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giovedì 24 luglio 2014

Interlocutori Significativi



Intervento del Presidente Napolitano alla cerimonia del Ventaglio

Palazzo del Quirinale, 22/07/2014



XV capoverso:

"E ancora, la già annunciata riforma della giustizia : per condurre a conclusione la quale si delineano forse le condizioni per una condivisione finora mancata :

partendosi finalmente dal riconoscimento che è stato espresso nei giorni scorsi da  

interlocutori significativi

per "l'equilibrio e il rigore ammirevoli" che caratterizzano il silenzioso lavoro della grande maggioranza dei magistrati italiani."



... a patto che, sostengo io povera inutile stupida cittadina, i suddetti magistrati assolvano chi deve essere sempre assolto, anzi nemmeno mai indagato e meno che mai imputato, e, Dio ci salvi!, chi non deve essere MAI condannato. ...

... questa me la segno: "interlocutore significativo": suona bene, è sufficientemente vago, si addice a una sola persona, ma nessuno può dirlo, pena l'accusa di faziosità e dietrologia. ...

... un'altra perla per la democrazia italiana

sabato 1 febbraio 2014

Nero di Renzi
 
"il manipolo"
evocativo manipolo
 
 
Si riferisce all’appello pubblicato ieri da un gruppo di costituzionalisti?

«Esatto. Ventinove brillanti costituzionalisti che sostengono che la proposta di riforma va bene a patto che si levi il premio di maggioranza, si introducano le preferenze e si tolga lo sbarramento. A questo manipolo di scienziati del diritto mi viene da dire che in Italia questa legge c’è già stata ed è quella della prima Repubblica. Se la vogliono non devono affaticarsi molto, basta riprendere quella che avevamo e che ci porterà al paradossale risultato di tornare al pentapartito».


Renzi: «Se si fanno le riforme il governo può arrivare al 2018» - Il ...
Il Messaggero, Lunedì 27 Gennaio 2014

lunedì 14 novembre 2011


'La dignità, uno, se non ce l'ha, mica se la può dare'
 



Il "senzadignità" è riapparso ieri per ricordarci che non andrà mai via, non farà mai nemmeno l'ormai famigerato passo indietro, ma continuerà a gravarci addosso per sempre. E dopo di lui, i suoi figli.

Questa "cosa" non è la Democrazia Cristiana: non ne ha pregi, ma i  difetti moltiplicati ed elevati a potenza.

PS. Parafrasando Manzoni



Il "senza dignità" è ricomparso ieri I

sabato 12 novembre 2011


Viva l'Italia!

LE DIMISSIONI DI BERLUSCONI

 
 



  


Viva la Democrazia!

Viva la Costituzione!

Viva la Liberazione e la Dignità!

Viva il nuovo Risorgimento Italiano!

21:42


La LIBERAZIONE alle 21:42 del 12 Novembre 2011. Possiamo finalmente dedicarci alla rinascita e alla ricostruzione per un nuovo RISORGIMENTO.



La speranza, finalmente, può dare forza a progetti lungimiranti e sostenere la volontà di ricostruire, ma non deve offuscare il senso della nostra realtà nazionale, dissestata da lunghi infiniti anni di distruzione politica e morale.

Ricostruire, ricostruire, ricostruire.

martedì 18 ottobre 2011



Il potere in maschera

di BARBARA SPINELLI

La Repubblica, 18 ottobre 2011

 



Ampia profonda chiarissima la disamina di Barbara Spinelli, sempre fedele all'impegno della parresia.


Che l'Italia fosse un campione anomalo nel novero delle democrazie lo si sapeva già. Ce ne accorgiamo ogni volta che qualche straniero, di sinistra o destra, ci guarda sbigottito - o meglio ci squadra - e dice: "Non è Berlusconi, il rebus. Il rebus siete voi che non sapete metterlo da parte". Tutto questo è noto, e spesso capita di pensare che il fondo sia davvero stato raggiunto, che più giù non si possa scendere. Invece si può, tutti sappiamo che il fondo, per definizione, può esser senza fondo. C'è sempre ancora un precipizio in agguato, e incessanti sono i bassifondi se con le tue forze non ne esci, magari tirandoti su per i capelli. L'ultimo precipizio lo abbiamo vissuto tra sabato e lunedì.

Una manifestazione organizzata in più di 900 città del mondo
, indignata contro i governi che non sanno dominare la crisi economica senza distruggere le società, degenera a Roma, solo a Roma, per colpa di qualche centinaio di black bloc che in tutta calma hanno potuto preparare un attacco bellico congegnato alla perfezione, condurlo impunemente per ore, ottenere infine quel che volevano: rovinare una protesta importante, e fare in modo che l'attenzione di tutti - telegiornali, stampa, politici - si concentrasse sulla città messa a ferro e fuoco, sul cosiddetto inferno, anziché su quel che il movimento voleva dire a proposito della crisi e delle abnormi diseguaglianze che produce fra classi e generazioni. Il primo precipizio è questo: torna la questione sociale, e subito è declassata a questione militare, di ordine pubblico.

  Il secondo precipizio è la pubblicazione, ieri su Repubblica, di un colloquio telefonico 1 avvenuto nell'ottobre 2009 fra Berlusconi e tale signor Valter Lavitola, detto anche faccendiere o giornalista: un opaco personaggio che il capo del governo tratta come confidente, che la segretaria del premier tranquillizza con deferenza. Nessuno può dirgli di no, perché sempre dice: "Mi manda il Capo". Lo si tocca con mano, il potere - malavitosamente sommerso - che ha sul premier e dunque sulla Politica. È a lui che Berlusconi dice la frase, inaudita: "Siamo in una situazione per cui o io lascio oppure facciamo la rivoluzione, ma vera... Portiamo in piazza milioni di persone, cacciamo fuori il palazzo di giustizia di Milano, assediamo Repubblica e cose di questo genere". E riferendosi alla sentenza della Consulta che gli ha appena negato l'impunità: "Hai visto la Corte costituzionale? ha detto che io conto esattamente come i ministri".

Lavitola non è un eletto, né (suppongo) una gran mente. Ma un'autorità la possiede, se è a lui che il premier confida il proposito di ricorrere al golpe che disarticola lo Stato. È una vecchia tentazione che da sempre apparenta il suo dire a quello dei brigatisti, e per questo la parola prediletta è rivoluzione: contro i magistrati che indagano su possibili suoi reati (già prima che entrasse in politica) o contro i giornali da accerchiare, con forze di polizia o magari usando le ronde inventate dai leghisti. Sono due precipizi - il sequestro di una manifestazione ad opera dei black bloc, l'appello berlusconiano al golpe rivoluzionario - che hanno in comune non poche cose: il linguaggio bellico, le questioni sociali prima ignorate poi dirottate. E non l'esercizio ma la presa del potere; non la piazza democratica ascoltata come a Madrid o New York ma distrutta. Anche l'attacco dei Nerovestiti era inteso ad assediare i giornali su cui scriviamo. A storcere i titoli di prima pagina del giorno dopo, a imporci bavagli.

La guerra fa precisamente questo, specie se rivoluzionaria. Nazionalizza le esistenze, le frantuma separandole in due tronconi: da una parte gli individui spaventati che si rifugiano nel chiuso casalingo; dall'altra la società declassata, chiamata a compattarsi contro il nemico. Scompare la vita civile, e con essa lo spazio di discussione democratica, l'agorà. Tra il Capo militare e la folla: il nulla. È la morte della politica.
Dovremmo aprire gli occhi su queste cateratte; su questo alveo fiumano che digrada da anni ininterrottamente. Dovremmo non stancarci mai di vedere nel conflitto d'interessi il male che ci guasta interiormente, e non accettarlo mai più: quale che sia il manager che con la scusa della politica annientata si farà forte della propria estraneità alla politica. Dovremmo dirla meglio, la melmosa contiguità fra i due atti di guerra: le telefonate in cui Berlusconi si affida a un buio trafficante aggirando tutti i poteri visibili, e i black bloc che sequestrano i manifestanti ferendone le esasperate speranze. Tra le somiglianze ce n'è una, che più di tutte colpisce: ambedue i poteri sono occulti. Ambedue sono incappucciati.

È dagli inizi degli anni '80 che andiamo avanti così, con uno Stato parallelo, subacqueo, che decide sull'Italia. Peggio: è dalla fine degli anni '70, quando i 967 affiliati-incappucciati della loggia massonica P2 idearono il "Piano di Rinascita". Il Paese che oggi abitiamo è frutto di quel Piano, è la rivoluzione berlusconiana pronta a far fuori palazzi di giustizia e giornali. Sono anni che il capo di Fininvest promette la democrazia sostanziale anziché legale (parlavano così le destre pre-fasciste nell'Europa del primo dopoguerra) e sostiene che la sovranità del popolo prevale su tutto. Non è vero: la res publica non è stata in mano al popolo elettore, neanche quando il leader era forte. Sin da principio era in mano a poteri mascherati, a personaggi che il Capo andava a scovare all'incrocio con mafie che di nascosto ricattano, minacciano, non si conoscono l'un l'altra, come nei Piani della P2.

Non a caso è sotto il suo regno che nasce una legge elettorale che esautora l'elettore, polverizzando la sovranità del popolo. Non spetta a quest'ultimo scegliere i propri rappresentanti - lo ha ricordato anche il capo dello Stato, il 30 settembre - ma ai cacicchi dei partiti e a clan invisibili. Se ne è avuta la prova nei giorni scorsi, quando Berlusconi ha chiamato i suoi parlamentari a dargli la fiducia: "Senza di me - ha detto - nessuno di voi ha un futuro". Singolare dichiarazione: non era il popolo sovrano a determinare il futuro, nella sua vulgata? Basta una frase così, non tanto egolatrica quanto clanicamente allusiva, per screditare un politico a vita.

La sensazione di piombare sempre più in basso aumenta anche a causa dell'opposizione: del suo attonito silenzio - anche - di fronte alla manifestazione democratica deturpata. D'improvviso non c'è stato più nessuno a difendere gli indignati italiani, e gli incappucciati hanno vinto. Non è rimasto che Mario Draghi, a mostrare passione politica e a dire le parole che aiutano: "I giovani hanno ragione a essere indignati (...) Se la prendono con la finanza come capro espiatorio, li capisco, hanno aspettato tanto: noi all'età loro non l'abbiamo fatto". E proprio perché ha capito, ha commentato amaramente ("È un gran peccato") la manifestazione truffata. Nessun politico italiano ha parlato con tanta chiarezza.

La minaccia alla nostra democrazia viene dagli incappucciati: d'ogni tipo. Vale la pena riascoltare quel che disse Norberto Bobbio, poco dopo la conclusione dell'inchiesta presieduta da Tina Anselmi sulle attività della P2. Il testo s'intitolava significativamente "Il potere in maschera": lo stesso potere che oggi pare circondarci d'ogni parte. Ecco quel che diceva, che tuttora ci dice: "Molte sono le promesse non mantenute dalla democrazia reale rispetto alla democrazia ideale. E la graduale sostituzione della rappresentanza degli interessi alla rappresentanza politica è una di queste. Ma rientra insieme con altre nel capitolo generale delle cosiddette trasformazioni della Democrazia. Il potere occulto no. Non trasforma la Democrazia, la perverte. Non la colpisce più o meno gravemente in uno dei suoi organi vitali, la uccide. Lo Stato invisibile è l'antitesi radicale della Democrazia".



(18 ottobre 2011) © Riproduzione riservata  





   

sabato 1 ottobre 2011


NO AL BAVAGLIO

 

NO ALLE LIMITAZIONI TIRANNICHE DELLA LIBERTA' DI ESPRESSIONE E  INRFORMAZIONE 

sabato 30 luglio 2011


E' cambiato il tiranno,
ma niente cambia.

 



Lontano, è lontano il tiranno. Invecchiato senza rimedio, triste, impaurito, oppresso: così appare nelle immagini ormai rare, stranamente rare. Eppure incombe, non pago delle sue leggi contro le leggi, inarrestabile. Sono successe delle "cose" in quest'ultimo anno: acquiescenze infinite in Parlamento, prime rivolte civili nelle piazze e nelle urne. Ma non sembra aprirsi un varco verso un nuovo mondo.

venerdì 29 luglio 2011


29/7/2011

 


 



Un libro che tutti dovrebbero leggere, un'antologia di testi leghisti per capire e, se proprio si vuole, dare un consenso informato a questo partito perché si impadronisca di tutto ciò che vuole in Italia, si prenda il lusso di cambiarne i valori di civiltà registrati in quella che viene considerata la migliore o una delle migliori Carte Costituzionali del mondo. Avete capito, care concittadini e cari concittadini, l'ultima trovata dei leghisti? Siete d'accordo. Continuate a credere che sia solo "folklore" dell'uomo dal medio protrattile? Ho letto e copiato-incollato un articolo esemplare per chiarezza sulla situazione presente dell'Italia e a futura memoria della Storia, la disciplina che si studia a scuola e che impiega un tempo incomparabile con la brevità delle singole vite umane per analizzare, valutare, giudicare i fatti.
 



*

da La Stampa di venerdì 29 luglio 2011



 da La Stampa di venerdì 29 luglio 2011Il sistema istituzionale liquefatto
di Gian Enrico Rusconi

 



Come si permette Umberto Bossi di rispondere al Presidente della Repubblica di rassegnarsi al fatto compiuto del «decentramento» di alcuni ministeri a Monza? «I ministeri li abbiamo fatti e li lasciamo là, siamo convinti che il decentramento non sia solo una possibilità, ma una opportunità per il Paese». Questa non è affatto una risposta alla qualità dei rilievi che il Presidente della Repubblica ha rivolto si noti - al presidente del Consiglio, che si è ben guardato dal rispondere.

A parte la scorrettezza istituzionale e la sceneggiata di Monza, siamo davanti ad
un gesto di irrisione istituzionale che umilia i cittadini e ridimensiona di fatto lo stesso Berlusconi. A quando il trasferimento (pardon, il decentramento amministrativo) di Palazzo Chigi ad Arcore?

Non mi pare che la classe politica nel suo insieme - alle prese con il fango della corruzione - si sia resa conto della gravità di quella che
l’opposizione si è limitata a chiamare «farsa». In realtà rischia di essere una trappola istituzionale dalle conseguenze imprevedibili. Eppure il presidente del Senato Schifani, con aria finta ingenua, in tv ha parlato di decentramento amministrativo di sedi ministeriali per essere più vicine ai cittadini.

Ma non mi risulta che il Senato, da lui onorevolmente presieduto, abbia mai espresso un parere in proposito! Conta solo il senatùr Bossi?


E’ in atto una subdola liquefazione del sistema istituzionale, che viene interamente subordinato alla logica di potere delle parti politiche che lo gestiscono. Anzi alle persone che lo governano.

Non è chiaro se Berlusconi sia complice di quanto sta accadendo. Sembra aver perso lucidità, ossessionato di non rompere con «l’amico» Bossi o di stare in guardia contro l’ «ex amico» Tremonti che è spuntato, sia pure con l’aria un po’ spaventata, nella foto di famiglia di Monza.

Oppure Berlusconi sta lucidamente facendo lo sporco gioco di logorare con l’appoggio della Lega quello che considera il suo «vero nemico», Giorgio Napolitano?

Nessuno lo sa esattamente, perché la politica italiana sta andando alla deriva, con un solo risultato - il disfacimento del sistema istituzionale esistente. La trappola farsesca di Monza, la risposta irrispettosa al Presidente della Repubblica, l’ambiguità di Berlusconi, tollerata dai suoi sostenitori nella speranza di trarne vantaggio personale, l’impotenza dei cittadini, «indignati» o meno - sono
tutti passi che portano al disfacimento istituzionale.

Molto opportunamente il Quirinale ha reso noto nella sua integrità il testo della lettera indirizzata al presidente del Consiglio «sul tema del decentramento delle sedi dei ministeri sul territorio». Con chiarezza in esso parla di «sedi o strutture operative, e non già di semplice rappresentanza, che dovrebbero più correttamente trovare collocazione normativa in un atto avente tale rango, da sottoporre alla registrazione della Corte dei Conti per i non irrilevanti profili finanziari, come affermato dalla sentenza della Corte Costituzionale». E’ un discorso troppo difficile per i leghisti oppure il loro «non capire» è il segnale di quanto sia profonda ormai l’insensibilità istituzionale?

In questa congiuntura il Quirinale è diventato di fatto il baluardo delle istituzioni - al di là del suo ruolo costituzionale. O meglio, questo ruolo diventa sempre più politico nel senso forte e autentico di mostrare competenza e volontà nel dire sì o no - in modo sempre argomentato - alle decisioni che arrivano sulla scrivania del Presidente (o alla sua conoscenza). Non è che Napolitano si sia messo a «fare politica» - come dicono non solo gli esponenti di destra, ma anche alcuni commentatori che si pretendono super partes.
Il Presidente difende le istituzioni della Repubblica, che possono essere modificate e riformate secondo le regole previste e condivise (come non si stanca di ripetere), non con i sotterfugi e con i trucchi cui oggi noi assistiamo - impotenti.
 

venerdì 15 luglio 2011


Un confronto tra

CATECHISMO DELLA CHIESA CATTOLICA
e
LEGGE BAGNASCO-BINETTI-CALABRO'-BERTONE-QUAGLIARIELLO-RATZINGER-...






2278 L'interruzione di procedure mediche onerose, pericolose, straordinarie o sproporzionate rispetto ai risultati attesi può essere legittima. In tal caso si ha la rinuncia all'« accanimento terapeutico ». Non si vuole così procurare la morte: si accetta di non poterla impedire. Le decisioni devono essere prese dal paziente, se ne ha la competenza e la capacità, o, altrimenti, da coloro che ne hanno legalmente il diritto, rispettando sempre la ragionevole volontà e gli interessi legittimi del paziente. 




2279 Anche se la morte è considerata imminente, le cure che d'ordinario sono dovute ad una persona ammalata non possono essere legittimamente interrotte. L'uso di analgesici per alleviare le sofferenze del moribondo, anche con il rischio di abbreviare i suoi giorni, può essere moralmente conforme alla dignità umana, se la morte non è voluta né come fine né come mezzo, ma è soltanto prevista e tollerata come inevitabile. Le cure palliative costituiscono una forma privilegiata della carità disinteressata. A questo titolo devono essere incoraggiate. 

martedì 12 luglio 2011


 
 



TESTAMENTO BIOLOGICO
ovvero
IL GHIGNO DEL POTERE NELL'ITALIA BERLUSCONVATICANLEGHISTA DELL'ESTATE 2011


 



  Incombomo sulla persona non più libera. Contro la sua volontà le introducono tubi, le impongono pastoni chimici, la torturano. Questo stanno facendo i nostri "legislatori", un pugno di uomini e donne occasionalmente presenti in Parlamento.
 



*

 

 



“Tutti arancioni per mandare a casa Berlusconi”.
100 donne e uomini lanciano un appello di libertà   


  

sabato 2 luglio 2011


LIBERA RETE IN LIBERO STATO
  La notte contro il bavaglio dell'Agcom

 



Il 5 luglio, dalla Domus Talenti di Roma andrà in scena la “Notte della Rete” , una no-stop che coinvolgerà giornalisti, esperti, associazioni, esponenti politici per protestare contro la delibera dell'Autorità garante per le Comunicazioni che, in presenza di violazioni del copyright, prevede l'oscuramento dei siti Internet. ...  .
 



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BLOG SCORZA: AGCOM E IL TELECOMANDO DI STATO
BLOG PAVONE: COPYRIGHT, DALLE PAROLE AI FATTI 
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venerdì 1 luglio 2011


Golpe sul web: fermiamoli



di Guido Scorza



Un'Autorità amministrativa di emanazione politica assumerà il controllo esclusivo di ogni contenuto in Internet. E' un 'codice di guerra' per trasformare la Rete italiana in una grande tv controllata da un pugno di politici e manager. Ed è una prova generale per violentare, sotto i nostri occhi, il principio della separazione dei poteri



(29 giugno 2011)

L'Espresso

 



10 domande per l’AGCOM




 



  


 




 

domenica 26 giugno 2011


NO!!!

 LEGGE-BAVAGLIO

 



NO, D'Alema! Proprio a te dico, D'Alema. NO, collaboratori del PD, proprio a voi dico.

domenica 19 giugno 2011


Invenzioni e appropriazioni indebite
su fondo verde

 



... e un'intera nazione appesa al responso di un dito, ora il medio ... eretto ... , poi il pollice ... verso ... per chi ?  finirà il capo carismatico, forse finirà col suo alleato ancora più carismatico, ma si sono riprodotti e una prole famelica aspetta la loro fine più dei loro avversari. ... staccare la spina ... la pancia degli elettori ... i colonnelli ... secessione ... l'atro capo si è c..g..o sotto ... i rutti ... il cerchio magico ... i respingimenti (li ha inventati maroni) ... i costi della guerra (in danè, ovvio) ... ... ...

lunedì 13 giugno 2011


Gioco sporco
Italia, difenditi!

 arrabbiato pianto disperato sto impazzendo

 



Gioco sporco fino agli ultimi istanti. Un presidente del Consiglio e un ministro dell'Interno contro le regole elettorali. Per finta o per furbizia estrema?  
 



Non solo quorum, più e più quorum. 



 



 Non fidatevi di quei due.

Ma possono davvero fare tutto ciò che vogliono impunemente?

 
 

venerdì 10 giugno 2011

 


 

L'ecologia umana
è una necessità imperativa
per l'Europa 



 


 




"Responsabilità dell'uomo per evitare disastri sociali e ambientali"

 



  Così parlò il Pontefice romano. Infine ha parlato. Sembra un sostegno al quesito sul "nucleare", ma anche l'acqua fa parte dell'ecologia umana. Farei osservare al Papa che "l'uomo...non può essere dominato dalla tecnica" , certo, ma nemmeno può essere schiavo del mercato. La privatizzazione coatta della gestione dell'acqua, che non è proprietà ma tecnicamente lo diventa, non porta forse verso questa forma occulta di dipendenza dell'uomo dal potere del mercato rispetto a un elemento fondamentale della vita che di diritto appartiene a tutti? Esseri umani ed esseri viventi, perché senz'acqua non si dà vita sul nostro pianeta.

Le affermazioni del Papa faranno riflettere le sue pecorelle indecise o distratte? Forse è troppo tardi, forse è troppo poco. Ripenso al martellamento sul referendum che riguardava aspetti della Legge 40, per la quale fu sfruttato il tema della tecnica disumanizzante. Non che io sia favorevole a intrusioni e martellamenti delle gerarchie cattoliche, anzi, ma in questa occasione non posso che accettare qualsiasi correttivo ai soprusi e abusi del potere imperante in Italia che ha impedito la corretta informazione dovuta per legge.

 



*



"... I primi sei mesi di quest'anno sono stati caratterizzati da innumerevoli tragedie che hanno riguardato la natura, la tecnica e i popoli. L'entità di tali catastrofi ci interpella. È l'uomo che viene per primo, ed è bene ricordarlo. L'uomo, al quale Dio ha affidato la buona gestione della natura, non può essere dominato dalla tecnica e divenirne il soggetto. Una tale presa di coscienza deve portare gli Stati a riflettere insieme sul futuro a breve termine del pianeta, di fronte alle loro responsabilità verso la nostra vita e le tecnologie. L'ecologia umana è una necessità imperativa. Adottare in ogni circostanza un modo di vivere rispettoso dell'ambiente e sostenere la ricerca e lo sfruttamento di energie adeguate che salvaguardino il patrimonio del creato e non comportino pericolo per l'uomo devono essere priorità politiche ed economiche. In questo senso, appare necessario rivedere totalmente il nostro approccio alla natura. Essa non è soltanto uno spazio sfruttabile o ludico. È il luogo in cui nasce l'uomo, la sua "casa", in qualche modo. Essa è fondamentale per noi. Il cambiamento di mentalità in questo ambito, anzi gli obblighi che ciò comporta, deve permettere di giungere rapidamente a un'arte di vivere insieme che rispetti l'alleanza tra l'uomo e la natura, senza la quale la famiglia umana rischia di scomparire. Occorre quindi compiere una riflessione seria e proporre soluzioni precise e sostenibili. Tutti i governanti devono impegnarsi a proteggere la natura e ad aiutarla a svolgere il suo ruolo essenziale per la sopravvivenza dell'umanità. Le Nazioni Unite mi sembrano essere il quadro naturale per una tale riflessione, che non dovrà essere offuscata da interessi politici ed economici ciecamente di parte, così da privilegiare la solidarietà rispetto all'interesse particolare.
 



Occorre inoltre interrogarsi sul giusto posto che deve occupare la tecnica. I prodigi di cui è capace vanno di pari passo con disastri sociali ed ecologici. Estendendo l'aspetto relazionale del lavoro al pianeta, la tecnica imprime alla globalizzazione un ritmo particolarmente accelerato. Ora, il fondamento del dinamismo del progresso corrisponde all'uomo che lavora e non alla tecnica, che non è altro che una creazione umana. Puntare tutto su di essa o credere che sia l'agente esclusivo del progresso o della felicità comporta una reificazione dell'uomo, che sfocia nell'accecamento e nell'infelicità quando quest'ultimo le attribuisce e le delega poteri che essa non ha. Basta constatare i "danni" del progresso e i pericoli che una tecnica onnipotente e in ultimo non controllata fa correre all'umanità. La tecnica che domina l'uomo lo priva della sua umanità. L'orgoglio che essa genera ha fatto sorgere nelle nostre società un economismo intrattabile e un certo edonismo, che determina i comportamenti in modo soggettivo ed egoistico. L'affievolirsi del primato dell'umano comporta uno smarrimento esistenziale e una perdita del senso della vita. Infatti, la visione dell'uomo e delle cose senza riferimento alla trascendenza sradica l'uomo dalla terra e, fondamentalmente, ne impoverisce l'identità stessa. È dunque urgente arrivare a coniugare la tecnica con una forte dimensione etica, poiché la capacità che ha l'uomo di trasformare e, in un certo senso, di creare il mondo per mezzo del suo lavoro, si compie sempre a partire dal primo dono originale delle cose fatto da Dio (Giovanni Paolo II, Centesimus annus n. 37). La tecnica deve aiutare la natura a sbocciare secondo la volontà del Creatore. Lavorando in questo modo, il ricercatore e lo scienziato aderiscono al disegno di Dio, che ha voluto che l'uomo sia il culmine e il gestore della creazione. Le soluzioni basate su questo fondamento proteggeranno la vita dell'uomo e la sua vulnerabilità, come pure i diritti delle generazioni presenti e future. E l'umanità potrà continuare a beneficiare dei progressi che l'uomo, per mezzo della sua intelligenza, riesce a realizzare."