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domenica 23 ottobre 2011


Caro don Mazzi

vale atque vale



 


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Il risveglio dei cattolici nel Paese malato



di Enzo Bianchi

La Repubblica, 22 ottobre 2011



 



In questi ultimi anni abbiamo più volte indicato non solo l' afonia dei cattolici in politica - la debolezza di rilevanza nella progettazione e nella costruzione della polis - ma anche le cause che l' hanno prodotta, tra cui l' intervento diretto in politica di alcuni ecclesiastici e la scelta di agire come un gruppo di pressione. La diaspora dei cattolici in politica all' inizio degli anni Novanta appariva non solo come una necessità motivata ma anche come una preziosa opportunità, una "benedizione": rendeva infatti evidente che la comunità cristiana vive di fede e di coerente comportamento etico, ma non di soluzioni tecniche nella politica e nell' economia. Di fatto però questa diaspora si è ridottaa irrilevanza e, fatto ancor più grave, ha lasciato segni di contrapposizione e forti divisioni tra i cattolici stessi. In tale ambiguità, proprio per l' esposizione diretta avuta da alcune figure rappresentative della Chiesa, questa ha subìto una perdita di credibilità e nella comunità cristiana è apparso, dopo una stagione di grandi convinzioni, un sentimento di scetticismo, di frustrazione, anche di cinismo... Potremmo dire che comunità cristiane depresse sul versante politico, per incarnare comunque il Vangelo hanno scelto di privilegiare una presenza sociale fatta di volontariato, di carità attiva, finendo però anche per aumentare la sfiducia verso la politica. Alcuni hanno tentato di essere "cattolici in politica" senza integralismi e cercando di restare ispirati dalla propria fede. Ma sono stati irrisi come "pretenziosi cattolici adulti", considerati inadeguati alla strategia in atto se non addirittura presenze nocive nel necessario confronto con la polis. Ora il vento è cambiato e ha fatto sentire quanto una certa "aria ammorbata" vada purificata: si ritiene allora opportuno abbandonare la strategia adottata in questi ultimi vent' anni, senza tuttavia confessare gli errori compiuti, senza assumersi alcuna responsabilità per questo impoverimento del tessuto ecclesiale e, di conseguenza, della presenza dei credenti in politica. Ecco allora, ancora una volta, il ricorso alle associazioni cattoliche, minoranze ispirate dalla fede cristiana ancora attive e presenti nel paese, ecco l' appuntamento di Todi. Evento certamente importante, che viene dopo anni di non ascolto reciproco, nonostante da parte dell' autorità ecclesiastica si sia tentato di far cessare guerre e inimicizie tra le varie associazioni già alla fine degli anni Novanta. E il ritrovarsi questa volta è finalizzatoa risponderea una domanda: quale presenza significativa i cattolici possono avere in politica in questo momento giudicato di grave crisi a tutti i livelli per il nostro paese? Ma proprio questo evento suscita anche una domanda di fondo negli appartenenti alle comunità cristiane: perché un incontro su tematiche che riguardano tutti i cittadini cattolici viene riservato invece alle associazioni che, salvo l' Azione Cattolica, peraltro soffrono attualmente di un forte depotenziamento a livello di convinzioni? Più volte in questi vent' anni abbiamo auspicato un "forum" che nelle varie chiese locali raggruppi tutti i cattolici per favorire la conoscenza e il confronto su temi che richiedono una traduzione politica. Abbiamo specificato che questo forum, aperto a rappresentanti di tutte le componenti della Chiesa, dovrebbe, in un dialogo libero e fraterno, cercare ispirazione dal Vangelo e confrontarsi con la dottrina sociale della Chiesa, restando tuttavia su un terreno prepolitico, preeconomico, pregiuridico, nella consapevolezza che la traduzione di queste ispirazioni cristiane messe a fuoco insieme appartiene ai singoli cattolici che devono confrontarsi negli spazi politici in cui sono presenti e con tutti gli altri cittadini. Nessun integralismo, nessuna pressione lobbistica, nessuna imposizione, ma la riaffermazione che essere cattolici in politica significa da un lato restare ispirati e coerenti con la propria fede e, d' altro lato, nel dialogo rispettoso con gli altri cittadini, cercare faticosamente soluzioni politiche, economiche, giuridiche adeguate alle esigenze che si presentano e al bene comune che intende salvaguardare e costruire. Così facendo, se anche i cristiani apparissero una minoranza, non ci sarebbe nulla da temere perché sarebbero una presenza significativa capace di contribuire alla formazione di politici con a cuore il bene comune, alla progettazione di un nuovo patto educativo, all' ideazione di un futuro per le giovani generazioni, una presenza in grado di fornire esigenze etiche di umanizzazione e contributi decisivi in quel confronto di idee e di visioni che oggi purtroppo tanto difetta. Quello di Todi non è stato un forum di questo tipo, anzi: ha rischiato di cedere alle sollecitazioni perché fornisse soluzioni solo politiche e contingenti. Eppure c' erano state alcune indicazioni che avrebbero potuto mettere in guardia i partecipanti, a partire da quelle del segretario della Cei, monsignor Crociata che, ai politici che si dicono cattolici, ha recentemente ricordato che esiste un primato della fede, luce per ogni scelta, una comunione tra cattolici che li precede e che deve manifestarsi nel discernimento di ciò che il Vangelo chiede; ma al contempo ha sottolineato che c' è un diverso ordine che riguarda il carattere contingente della scelta politica di schieramento e la forma politica in cui i cristiani sono chiamati a operare. Nessun partit o c a t t o l i c o , quindi, e neanche "di cattolici" hanno ripetuto diversi vescovi, né tantomeno un "partito della Chiesa". La laicità della politica va assolutamente salvaguardata e i cattolici dovranno inevitabilmente operare con responsabilità una scelta di campo che li renda una "parte" di schieramenti o di spazi politici in cui si collocano. Ma non è questo, per ora, ad apparire decisivo, quanto piuttosto il recuperare le ragioni profonde dell' azione nella polis, il tessere un dialogo nella comunità cristiana per essere muniti di ispirazione, il sapersi collocare nella compagnia degli uomini senza esenzioni ma assumendosi responsabilità, il saper parlare di progetti e ragioni in termini non dogmatici ma semplicemente umani, antropologici, affinché gli altri comprendano e possano confrontarsi liberamente con i cristiani, lasciando poi alle regole della democrazia e ai suoi criteri di determinare le scelte necessarie ai diversi livelli e le esigenze del legiferare per il bene della convivenza. E in questo spazio prepolitico di confronto, i cattolici potrebbero anche imparare un' esigenza fondamentale per la loro fede: l' importanza di non fare letture parziali del Vangelo, privilegiando alcuni principi e valori e dimenticandone altri... Secondo Paul Valadier, lo statuto del cristianesimo è quello di essere una "religione anormale": perché per ogni cristiano il rispetto assoluto della vita umana, il rifiuto della guerra, la salvaguardia della pace, la giustizia e l' eguaglianza sociale, il perdono del nemico, la riconciliazione nei conflitti sono tutti valori irrinunciabili. Impresa non facile certo, soprattutto in una stagione in cui riemerge l' atavica tentazione della religione: andarea braccetto con il potere politico finché il vento non cambia direzione. - ENZO BIANCHI  

domenica 27 febbraio 2011




Anche Noi Abbiamo Un Sogno

 


Un appello da firmare

Voi siete il sale della terra; ora, se il sale diviene insipido, con che lo si salerà? Non è più buono a nulla se non ad esser gettato via e calpestato dagli uomini. Voi siete la luce del mondo; una città posta sopra un monte non può rimaner nascosta; e non si accende una lampada per metterla sotto il moggio; anzi la si mette sul candeliere ed ella fa lume a tutti quelli che sono in casa.
(Matteo 5:14-15) 
 



  



Penso che tutti, cristiani e no, possiamo avere il sogno di "un gruppo di laici del Centro Giovanile Antonianum di Padova, convinti che come cristiani non si possa più tacere di fronte a quanto sta accadendo nel nostro paese." Se c'è un forte dissenso nei confronti delle politiche delle gerarchie cattoliche nei laici non cristiani, a causa della distanza siderale dagli insegnamenti del Cristo, non è difficile immaginare un dissenso altrettanto forte nei cristiani sinceramente seguaci della Buona Novella. Io non sono cristiana, eppure sono pronta a sottoscrivere ogni parola di questo sogno che si potrà avverare solo se le lampade saranno accese", come piccole sentinelle della luce.




     Un giorno chi guida la Chiesa in Italia riuscirà a denunciare i comportamenti inaccettabili con chiarezza e determinazione, perché avrà come unico interesse l’annuncio della Buona Notizia.
 



    In situazioni come quelle odierne, dirà che chi offende ed umilia le donne in modo così oltraggioso non può governare un paese.
    Dirà che coinvolgere minorenni in questo mercato sessuale è, se possibile, ancora più sconcertante.
    Dirà che chi col denaro vuol comprare tutto, col potere vuol essere al di sopra delle leggi, con i sotterfugi evita continuamente di rendere conto dei propri comportamenti, costui propone e vive una vita che è all’opposto di quanto insegna il nostro maestro Gesù.
    Per evitare ambiguità dirà chiaramente che questa persona è il nostro Primo Ministro.
    Da quel giorno, ogni giorno, chi guida la Chiesa ci esorterà all’onestà, alle scelte etiche, alla coerenza, dimostrando anche con l’esempio che davvero ciò che più conta sono i valori evangelici.
    Allora noi smetteremo di pensare che siano gli interessi economici o di potere a giustificare il sostegno a chi si comporta in modo così scandaloso.

    Un giorno anche il silenzio di noi laici, la nostra rassegnazione, la nostra mancanza di iniziativa e passione finiranno: troveremo il modo di partecipare alle decisioni ed alle prese di posizione della Chiesa. I nostri Pastori gradiranno e sosterranno il nostro cammino di crescita nella responsabilità.

    Quando la Chiesa italiana sarà chiamata ad una verifica di cosa ha detto e fatto in questi momenti tragici della vita politica italiana non saremo dunque costretti a riconoscere che le nostre lampade erano spente e nascoste sotto il moggio.

    Sogniamo che questo giorno sia oggi: non possiamo più tacere


venerdì 27 novembre 2009

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«La dignità umana nel nascere e nel morire»

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"Nascere» e «morire» sono due momenti decisivi della nostra esistenza, su cui si concentrano moltissimi interrogativi." ...

Il messaggio del Cardinal Martini ai medici cattolici fa rifulgere anche la dignità della vita che si snoda tra i punti estremi della vita e della morte. E' la dignità del vivere di cui siamo responsabili singolarmente, nonostante i condizionamenti delle alterne vicende e dell'ambiente in cui ciascun percorso si attua. Ringrazio il Cardinale per le sue parole, luminoso esempio soprattutto quando ci si sente smarriti o scoraggiati.   

mercoledì 19 agosto 2009

I valori del Cristianesimo e della morale nel pensiero di Francesco Cossiga


E' lui stesso a esporre il proprio pensiero su Libero di oggi, attribuendolo indirettamente ma chiaramente anche alle gerarchie cattoliche. Già il titolo riassume le idee del vecchio democristiano sul "do ut des" tra lo Stato del Vaticano e la Repubblica Italiana, idee che manifestano lo stravolgimento in senso immorale del triste Articolo 7 della nostra Costituzione, soprattutto nell'attuale regime berlusconista. Come dire: visto che è stata esantata dal pagamento dell'ICI, taccia l'organizzazione cattolica detta Chiesa:


PRIMA DI ATTACCARE BERLUSCONI LA CHIESA PAGHI L'ICI.    PRUDENZA E CARITA' SONO PIU' IMPORTANTI DEI GIUDIZI  di COSSIGA FRANCESCO

martedì 18 agosto 2009

CRISTIANESIMO



Don Giorgio de Capitani


Dal pulpito, sermoni o comizi?


"Quando nelle prediche il prete va giù duro, anche il padrone -se è del posto- sta attento nel trattare i lavoratori in quanto sa che avere il parroco contro significa avere contro la popolazione. Incarnare il Cristianesimo significa affrontare anche tutte le problematiche che vivono gli uomini:  lavoro, casa, tutela dell’ambiente"


Perché tanto astio nei confronti di Berlusconi?


"Non ce l’ho con Berlusconi persona ma con la sua cultura, il Berlusconismo, la cultura dell’avere, perché conosco il male che provoca all’umanità. Berlusconi l’ha inculcata nella testa di milioni di italiani tramite TV e giornali, forse perché a lui non interessa comunicare idee che comunque non credo abbia. Ha cavalcato astutamente un momento di grande vuoto politico riempiendolo con la sua cultura. Mi preoccupa il fatto che il virus della berlusconite ha contaminato ormai tutto, anche la sinistra" 


Intervista di Mauro Mauri: Don Giorgio de Capitani, sinistra evangelica dalla Brianza. Articolo 21

DonGiorgio.it - Politica a Tutto Campo


 




giovedì 21 maggio 2009

Il sogno a occhi aperti di


DIONIGI TETTAMANZI




Cristianesimo


"Vorrei declinare il comandamento 'Non nominare il nome di Dio invano' in questo modo: 'Non nominare il nome di cristiano invano'. Non si tratta di nominare un nome, si tratta di viverne il contenuto, il significato, la bellezza. In questo senso mi pare si possa stabilire una perfetta corrispondenza tra il comandamento che riguarda Dio e il comandamento che riguarda chi da Dio ha ricevuto la fede, cioè il cristiano".



Politica e morale


"Chi è impegnato a guidare una comunità ha il dovere di presentarsi non secondo una doppia morale, ma secondo un’unica morale. Questo riguarda tutti, ma per chi ha una responsabilità nei confronti degli altri diventa un’esigenza ancora più forte."



Politica ed emergenza


''Penso che, soprattutto la politica, debba senz'altro interessarsi del momento - certo piu' difficile e delicato - dell'emergenza, ma ad essa non puo' arrestarsi. La politica deve partire da progetti grandiosi, e soltanto in questo quadro e' possibile allora attivare le diverse forze sociali, culturali istituzionali, di volontariato, religiose, perche' solo in un quadro progettuale e' possibile risolvere anche il momento puntuale dell'emergenza.''


''Il nostro tempo e' caratterizzato dall'azione di emergenza. E l'emergenza si accompagna con la paura. E la paura non e' la consigliera piu' saggia per affrontare il problema nella sua ampiezza e nella sua profondita'. A partire da un vero e proprio progetto.''


"Dobbiamo pensare a queste sofferenze attuali con analogia alle doglie del parto. C’è un momento di estrema sofferenza, ma è una sofferenza che chiede di guardare più avanti, di guardare al domani, alla vita. Se noi affrontiamo la sofferenza di oggi come uno stimolo non soltanto per risolvere i problemi contingenti, immediati, complicati, ma elaborando un progetto".


Semi di speranza


"Questo domani io lo intravedo già perché semi e frutti di speranza già ci sono - ha detto -. Penso ai bambini e ai ragazzi che nella scuola si trovano naturalmente amici tra loro, è un segnale che gli adulti dovrebbero considerare con molta più attenzione, ricaricandosi di fiducia".


Esigenze e doveri


''Di fronte alle esigenze mi domando: non ci troviamo forse di fronte a delle attese, a delle aspettative, a delle speranze vere? Quanto poi ai diritti, penso che non esistano da soli, isolati, ma esistano intimamente connessi con dei doveri." 


Sobrietà e identificazione


"Con grande forza devo dire, in riferimento alla dottrina sociale della Chiesa, quindi in riferimento a una esemplarità umile, ma nello stesso tempo schietta e forte, che la comunità cristiana può e deve diventare molto più sobria. Ogni comunità cristiana, a cominciare da quella più piccola". "Da questo punto di vista ritengo che solo nella sobrietà è possibile mostrare uno dei volti più belli e più necessari oggi della Chiesa, e cioè il volto di una Chiesa che agisce come il Signore Gesù, che si identifica in tutte le persone, ma in maniera privilegiata nella persona povera, bisognosa, dimenticata, emarginata, disperata".


Libertà religiosa


"La libertà religiosa è uno di qui valori essenziali, fondamentali che sono di aiuto, di stimolo, di dialogo. La libertà religiosa è antidoto all'aggressività, che è sempre anti evangelica e contro la razionalità, è segno di mancanza di sincerità nel rapporto".


La persona


«Personalmente ritengo che esiste una regola delle regole e una governance delle governance. Perché la regola, in ultima analisi, è una sola, ed è la persona, la dignità della persona, i valori e le esigenze della persona. C'è solo un principio che dobbiamo onorare con fatica, e questo principio è il rimettere al centro l'uomo, la sua dignità. Potrei dire che bisogna avere il coraggio di parlare dell'etica. Dove l'etica non è qualcosa che blocca, o frena, o ostacola, ma al contrario qualcosa che libera, perché ci dà la possibilità di affrontare tutto e sempre in chiave umana e umanizzante».

domenica 23 marzo 2008

Pasqua di Resurrezione


Giotto di Bondone_Maria di Magdala_ Noli me tangere_1320_Assisi_Basilica Inferiore_Cappella della Maddalena 


1Nel giorno dopo il sabato, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di buon mattino, quand'era ancora buio, e vide che la pietra era stata ribaltata dal sepolcro. 2Corse allora e andò da Simon Pietro e dall'altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: "Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l'hanno posto!". 3Uscì allora Simon Pietro insieme all'altro discepolo, e si recarono al sepolcro. 4Correvano insieme tutti e due, ma l'altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. 5Chinatosi, vide le bende per terra, ma non entrò. 6Giunse intanto anche Simon Pietro che lo seguiva ed entrò nel sepolcro e vide le bende per terra, 7e il sudario, che gli era stato posto sul capo, non per terra con le bende, ma piegato in un luogo a parte. 8Allora entrò anche l'altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. 9Non avevano infatti ancora compreso la Scrittura, che egli cioè doveva risuscitare dai morti. 10I discepoli intanto se ne tornarono di nuovo a casa.


11Maria invece stava all'esterno vicino al sepolcro e piangeva. Mentre piangeva, si chinò verso il sepolcro 12e vide due angeli in bianche vesti, seduti l'uno dalla parte del capo e l'altro dei piedi, dove era stato posto il corpo di Gesù. 13Ed essi le dissero: "Donna, perché piangi?". Rispose loro: "Hanno portato via il mio Signore e non so dove lo hanno posto". 14Detto questo, si voltò indietro e vide Gesù che stava lì in piedi; ma non sapeva che era Gesù. 15Le disse Gesù: "Donna, perché piangi? Chi cerchi?". Essa, pensando che fosse il custode del giardino, gli disse: "Signore, se l'hai portato via tu, dimmi dove lo hai posto e io andrò a prenderlo". 16Gesù le disse: "Maria!". Essa allora, voltatasi verso di lui, gli disse in ebraico: "Rabbunì!", che significa: Maestro! 17Gesù le disse: "Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre; ma va' dai miei fratelli e di' loro: Io salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro". 18Maria di Màgdala andò subito ad annunziare ai discepoli: "Ho visto il Signore" e anche ciò che le aveva detto.


19La sera di quello stesso giorno, il primo dopo il sabato, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, si fermò in mezzo a loro e disse: "Pace a voi!". 20Detto questo, mostrò loro le mani e il costato. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. 21Gesù disse loro di nuovo: "Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi". 22Dopo aver detto questo, alitò su di loro e disse: "Ricevete lo Spirito Santo; 23a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi".


24Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. 25Gli dissero allora gli altri discepoli: "Abbiamo visto il Signore!". Ma egli disse loro: "Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il dito nel posto dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato, non crederò".


26Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c'era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, si fermò in mezzo a loro e disse: "Pace a voi!". 27Poi disse a Tommaso: "Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano, e mettila nel mio costato; e non essere più incredulo ma credente!". 28Rispose Tommaso: "Mio Signore e mio Dio!". 29Gesù gli disse: "Perché mi hai veduto, hai creduto: beati quelli che pur non avendo visto crederanno!". (Vangelo di Giovanni)


Giotto di Bondone_Resurrezione_Noli me tangere_ Scrovegni_Padova


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Tibetans light up thousands of oil lamps to pray for the souls of those who died during protests in China as they urge the Chinese government to resist from using brute force against Tibetan protesters, in Katmandu, Nepal, Saturday March 22, 2008.

domenica 5 agosto 2007


Una icona riproducente Silvestro I e Costantino. L'imperatore offre al papa la tiara imperiale, simbolo del potere temporale. Dalle pareti dell'Oratorio di San Silvestro, Roma - da Wikipedia


Ahi, Costantin, di quanto mal fu matre,
      non la tua conversion, ma quella dote
che da te prese il primo ricco patre!


Inferno XIX, 115-117 ( terza bolgia: simoniaci - immagini >>>qui<<< )



Ahi Costantin
di quanto mal fu madre


di EUGENIO SCALFARI


Tra le tante questioni che affliggono il nostro paese, insolute da molti anni e alcune risalenti addirittura alla fondazione dello Stato unitario, c'è anche quella cattolica. Probabilmente la più difficile da risolvere.
Personalmente penso anzi che resterà per lungo tempo aperta, almeno per l'arco di anni che riguardano le tre o quattro generazioni a venire. Roma e l'Italia sono luoghi di residenza millenaria della Sede apostolica e perciò si trovano in una situazione anomala rispetto a tutte le altre democrazie occidentali. Se guardiamo agli spazi mediatici che la Santa Sede, il Papa, la Conferenza episcopale hanno nelle televisioni e nei giornali ci rendiamo conto a prima vista che niente di simile accade in Francia, in Germania, in Gran Bretagna, in Olanda, in Scandinavia e neppure nelle cattolicissime Spagna e Portogallo per non parlare degli Usa, del Canada e dell'America Latina dove pure la popolazione cattolica ha raggiunto il livello di maggiore densità.

Da noi le reti ammiraglie di Rai e di Mediaset trasmettono sistematicamente ogni intervento del Papa e dei Vescovi. L'"Angelus" è un appuntamento fisso. Le iniziative e le dichiarazioni dei cattolici politicamente impegnati ingombrano i giornali, il presidente della Repubblica, appena nominato, sente il bisogno di inviare un messaggio di "presentazione" al Pontefice, cui segue a breve distanza la visita ufficiale.
Tutto ciò va evidentemente al di là d'una normale regola di rispetto e dipende dal fatto che in Italia il Vaticano è una potenza politica oltre che religiosa. Ciò spiega anche la dimensione dei finanziamenti e dei privilegi fiscali dei quali gode il Vaticano, la Santa Sede e gli enti ecclesiastici; anche questi senza riscontro alcuno negli altri paesi.
Infine il rapporto di magistero che la gerarchia ecclesiastica esercita sulle istituzioni ovunque vi sia una rappresentanza di cattolici militanti e la funzione di guida politica che di fatto orienta i partiti di ispirazione cattolica e quindi cospicui settori del Parlamento.

La questione cattolica è dunque quella che spiega più d'ogni altra la diversità italiana. Spiega perché noi non saremo mai un "paese normale". Perché una parte rilevante dell'opinione pubblica, della classe politica, dei mezzi di comunicazione, delle stesse istituzioni rappresentative, sono etero-diretti, fanno capo cioè e sono profondamente influenzati da un potere "altro". Quello è il vero potere forte che perdura anche in tempi in cui la secolarizzazione dei costumi ha ridotto i cattolici praticanti ad una minoranza.
"Ahi Costantin, di quanto mal fu madre...".

La questione cattolica ha attraversato varie fasi che non è questa la sede per ripercorrere. Basti dire che si sono alternate fasi di latenza durante le quali sembrava sopita, e di vivace ed aspra riacutizzazione.

Il mezzo secolo della Prima Repubblica, politicamente dominato dalla Democrazia cristiana, fu paradossalmente una fase di latenza. La maggioranza era etero-diretta dal Vaticano e dagli Stati Uniti, il Pci era etero-diretto dall'Unione Sovietica. Entrambi i protagonisti accettavano questo stato di cose, insultandosi sulle piazze e dai pulpiti, ma assicurando, ciascuno per la sua parte, un sostanziale equilibrio. Quando qualcuno sgarrava, veniva prontamente corretto.

Ma la fase attuale non è affatto tranquilla, la questione cattolica si è riacutizzata per varie ragioni, la prima delle quali è l'emergere sulla scena politica dei temi bioetici con tutto ciò che comportano.

La seconda ragione deriva dalla linea assunta da Benedetto XVI che ritiene di spingere il più avanti possibile le forme di protettorato politico-religioso che il Vaticano esercita in Italia, per farne la base di una "reconquista" in altri paesi a cominciare dalla Spagna, dal Portogallo, dalla Baviera, dall'Austria e da alcuni paesi cattolici dell'America meridionale. Le capacità finanziarie dell'episcopato italiano forniscono munizioni non trascurabili per sostenere questo disegno che ha come obiettivo l'esportazione del modello italiano laddove ne esistano le condizioni di partenza.

A fronte di quest'offensiva le "difese laiche" appaiono deboli e soprattutto scoordinate. Si va da forme d'intransigenza che sfiorano l'anticlericalismo ad aperture dialoganti ma a volte eccessivamente permissive verso i diritti accampati dalla "gerarchia". Infine permane il sostanziale disinteresse della sinistra radicale, che conserva verso il laicismo l'antica diffidenza di togliattiana memoria.

Si direbbe che il solo dato positivo, dal punto di vista laico, sia una più acuta sensibilità autonomistica che ha conquistato una parte dei cattolici impegnati nel centrosinistra. Ma si tratta di autonomia a corrente variabile, oggi rimesso in discussione dalla nascita del Partito democratico e dai vari posizionamenti che essa comporta per i cattolici che ne fanno parte. Con un'avvertenza di non trascurabile peso: secondo recenti sondaggi nell'ultimo decennio i cattolici schierati nel centrosinistra sarebbero discesi dal 42 al 26 per cento. Fenomeno spiegabile poiché gran parte dell'elettorato ex Dc si trasferì fin dal 1994 su Forza Italia; ma che certamente negli ultimi tempi ha accelerato la sua tendenza.

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Un fenomeno degno di interesse è quello del recente associazionismo delle famiglie. Non nuovo, ma fortemente rilanciato e unificato dal "forum" che scelse come organizzatore politico e portavoce Savino Pezzotta, da poco reduce dalla lunga leadership della Cisl e riportato alla ribalta nazionale dal "Family Day" che promosse qualche mese fa in piazza San Giovanni il raduno delle famiglie cattoliche.

Da allora Pezzotta sta lavorando per trasformare il "forum" in un movimento politico. "Non un partito" ha precisato in una recente intervista "ma un quasi-partito; insomma un movimento autonomo che potrà eventualmente appoggiare qualche partito di ispirazione cristiana che si batta per realizzare gli obiettivi delle famiglie. Sia nei valori che sono ad esse intrinseci sia per i concreti sostegni necessari a realizzare quei valori".

L'obiettivo è ambizioso e fa gola ai partiti di impronta cattolica, ma Pezzotta amministra con molta prudenza la sigla di cui è diventato titolare. Dico sigla perché al momento non sappiamo quale sia la sua realtà organizzativa e la sua effettiva spendibilità politica.

Sembra difficile che il nascituro movimento delle famiglie possa praticare una sorta di collateralismo rispetto ai settori cattolici militanti nel Partito democratico: la piazza di San Giovanni non sembrava molto riformista, le voci che l'hanno interpretata battevano soprattutto su rivendicazioni economiche ma non basterà riconoscergliele per acquistarne il consenso e il voto. A torto o a ragione le famiglie e le sigle che le rappresentano ritengono che quanto chiedono sia loro dovuto. Il voto elettorale è un'altra cosa e non sarà Pezzotta a guidarlo. Ancor meno i vari Bindi, Binetti, Bobba nelle loro differenze. Voteranno come a loro piacerà, seguendo altre motivazioni e inclinazioni, influenzate soprattutto dai luoghi in cui vivono e dai ceti sociali e professionali ai quali appartengono.

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Un elemento decisivo della questione cattolica e dell'anomalia che essa rappresenta è costituito dalla dimensione degli interessi economici della Santa Sede e degli enti ecclesiastici, del loro "status" giuridico e addirittura costituzionale (il Trattato del Laterano è stato recepito in blocco con l'articolo 7 della nostra Costituzione) e dei privilegi fiscali, sovvenzioni, immunità che fanno nel loro insieme un sistema di fatto inattaccabile. Basti pensare che la Santa Sede rappresenta il vertice di un'organizzazione religiosa mondiale e fruisce ovviamente d'un insediamento altrettanto mondiale attraverso la presenza dei Vescovi, delle parrocchie, degli Ordini religiosi, delle Missioni. Ma, intrecciata ad essa c'è uno Stato - sia pure in miniatura - che gode d'un tipo di immunità e di poteri propri di uno Stato e quindi di una soggettività diplomatica gestita attraverso i "nunzi" regolarmente accreditati presso tutti gli altri Stati e presso le organizzazioni internazionali.

Questa doppia elica non esiste in nessun'altra delle Chiese cristiane ed è la conseguenza della struttura piramidale di quella cattolica e della base territoriale da cui trasse origine lo Stato vaticano e il potere temporale dei Papi. Non scomoderemo Machiavelli e Guicciardini, Paolo Sarpi e Pietro Giannone per ricordare quali problemi ha sempre creato il potere temporale nella storia della nazione italiana, nell'impossibilità di realizzare l'unità nazionale quando gli altri paesi europei avevano già da secoli raggiunto la loro ed infine lo scarso senso dello Stato che gli italiani hanno avuto da sempre e continuano abbondantemente a dimostrare. Sarebbe storicamente scorretto attribuire unicamente al potere temporale dei Papi questo deficit di maturità civile degli italiani, ma certo esso ne costituisce uno dei principali elementi.

Purtroppo il temporalismo è una tentazione sempre risorgente all'interno della Chiesa; sotto forme diverse assistiamo oggi ad un tentativo di resuscitarlo che si esprime attraverso la presenza politica diretta dell'episcopato nelle materie "sensibili" il cui ventaglio si sta progressivamente ampliando.

Negli scorsi giorni l'atmosfera si è ulteriormente riscaldata a causa di una frase di Prodi che esortava i sacerdoti a sostenere la campagna del governo contro le evasioni fiscali e lamentava lo scarso contributo della Chiesa ad un tema così rilevante.

Credo che Prodi, da buon cattolico, abbia pronunciato quella frase in perfetta buonafede ma, mi permetto di dire, con una dose di sprovveduta ingenuità. Lo Stato non rappresenta un tema importante per i sacerdoti e per la Chiesa. Ancorché i preti e i Vescovi siano cittadini italiani a tutti gli effetti e con tutti i diritti e i doveri dei cittadini italiani, essi sentono di far parte di quel sistema politico-religioso che a causa della sua struttura è totalizzante. La cittadinanza diventa così un fatto marginale e puramente anagrafico; salvo eccezioni individuali, il clero si sente e di fatto risulta una comunità extraterritoriale. Pensare che una delle preoccupazioni di una siffatta comunità sia quella di esortare gli italiani a pagare le tasse è un pensiero peregrino. Li esorta - questo sì - a mettere la barra nella casella che destina l'otto per mille del reddito alla Chiesa. Un miliardo di euro ha fruttato all'episcopato italiano quell'otto per mille nel 2006. Ma esso, come sappiamo, è solo una parte del sostegno dello Stato alla gerarchia, alle diocesi, alle scuole, alle opere di assistenza.

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Come si vede la pressione cattolica sullo Stato "laico" italiano è crescente, si vale di molti mezzi, si manifesta in una pluralità di modi assai difficili da controllare e da arginare.

Le difese laiche - si è già detto - sono deboli e poco efficaci: affidate a posizioni individuali o di gruppi minoritari ed elitari contro i quali si ergono "lobbies" agguerrite e perfettamente coordinate da una strategia pensata altrove e capillarmente ramificata.
Quanto al grosso dell'opinione pubblica, essa è sostanzialmente indifferente. La questione cattolica non fa parte delle sue priorità. La gente ne ha altre, di priorità. È genericamente religiosa per tradizione battesimale; la grande maggioranza non pratica o pratica distrattamente; i precetti morali della predicazione vengono seguiti se non entrano in conflitto con i propri interessi e con la propria "felicità". In quel caso vengono deposti senza traumi particolari.

Perciò sperare che la democrazia possa diventare l'"habitus" degli italiani è arduo. Gli italiani non sono cristiani, sono cattolici anche se irreligiosi. Questo fa la differenza.


Fonte: LA REPUBBLICA (5 agosto 2007) >>> QUI <<<
 


Con grande tristezza ho letto e postato questo editoriale di cui condivido quasi tutto. Bene ha fatto Eugenio Scalfari a richiamare la coscienza storica e civile di Dante. La donazione di Costantino ( ritenuta un falso storico del IV secolo) e, pochi decenni dopo, gli editti di Teodosio ( De Fide Catholica nel 380 e quelli del 391-2 ). Penso che sia il caso di ritornare alle origini per ricordare come ebbe inizio la storia del cattolicesimo e dell'immenso potere temporale dei suoi chierici. Credo che si debba cominciare a parlare chiaro e a ribattere con dati e documenti al preteso monopolio della verità e della morale. Occorrono pazienza, consapevolezza, preparazione, coraggio.

domenica 24 giugno 2007

DARFUR



Profughi del Darfur


©UNICEF/2006/S. Noorani




"Io studierò e ce la farò"

E' il canto di un bambino del Darfur, un canto che vale per tutti i bambini e le bambine del mondo. E' possibile ascoltarlo nel sito de La Repubblica: QUI.


BARBIANA



Parole e pensieri che collegano questo bambino a don Lorenzo Milani che in questi giorni viene celebrato per la sua vita dedicata all'insegnamento e alla "liberazione" dei bambini di Barbiana. L'accostamento rende giustizia all'opera di don Lorenzo. Io l'ho conosciuto leggendo "Lettera a una professoressa", che ha educato e formato la mia forma mentis e la mia anima.. Di don Lorenzo si stanno scrivendo moltissime cose in questi giorni, ma qualcosa di straordinario io l'ho trovato in alcuni post che ho avuto la fortuna di leggere:


 Don Lorenzo Milani, priore di Barbiana. nel blog ilvecchio.splinder.com/  >>>QUI<<< Maître - Maître II - Maître III . nel blog independance.splinder.com/


giovedì 12 aprile 2007

La Sacra Unione di fatto


Enzo Mazzi


«Sacra Unione di Fatto», questa è la giusta definizione del modello cristianamente perfetto di ogni famiglia, incarnato da quella che tradizionalmente viene chiamata "Sacra Famiglia". Potrebbe sembrare una battuta spiritosa e dissacrante. È invece una reale contraddizione teologica irrisolta che il cristianesimo si porta dietro da quando è divenuto religione dell´Impero. Costantino si convertì al cristianesimo ma al tempo stesso il cristianesimo si convertì a Costantino. La nuova religione dovette cioè farsi carico della stabilità dell´Impero accettando di sacralizzarne alcuni capisaldi e fra questi proprio la famiglia. Fu un compromesso fatale.

Il cristianesimo non era nato per difendere la famiglia. Anzi all´inizio fu un movimento di superamento del concetto patriarcale di famiglia. La cultura e la teologia predominanti nella esperienza da cui sono nati i Vangeli è di un "radicalismo etico", quasi una rivoluzione, che si propone di oltrepassare la cultura e la teologia tradizionali: «Vi è stato detto..., io invece vi dico... » afferma Gesù in contraddittorio con sacerdoti, scribi, farisei. «Si trattò all'inizio di un movimento di contestazione culturale e di abbandono delle strutture della società» (G. Theissen, La religione dei primi cristiani, Claudiana, 2004). Basta pensare alla reazione di Gesù, in un episodio del Vangelo di Matteo: «Ecco là fuori tua madre e i tuoi fratelli che vogliono parlarti. Ed egli, rispondendo a chi lo informava, disse: "E chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?". Poi stendendo la mano verso i suoi discepoli disse: "Ecco mia madre ed ecco i miei fratelli; perché chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, questi è per me fratello, sorella e madre"».

Un orizzonte nuovo di valori universali si apre in realtà nel Vangelo col superamento del concetto patriarcale di famiglia: da tale oltrepassamento nasce la comunità cristiana, la nuova famiglia, "senza padre" o meglio con un solo padre «quello che è nei cieli». «Nessuno sia tra voi né padre né maestro... » dice infatti Gesù. Se è vero che «la realizzazione pratica dell´etos del diritto naturale non è possibile senza la vita della grazia», come ha sostenuto di recente il teologo della Casa pontificia, Wojciech Giertych al Congresso internazionale sul diritto naturale promosso dall´Università del papa, la Lateranense, se cioè bisogna rivolgersi alle scelte della grazia di Dio per sapere che cos´è la natura, allora bisogna concludere che Dio privilegia "l´unione di fatto" e non la famiglia. Insomma per dirla con parole semplici prima viene l´amore, l´unione, la solidarietà e poi viene il patto, la legge, il codice. Questa sembra l´essenza più profonda della natura umana. Lo dice plasticamente il Vangelo: «Il sabato (cioè la norma) è fatto per l´uomo e non l´uomo per il sabato». Il compromesso con l´Impero portò alla attenuazione se non al fatale capovolgimento di un tale etos evangelico.

È questa una intrigante contraddizione per le gerarchie ecclesiastiche del "Non possumus" e della rigida Nota anti-Dico, per i preti, i cattolici e i laici del Family-day.

Una traccia vistosa e significativa di tale contraddizione si trova ancora oggi nel celibato dei preti, religiosi e religiose. Il dogma cattolico mentre considera biblicamente il matrimonio come «segno sacro dell´Alleanza nuova compiuta dal Figlio di Dio, Gesù Cristo, con la sua sposa, la Chiesa», d´altro lato ha bisogno di un segno opposto e cioè la verginità e il celibato per significare «l´assoluto primato dell´amore di Cristo» (cf. Compendio del Catechismo 340-342). Il Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica al n. 338 pone la domanda: «Per quali fini Dio ha istituito il Matrimonio?». La risposta è questa: «L´unione matrimoniale dell´uomo e della donna, fondata e strutturata con leggi proprie dal Creatore, per sua natura è ordinata alla comunione e al bene dei coniugi e alla generazione ed educazione dei figli». Il fine della "generazione/procreazione" fa parte strutturale della natura del matrimonio. Se esclude il fine della procreazione il patto matrimoniale è nullo. Al n. 344 e 345 lo stesso Catechismo dice: «Che cosa è il consenso matrimoniale? Il consenso matrimoniale è la volontà, espressa da un uomo e da una donna, di donarsi mutuamente e definitivamente, allo scopo di vivere un´alleanza di amore fedele e fecondo... In ogni caso, è essenziale che i coniugi non escludano l´accettazione dei fini e delle proprietà essenziali del Matrimonio». Addirittura al n. 347, il rifiuto della fecondità viene additato come peccato gravemente contrario al Sacramento del matrimonio: «Quali sono i peccati gravemente contrari al Sacramento del Matrimonio? Essi sono: l´adulterio; la poligamia, in quanto contraddice la pari dignità tra l´uomo e la donna, l´unicità e l´esclusività dell´amore coniugale; il rifiuto della fecondità, che priva la vita coniugale del dono dei figli; e il divorzio, che contravviene all´indissolubilità».

La contraddizione si avviluppa su se stessa e si incattivisce: Maria e Giuseppe escludendo dal loro matrimonio la fecondità naturale, per amore della verginità di Maria, secondo il Catechismo cattolico compiono un grave peccato.

Il Diritto Canonico conferma il dogma in modo apodottico in vari canoni. Specialmente il canone 1101 sancisce che è nullo il matrimonio di chi nel contrarlo «esclude con un positivo atto di volontà» la procreazione. È in base a queste enunciazioni dogmatiche e normative che il Tribunale della Sacra Rota emette quasi ogni giorno dichiarazioni di nullità del matrimonio, perché anche uno solo degli sposi può provare di aver escluso per sempre la procreazione al momento del consenso matrimoniale. I cattolici che si battono per la difesa e la valorizzazione della "famiglia naturale" e si preparano addirittura a scendere in piazza per scongiurare il riconoscimento delle unioni di fatto e l´approvazione dei Dico molto probabilmente non hanno mai riflettuto su queste contraddizioni, non le conoscono o le allontanano dalla loro coscienza e dall´orizzonte della loro fede. Esse invece sono invece parte integrante della stessa fede. Vediamo meglio perché. Il Vangelo di Matteo racconta che «Giuseppe, come gli aveva ordinato l´angelo del Signore, prese in sposa Maria che era incinta ed ella, senza che egli la conoscesse, partorì un figlio, che egli chiamò Gesù». Il dogma cattolico aggiunge che Maria aveva consacrato in perpetuo la sua verginità al Signore e quindi nello sposare Giuseppe aveva escluso in maniera assoluta la procreazione, essendo Giuseppe pienamente consenziente con tale esclusione. "Maria sempre vergine", nell´intenzione e nei fatti. Così dice il dogma. Chi lo nega è eretico. Ma con questa esclusione positiva ed assoluta della prole, per lo stesso dogma cattolico e per il Diritto Canonico il matrimonio di Maria con Giuseppe è invalido. Maria e Giuseppe erano una coppia di fatto che oggi il Diritto Canonico non può riconoscere come vero matrimonio. Dio nel momento in cui decide di farsi uomo sceglie di crescere e di essere educato da una coppia, Maria e Giuseppe, che per il dogma e per il Diritto cattolico era unita di fatto in un matrimonio non valido e quindi non era vera famiglia: era appunto una Sacra Unione di fatto.

Dietro una spinta così forte proveniente del Vangelo, da anni ci siamo impegnati, come tanti altri, e con forti conflitti, a immedesimarsi nelle discariche umane prodotte nella "città delle famiglie normali". E lì abbiamo trovato bambini abbandonati per l´onore del sangue, ragazze madri demonizzate e lasciate nella solitudine più nera, handicappati rifiutati, carcerati privati della parentela, gay senza speranza, coppie prive di dignità perché fuori della norma, minori violentati dai genitori, mogli stuprate dietro il paravento del "debito coniugale". La "misericordia" del Vangelo ci ha imposto di non demonizzare anzi di accogliere la ricerca di forme di convivenza meno distruttive. Per purificare lo stesso matrimonio, non certo per distruggerlo. Quei bambini abbandonati, quelle ragazze madri, quegli handicappati, quei carcerati, quei gay, quelle vittime di violenze intrafamiliari, hanno avuto bisogno di "unioni di fatto", magari cosiddette "case famiglia", che se ne facessero carico. Poi anche le famiglie si sono aperte alle adozioni e agli affidamenti. Ma la breccia è stata aperta da "unioni di fatto".

Fine della famiglia tribale e delle sue discariche? Macché. Nuove emergenze incombono. La competizione globale, questa guerra di tutti contro tutti, riporta a galla il bisogno di mura. Il mondo del privilegio non accetta la condivisione e non ne conosce le strade se non nella forma antica della elemosina che oggi è confusa impropriamente con la solidarietà; conosce molto bene però l´arte dell´arroccamento. E di questo bisogno di blindatura approfittano i crociati della famiglia. Guardando bene al fondo, in nome di che si ricacciano in mare gli extra-comunitari? Sono estranei alla nostra famiglia e alla nostra famiglia di famiglie. La difesa a oltranza della famiglia canonica oggi è fonte di esclusione verso i dannati della terra. L´opposizione al riconoscimento delle nuove forme di solidarietà è nel profondo radice di violenza verso gli esclusi. La crociata contro le famiglie di fatto oggettivamente è egoista, oltre i bei gesti e le belle parole e oltre le stesse intenzioni, al di là delle apparenze. Non basta difendere la famiglia naturale. Bisogna ancora una volta guarirla.

È necessario riscoprire il primato dell´amore e della solidarietà oltre i confini di razza, etnia, famiglia, quell´amore responsabile e quella solidarietà piena che sono sacre in radice e rendono sacro ogni rapporto in cui si incarnano.

Bisogna ritrovare le strade dell´apertura planetaria della famiglia, di una famiglia purificata e guarita, già annunciate dal Vangelo, nelle attuali esperienze delle giovani generazione e dei nuovi soggetti, con prudenza creativa, senza nascondersi limiti e pericoli, ma anche senza distruttive demonizzazioni.  [ L'UNITA' - Pubblicato il: 12.04.07 - Modificato il: 12.04.07 alle ore 14.21 - >>>QUI<<< - le sottolineature in grassetto e in rosso sono mie ]

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Non sono piu' cattolica da molto tempo, ma non ho dimenticato cio' che di buono mi ha dato la mia antica educazione religiosa. Quello delle unioni di fatto puo' sembrare un problema di scarsa importanza se confrontato con le cose terrificanti che stanno accadendo in tutto il mondo, tuttavia mi sembra importante conservare e diffondere testimonianze che possano aiutare a dipanare gli equivoci e a stemperare un conflitto senza ragioni. Vorrei che si abbandonasse lo stereotipo "noi e loro", tipico delle contrapposizioni, che in questo caso potremmo intendere come "noi laici, e loro cattolici". Almeno questo e' possibile risparmiarselo, evitando di rispondere con durezze alle durezze, con polemiche alle polemiche. Ed e' possibile essere pacificamente, serenamente propositivi, al di la' delle offese e delle provocazioni. Enzo Mazzi, sacerdote, ha scritto un pezzo straordinario che per me e' una vera e propria "lectio magistralis" sul messaggio evangelico e sul cristianesimo (quello autentico), perche' afferma principi di civilta' su cui tutti possono concordare.