"Il
dolore sta producendo risultati"

Il neoministro
dell’Economia, Padoan
Lo scorso anno il neoministro
dell’Economia, Padoan, giustificava le politiche di austerity: "Il
dolore sta producendo risultati". Per tali parole dovrebbe ora scusarsi.
La rivista scientifica Lancet racconta nell’ultimo numero come
le politiche della troika abbiano distrutto la sanità pubblica in
Grecia, usata come cavia dall’Ue: il risanamento, così inteso, riduce
malthusianamente le popolazioni, cominciando da bambini e anziani.
di Barbara Spinelli, da Repubblica, 26 febbraio 2014
"Il dolore sta producendo risultati": fa impressione, proprio ora che
è divenuto ministro dell’Economia, rileggere quel che Pier Carlo Padoan
disse il 29 aprile 2013 al Wall Street Journal, quando era vice segretario generale dell’Ocse.
Già allora i dati sull’economia reale smentivano una così impudente
glorificazione dell’austerità - e addirittura dei patimenti sociali che
infliggeva - ma l’ultimo numero di Lancet, dedicato alla sanità
pubblica in Grecia dopo sei anni di Grande Depressione, va oltre la
semplice smentita.
Più che correggersi, il ministro farebbe bene a
scusarsi di una frase atroce che irresistibilmente ricorda Pangloss,
quando imperterrito rassicura Candide mentre Lisbona è inghiottita dal
terremoto raccontato da Voltaire: "Queste cose sono il meglio che possa
accadere. La caduta dell’uomo e la maledizione entrano necessariamente
nel migliore dei mondi possibili".
Lancet non è un giornale di parte: è tra le prime cinque riviste
mediche mondiali. Il suo giudizio sulla situazione ellenica, pubblicato
sabato in un ampio dossier (lo ha ripreso Andrea Tarquini sul sito di
Repubblica), è funesto: la smisurata contrazione dei redditi e i tagli
ai servizi pubblici hanno squassato la salute dei cittadini greci,
incrementando il numero di morti specialmente tra i bambini, tra gli
anziani, nelle zone rurali. Nella provincia di Acaia, il 70 per cento
degli abitanti non ha soldi per comprare le medicine prescritte.
Emergency denuncia la catastrofe dal giugno 2012. Numerose le
famiglie che vivono senza luce e acqua: perché o mangi, o paghi le
bollette. Nel cuore d’Europa e della sua cultura, s’aggira la morte e la
chiamano dolore produttivo.
"Siamo di fronte a una tragedia della sanità pubblica", constata la
rivista, "ma nonostante l’evidenza dei fatti le autorità responsabili
insistono nella strategia negazionista". Qualcuno deve spiegare a chi
agonizza come sia possibile che il dolore e la morte siano "efficaci", e
salvifiche per questo le riforme strutturali fin qui adottate.
Né è solo "questione di comunicazione" sbagliata, come sosteneva
nell’intervista Padoan: sottolineare gli esiti promettenti del
consolidamento fiscale, ammorbidendo magari qualche dettaglio tecnico,
non toglie la vittoria al pungiglione della morte. Trasforma solo
un’improvvida teoria economica in legge naturale, perfino divina.
Moriremo, certo, ma in cambio il Paradiso ci aspetta. Soprattutto ci
aspetta se non cadremo nel vizio disinvoltamente rinfacciato agli
indebitati-impoveriti: la "fatica delle riforme" (reform fatigue),
peccato sempre in agguato quando i governi "sono alle prese con
resistenze sociali molto forti". Quando siamo ingrati, come Atene, alle
iniezioni di liquidità che l’Unione offre a chi fa bancarotta: nel caso
greco, due bailout tardivi, legati a pacchetti deflazionistici
monitorati dalla trojka. I contribuenti tedeschi hanno già dato troppo,
dicono in Germania. Non è vero, i contribuenti non hanno pagato alcunché
perché di prestiti si tratta, anche se a tassi agevolati e destinati in
primis alle banche.
Difficile dar torto alle "forti resistenze sociali", se solo
guardiamo le cifre fornite su Lancet dai ricercatori delle università
britanniche di Cambridge, Oxford e Londra. A causa della malnutrizione,
della riduzione dei redditi, della disoccupazione, della scarsità di
medicine negli ospedali, dell’accesso sempre più arduo ai servizi
sanitari (specie per le madri prima del parto) le morti bianche dei
lattanti sono aumentate fra il 2008 e il 2010 del 43%. Il numero di
bambini nati sottopeso è cresciuto del 19 %, quello dei nati morti del
20.
Al tempo stesso muoiono i vecchi, più frequentemente. Fra il 2008 e
il 2012, l’incremento è del 12,5 fra gli 80-84 anni e del 24,3 dopo gli
85. E s’estende l’Aids, perché la distribuzione di siringhe monouso e
profilattici è bloccata. Malattie rare o estinte ricompaiono, come la
Tbc e la malaria (quest’ultima assente da 40 anni. Mancano soldi per
debellare le zanzare infette).
La rivista inglese accusa governi e autorità europee, ed elogia i
paesi, come Islanda e Finlandia, che hanno respinto i diktat del Fondo
Monetario o dell’Unione. Dopo la crisi acuta del 2008, Reykjavik disse
no alle misure che insidiavano sanità pubblica e servizi sociali,
tagliando altre spese scelte col consenso popolare. Non solo: capì che
la crisi minacciava la sovranità del popolo, e nel 2010-2011 ridiscusse
la propria Costituzione mescolando alla democrazia rappresentativa una
vasta sperimentazione di democrazia diretta.
Non così in Grecia. L’Unione l’ha usata come cavia: sviluppi
islandesi non li avrebbe tollerati. Proprio nel paese dove Europa nacque
come mito, assistiamo a un’ecatombe senza pari: una macchia che
resterà, se non cambiano radicalmente politiche e filosofie ma solo
questo o quel parametro. Il popolo sopravvive grazie all’eroismo di Ong e
medici volontari (tra cui Médecins du Monde, fin qui attivi tra gli
immigrati): i greci che cercano soccorso negli ospedali "di strada" son
passati dal 3-4% al 30%. S’aggiungono poi i suicidi, in crescita come in
Italia: fra il 2007 e il 2011 l’aumento è del 45%. In principio
s’ammazzavano gli uomini. Dal 2011 anche le donne.
Lancet non è ottimista sugli altri paesi in crisi. La Spagna, cui
andrebbe assommata l’Italia, è vicina all’inferno greco. Alexander
Kentikelenis, sociologo dell’università di Cambridge che con cinque
esperti scrive per la rivista il rapporto più duro, spiega come il
negazionismo sia diffuso, e non esiti a screditare le più serie ricerche
scientifiche (un po’ come avviene per il clima). L’unica istituzione
che si salva è il Centro europeo di prevenzione e controllo delle
malattie, operativo dal 2005 a Stoccolma.
La Grecia prefigura il nostro futuro prossimo, se le politiche del
debito non mutano; se scende ancora la spesa per i servizi sociali.
Anche in Italia esistono ospedali di volontari, come Emergency. La luce
in fondo al tunnel è menzogna impudente. Senza denunciarla, Renzi ha
intronizzato ieri la banalità: "L’Europa non dà speranza se fatta solo
di virgole e percentuali" - "l’Italia non va a prendere la linea per
sapere che fare, ma dà un contributo fondamentale". Nessuno sa quale
contributo.
Scrive l’economista Emiliano Brancaccio che i nostri governi
"interpretano il risanamento come fattore di disciplinamento sociale".
Ma forse le cose stanno messe peggio: il risanamento riduce
malthusianamente le popolazioni, cominciando da bambini e anziani.
Regna
l’oblio storico di quel che è stata l’Europa, del perché s’è unita.
Dimentica anche la Germania, che pure vive di memoria. Dopo il ‘14-18 fu
trattata come oggi la Grecia: sconfitto, il paese doveva soffrire per
redimersi. Solo Keynes insorse, indignato. Nel 1919 scrisse: "Se diamo
per scontata la convinzione che la Germania debba esser tenuta in
miseria, i suoi figli rimanere nella fame e nell’indigenza [...], se
miriamo deliberatamente all’umiliazione dell’Europa centrale, oso farmi
profeta, la vendetta non tarderà".
La vendetta non tardò a farsi viva, ed è il motivo per cui ben
diversa e più saggia fu la risposta nel secondo dopoguerra. Quella via
andrebbe ripercorsa e potrebbe sfociare in una Conferenza europea sul
debito, che condoni ai paesi in difficoltà parte dei debiti, connetta i
rimborsi alla crescita, dia all’Unione poteri politici e risorse per
lanciare un New Deal di ripresa collettiva e ecosostenibile. È già
accaduto, in una conferenza a Londra che nel 1953 ridusse quasi a zero i
debiti di guerra della Germania. I risultati non produssero morte, ma
vita. Fecero rinascere la democrazia tedesca. Non c’era spazio, a quei
tempi, per i Pangloss che oggi tornano ad affollare le scene.
da Micromega. (26 febbraio 2014)