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giovedì 24 luglio 2014

Interlocutori Significativi



Intervento del Presidente Napolitano alla cerimonia del Ventaglio

Palazzo del Quirinale, 22/07/2014



XV capoverso:

"E ancora, la già annunciata riforma della giustizia : per condurre a conclusione la quale si delineano forse le condizioni per una condivisione finora mancata :

partendosi finalmente dal riconoscimento che è stato espresso nei giorni scorsi da  

interlocutori significativi

per "l'equilibrio e il rigore ammirevoli" che caratterizzano il silenzioso lavoro della grande maggioranza dei magistrati italiani."



... a patto che, sostengo io povera inutile stupida cittadina, i suddetti magistrati assolvano chi deve essere sempre assolto, anzi nemmeno mai indagato e meno che mai imputato, e, Dio ci salvi!, chi non deve essere MAI condannato. ...

... questa me la segno: "interlocutore significativo": suona bene, è sufficientemente vago, si addice a una sola persona, ma nessuno può dirlo, pena l'accusa di faziosità e dietrologia. ...

... un'altra perla per la democrazia italiana

lunedì 7 novembre 2011


DIGNITA'


  


 



La dignità è rispetto, è considerazione, è onore. E' decoro. E' forza morale. E' bellezza.

Scrive Schiller:
" La dignità si manifesta spontaneamente nella virtù, che per il suo stesso contenuto implica il dominio dell'uomo sui propri istinti." (in Grazia e Dignità, SE 2010, pag. 63)

lunedì 29 agosto 2011


Empatia

inluiarsi, intuarsi, inmiarsi, inleiarsi:

i verbi di Dante Alighieri nel Paradiso

*

 



     «  Dio vede tutto, e tuo veder s'inluia »              
diss'io, «    beato spirto, sì che nulla
voglia di sè a te può esser fuia.                  75

Dunque la voce tua, che 'l ciel trastulla          
sempre col canto di quei fuochi pii 
che di sei ali facen la coculla,                     78

perché non satisface a' miei disii?        
Già non attendere' io tua domanda,
s'io m'intuassi come tu t'inmii. »   

Dante Alghieri, Commedia, Paradiso, vv. 73-81

 



*



«Tu se' sì presso a l'ultima salute»,
      cominciò Beatrice, «che tu dei
 aver le luci tue chiare e acute;                             126 
 e però, prima che tu più t'inlei,
      rimira in giù, e vedi quanto mondo
 sotto li piedi già esser ti fei;                                  129
sì che 'l tuo cor, quantunque può, giocondo
      s'appresenti a la turba trïunfante
che lieta vien per questo etera tondo».                   132

Dante Alighieri, Paradiso, vv. 124-132   

 



*
 




  • inleiarsi // inluiarsi - v. rifl. disus (m'inleio, t'inlei // m'inluio, t'inlui).  Entrare in lei (lui). Immedesimarsi in lei (lui). Verbo coniato da Dante. ( dal DIR )


  • inluiarsi - identificarsi spiritualmente con qualcuno già nominato - sec. XIV - ( dal DISC )


  • intuarsi - v. rifl. ( m'intuo ) lett. - Entrare nel tuo pensiero, identificarsi spiritualmente con te - sec XIV ( dal DISC )




       
 
 

 





 

sabato 30 aprile 2011


PROSTITUZIONE
un tentativo di definizione

 



Prostituirsi vuol dire ridurre a merce e mettere in vendita a qualsivoglia acquirente  prestazioni sessuali, posizioni e attività  intellettuali, valori morali e spirituali. La prostituzione, quindi, è tecnicamente  una transazione commerciale, una compravendita, un patteggiamento  con il quale si stabilisce il PREZZO di un bene che  una parte cede e l'altra acquista. La differenza tra la prostituzione e altre transazioni sta nella merce oggetto di scambio. E' evidente che i valori umani etici  e la dignità sarebbero completamente sviliti se immessi sul mercato.

..... lavori in corso  



 

mercoledì 27 aprile 2011


FURTO DI SOVRANITA' POPOLARE

Il catalogo dei grimaldelli usati per

scardinare la democrazia:
 




  • MENZOGNA


  • inganno 


  • sotterfugio


  • falsificazione


  • disinformazione


  • frode


  • circonvenzione


  • truffa


  • spergiuro


  • SFACCIATAGGINE


  • impudenza


  • tracotanza


  • irrispettosità


  • paura


  • viltà


  • cinismo


  • IGNAVIA


  • populismo


  • "piazzistismo"


  • vanità


  • mercimonio


  • "orwellismo"


  • disistima


  • indifferenza


  • ignoranza

domenica 24 aprile 2011


Risorgere 

 


Taddeo Gaddi_Ultima Cena_Albero della Vita_1330_Santa Croce_Firenze
 



Risorgere. Risuscitare, rinascere, rivivere, rifiorire, risollevarsi, alzarsi, riemergere.
 


Risorgere

PASQUA 


 nella discordia berlusconista-leghista-fascista

Libera nos a malo, Domine!

 



 



Dal premierato alla Giustizia gli assalti alla Costituzione



Un solo disegno: piegare la Carta ai bisogni del Cavaliere



di Massimo Giannini
 



La campagna di de-strutturazione della Costituzione non conosce tregua. Gli operosi "picconatori" del Pdl assestano colpi quotidiani alle fondamenta della "casa comune" costruita nel '48. Vignali e Sardelli, Ceroni e Alfano, La Russa e Tremonti: è una rincorsa dissennata a sfasciare gli istituti e svalorizzare i principi che unirono i padri costituenti. La sub-cultura della destra berlusconiana sta snaturando le basi della civiltà repubblicana.

In questa manovra di decomposizione sistemica, quello che colpisce non è la frequenza, quanto l'incoerenza. Quello che atterrisce non è la volontà di "mettere mano" alla Costituzione per un'esigenza politica collettiva (quella del popolo italiano), quanto l'irresponsabilità di "manomettere" le sue regole in funzione di una biografia politica individuale (quella di Silvio Berlusconi). Rivedere e aggiornare la Carta è legittimo. Quello che spaventa, nelle modifiche estemporanee sfornate dalla coalizione forzaleghista, è la totale assenza di un quadro d'insieme, di un impianto di norme coordinate e coerenti, e soprattutto destinate a durare nel tempo. Un'unica "ratio" guida le proposte di pseudo-riforma della maggioranza: saldare qualche conto sospeso, consumare qualche vendetta postuma. Cioè piegare anche la Costituzione (e non più solo la legge ordinaria) ai bisogni attuali e potenziali del Cavaliere. Siamo alla
"personalizzazione" della Costituzione. Per valutarne i danni, basta ripercorrerne le tappe.

La "Grande Riforma" del 2005

La perversa "filosofia" del berlusconismo costituzionale si evince dalle origini. La legge 269 viene approvata il 18 novembre 2005: già quella è un Frankenstein giuridico, che contiene tutto e il suo contrario. Oltre alla devolution, alla riduzione del numero dei parlamentari e alla fine del bicameralismo perfetto, la "riforma" introduce un anomalo "premierato forte", sconosciuto alle democrazie occidentali. Il Primo Ministro può revocare i ministri e sciogliere direttamente la Camera, sottraendo questa prerogativa al presidente della Repubblica. Il Capo dello Stato diventa meno che un notaio: nomina Primo Ministro chi risulta candidato dalla maggioranza uscita dalle elezioni, senza più la libertà di scelta contemplata dall'articolo 92. Il senso dell'operazione, in quel momento, è chiarissimo: Berlusconi si prepara alle nuove elezioni del 2006, non può ancora puntare al Quirinale. Per questo, con una "revisione ad personam" della Carta, depotenzia il ruolo del presidente della Repubblica, rafforzando quello del premier. Ma gli va male. Il 25 giugno 2006, al referendum, gli italiani bocciano la legge: il "pacchetto" si rivela un "pacco".

 
La "Riforma epocale della Giustizia"

Dopo il trionfo elettorale del 13 aprile 2008, il Cavaliere accantona momentaneamente le velleità presidenzialiste. La priorità diventa la giustizia. Il 10 marzo 2011 il Guardasigilli Alfano presenta la sua "riforma epocale". In realtà, un pasticcio totale: l'unica logica che lo tiene insieme è la "punizione" dei magistrati. C'è la separazione delle carriere, c'è la scissione del Csm, c'è la sottomissione del potere giudiziario al potere legislativo, persino nell'esercizio dell'azione penale: "L'ufficio del pubblico ministero ha l'obbligo di esercitare l'azione penale secondo i criteri stabiliti dalla legge". Il giudice e il pm dispongono della polizia giudiziaria "secondo le modalità stabilite dalla legge", e al ministro della Giustizia spettano "la funzione ispettiva, l'organizzazione e il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia". L'obiettivo è palese: non c'è alcuna intenzione di migliorare l'efficienza della macchina giudiziaria, nell'interesse dei cittadini. C'è solo l'urgenza del potere politico di mettere sotto controllo il potere giudiziario, nell'interesse di Berlusconi.

La "Riforma storica" dell'articolo 41

Nel patchwork costituzionale della destra c'è spazio anche per l'economia. Il 9 febbraio il ministro Tremonti presenta il disegno di legge di riforma dell'articolo 41. "L'attività economica privata è libera ed è permesso tutto ciò che non è espressamente vietato dalla legge. Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale, con gli altri principi fondamentali della Costituzione o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana". Una "riforma storica", la definisce dopo il varo un entusiasta ministro Sacconi. Piuttosto, una riforma "strabica": da una parte si professa il liberismo, dall'altra si pratica il colbertismo. Ci ha pensato il presidente emerito della Consulta Ugo De Siervo, a spiegare in un'intervista al "Sole 24 Ore" che "il governo vuole cambiare l'articolo 41, senza rendersi conto che la legge sul salvataggio dell'Alitalia è stata salvata proprio grazie all'articolo 41: abbiamo salvato una legge del governo in base a una norma che il governo considera sentina di tutti i mali". Un bel cortocircuito: da Popolo delle false libertà.

La riforma dell'articolo 1

Siamo all'attualità di questi giorni. All'apice dell'aggressione del premier contro il "brigatismo giudiziario" dei pm e i manifesti vergognosi di Lassini sulle "Br in procura", il pidiellino Remigio Ceroni presenta il 20 aprile un ddl che riscrive l'articolo 1 della Carta: "L'Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro e sulla centralità del Parlamento, quale titolare supremo della rappresentanza politica della volontà popolare espressa mediante procedimento elettorale". Dunque, dopo anni di prediche presidenzialiste, la destra berlusconiana si lascia folgorare dalla "centralità del Parlamento". Un Parlamento per mesi umiliato dal Cavaliere. Con i fatti. Gli ha imposto già 31 voti di fiducia. Con le parole. Il 26 marzo 2009 dice ad Acerra: "Il voto in Parlamento dovrebbe essere consentito solo ai capigruppo... gli altri se ne stanno lì a perdere tempo, con due dita, a votare emendamenti di cui non sanno nulla...". Il 28 febbraio scorso rincara la dose in Confcommercio: "Quando il governo presenta una legge, questa deve passare al vaglio di tutto l'enorme staff del Capo dello Stato... Se una legge non gli piace, deve tornare in Parlamento, e lì lavorano solo in 50 o 60, tutti gli altri perdono tempo...". Un Parlamento che ora viene invece "elevato": diventa fonte suprema della sovranità del premier, che se ne serve per eludere il principio di legalità. L'antinomia costituzionale è stridente: l'assemblea degli eletti del popolo, strumentalmente "riabilitata" dopo accuse devastanti e pratiche frustranti, deve consegnare al presidente del Consiglio, ora e per sempre, un potere gerarchicamente sovraordinato a tutti gli altri, dal Capo dello Stato alla Consulta. Una rivalutazione del parlamentarismo, a scapito del presidenzialismo? Niente affatto. Un banale delirio costituzionale, tagliato ancora una volta a misura del Sovrano.

La "sfiducia" di Sardelli e il presidenzialismo di La Russa

Al rovinoso "picconamento" del sistema non poteva mancare il contributo dei cosiddetti "Responsabili". Luciano Sardelli, capogruppo della tribù scilipotiana alla Camera, presenta venerdì scorso la sua riforma costituzionale. Vuole cambiare l'articolo 94, e introdurre la cosiddetta "sfiducia costruttiva". Un solo articolo prevede che il presidente del Consiglio possa cessare dalla carica se il Parlamento in seduta comune approva "una mozione di sfiducia motivata, contenente l'indicazione del successore, con votazione per appello nominale a maggioranza dei suoi componenti". Dunque, contrordine: niente chiacchiere parlamentariste, riemergono i rigurgiti da premierato forte. O addirittura da presidenzialismo, come si evince dalla sortita di due giorni fa del ministro La Russa su "Affaritaliani. it": "Le forme di governo e quelle costituzionali non cambiano con le mode  -  dice il responsabile della Difesa - e quindi il presidenzialismo rimane sicuramente la forma migliore". Ma sul modello di presidenzialismo da adottare, il luogotenente del Pdl ha le idee chiare: "All'italiana", risponde. Appunto: Costituzione "a la carte", secondo convenienza del momento.

La riforma dell'articolo 136 e il declassamento della Consulta

L'ultima trovata è di Raffaello Vignali, che usa i padri costituenti per giustificare la sua nefandezza. Il deputato pidiellino presenta un ddl di modifica dell'articolo 136, che limita l'intervento della Consulta ad una funzione "meramente dichiarativa" dell'illegittimità costituzionale delle leggi. Se bocciate dalla Corte, cioè, queste non saranno più abrogate, ma dovranno tornare in Parlamento per le eventuali modifiche del governo. Spiega Vignali, con sprezzo del ridicolo: "Ci troviamo in presenza di una Corte costituzionale che potrebbe realizzare quella eccessiva ingerenza politica del giudice temuta dai costituenti". Tradotto in volgare: il Pdl vuole declassare la Consulta, perché non può più rischiare che gli vengano respinti i Lodi Schifani-Alfano o le leggi sulle prescrizioni brevi e i processi lunghi. Del resto il Cavaliere non ripete da anni che la Corte è "un covo di comunisti"?

Questo accade, dunque, nella "macelleria costituzionale" berlusconiana. Dov'è il disegno complessivo che questa destra persegue sulla Repubblica, sulle sue istituzioni, sulla sua forma di governo? Non esiste. Esiste solo il calcio nei denti, il ribellismo costituzionale. Oggi più che mai vale la lezione di Piero Calamandrei: "E' un errore formulare gli articoli della Costituzione con lo sguardo fisso agli eventi vicini, alle amarezze, agli urti, alle preoccupazioni elettorali dell'immediato... La Costituzione non deve essere miope, ma presbite: deve vedere lontano...". Esattamente quello che non può e non sa fare Berlusconi. Così lo Stato di diritto si sta trasformando in Stato d'assedio.
m. gianninirepubblica. it  

La Repubblica, 24 aprile 2011 © Riproduzione riservata
 



*



Pasqua, lo spirito risorge per tutti
di Eugenio Scalfari



  IL MALE non esiste. Dio decise di incarnarsi, di assumere natura umana e assumere su di sé tutti i peccati del mondo. Ripristinò l'alleanza tra l'umanità e il suo creatore e indicò la via della salvezza lasciando agli uomini la libertà e la responsabilità di scegliere.

Nel giorno del giovedì cenò con i suoi apostoli. La sera si ritirò con loro nell'orto del Getsemani. Nella notte fu arrestato. Il venerdì fu processato, torturato e crocifisso. Sepolto. Dopo tre giorni (ma il sabato secondo la liturgia) resuscitò da morte, apparve alle donne e poi agli apostoli. Così raccontano i Vangeli.

Un altro racconto, pur sempre condotto sui testi della Scrittura ma diversamente interpretati, narra la storia di un uomo, figlio di Giuseppe e della giovane Maria, nato a Betlemme nei giorni del censimento, ma residente a Nazaret. Di lui, dopo la nascita ed una fuggitiva presenza al Tempio, i Vangeli non dicono più nulla, non esiste alcun racconto della sua infanzia e della sua adolescenza. Non sappiamo nulla del suo lavoro, dei suoi studi, della sua famiglia, della sua vita.

Lo ritroviamo a trent'anni, quando inizia la sua predicazione in Galilea e in Tiberiade. Va al Giordano a farsi battezzare dal Battista, raduna un gruppo di discepoli, pescatori, artigiani, mendicanti. La sua predicazione ha all'inizio contenuti soprattutto sociali; sostiene che nel regno di Dio gli ultimi saranno i primi, i deboli, i poveri, gli ammalati, saranno confortati, i giusti avranno giustizia, gli ingiusti saranno castigati.Ma intanto quell'uomo sente crescere dentro di sé una potenza misteriosa, connessa a capacità medianiche e taumaturgiche. Ed è allora che domanda: "Voi chi credete che io sia?". Alcuni dei discepoli rispondono: "Tu sei il "rabbi", il Maestro". Altri: "Tu porti in te lo spirito di Mosè". Ed altri: "Un grande profeta, più grande di Ezechiele e di Geremia". Altri ancora: "Tu sei il Messia, discendente dalla stirpe di David e sei venuto ad annunciare la fine dei tempi". Gesù ascolta, si chiude in sé. Si ritira nel deserto passando dalle terre dove vive la comunità degli Esseni, rimane quaranta giorni solo con le sue tentazioni, ode la voce del Tentatore e ne respinge le impure proposte. Torna tra i suoi. Ora è convinto di essere il Figlio di Dio, il solo tramite attraverso il quale l'unico Dio manifesta il suo amore per gli uomini e la sua sconfinata misericordia.

Questi due racconti, pur svolgendosi nello stesso modo e configurando lo stesso percorso, sono però profondamente diversi, ma convergono nella stessa conclusione: quell'uomo dà inizio ad un'epoca che si ispira al principio dell'amore e della carità, del perdono e della misericordia. Il peccato è una caduta dalla quale ci si può rialzare. Il male è soltanto l'eccezionale assenza del bene. Il bene è il regno dei giusti che godono la beatitudine di poter contemplare Dio nelle sue tre consustanziali epifanie di Padre, di Figlio e di Spirito Santo.
In questa fine del viaggio e della storia il male avrà cessato di esistere, non ci sono né purgatorio né inferno, ma soltanto paradiso, senza tempo e senza luogo.
 * * *
Ma c'è un terzo racconto, quello che caratterizza l'epoca della modernità. In esso non esistono né il male né il bene, non esiste il peccato. Ogni essere vivente è dominato dalla natura dei suoi istinti e vive in perfetta innocenza. Ma noi, unica specie dotata di mente riflessiva e capace di pensiero, noi ci vediamo vivere, invecchiare e morire; noi siamo animati da due forme di amore: quello verso se stessi e quello verso gli altri. Nessuno di questi due amori riesce a cancellare l'altro e la nostra vita non è che la dialettica convivenza di essi che si confrontano nella caverna dove abitano i nostri istinti, le nostre più segrete pulsioni e la nostra energia vitale.

In questo terzo racconto non esiste metafisica, nulla è divino oppure tutto è divino, due modi per significare la stessa cosa: "Deus sive natura".

Il terzo amore che tutto sovrasta è quello verso la vita e il solo peccato pensabile è quello contro la vita, la sua dignità, la sua libertà. Non una vita idealizzata, ma una vita storicamente determinata dagli istinti che si misurano, si combattono, si trascendono, si trasfigurano, diventando passioni e sentimenti analizzati dalla lente della ragione, cioè del pensiero che pensa se stesso e che si vede vivere.
Questo pensiero è capace di inventarsi e di raccontarsi molti mondi, è una fabbrica di illusioni che ci aiutano durante il viaggio, di speranze che alimentano la nostra energia vitale, di architetture morali indispensabili a tutelare la nostra socievolezza.

Noi siamo una specie pensante e socievole, perciò costruiamo regole morali che consentono la convivenza in quel dato contesto storico. Ecco perché non esistono peccati ma esistono reati.
Quando finisce un'epoca, finisce anche una morale, si verifica una rivoluzione che smantella la vecchia architettura per costruirne un'altra affinché la vita possa proseguire alimentata e incanalata da nuovi limiti, da nuove correnti, da nuove sorgenti.
* * *
Ognuno di questi racconti ha una sua Pasqua, ognuno raffigura un'epifania, una morte apparente e una resurrezione. Non c'è fine perché non c'è principio. Non c'è altro senso fuorché la vita che la nostra specie è in grado di raccontare, interpretare, trasfigurare, inventare. Abbiamo perfino inventato il tempo.
Il tempo morirà con noi. La morale morirà con noi. Purtroppo stanno già morendo e questo non è buon segno.
Quando si rifiuta di ricordare il passato non si può costruire il futuro, si vive schiacciati da un eterno presente come gli animali che vivono infatti fuori del tempo.

Quando si smonta un'architettura morale senza costruirne un'altra il fiume della vita cessa di scorrere diventando imputridita palude. A questa sorte dobbiamo ribellarci, questo pericolo dobbiamo scongiurare.
"Resurrexit" suoneranno oggi le campane. La Pasqua è di tutti ed è lo spirito di tutti che deve risorgere.

 



(24 aprile 2011) © Riproduzione riservata  




  i saranno i primi




   
La "Grande Riforma" del 2005
La perversa "filosofia" del berlusconismo costituzionale si evince dalle origini. La legge 269 viene approvata il 18 novembre 2005: già quella è un Frankenstein giuridico, che contiene tutto e il suo contrario. Oltre alla devolution, alla riduzione del numero dei parlamentari e alla fine del bicameralismo perfetto, la "riforma" introduce un anomalo "premierato forte", sconosciuto alle democrazie occidentali. Il Primo Ministro può revocare i ministri e sciogliere direttamente la Camera, sottraendo questa prerogativa al presidente della Repubblica. Il Capo dello Stato diventa meno che un notaio: nomina Primo Ministro  La "Grande Riforma" del 2005
La perversa "filosofia" del berlusconismo costituzionale si evince dalle origini. La legge 269 viene approvata il 18 novembre 2005: già quella è un Frankenstein giuridico, che contiene tutto e il suo contrario. Oltre alla devolution, alla riduzione del numero dei parlamentari e alla fine del bicameralismo perfetto, la "riforma" introduce un anomalo "premierato forte", sconosciuto alle democrazie occidentali. Il Primo Ministro può revocare i ministri e sciogliere direttamente la Camera, sottraendo questa prerogativa al presidente della Repubblica. Il Capo dello Stato diventa meno che un notaio: nomina Primo Ministro   Pasqua, lo spirito
risorge per tuttidi EUGENIO SCALFARI IL MALE non esiste. Dio decise di incarnarsi, di assumere natura umana e assumere su di sé tutti i peccati del mondo. Ripristinò l'alleanza tra l'umanità e il suo creatore e indicò la via della salvezza lasciando agli uomini la libertà e la responsabilità di scegliere.

Nel giorno del giovedì cenò con i suoi apostoli. La sera si ritirò con loro nell'orto del Getsemani. Nella notte fu arrestato. Il venerdì fu processato, torturato e crocifisso. Sepolto. Dopo tre giorni (ma il sabato secondo la liturgia) resuscitò da morte, apparve alle donne e poi agli apostoli. Così raccontano i Vangeli.

Un altro racconto, pur sempre condotto sui testi della Scrittura ma diversamente interpretati, narra la storia di un uomo, figlio di Giuseppe e della giovane Maria, nato a Betlemme nei giorni del censimento, ma residente a Nazaret. Di lui, dopo la nascita ed una fuggitiva presenza al Tempio, i Vangeli non dicono più nulla, non esiste alcun racconto della sua infanzia e della sua adolescenza. Non sappiamo nulla del suo lavoro, dei suoi studi, della sua famiglia, della sua vita.

Lo ritroviamo a trent'anni, quando inizia la sua predicazione in Galilea e in Tiberiade. Va al Giordano a farsi battezzare dal Battista, raduna un gruppo di discepoli, pescatori, artigiani, mendicanti. La sua predicazione ha all'inizio contenuti soprattutto sociali; sostiene che nel regno di Dio gli ultim 

martedì 12 aprile 2011


L'uomo senza dignità

Allegoria della dignità_da Wikipedia



Ricordo Musil mentre ascolto le deputate e i deputati dell'opposizione che in Parlamento leggono a turno gli articoli della nostra Costituzione, per fronteggiare una maggioranza fatta di
 



314 persone tetragone, sorde a ogni ragionamento, non toccate da dubbio alcuno.
314 parlamentari i cui nomi rimarranno nella Storia del nostro Paese.
314 donne e uomini.



Dignità è rispetto di sé e diritto al rispetto da parte degli altri.
 



DIGNITA', s. f.




  • decoro, onore, nobiltà, merito, elevatezza, elevazione


  • aspetto, contegno, portamento, fierezza, gravità, maestà, condotta signorile, orgoglio, amor proprio, punto d'onore


  • contr. indegnità, bassezza, abiezione, fellonia, indecenza, volgarità (Gabrielli)




E' pericoloso l'uomo senza dignità nell'amministrazione della res publica.

I parlamentari dell'opposizione continuino con la determinazione di chi lotta per la giustizia.

giovedì 7 aprile 2011


Il sentimento dell'altro

empatia



 

Sentire il sentimento dell'altro, sentire il sentire dell'altro.
 



La compassione buddhista non si limita al "sentire con" nella sofferenza, ma abbraccia tutto il sentire degli esseri senzienti.
La
compassione nella visione buddhista è un'attitudine della mente e dello spirito, è uno dei modi di vivere, uno degli "atteggiamenti del cuore" che creano la possibilità di "coltivare stati sublimi dell'essere":

 




  1. Affettuosa gentilezza e cordialità (metta)


  2. Compassione ed empatia


  3. Gioia ed esultanza


  4. Equanimità e pace della mente"


"Compassione" significa "sopportare insieme la sofferenza (amorevolmente)". E' parola che nell'etimologia ha "cum" e "pati", che è "sopportare, soffrire".
I significati delle parole, tuttavia, nelle lingue vive non sono immobili e, infatti, per "compassione" si sta affermando l'accezione buddhista che ne apre il senso a tutta una costellazione di emozioni, affetti, cognizioni della mente umana.


"Empatia" è invece la parola che comunica chiaramente la tendenza a mettersi nei panni dell'altro per poterne sentire i sentimenti e le emozioni nel nostro profondo. L'etimologia di "empatia"  evidenzia perfettamente il significato della parola: è il greco empàtheia "passione, affezione"
L' empatia è un processo di identificazione con l'altro,  un processo non facile che crea una forma di partecipazione e di comprensione dello stato affettivo dell'altro.


*


Cit.: Lama Surya Das, Gli Otto Gradini, Mondadori, 2000, p. 270

domenica 6 febbraio 2011


DISINGANNO


Francesco Queirolo (1753-54)_DISINGANNO_Museo Cappella San Severo_Napoli

 



L' allegoria dell'uomo che si libera dal peccato, opera mirabile di Queirolo, mostra con la fiamma sulla fronte del genio alato, gli strumenti della liberazione:  l'intelligenza umana e la conoscenza.

Nulla impedisce di variare in parte il senso dell'allegoria sostituendo alla liberazione dal peccato l'idea della liberazione dagli inganni.

Le maglie della rete che imprigiona, oggi, sono appunto gli inganni, gli abbagli, le trappole di un potere politico concluso nel mantenimento e accrescimento di se stesso e dell' informazione quando è poco o punto veriteria e onesta.

E, infine, le maglie costruite da noi stessi. Autoinganni, fissità funzionali, accidia (ma l'elenco è molto più lungo).

Queste riflessioni hanno lo scopo di aiutarmi a comprendere cose incomprensibili, come il berlusconismo e il leghismo oggi, e a intravedere tutto ciò che può produrre il disinganno, come è stato fatto dalle persone che ieri a Milano hanno espresso la necessità di una liberazione che tarda a venire. Liberazione democratica, com'è ovvio, non violenta, nemmeno verbalmente, non distruttivamente emotiva, ma cognitiva e lungimirante.

I miei strumenti: parresia
, ahimsa, satyagraha.


Disinganno - Constatazione che qualcuno o qualcosa non è come si credeva o si sperava. (DISC) -'Atto, effetto del disingannare o del disingannarsi' XVII sec. - derivato da disingannare - 'togliere dall'errore' - disingannarsi - 'rendersi conto della della verità'. (Cortelazzo, Zolli, Dizionario etimologico della lingua italiana, Zanichelli)
 



*
 democrazia e decadenza
di Adriano Prosperi

La Repubblica, 3 gennaio 2011

 



Perché, nonostante le prove schiaccianti di ripetute e numerose illegalità e turpitudini morali, gli italiani continuano a sostenere Silvio Berlusconi? Questa è la domanda che ci si pone fuori d' Italia. Il New York Times ha aperto uno spazio di dibattito sull' Italia intitolandolo così: "Decadenza e democrazia in Italia". È un titolo che ci ricorda un punto importante: dal punto di vista di una tradizione come quella americana la moralità e la democrazia sono essenziali l' una all' altra. Dalla decadenza morale discende la crisi della democrazia. Il politico che mente, che giura il falso, che dà esempi di vita palesemente immorale, che attacca l' ordinamento costituzionale, vi è non solo messo in stato d' accusa ed espulso dal gioco del potere ma è anche immediatamente colpito dal verdetto inappellabile dell' opinione pubblica. Il caso Berlusconi sembra fatto apposta per proiettare come in uno specchio rovesciato l' idea di democrazia agli occhi del paese che l' ha creata. Così gli argomenti hanno finito col battere sul tasto della diversità antropologica degli italiani: disposti a perdonare tutte le forme di corruzione, maschilisti e sessisti, portati a discriminare le donne più di ogni altro paese europeo e a consumare immagini di corpi femminili in una misura impensabile altrove. In quel dibattito sono intervenuti anche diversi italiani che hanno provato a rispondere e a fornire giustificazioni. Non hanno avuto un compito facile. E soprattutto non hanno centrato il nodo del rapporto tra moralità e democrazia. Si è andati dal piano politico - la presunta mancanza di alternative - a quello dell' imbonimento dei media asserviti in vario modo al padrone. Argomenti fragili, come ognun vede. Non siamo in un regime dittatoriale di controllo dell' informazione. E quanto a possibili alternative, ce ne sono anche troppe: il problema è che non riscuotono consensi nella stessa misura del personaggio che fuori d' Italia appare così sconveniente e grottesco. Ma la speranza è dura a morire e c' è chi ha chiesto ai lettori americani di avere pazienza promettendo a breve scadenza una normalizzazione della situazione italiana: così Alexander Stille ha concluso il suo intervento affermando che il pubblico italiano non sopporterà più a lungo il fatto che Berlusconi si occupi dei propri affari trascurando del tutto l' attività di governo. Questo sarebbe secondo lui l' unico "peccato imperdonabile" per gli italiani. Vedremo se la previsione sarà confermata. Ma intanto si è affacciata la questione squisitamente teologica e religiosa del "sin that may not be sorgiven", il "peccato imperdonabile". Che cosa abbia significato nella cultura puritana questo problema lo abbiamo imparato dalla grande letteratura dell' 800. Ma oggi è una domanda molto semplice quella che ci viene proposta dal paese di Melville e di Hawthorne: esiste almeno un peccato imperdonabile per gli italiani? La risposta negativa dei paesi di cultura non cattolica è a questo proposito antica e ben consolidata. Un viaggiatore inglese del ' 600 autore di un rapporto sullo stato della religione in Italia che fu postillato da Paolo Sarpi, Edwin Sandys, lo disse molto chiaramente: gli italiani gli sembrarono un popolo civile e accogliente, dotato di eccellenti qualità. Gli piacquero anche alcuni aspetti della loro religione. Ma trovò incomprensibile e del tutto esecrabile la pratica della confessione cattolica: il modo in cui nel segreto del confessionale i comportamenti più immoralie le infrazioni più gravi ai comandamenti cristiani venivano cancellati al prezzo di qualche orazioncella biascicata distrattamente gli sembrò una vera e propria licenza di immoralità, un modo per corrompere in radice la natura di un popolo. Oggi quei tempi e quelle idee sono lontani ma il problema si ripropone. La questione teologica di allora ci si presenta come qualcosa che riguarda il paese interoe tocca la radice profonda della convivenza democraticae del funzionamento delle istituzioni. È il problema della moralità pubblica come cemento della democrazia, o in altre parole della sostanza morale della democrazia, come questione del rapporto che deve esserci tra il buon ordinamento della società e il patto stretto dal politico con gli elettori: l' impegno ad accettare le regole, quelle del fisco, della giustizia, della libertà d' informazione, incluso l' obbligo a sottostare alla legge comee più di ogni privato cittadino. Ora, che questo problema sia stato ignorato clamorosamente dalla dirigenza della Chiesa cattolica italiana anche nei suoi recenti e imbarazzati pronunciamenti è qualcosa che rinvia ai caratteri profondi della religione italiana e non può essere spiegato soltanto dalla difesa del proprio potere e dalla ricerca dei favori governativi da parte di chi si arroga la funzione di maestro e censore della morale collettiva. Ma è dal punto di vista della sopravvivenza della democrazia italiana che quello che ci viene proposto da Berlusconi in questo tardo autunno dell' "egoarca" appare come un patto scellerato: si tratterebbe di affrontare i problemi del paese lasciando cadere come irrilevanti i capi d' accusa dei tanti reati che pendono sulla testa del premier. Se anche fosse vero che accettando questo pattoi problemi di un paese ridotto nelle condizioni che ognuno vede sarebbero risolti, la questione è quella della natura del regime che noi italiani ci troveremmo ad avere inventato. E qui torna utile la domanda che fu posta da Benedetto Croce a proposito della natura del fascismo: rivoluzione o rivelazione, trasformazione violenta e radicale dell' assetto politico del paese o disvelamento di una verità profonda, di carenze antiche e radicali, tali da rendere il paese Italia diverso da tutti gli altri. Oggi, al termine - speriamo, infine- di un' avventura individualee collettiva che consegna una fetta consistente di storia del Paese alla figura di Berlusconi, gli italiani tutti e non solo la classe politica, sono giudicati nel mondo per ciò che hanno accettato e premiato con le loro sceltee di cui continuano a non volersi liberare. Come nel rapporto tra personaggio e ritratto descritto da Oscar Wilde ne "Il ritratto di Dorian Gray", oggi il nostro Paese e la qualità morale della nostra convivenza civile sono diventati il ritratto rivelatore della verità nascosta del personaggio Berlusconi: brutti, vecchi, laidi, corrotti. Così li giudica l' opinione pubblica democratica dei paesi civili. - ADRIANO PROSPERI 
 

domenica 5 dicembre 2010

martedì 30 novembre 2010




Vita e Morte  
 



Il mondo di chi è felice è altro
da quello di chi è infelice.
Come pure alla morte il mondo non si àltera,
ma cessa.

L. Wittgenstein, Tractatus logico-philosophicus

 



Mario Monicelli




MARIO MONICELLI



 Una vita lunga, intensa, fantastica per opere e giorni. Una "morte libera", drammaticamente raggiunta. La fatica dell'ultimo salto, il coraggioso battito d'ali verso lo schianto liberatorio, l'infinito lieve pesante movimento del corpo immobile. 
C'è grande tristezza per lo stato di costrizione che ha imposto la messa in atto tragica che ben più dolce poteva essere. Immagino una decisione razionale, consapevole, e indifferibile considerata la condizione di incurabilità finale.
L'uomo Monicelli, l'uomo che conoscevamo attraverso la sua opera e i suoi discorsi, deve aver ponderato la scelta della "mors voluntaria", come avrebbe fatto, come farebbe uno stoico.  Ma di lui ricorderemo l'intensità della sua vita, l'amore e l'impegno, la coscienza del valore prezioso di ogni attimo. Fino all'ultimo.


* Bisognerebbe ragionare intorno alla parola 'suicidio' ("neologismo" del 1771), che comporta un inevitabile  parallelismo con la parola 'omicidio'. 



 

sabato 21 agosto 2010


POLITICHE DA TRIVIO
 




bruttezza
bassezza
scortesia
scurrilità
rozzezza
villania
sgarbatezza
grossolanità
indegnità
spudoratezza
indecenza
abiezione
menzogna
fellonia

... e non si appellino a libertà di espressione o a licenze poetiche donne e uomini politici cultori del genere se prima non mi spiegano perché sono condannata a sopportarli, senza possibilità di scampo ...

certo, la maggioranza degli italiani, il popolo sovrano, l'elettorato che unge il vincitore e tutto giustifica legalizza impone all'universo mondo ... dai diti medi ben distesi contro allo sventolio di poppe in Parlamento al turpiloquio fuori contesto agli urli vomitati da bocche contratte alle minacce di ricorso ai fucili ben oliati e pronti all'uso ...

certo, questo vuole e prescrive la maggioranza degli elettori all'universo mondo italiano, certo ... c'è sempre l'esilio ...


 



*



"la città cui tende il mio viaggio...forse mentre noi parliamo sta affiorando"




 Il fisco classista che blocca il Paese



C'è una crisi dell'occupazione con 200 mila precari della scuola e 500 mila lavoratori a rischio. Serve una manovra che punti ad un trasferimento tributario dalle fasce deboli a quelle opulenti



di EUGENIO SCALFARI




LA RECESSIONE e la crisi economica a w sono dunque scongiurate: parola di Bernanke e di Trichet, cioè dei due banchieri centrali più potenti dell'Occidente. I tassi del Pil e della produzione industriale (automobile escluso) vengono rivisti al rialzo sia in Usa che in Eurolandia. Insomma il peggio sarebbe passato anche se sono gli stessi Bernanke e Trichet a metter le mani avanti: sì, il peggio è passato, dicono, ma camminiamo tuttora su terre incognite, la crisi sociale è ancora davanti a noi, la ripresa c'è ma non è omogenea; inoltre è aumentata la disparità di intenti tra i governi e specie in Europa ogni paese va per conto suo, perciò non si può allentare la guardia.

Del resto, appena quindici giorni fa sia Bernanke sia Trichet in pubbliche dichiarazioni avevano affermato esattamente il contrario. Prevedevano rallentamento produttivo, rivedevano al ribasso i tassi del Pil sulle due sponde dell'Atlantico, temevano stasi degli investimenti e diminuzione dei consumi specie nei settori sensibili delle costruzioni, segnalando con preoccupazione le posizioni debitorie di molti paesi e gli effetti che avrebbero potuto avere sui mercati finanziari e monetari. Il minimo che si possa dire di queste tesi contraddittorie dei due massimi banchieri centrali è che la loro visione della realtà è alquanto confusa e l'arco delle loro divisioni è quanto mai oscillante. Non so se se ne rendano conto, ma il loro comportamento sta diventando grottesco, il barometro di cui dispongono sembra uno strumento impazzito dal quale forse è più saggio prescindere.
 
Chi invece non ha dubbi di sorta è il nostro ministro dell'Economia. Intervistato ieri da Repubblica dichiara senza esitazione che siamo fuori dalla crisi. Dai problemi no, ma dalla crisi sì. I problemi per Tremonti consistono nel coordinamento delle politiche economiche tra i governi europei. L'Europa è ancora un arcipelago ma è arrivato il momento che diventi un blocco continentale guidato da un unico cervello, cioè dal Consiglio dei ministri europei (Ecofin) di cui la Commissione di Bruxelles è l'organo esecutivo. L'Ecofin si riunirà domani e varerà questa trasformazione epocale: la nascita del cervello economico europeo cui spetterà il compito di tutelare la stabilità già in atto e di avviare su scala continentale la politica della competitività che consentirà all'Europa di competere con successo sia con l'America sia con i colossi emergenti dell'Asia.

Va da sé che il canone della competitività risiede soprattutto nella fine della lotta di classe e nell'accordo tra capitale e lavoro da realizzarsi azienda per azienda, contratto per contratto. La sorpresa finale nell'intervista del ministro a Massimo Giannini consiste nell'apertura a tutte le parti sociali e a tutte le forze parlamentari, dopo aver comunque ricordato che il governo Berlusconi durerà come minimo fino al 2013 e probabilmente anche di più. Ricapitoliamo: un'Europa ormai in marcia accelerata verso l'unità economica e politica; un'Italia che, a dispetto del suo enorme debito pubblico, viaggia in perfetta e solida stabilità; il traino della locomotiva tedesca, modello di riferimento per tutti; una riforma fiscale nel nostro paese che privilegi le famiglie, il lavoro, le imprese e sposti il prelievo dalle persone alle cose. Nel frattempo bisognerà abolire tutti i divieti e tutte le regole salvo quelli esplicitamente riconfermati. Così Tremonti e così secondo lui l'Europa. Restano però molto lacune in questo paesaggio dipinto di rosa, molti interrogativi ed anche qualche marchiano errore da correggere.

Per cominciare: l'Europa vive in un complesso mondiale e in particolare in un ambito occidentale dove gli Usa giocano una partita decisiva. A parte le montagne russe sulle quali continuano a viaggiare sia Bernanke sia Trichet, il dato certo consiste nell'enorme debito pubblico del governo americano, nel deficit fiscale che continua a gonfiarlo, nel lago di liquidità che la Fed dovrà incrementare per sostenere la ripresa e nel debito con l'estero altrettanto elevato e preoccupante. Washington per ora tira avanti su questa strada in attesa delle elezioni di medio termine del prossimo novembre, ma subito dopo dovrà fare delle scelte. Rigore e rientro del debito in proporzioni accettabili, diminuzione del deficit con l'estero, dollaro debole per scoraggiare le importazioni, oppure inflazione. Inflazione consapevole, inflazione voluta e manovrata per diminuire il peso dei debiti e svalutare i crediti.

Queste scelte, quali che saranno, non risparmieranno l'Europa la quale a sua volta dovrà affrontare in modi appropriati le decisioni americane. Chi deciderà le risposte europee? L'Ecofin, risponderebbe Tremonti. La Germania, risponde la realtà. Deciderà la Germania, concedendo alla Francia qualche compenso in termini di cariche nella gestione dell'Unione. Ma se questo non bastasse è molto improbabile che l'arcipelago europeo possa trasformarsi nell'auspicato blocco continentale. In realtà lo schema tremontiano sembra ancora scritto sull'acqua, in attesa di eventuali incognite che non dipendono dall'Europa e tantomeno dall'Italia.

Su quanto sta accadendo nel nostro paese la diagnosi del ministro dell'Economia è a dir poco parziale. C'è una crisi dell'occupazione che coinvolge soprattutto i giovani e i precari. C'è una crisi del Mezzogiorno. C'è una stasi nei consumi e negli investimenti. E non ci sono risorse disponibili. Ne ha parlato con lucida competenza Tommaso Padoa Schioppa in un'intervista a 24Ore di venerdì scorso, nella quale tra l'altro loda il rigore di Tremonti. L'intervistatore domanda: «In Italia c'è chi rilancia i tagli fiscali. è una ricetta possibile?». Risposta: «Quando si fanno proposte che invece di ridurre il deficit lo aumentano, mi piacerebbe che si spiegasse come si fa a mantenere i conti a posto. Altrimenti la risposta è «no». «Sembra di sentire Tremonti» commenta l'intervistatore. Padoa Schioppa risponde: «Tremonti è stato fin dall'inizio consapevole del fatto che l'Italia non aveva margini di manovra. E questo è un fatto positivo».

L'ex ministro dell'Economia di Prodi vede una continuità con la politica del suo successore, basata su un dato di fatto: l'Italia non ha margini di manovra. Ma è un dato di fatto immodificabile? In un paese che comunque si colloca tra i primi dieci paesi ricchi del mondo? Qual è la risposta e c'è una risposta plausibile? E una ricetta attuabile? Prima di affrontare questo tema è però opportuno fornire ancora una fotografia di quanto sta per accadere nelle prossime settimane, anzi nei prossimi giorni. Ci sono 200 mila precari nella scuola che per decisione del ministro Gelmini saranno lasciati col sedere per terra. Ci sono 500 mila lavoratori che si troveranno di fronte a problemi occupazionali molto complicati da risolvere. Infine, in attesa che sia nominato il titolare del ministero dello Sviluppo dopo quattro mesi di vuoto, il calendario dei tavoli di crisi aziendali che riguardano il destino di 14 mila lavoratori è affollatissimo. Tra questi segnalo il caso Eutelia, l'Ideal-Standard, lo stabilimento Fiat di Termini Imerese, il caso Oerlikon, Indesit, Burani, Merloni e molti altri.Dal 7 al 23 settembre queste vertenze dovranno esser decise in un modo o nell'altro. Questo è il quadro. Tutto in ordine, ministro Tremonti? Fruttifera cooperazione tra capitale e lavoro sotto l'egida dell'intramontabile governo Berlusconi?

Le risorse ci sono, bisogna solo aver voglia di trovarle. La prima via da perseguire riguarda la lotta contro l'evasione che in gran parte si identifica con il mercato sommerso. Dette i primi risultati quando il fisco era nelle mani di Vincenzo Visco, adesso continua a darne: nell'esercizio in corso siamo nell'ordine di nove miliardi di recupero, non è poco ma in queste dimensioni somiglia a una goccia d'acqua nel mare anche perché al recupero dell'evasione esistente fa da controfaccia un'evasione nuova è aggiuntiva, sicché lo stock che si sottrae al fisco rimane più o meno immutato.

La seconda strada da percorrere per recuperare risorse consiste nella lotta contro gli sprechi. Qui ci sarebbe molta polpa, gli impieghi improduttivi rappresentano una quantità ingente della spesa pubblica e i tagli disposti nelle leggi finanziarie 2009 e 2010 avevano infatti questa motivazione. Il metodo adottato tuttavia è stato piuttosto infelice. I tagli ai ministeri sono stati disposti in modo lineare, sicché sono state penalizzate nella stessa proporzione sia spese improduttive sia spese necessarie che anzi avrebbero dovuto essere accresciute. Quanto ai tagli su personale, la scelta di spremere gli impiegati pubblici fu giustificata dal fatto che gli aumenti stipendiali ottenuti in passato erano maggiori di quelli ottenuti dagli impiegati privati. Giustificazione assai difficile da provare e comunque contestatissima. L'insieme di queste misure non ha recuperato molto in fatto di sprechi ma abbassando il livello complessivo della spesa ha comunque compresso ulteriormente la domanda interna con effetti visibili sui consumi. Altri effetti depressivi provengono dal taglio dei trasferimenti ai Comuni e alle Regioni, con conseguenze sulle tasse locali e sulla qualità dei servizi.

Esiste infine una terza strada da percorrere per recuperare risorse ed è un trasferimento del carico tributario dalle fasce deboli alle fasce opulenti e dal reddito al patrimonio. In un paese dove le diseguaglianze sono enormemente aumentate negli ultimi vent'anni, un'operazione del genere dovrebbe esser fatta ma la casta politica fa finta che sia impraticabile. Diciamo che non è popolare perché colpirebbe in modo continuativo le corporazioni più potenti, le clientele più spregiudicate e una fascia di elettori preziosa per l'attuale maggioranza. La verità è che la politica fiscale in atto ha connotati tipicamente classisti, colpisce in basso anziché in alto ed ha di fatto trasformato la progressività fiscale in una vera e propria regressività, con tanti saluti al principio costituzionale. Eppure una modifica fiscale nel senso d'un ritorno al principio della progressività contribuirebbe fortemente al rilancio della domanda e della crescita. Contribuirebbe altresì al taglio effettivo degli sprechi e all'aumento della competitività. Però non sta scritta nelle tabelle di questo governo, perciò fino a quando non ci saranno mutamenti politici sostanziali la finanza e la fiscalità classiste resteranno inalterate, con buona pace per chi sostiene che la lotta di classe non esiste più.
 



(05 settembre 2010) © Riproduzione riservata



lunedì 26 aprile 2010


BERLUSCONISMO
Furti di parole


 



E' possibile che l'uomo del messaggio non conosca la differenza tra "liberazione" e "libertà"? Differenza lessicale, differenza concettuale, differenza storica  No, non è possibile. Lui sa che cosa sta facendo, infatti approfitta di qualsiasi occasione per imporre se stesso e le sue distorsioni dell'esistente, come uno specchio deformante:
 




  • sostituisce una parola all'altra: libertà per liberazione


  • occulta la parola giusta: liberazione 


  • cambia significati e valori con abili furti linguistici, contando sull'ignoranza o sulla superficialità o sulla distrazione di chi ascolta o sulla mala fede.




Festa della liberazione: il messaggio del presidente Berlusconi

25 aprile: il messaggio del presidente Berlusconi . "Nella ricorrenza del 25 aprile celebriamo la Festa della Libertà ...

domenica 21 febbraio 2010


CORRUZIONE SPA

Sinonimi
in una domenica di 




dal sito: http://cristianpell.blog.lastampa.it/visto_da_spank/2008/06/1-centesimo-ne.html
sgomento e sdegno, per tacer dello schifo.
Servono le parole per dire le cose e per disegnare pensieri multidimensionali
e i sinonimi sono le facce di poliedri linguistici, cognitivi, filosofici.


Corruzione
S
inonimi di corruzione sono corrompimento, decomposizione, infezione, guasto, fradiciume, putridume, putrefazione, marcio, corruttela // subornazione, seduzione // pervertimento, immoralità, vizio.



nomencl. (distinzioni) corruzione di costumi, di gusti, di idee // corruzione morale, politica, amministrativa // seduzione dell'ignoranza, della buona fede, della gioventù, del sesso debole // subornazione dei vili, dei deboli, dei testimoni, dei dipendenti // (mezzi) offa, imbeccata, mancia, boccone, promesse, adulazioni, minacce, doni.



Schifo
Sinonimi di schifo sono disgusto, ripugnanza, ribrezzo, nausea, voltastomaco, raccapriccio. Schifo è una parola venuta prepotentemente alla ribalta proprio in questi giorni. Vincenzo Cerami, L'Unità domenica 14 febbraio 2010

Sdegno
Sinonimi di sdegno sono indignazione, rabbia, risentimento, protesta, disdegno, disprezzo, disistima, riprovazione. Sdegno e indignazione sono parole che indicano bene quello che provano le persone perbene di fronte allo spettacolo scandaloso della corruzione e, soprattutto, del proposito (in parte riuscito) di costruire uno strumento di 'potere  assoluto'. In Parlamento.

Sbigottimento
Sinonimi di sbigottimento sono impressione, meraviglia, stupore, paura, confusione, sbalordimento, sconcerto, costernazione, apprensione, turbamento, profondo timore, sgomento, terrore.


<>


Onestà
Sinonimi di onestà sono integrità, costumatezza, decenza, illibatezza incontaminatezza, innocenza, modestia, purezza, purità // moralità, coscienza, correttezza, dirittura, dignità, giustizia, imparzialità, incorruttibilità, impeccabilità, irreprensibilità, lealtà, onorabilità, probità, rettitudine, scrupolosità, virtù, virtuosità, bontà, bene, fede.


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AQUILANI

ovvero della forza d'animo e della dignità




dal sito de La Stampa

 

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Sinonimi da: Gabrielli Aldo, Dizionario dei sinimini e dei contrari, Centro Italiano Divulgazione Editoriale, 1981