; perché chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, questi è per me fratello, sorella e madre"».

Un orizzonte nuovo di valori universali si apre in realtà nel Vangelo col superamento del concetto patriarcale di famiglia: da tale oltrepassamento nasce la comunità cristiana, la nuova famiglia, "senza padre" o meglio con un solo padre «quello che è nei cieli». «Nessuno sia tra voi né padre né maestro... » dice infatti Gesù. Se è vero che «la realizzazione pratica dell´etos del diritto naturale non è possibile senza la vita della grazia», come ha sostenuto di recente il teologo della Casa pontificia, Wojciech Giertych al Congresso internazionale sul diritto naturale promosso dall´Università del papa, la Lateranense, se cioè bisogna rivolgersi alle scelte della grazia di Dio per sapere che cos´è la natura, allora bisogna concludere che Dio privilegia "l´unione di fatto" e non la famiglia. Insomma per dirla con parole semplici prima viene l´amore, l´unione, la solidarietà e poi viene il patto, la legge, il codice. Questa sembra l´essenza più profonda della natura umana. Lo dice plasticamente il Vangelo: «Il sabato (cioè la norma) è fatto per l´uomo e non l´uomo per il sabato». Il compromesso con l´Impero portò alla attenuazione se non al fatale capovolgimento di un tale etos evangelico.

È questa una intrigante contraddizione per le gerarchie ecclesiastiche del "Non possumus" e della rigida Nota anti-Dico, per i preti, i cattolici e i laici del Family-day.

Una traccia vistosa e significativa di tale contraddizione si trova ancora oggi nel celibato dei preti, religiosi e religiose. Il dogma cattolico mentre considera biblicamente il matrimonio come «segno sacro dell´Alleanza nuova compiuta dal Figlio di Dio, Gesù Cristo, con la sua sposa, la Chiesa», d´altro lato ha bisogno di un segno opposto e cioè la verginità e il celibato per significare «l´assoluto primato dell´amore di Cristo» (cf. Compendio del Catechismo 340-342). Il Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica al n. 338 pone la domanda: «Per quali fini Dio ha istituito il Matrimonio?». La risposta è questa: «L´unione matrimoniale dell´uomo e della donna, fondata e strutturata con leggi proprie dal Creatore, per sua natura è ordinata alla comunione e al bene dei coniugi e alla generazione ed educazione dei figli». Il fine della "generazione/procreazione" fa parte strutturale della natura del matrimonio. Se esclude il fine della procreazione il patto matrimoniale è nullo. Al n. 344 e 345 lo stesso Catechismo dice: «Che cosa è il consenso matrimoniale? Il consenso matrimoniale è la volontà, espressa da un uomo e da una donna, di donarsi mutuamente e definitivamente, allo scopo di vivere un´alleanza di amore fedele e fecondo... In ogni caso, è essenziale che i coniugi non escludano l´accettazione dei fini e delle proprietà essenziali del Matrimonio». Addirittura al n. 347, il rifiuto della fecondità viene additato come peccato gravemente contrario al Sacramento del matrimonio: «Quali sono i peccati gravemente contrari al Sacramento del Matrimonio? Essi sono: l´adulterio; la poligamia, in quanto contraddice la pari dignità tra l´uomo e la donna, l´unicità e l´esclusività dell´amore coniugale; il rifiuto della fecondità, che priva la vita coniugale del dono dei figli; e il divorzio, che contravviene all´indissolubilità».

La contraddizione si avviluppa su se stessa e si incattivisce: Maria e Giuseppe escludendo dal loro matrimonio la fecondità naturale, per amore della verginità di Maria, secondo il Catechismo cattolico compiono un grave peccato.

Il Diritto Canonico conferma il dogma in modo apodottico in vari canoni. Specialmente il canone 1101 sancisce che è nullo il matrimonio di chi nel contrarlo «esclude con un positivo atto di volontà» la procreazione. È in base a queste enunciazioni dogmatiche e normative che il Tribunale della Sacra Rota emette quasi ogni giorno dichiarazioni di nullità del matrimonio, perché anche uno solo degli sposi può provare di aver escluso per sempre la procreazione al momento del consenso matrimoniale. I cattolici che si battono per la difesa e la valorizzazione della "famiglia naturale" e si preparano addirittura a scendere in piazza per scongiurare il riconoscimento delle unioni di fatto e l´approvazione dei Dico molto probabilmente non hanno mai riflettuto su queste contraddizioni, non le conoscono o le allontanano dalla loro coscienza e dall´orizzonte della loro fede. Esse invece sono invece parte integrante della stessa fede. Vediamo meglio perché. Il Vangelo di Matteo racconta che «Giuseppe, come gli aveva ordinato l´angelo del Signore, prese in sposa Maria che era incinta ed ella, senza che egli la conoscesse, partorì un figlio, che egli chiamò Gesù». Il dogma cattolico aggiunge che Maria aveva consacrato in perpetuo la sua verginità al Signore e quindi nello sposare Giuseppe aveva escluso in maniera assoluta la procreazione, essendo Giuseppe pienamente consenziente con tale esclusione. "Maria sempre vergine", nell´intenzione e nei fatti. Così dice il dogma. Chi lo nega è eretico. Ma con questa esclusione positiva ed assoluta della prole, per lo stesso dogma cattolico e per il Diritto Canonico il matrimonio di Maria con Giuseppe è invalido. Maria e Giuseppe erano una coppia di fatto che oggi il Diritto Canonico non può riconoscere come vero matrimonio. Dio nel momento in cui decide di farsi uomo sceglie di crescere e di essere educato da una coppia, Maria e Giuseppe, che per il dogma e per il Diritto cattolico era unita di fatto in un matrimonio non valido e quindi non era vera famiglia: era appunto una Sacra Unione di fatto.

Dietro una spinta così forte proveniente del Vangelo, da anni ci siamo impegnati, come tanti altri, e con forti conflitti, a immedesimarsi nelle discariche umane prodotte nella "città delle famiglie normali". E lì abbiamo trovato bambini abbandonati per l´onore del sangue, ragazze madri demonizzate e lasciate nella solitudine più nera, handicappati rifiutati, carcerati privati della parentela, gay senza speranza, coppie prive di dignità perché fuori della norma, minori violentati dai genitori, mogli stuprate dietro il paravento del "debito coniugale". La "misericordia" del Vangelo ci ha imposto di non demonizzare anzi di accogliere la ricerca di forme di convivenza meno distruttive. Per purificare lo stesso matrimonio, non certo per distruggerlo. Quei bambini abbandonati, quelle ragazze madri, quegli handicappati, quei carcerati, quei gay, quelle vittime di violenze intrafamiliari, hanno avuto bisogno di "unioni di fatto", magari cosiddette "case famiglia", che se ne facessero carico. Poi anche le famiglie si sono aperte alle adozioni e agli affidamenti. Ma la breccia è stata aperta da "unioni di fatto".

Fine della famiglia tribale e delle sue discariche? Macché. Nuove emergenze incombono. La competizione globale, questa guerra di tutti contro tutti, riporta a galla il bisogno di mura. Il mondo del privilegio non accetta la condivisione e non ne conosce le strade se non nella forma antica della elemosina che oggi è confusa impropriamente con la solidarietà; conosce molto bene però l´arte dell´arroccamento. E di questo bisogno di blindatura approfittano i crociati della famiglia. Guardando bene al fondo, in nome di che si ricacciano in mare gli extra-comunitari? Sono estranei alla nostra famiglia e alla nostra famiglia di famiglie. La difesa a oltranza della famiglia canonica oggi è fonte di esclusione verso i dannati della terra. L´opposizione al riconoscimento delle nuove forme di solidarietà è nel profondo radice di violenza verso gli esclusi. La crociata contro le famiglie di fatto oggettivamente è egoista, oltre i bei gesti e le belle parole e oltre le stesse intenzioni, al di là delle apparenze. Non basta difendere la famiglia naturale. Bisogna ancora una volta guarirla.

È necessario riscoprire il primato dell´amore e della solidarietà oltre i confini di razza, etnia, famiglia, quell´amore responsabile e quella solidarietà piena che sono sacre in radice e rendono sacro ogni rapporto in cui si incarnano.

Bisogna ritrovare le strade dell´apertura planetaria della famiglia, di una famiglia purificata e guarita, già annunciate dal Vangelo, nelle attuali esperienze delle giovani generazione e dei nuovi soggetti, con prudenza creativa, senza nascondersi limiti e pericoli, ma anche senza distruttive demonizzazioni.  [ L'UNITA' - Pubblicato il: 12.04.07 - Modificato il: 12.04.07 alle ore 14.21 - >>>QUI<<< - le sottolineature in grassetto e in rosso sono mie ]

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Non sono piu' cattolica da molto tempo, ma non ho dimenticato cio' che di buono mi ha dato la mia antica educazione religiosa. Quello delle unioni di fatto puo' sembrare un problema di scarsa importanza se confrontato con le cose terrificanti che stanno accadendo in tutto il mondo, tuttavia mi sembra importante conservare e diffondere testimonianze che possano aiutare a dipanare gli equivoci e a stemperare un conflitto senza ragioni. Vorrei che si abbandonasse lo stereotipo "noi e loro", tipico delle contrapposizioni, che in questo caso potremmo intendere come "noi laici, e loro cattolici". Almeno questo e' possibile risparmiarselo, evitando di rispondere con durezze alle durezze, con polemiche alle polemiche. Ed e' possibile essere pacificamente, serenamente propositivi, al di la' delle offese e delle provocazioni. Enzo Mazzi, sacerdote, ha scritto un pezzo straordinario che per me e' una vera e propria "lectio magistralis" sul messaggio evangelico e sul cristianesimo (quello autentico), perche' afferma principi di civilta' su cui tutti possono concordare.

martedì 7 marzo 2006


Saggezza

"La saggezza è l'arte della vita", scrive Raimon Panikkar. "La saggezza è un savoir vivre in cui savoir non è un sapere sulla vita, ma semplicemente esperienza della vita."
 



Benedetto Luti_Allegoria della sapienza_



Benedetto Luti_Allegoria della Sapienza
 




"Vivere un'esperienza nella quale non vi è scissione fra conoscenza e amore, anima e corpo, spirito e materia, tempo ed eternità, divino e umano, maschile e femminile...: vivere l'armonia di tutte le polarità dell'esistenza."
 





 



 



Benedetto Luti - Allegoria della Sapienza



da La dimora della saggezza di Raimon Panikkar, pag. 13

martedì 9 settembre 2003

SERENITA' PRIMA DI DORMIRE




"Music of the Spheres"
by   Bernard Xolotl

mercoledì 28 maggio 2003


 


 


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Parole del Buddha sulla gentilezza amorevole


 




 


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Questo dovrebbe fare
chi pratica il bene
e conosce il sentiero della pace:
essere abile e retto,
chiaro nel parlare,
gentile e non vanitoso,
contento e facilmente appagato;
non oppresso da impegni e di modi frugali,
calmo e discreto, non altero o esigente;
incapace di fare
ciò che il saggio poi disapprova
ciò che il saggio poi disapprova.


Che tutti gli esseri
vivano felici e sicuri:
tutti, chiunque essi siano,
tutti, chiunque essi siano,
deboli o forti,
grandi o possenti,
alti, medi o bassi,
visibili e non visibili,
vicini e lontani,
nati o non nati.
Che tutti gli esseri vivano felici!
Che tutti gli esseri vivano felici!
Che nessuno inganni l'altro
né lo disprezzi
né con odio o ira
desideri il suo male:
Come una madre
protegge con la sua vita
suo figlio, il suo unico figlio
così, con cuore aperto,
si abbia cura di ogni essere,
irradiando amore
sull'universo intero
irradiando amore
sull'universo intero;
in alto verso il cielo
in basso verso gli abissi,
in ogni luogo, senza limitazioni,
liberi da odio e rancore.



Fermi o camminando,
seduti o distesi,
esenti da torpore,
sostenendo la pratica di Metta;
questa è la sublime dimora,
questa è la sublime dimora.
Il puro di cuore,
non legato ad opinioni,
dotato di chiara visione,
liberato da brame sensuali,
non tornerà a nascere in questo mondo,
non tornerà a nascere in questo mondo.



dal sito Piandeiciliegi.it