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giovedì 24 luglio 2014

Interlocutori Significativi



Intervento del Presidente Napolitano alla cerimonia del Ventaglio

Palazzo del Quirinale, 22/07/2014



XV capoverso:

"E ancora, la già annunciata riforma della giustizia : per condurre a conclusione la quale si delineano forse le condizioni per una condivisione finora mancata :

partendosi finalmente dal riconoscimento che è stato espresso nei giorni scorsi da  

interlocutori significativi

per "l'equilibrio e il rigore ammirevoli" che caratterizzano il silenzioso lavoro della grande maggioranza dei magistrati italiani."



... a patto che, sostengo io povera inutile stupida cittadina, i suddetti magistrati assolvano chi deve essere sempre assolto, anzi nemmeno mai indagato e meno che mai imputato, e, Dio ci salvi!, chi non deve essere MAI condannato. ...

... questa me la segno: "interlocutore significativo": suona bene, è sufficientemente vago, si addice a una sola persona, ma nessuno può dirlo, pena l'accusa di faziosità e dietrologia. ...

... un'altra perla per la democrazia italiana

sabato 1 febbraio 2014

Nero di Renzi
 
"il manipolo"
evocativo manipolo
 
 
Si riferisce all’appello pubblicato ieri da un gruppo di costituzionalisti?

«Esatto. Ventinove brillanti costituzionalisti che sostengono che la proposta di riforma va bene a patto che si levi il premio di maggioranza, si introducano le preferenze e si tolga lo sbarramento. A questo manipolo di scienziati del diritto mi viene da dire che in Italia questa legge c’è già stata ed è quella della prima Repubblica. Se la vogliono non devono affaticarsi molto, basta riprendere quella che avevamo e che ci porterà al paradossale risultato di tornare al pentapartito».


Renzi: «Se si fanno le riforme il governo può arrivare al 2018» - Il ...
Il Messaggero, Lunedì 27 Gennaio 2014

mercoledì 30 ottobre 2013

Cause ostative

 
Cause ostative o requisiti
 
 
   Seguaci e sostenitori del buon diritto del senatore Berlusconi Silvio insistono nel considerare "sanzioni" o "pene" quelle che nel Decreto legislativo 31 dicembre 2012, n. 235, detto "legge Severino", sono definite CAUSE OSTATIVE:
Capo I - Cause ostative all'assunzione e allo svolgimento delle cariche di deputato, senatore e di membro del Parlamento europeo spettante all'Italia.

    OSTATIVO vuol dire "Che è d'impedimento: cause ostative alla concessione d'un beneficio (Hoepli)", quindi nel nostro caso le condanne ecc. ecc. sono un IMPEDIMENTO a ... v. sopra. Come, per esempio, la fedina penale più o meno pulita per i cittadini/e "comuni".

    I suddetti seguaci e sostenitori, inoltre, si appellano alle seguenti guarentigie costituzionali italiane ed europee, in cui si parla esclusivamente di punizioni e/o condanne:

Costituzione Italiana - Art. 25, comma 2
Nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso.
.........
Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali - Articolo 7, comma 1
1. Nessuno può essere condannato per una azione o una omissione che, al momento in cui è stata commessa, non costituiva reato secondo il diritto interno o internazionale. Parimenti, non può essere inflitta una pena più grave di quella applicabile al momento in cui il reato è stato commesso
.
 
La comprensione del testo mi porta a ritenere che i giuristi detti sopra si sbaglino nettamente.

giovedì 25 ottobre 2012

Rottamazione e rottamatori



 
ROTTAMAZIONE, dice il vocabolario, è l’azione che si compie quando si demoliscono oggetti fuori uso: specie automobili. Vengono triturati, per riutilizzare le parti metalliche. A volte, ottieni sconti sulla nuova vettura.
 
Applicata alle persone e al ricambio di dirigenti politici, è una delle parole più maleducate e violente che esistano oggi in Italia. I rottamatori sono fieri di chiamarsi così, e quando l’operazione riesce esibiscono le spoglie del vinto: «La rottamazione comincia a produrre i primi frutti», ripeteva Matteo Renzi, domenica in un’intervista in tv.
La lotta per l’avvicendamento ai vertici della politica ha sue ragioni, e lo stile brutale risponde a un’ansia, enorme e autentica, di cambiamento: si vorrebbe azzerare l’esistente, e come nella poesia di Rimbaud ci si professa «assolutamente moderni».
È un conflitto legittimo, anche necessario: che va portato alla luce perché nell’ombra degenera o ammutolisce. È il grande merito del sindaco di Firenze, come di Grillo. Impressionante è la campagna di quest’ultimo in Sicilia: lunga, martellante, è rifiuto del mutismo. Da due settimane è nell’isola; nessuno s’era messo per tanto tempo in ascolto delle sue collere. Ma la parola rottamazione, anche se Renzi intende cambiamento, resta ustionante e parecchi la prendono alla lettera. L’avversario – rivale è trattato alla stregua di arnese metallico. Se l’idea della rottamazione non avesse alle spalle una storia lunga, di degradazione della persona a oggetto servibile, non susciterebbe tanto disagio. Non sveglierebbe fantasie di uomini «di troppo», di rottami. Forse chi la usa (non solo il sindaco di Firenze) non se ne rende conto, ma il termine alligna nelle terre della pubblicità ed è lessico della generazione Berlusconi.
È nato con lui, con le sue disinvolture verbali. Non ingentilisce ma corrompe il discorso pubblico. È figlio della rivoluzione non solo politica ma linguistica, di stile, che Berlusconi inaugurò nel ‘94. Fu una rivoluzione della noncuranza, del «tutto è permesso»: non badava alle conseguenze di quel che veniva detto, ai tabù infranti.

È una parola del tutto anomala, inoltre. In Europa o America, nessun politico che magnifichi il Nuovo oserebbe condurre una campagna in cui gli anziani, i seniores, vengano definiti ferrivecchi. Nell’aprile 2002, quando il socialista Jospin alluse all’età del rivale Chirac, i sondaggi lo punirono, screditandolo. Aveva avuto l’impudenza e l’imprudenza di dire che il Presidente era «affaticato, invecchiato, vittima dell’usura». Gli elettori non amavano Chirac, ma la mancanza di gentile rispetto dell’anzianità, in Jospin, fu ritenuta intollerabile.
Una cosa è attaccare la linea dell’avversario: soffermandosi su di essa, senza censure. Altra cosa è assalire la persona.

Se rottamazione scomparisse dal vocabolario giornalistico e politico non sarebbe male. Conterebbe più la sostanza: l’errore di Veltroni, quando affondò l’ultimo governo Prodi annunciando che il Pd, rompendo le catene della sinistra radicale, sarebbe «corso da solo» (come se non fosse stato il centro a silurare Prodi). O si potrebbe raccontare D’Alema: il suo rapporto sprezzante con giornalisti e magistrati, i piaceri che fece a Berlusconi, i dispiaceri che procurò a Prodi, l’influenza eccessiva esercitata su Bersani.

Ci dedicheremmo a quel che Renzi vuol dire, e alla fiducia che riscuote in persone di prestigio come Pietro Ichino (nota mia personale: Ichino, infatti, quell'Ichino).

Rottamazione è un cartello stradale che depista: non dice quel che promette, né sull’Europa né sulla corruzione né sulla ‘ndrangheta che ci assilla.

Vale la pena ripercorrere la storia di questo vocabolo, tanto più cruento in un paese fragile: dopo la Germania, siamo il popolo che più invecchia in Europa. Vale la pena tener viva la memoria, perché lo sgarbo non è episodico ma ha radici in una sistematica denigrazione dei più anziani: nei luoghi di lavoro e nella politica.

Il Parlamento si era appena insediato, nel ‘94, e fu subito offensiva contro un senior come Norberto Bobbio. Eletto alla Camera alta, Franco Zeffirelli giubilò: la Seconda repubblica aveva spazzato via «la triste sfilata dei senatori a vita, uno più cadaverico dell’altro, una vecchia Italia che non vogliamo più e che si è seppellita da sola». Facendogli eco, Maurizio Gasparri diceva di Indro Montanelli: «Quello è arrivato al tramonto della vita e anche delle capacità intellettuali del suo cervello»

L’offensiva rottamatrice proseguì, più feroce, nel 2006-2008. Ricordiamo gli improperi riversati su Rita Levi Montalcini, e sulla sua tenace presenza in Senato per sostenere il governo di centro sinistra. Sul Giornale del 14-7-07, Paolo Guzzanti parlò di vecchi «scongelati, inchiavardati allo scranno e costretti a pigiare col ditino il pulsante guidato da una senatrice badante». Storace promise «un bel paio di stampelle da consegnare a domicilio. Si comincia dalla senatrice a vita Levi Montalcini ». Su Libero, diretto da Vittorio Feltri, apparve il titolo d’apertura: «La dittatura dei pannoloni».

 Siamo dunque lontani dal vero, quando scriviamo che Berlusconi è finito, e con lui il lessico d’insulti della Lega. Il loro modo d’essere e di dire sgocciola come da una flebo nelle vene di un’intera generazione. È il suo marchio, così come le parole del ’68 intrisero due generazioni. I francesi faticano ancor oggi a uscire dalla generazione Mitterrand.
Faticheremo anche noi, più di quel che si dica.

Il cambiamento è altra cosa.

È la crisi non come decadenza ma trasformazione: un desiderio che Renzi intuisce, e vuol incarnare. È un conflitto ineluttabile: fra ieri, oggi, domani. È un progetto diverso di crescita, non nuovo tra l’altro, se già nel 1987 il rapporto Brundtland scriveva: «Lo sviluppo sostenibile è uno sviluppo che soddisfa i bisogni del presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri bisogni». È un orizzonte dato a giovani cui non si può dire, come il ministro Fornero: «Siete troppo choosy! » («schizzinosi » è mal tradotto, cancella il furto della scelta). E che volto devono avere le nostre città, i nostri pubblici spazi e servizi? Come congegnare pensioni che non tramutino gli anziani in gente bandita o – abbondano anche qui truci aggettivi – in esuberi o esodati?

 Dai tempi dei Viceré e del Gattopardo sappiamo che cambiar facce non basta alle Grandi Trasformazioni.
Rottamazione oltre che parola è diseducativa, non prepara alcunché. Alla sua insegna non può svolgersi dibattito fra candidati alla guida del Paese. Eppure di discussioni dirette c’è bisogno: per districarsi da soli, senza mediatori nei giornali o in Tv. Nelle primarie americane e francesi è la norma, sebbene scabrosa.
Il rottamatore di professione, presente ovunque nei partiti, ti fruga, alla ricerca degli istinti più bassi, delle passioni più tristi. Viene in mente il Viaggio agli inferni del secolo di Buzzati: nei sotterranei milanesi, sotto la metro, c’è un mondo parallelo in cui i vecchi, inservibili, sono scaraventati dalle finestre nei marciapiedi. Entrümpelung, parola che Buzzati prende dal lessico nazista, significa repulisti, sgombero: è una variante dell’igienica rottamazione.
Anche quel repulisti viene celebrato come «festa della giovinezza, della rinascita, della speranza», del Mondo Nuovo.
Accade così che il diverso appaia come uomo di troppo: povero o vecchio, esodato o immigrato. Sono i disastri del moderno, non del barbarico.
Una volta che te la prendi con classi d’età, quindi con la biologia, entri nella logica del capro espiatorio, dell’innocente che paga per il collettivo. Il rito è la ripetizione di un primo linciaggio spontaneo, secondo René Girard, che riporta ordine in seno alla comunità. Nel linciaggio, la violenza di tutti contro tutti sfocia in violenza di tutti contro uno. Sarebbe bello se a dirlo, con voce non bassa, fossero anche i giovani.

mercoledì 11 gennaio 2012

Lungimiranza e "brevimiranza"

PRUDENZA come LUNGIMIRANZA




«Conviensi adunque essere prudente, cioè savio: e a ciò essere si richiede buona memoria delle vedute cose, e buona conoscenza delle presenti, e buona provvedenza delle future».
Dante Alighieri

La lungimiranza è "la capacità di prevedere per tempo ciò che potrebbe accadere in futuro e di adeguarvi con saggezza l'agire" *

Nel dizionario dei sinonimi del Gabrielli la parola "lungimiranza" è citata fra i numerosi sinonimi della "prudenza", considerata evidentemente lemma principale. Ne cito alcuni scelti per la maggiore affinità con la lungimiranza:

"accortezza, assennatezza attenzione, buonsenso, giudizio, moderazione, previdenza, ragionevolezza, saggezza, scrupolo, tattica, tempestività, vigilanza, rispetto". **

continua


 *  [DISC]
** [Gabrielli, Dizionario dei sinonimi e dei contrari, 1981]
Dante Alighieri, Convivio, IV, 27
Piero del Pollaiolo, Prudenza, 1469-70_Firenze_Uffizi_da Wikipedia

lunedì 7 novembre 2011


DIGNITA'


  


 



La dignità è rispetto, è considerazione, è onore. E' decoro. E' forza morale. E' bellezza.

Scrive Schiller:
" La dignità si manifesta spontaneamente nella virtù, che per il suo stesso contenuto implica il dominio dell'uomo sui propri istinti." (in Grazia e Dignità, SE 2010, pag. 63)

mercoledì 27 aprile 2011


FURTO DI SOVRANITA' POPOLARE

Il catalogo dei grimaldelli usati per

scardinare la democrazia:
 




  • MENZOGNA


  • inganno 


  • sotterfugio


  • falsificazione


  • disinformazione


  • frode


  • circonvenzione


  • truffa


  • spergiuro


  • SFACCIATAGGINE


  • impudenza


  • tracotanza


  • irrispettosità


  • paura


  • viltà


  • cinismo


  • IGNAVIA


  • populismo


  • "piazzistismo"


  • vanità


  • mercimonio


  • "orwellismo"


  • disistima


  • indifferenza


  • ignoranza

domenica 24 aprile 2011


Risorgere 

 


Taddeo Gaddi_Ultima Cena_Albero della Vita_1330_Santa Croce_Firenze
 



Risorgere. Risuscitare, rinascere, rivivere, rifiorire, risollevarsi, alzarsi, riemergere.
 


Risorgere

PASQUA 


 nella discordia berlusconista-leghista-fascista

Libera nos a malo, Domine!

 



 



Dal premierato alla Giustizia gli assalti alla Costituzione



Un solo disegno: piegare la Carta ai bisogni del Cavaliere



di Massimo Giannini
 



La campagna di de-strutturazione della Costituzione non conosce tregua. Gli operosi "picconatori" del Pdl assestano colpi quotidiani alle fondamenta della "casa comune" costruita nel '48. Vignali e Sardelli, Ceroni e Alfano, La Russa e Tremonti: è una rincorsa dissennata a sfasciare gli istituti e svalorizzare i principi che unirono i padri costituenti. La sub-cultura della destra berlusconiana sta snaturando le basi della civiltà repubblicana.

In questa manovra di decomposizione sistemica, quello che colpisce non è la frequenza, quanto l'incoerenza. Quello che atterrisce non è la volontà di "mettere mano" alla Costituzione per un'esigenza politica collettiva (quella del popolo italiano), quanto l'irresponsabilità di "manomettere" le sue regole in funzione di una biografia politica individuale (quella di Silvio Berlusconi). Rivedere e aggiornare la Carta è legittimo. Quello che spaventa, nelle modifiche estemporanee sfornate dalla coalizione forzaleghista, è la totale assenza di un quadro d'insieme, di un impianto di norme coordinate e coerenti, e soprattutto destinate a durare nel tempo. Un'unica "ratio" guida le proposte di pseudo-riforma della maggioranza: saldare qualche conto sospeso, consumare qualche vendetta postuma. Cioè piegare anche la Costituzione (e non più solo la legge ordinaria) ai bisogni attuali e potenziali del Cavaliere. Siamo alla
"personalizzazione" della Costituzione. Per valutarne i danni, basta ripercorrerne le tappe.

La "Grande Riforma" del 2005

La perversa "filosofia" del berlusconismo costituzionale si evince dalle origini. La legge 269 viene approvata il 18 novembre 2005: già quella è un Frankenstein giuridico, che contiene tutto e il suo contrario. Oltre alla devolution, alla riduzione del numero dei parlamentari e alla fine del bicameralismo perfetto, la "riforma" introduce un anomalo "premierato forte", sconosciuto alle democrazie occidentali. Il Primo Ministro può revocare i ministri e sciogliere direttamente la Camera, sottraendo questa prerogativa al presidente della Repubblica. Il Capo dello Stato diventa meno che un notaio: nomina Primo Ministro chi risulta candidato dalla maggioranza uscita dalle elezioni, senza più la libertà di scelta contemplata dall'articolo 92. Il senso dell'operazione, in quel momento, è chiarissimo: Berlusconi si prepara alle nuove elezioni del 2006, non può ancora puntare al Quirinale. Per questo, con una "revisione ad personam" della Carta, depotenzia il ruolo del presidente della Repubblica, rafforzando quello del premier. Ma gli va male. Il 25 giugno 2006, al referendum, gli italiani bocciano la legge: il "pacchetto" si rivela un "pacco".

 
La "Riforma epocale della Giustizia"

Dopo il trionfo elettorale del 13 aprile 2008, il Cavaliere accantona momentaneamente le velleità presidenzialiste. La priorità diventa la giustizia. Il 10 marzo 2011 il Guardasigilli Alfano presenta la sua "riforma epocale". In realtà, un pasticcio totale: l'unica logica che lo tiene insieme è la "punizione" dei magistrati. C'è la separazione delle carriere, c'è la scissione del Csm, c'è la sottomissione del potere giudiziario al potere legislativo, persino nell'esercizio dell'azione penale: "L'ufficio del pubblico ministero ha l'obbligo di esercitare l'azione penale secondo i criteri stabiliti dalla legge". Il giudice e il pm dispongono della polizia giudiziaria "secondo le modalità stabilite dalla legge", e al ministro della Giustizia spettano "la funzione ispettiva, l'organizzazione e il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia". L'obiettivo è palese: non c'è alcuna intenzione di migliorare l'efficienza della macchina giudiziaria, nell'interesse dei cittadini. C'è solo l'urgenza del potere politico di mettere sotto controllo il potere giudiziario, nell'interesse di Berlusconi.

La "Riforma storica" dell'articolo 41

Nel patchwork costituzionale della destra c'è spazio anche per l'economia. Il 9 febbraio il ministro Tremonti presenta il disegno di legge di riforma dell'articolo 41. "L'attività economica privata è libera ed è permesso tutto ciò che non è espressamente vietato dalla legge. Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale, con gli altri principi fondamentali della Costituzione o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana". Una "riforma storica", la definisce dopo il varo un entusiasta ministro Sacconi. Piuttosto, una riforma "strabica": da una parte si professa il liberismo, dall'altra si pratica il colbertismo. Ci ha pensato il presidente emerito della Consulta Ugo De Siervo, a spiegare in un'intervista al "Sole 24 Ore" che "il governo vuole cambiare l'articolo 41, senza rendersi conto che la legge sul salvataggio dell'Alitalia è stata salvata proprio grazie all'articolo 41: abbiamo salvato una legge del governo in base a una norma che il governo considera sentina di tutti i mali". Un bel cortocircuito: da Popolo delle false libertà.

La riforma dell'articolo 1

Siamo all'attualità di questi giorni. All'apice dell'aggressione del premier contro il "brigatismo giudiziario" dei pm e i manifesti vergognosi di Lassini sulle "Br in procura", il pidiellino Remigio Ceroni presenta il 20 aprile un ddl che riscrive l'articolo 1 della Carta: "L'Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro e sulla centralità del Parlamento, quale titolare supremo della rappresentanza politica della volontà popolare espressa mediante procedimento elettorale". Dunque, dopo anni di prediche presidenzialiste, la destra berlusconiana si lascia folgorare dalla "centralità del Parlamento". Un Parlamento per mesi umiliato dal Cavaliere. Con i fatti. Gli ha imposto già 31 voti di fiducia. Con le parole. Il 26 marzo 2009 dice ad Acerra: "Il voto in Parlamento dovrebbe essere consentito solo ai capigruppo... gli altri se ne stanno lì a perdere tempo, con due dita, a votare emendamenti di cui non sanno nulla...". Il 28 febbraio scorso rincara la dose in Confcommercio: "Quando il governo presenta una legge, questa deve passare al vaglio di tutto l'enorme staff del Capo dello Stato... Se una legge non gli piace, deve tornare in Parlamento, e lì lavorano solo in 50 o 60, tutti gli altri perdono tempo...". Un Parlamento che ora viene invece "elevato": diventa fonte suprema della sovranità del premier, che se ne serve per eludere il principio di legalità. L'antinomia costituzionale è stridente: l'assemblea degli eletti del popolo, strumentalmente "riabilitata" dopo accuse devastanti e pratiche frustranti, deve consegnare al presidente del Consiglio, ora e per sempre, un potere gerarchicamente sovraordinato a tutti gli altri, dal Capo dello Stato alla Consulta. Una rivalutazione del parlamentarismo, a scapito del presidenzialismo? Niente affatto. Un banale delirio costituzionale, tagliato ancora una volta a misura del Sovrano.

La "sfiducia" di Sardelli e il presidenzialismo di La Russa

Al rovinoso "picconamento" del sistema non poteva mancare il contributo dei cosiddetti "Responsabili". Luciano Sardelli, capogruppo della tribù scilipotiana alla Camera, presenta venerdì scorso la sua riforma costituzionale. Vuole cambiare l'articolo 94, e introdurre la cosiddetta "sfiducia costruttiva". Un solo articolo prevede che il presidente del Consiglio possa cessare dalla carica se il Parlamento in seduta comune approva "una mozione di sfiducia motivata, contenente l'indicazione del successore, con votazione per appello nominale a maggioranza dei suoi componenti". Dunque, contrordine: niente chiacchiere parlamentariste, riemergono i rigurgiti da premierato forte. O addirittura da presidenzialismo, come si evince dalla sortita di due giorni fa del ministro La Russa su "Affaritaliani. it": "Le forme di governo e quelle costituzionali non cambiano con le mode  -  dice il responsabile della Difesa - e quindi il presidenzialismo rimane sicuramente la forma migliore". Ma sul modello di presidenzialismo da adottare, il luogotenente del Pdl ha le idee chiare: "All'italiana", risponde. Appunto: Costituzione "a la carte", secondo convenienza del momento.

La riforma dell'articolo 136 e il declassamento della Consulta

L'ultima trovata è di Raffaello Vignali, che usa i padri costituenti per giustificare la sua nefandezza. Il deputato pidiellino presenta un ddl di modifica dell'articolo 136, che limita l'intervento della Consulta ad una funzione "meramente dichiarativa" dell'illegittimità costituzionale delle leggi. Se bocciate dalla Corte, cioè, queste non saranno più abrogate, ma dovranno tornare in Parlamento per le eventuali modifiche del governo. Spiega Vignali, con sprezzo del ridicolo: "Ci troviamo in presenza di una Corte costituzionale che potrebbe realizzare quella eccessiva ingerenza politica del giudice temuta dai costituenti". Tradotto in volgare: il Pdl vuole declassare la Consulta, perché non può più rischiare che gli vengano respinti i Lodi Schifani-Alfano o le leggi sulle prescrizioni brevi e i processi lunghi. Del resto il Cavaliere non ripete da anni che la Corte è "un covo di comunisti"?

Questo accade, dunque, nella "macelleria costituzionale" berlusconiana. Dov'è il disegno complessivo che questa destra persegue sulla Repubblica, sulle sue istituzioni, sulla sua forma di governo? Non esiste. Esiste solo il calcio nei denti, il ribellismo costituzionale. Oggi più che mai vale la lezione di Piero Calamandrei: "E' un errore formulare gli articoli della Costituzione con lo sguardo fisso agli eventi vicini, alle amarezze, agli urti, alle preoccupazioni elettorali dell'immediato... La Costituzione non deve essere miope, ma presbite: deve vedere lontano...". Esattamente quello che non può e non sa fare Berlusconi. Così lo Stato di diritto si sta trasformando in Stato d'assedio.
m. gianninirepubblica. it  

La Repubblica, 24 aprile 2011 © Riproduzione riservata
 



*



Pasqua, lo spirito risorge per tutti
di Eugenio Scalfari



  IL MALE non esiste. Dio decise di incarnarsi, di assumere natura umana e assumere su di sé tutti i peccati del mondo. Ripristinò l'alleanza tra l'umanità e il suo creatore e indicò la via della salvezza lasciando agli uomini la libertà e la responsabilità di scegliere.

Nel giorno del giovedì cenò con i suoi apostoli. La sera si ritirò con loro nell'orto del Getsemani. Nella notte fu arrestato. Il venerdì fu processato, torturato e crocifisso. Sepolto. Dopo tre giorni (ma il sabato secondo la liturgia) resuscitò da morte, apparve alle donne e poi agli apostoli. Così raccontano i Vangeli.

Un altro racconto, pur sempre condotto sui testi della Scrittura ma diversamente interpretati, narra la storia di un uomo, figlio di Giuseppe e della giovane Maria, nato a Betlemme nei giorni del censimento, ma residente a Nazaret. Di lui, dopo la nascita ed una fuggitiva presenza al Tempio, i Vangeli non dicono più nulla, non esiste alcun racconto della sua infanzia e della sua adolescenza. Non sappiamo nulla del suo lavoro, dei suoi studi, della sua famiglia, della sua vita.

Lo ritroviamo a trent'anni, quando inizia la sua predicazione in Galilea e in Tiberiade. Va al Giordano a farsi battezzare dal Battista, raduna un gruppo di discepoli, pescatori, artigiani, mendicanti. La sua predicazione ha all'inizio contenuti soprattutto sociali; sostiene che nel regno di Dio gli ultimi saranno i primi, i deboli, i poveri, gli ammalati, saranno confortati, i giusti avranno giustizia, gli ingiusti saranno castigati.Ma intanto quell'uomo sente crescere dentro di sé una potenza misteriosa, connessa a capacità medianiche e taumaturgiche. Ed è allora che domanda: "Voi chi credete che io sia?". Alcuni dei discepoli rispondono: "Tu sei il "rabbi", il Maestro". Altri: "Tu porti in te lo spirito di Mosè". Ed altri: "Un grande profeta, più grande di Ezechiele e di Geremia". Altri ancora: "Tu sei il Messia, discendente dalla stirpe di David e sei venuto ad annunciare la fine dei tempi". Gesù ascolta, si chiude in sé. Si ritira nel deserto passando dalle terre dove vive la comunità degli Esseni, rimane quaranta giorni solo con le sue tentazioni, ode la voce del Tentatore e ne respinge le impure proposte. Torna tra i suoi. Ora è convinto di essere il Figlio di Dio, il solo tramite attraverso il quale l'unico Dio manifesta il suo amore per gli uomini e la sua sconfinata misericordia.

Questi due racconti, pur svolgendosi nello stesso modo e configurando lo stesso percorso, sono però profondamente diversi, ma convergono nella stessa conclusione: quell'uomo dà inizio ad un'epoca che si ispira al principio dell'amore e della carità, del perdono e della misericordia. Il peccato è una caduta dalla quale ci si può rialzare. Il male è soltanto l'eccezionale assenza del bene. Il bene è il regno dei giusti che godono la beatitudine di poter contemplare Dio nelle sue tre consustanziali epifanie di Padre, di Figlio e di Spirito Santo.
In questa fine del viaggio e della storia il male avrà cessato di esistere, non ci sono né purgatorio né inferno, ma soltanto paradiso, senza tempo e senza luogo.
 * * *
Ma c'è un terzo racconto, quello che caratterizza l'epoca della modernità. In esso non esistono né il male né il bene, non esiste il peccato. Ogni essere vivente è dominato dalla natura dei suoi istinti e vive in perfetta innocenza. Ma noi, unica specie dotata di mente riflessiva e capace di pensiero, noi ci vediamo vivere, invecchiare e morire; noi siamo animati da due forme di amore: quello verso se stessi e quello verso gli altri. Nessuno di questi due amori riesce a cancellare l'altro e la nostra vita non è che la dialettica convivenza di essi che si confrontano nella caverna dove abitano i nostri istinti, le nostre più segrete pulsioni e la nostra energia vitale.

In questo terzo racconto non esiste metafisica, nulla è divino oppure tutto è divino, due modi per significare la stessa cosa: "Deus sive natura".

Il terzo amore che tutto sovrasta è quello verso la vita e il solo peccato pensabile è quello contro la vita, la sua dignità, la sua libertà. Non una vita idealizzata, ma una vita storicamente determinata dagli istinti che si misurano, si combattono, si trascendono, si trasfigurano, diventando passioni e sentimenti analizzati dalla lente della ragione, cioè del pensiero che pensa se stesso e che si vede vivere.
Questo pensiero è capace di inventarsi e di raccontarsi molti mondi, è una fabbrica di illusioni che ci aiutano durante il viaggio, di speranze che alimentano la nostra energia vitale, di architetture morali indispensabili a tutelare la nostra socievolezza.

Noi siamo una specie pensante e socievole, perciò costruiamo regole morali che consentono la convivenza in quel dato contesto storico. Ecco perché non esistono peccati ma esistono reati.
Quando finisce un'epoca, finisce anche una morale, si verifica una rivoluzione che smantella la vecchia architettura per costruirne un'altra affinché la vita possa proseguire alimentata e incanalata da nuovi limiti, da nuove correnti, da nuove sorgenti.
* * *
Ognuno di questi racconti ha una sua Pasqua, ognuno raffigura un'epifania, una morte apparente e una resurrezione. Non c'è fine perché non c'è principio. Non c'è altro senso fuorché la vita che la nostra specie è in grado di raccontare, interpretare, trasfigurare, inventare. Abbiamo perfino inventato il tempo.
Il tempo morirà con noi. La morale morirà con noi. Purtroppo stanno già morendo e questo non è buon segno.
Quando si rifiuta di ricordare il passato non si può costruire il futuro, si vive schiacciati da un eterno presente come gli animali che vivono infatti fuori del tempo.

Quando si smonta un'architettura morale senza costruirne un'altra il fiume della vita cessa di scorrere diventando imputridita palude. A questa sorte dobbiamo ribellarci, questo pericolo dobbiamo scongiurare.
"Resurrexit" suoneranno oggi le campane. La Pasqua è di tutti ed è lo spirito di tutti che deve risorgere.

 



(24 aprile 2011) © Riproduzione riservata  




  i saranno i primi




   
La "Grande Riforma" del 2005
La perversa "filosofia" del berlusconismo costituzionale si evince dalle origini. La legge 269 viene approvata il 18 novembre 2005: già quella è un Frankenstein giuridico, che contiene tutto e il suo contrario. Oltre alla devolution, alla riduzione del numero dei parlamentari e alla fine del bicameralismo perfetto, la "riforma" introduce un anomalo "premierato forte", sconosciuto alle democrazie occidentali. Il Primo Ministro può revocare i ministri e sciogliere direttamente la Camera, sottraendo questa prerogativa al presidente della Repubblica. Il Capo dello Stato diventa meno che un notaio: nomina Primo Ministro  La "Grande Riforma" del 2005
La perversa "filosofia" del berlusconismo costituzionale si evince dalle origini. La legge 269 viene approvata il 18 novembre 2005: già quella è un Frankenstein giuridico, che contiene tutto e il suo contrario. Oltre alla devolution, alla riduzione del numero dei parlamentari e alla fine del bicameralismo perfetto, la "riforma" introduce un anomalo "premierato forte", sconosciuto alle democrazie occidentali. Il Primo Ministro può revocare i ministri e sciogliere direttamente la Camera, sottraendo questa prerogativa al presidente della Repubblica. Il Capo dello Stato diventa meno che un notaio: nomina Primo Ministro   Pasqua, lo spirito
risorge per tuttidi EUGENIO SCALFARI IL MALE non esiste. Dio decise di incarnarsi, di assumere natura umana e assumere su di sé tutti i peccati del mondo. Ripristinò l'alleanza tra l'umanità e il suo creatore e indicò la via della salvezza lasciando agli uomini la libertà e la responsabilità di scegliere.

Nel giorno del giovedì cenò con i suoi apostoli. La sera si ritirò con loro nell'orto del Getsemani. Nella notte fu arrestato. Il venerdì fu processato, torturato e crocifisso. Sepolto. Dopo tre giorni (ma il sabato secondo la liturgia) resuscitò da morte, apparve alle donne e poi agli apostoli. Così raccontano i Vangeli.

Un altro racconto, pur sempre condotto sui testi della Scrittura ma diversamente interpretati, narra la storia di un uomo, figlio di Giuseppe e della giovane Maria, nato a Betlemme nei giorni del censimento, ma residente a Nazaret. Di lui, dopo la nascita ed una fuggitiva presenza al Tempio, i Vangeli non dicono più nulla, non esiste alcun racconto della sua infanzia e della sua adolescenza. Non sappiamo nulla del suo lavoro, dei suoi studi, della sua famiglia, della sua vita.

Lo ritroviamo a trent'anni, quando inizia la sua predicazione in Galilea e in Tiberiade. Va al Giordano a farsi battezzare dal Battista, raduna un gruppo di discepoli, pescatori, artigiani, mendicanti. La sua predicazione ha all'inizio contenuti soprattutto sociali; sostiene che nel regno di Dio gli ultim 

domenica 5 dicembre 2010

martedì 30 novembre 2010




Vita e Morte  
 



Il mondo di chi è felice è altro
da quello di chi è infelice.
Come pure alla morte il mondo non si àltera,
ma cessa.

L. Wittgenstein, Tractatus logico-philosophicus

 



Mario Monicelli




MARIO MONICELLI



 Una vita lunga, intensa, fantastica per opere e giorni. Una "morte libera", drammaticamente raggiunta. La fatica dell'ultimo salto, il coraggioso battito d'ali verso lo schianto liberatorio, l'infinito lieve pesante movimento del corpo immobile. 
C'è grande tristezza per lo stato di costrizione che ha imposto la messa in atto tragica che ben più dolce poteva essere. Immagino una decisione razionale, consapevole, e indifferibile considerata la condizione di incurabilità finale.
L'uomo Monicelli, l'uomo che conoscevamo attraverso la sua opera e i suoi discorsi, deve aver ponderato la scelta della "mors voluntaria", come avrebbe fatto, come farebbe uno stoico.  Ma di lui ricorderemo l'intensità della sua vita, l'amore e l'impegno, la coscienza del valore prezioso di ogni attimo. Fino all'ultimo.


* Bisognerebbe ragionare intorno alla parola 'suicidio' ("neologismo" del 1771), che comporta un inevitabile  parallelismo con la parola 'omicidio'. 



 

lunedì 26 aprile 2010


BERLUSCONISMO
Furti di parole


 



E' possibile che l'uomo del messaggio non conosca la differenza tra "liberazione" e "libertà"? Differenza lessicale, differenza concettuale, differenza storica  No, non è possibile. Lui sa che cosa sta facendo, infatti approfitta di qualsiasi occasione per imporre se stesso e le sue distorsioni dell'esistente, come uno specchio deformante:
 




  • sostituisce una parola all'altra: libertà per liberazione


  • occulta la parola giusta: liberazione 


  • cambia significati e valori con abili furti linguistici, contando sull'ignoranza o sulla superficialità o sulla distrazione di chi ascolta o sulla mala fede.




Festa della liberazione: il messaggio del presidente Berlusconi

25 aprile: il messaggio del presidente Berlusconi . "Nella ricorrenza del 25 aprile celebriamo la Festa della Libertà ...