sabato 21 agosto 2010


POLITICHE DA TRIVIO
 




bruttezza
bassezza
scortesia
scurrilità
rozzezza
villania
sgarbatezza
grossolanità
indegnità
spudoratezza
indecenza
abiezione
menzogna
fellonia

... e non si appellino a libertà di espressione o a licenze poetiche donne e uomini politici cultori del genere se prima non mi spiegano perché sono condannata a sopportarli, senza possibilità di scampo ...

certo, la maggioranza degli italiani, il popolo sovrano, l'elettorato che unge il vincitore e tutto giustifica legalizza impone all'universo mondo ... dai diti medi ben distesi contro allo sventolio di poppe in Parlamento al turpiloquio fuori contesto agli urli vomitati da bocche contratte alle minacce di ricorso ai fucili ben oliati e pronti all'uso ...

certo, questo vuole e prescrive la maggioranza degli elettori all'universo mondo italiano, certo ... c'è sempre l'esilio ...


 



*



"la città cui tende il mio viaggio...forse mentre noi parliamo sta affiorando"




 Il fisco classista che blocca il Paese



C'è una crisi dell'occupazione con 200 mila precari della scuola e 500 mila lavoratori a rischio. Serve una manovra che punti ad un trasferimento tributario dalle fasce deboli a quelle opulenti



di EUGENIO SCALFARI




LA RECESSIONE e la crisi economica a w sono dunque scongiurate: parola di Bernanke e di Trichet, cioè dei due banchieri centrali più potenti dell'Occidente. I tassi del Pil e della produzione industriale (automobile escluso) vengono rivisti al rialzo sia in Usa che in Eurolandia. Insomma il peggio sarebbe passato anche se sono gli stessi Bernanke e Trichet a metter le mani avanti: sì, il peggio è passato, dicono, ma camminiamo tuttora su terre incognite, la crisi sociale è ancora davanti a noi, la ripresa c'è ma non è omogenea; inoltre è aumentata la disparità di intenti tra i governi e specie in Europa ogni paese va per conto suo, perciò non si può allentare la guardia.

Del resto, appena quindici giorni fa sia Bernanke sia Trichet in pubbliche dichiarazioni avevano affermato esattamente il contrario. Prevedevano rallentamento produttivo, rivedevano al ribasso i tassi del Pil sulle due sponde dell'Atlantico, temevano stasi degli investimenti e diminuzione dei consumi specie nei settori sensibili delle costruzioni, segnalando con preoccupazione le posizioni debitorie di molti paesi e gli effetti che avrebbero potuto avere sui mercati finanziari e monetari. Il minimo che si possa dire di queste tesi contraddittorie dei due massimi banchieri centrali è che la loro visione della realtà è alquanto confusa e l'arco delle loro divisioni è quanto mai oscillante. Non so se se ne rendano conto, ma il loro comportamento sta diventando grottesco, il barometro di cui dispongono sembra uno strumento impazzito dal quale forse è più saggio prescindere.
 
Chi invece non ha dubbi di sorta è il nostro ministro dell'Economia. Intervistato ieri da Repubblica dichiara senza esitazione che siamo fuori dalla crisi. Dai problemi no, ma dalla crisi sì. I problemi per Tremonti consistono nel coordinamento delle politiche economiche tra i governi europei. L'Europa è ancora un arcipelago ma è arrivato il momento che diventi un blocco continentale guidato da un unico cervello, cioè dal Consiglio dei ministri europei (Ecofin) di cui la Commissione di Bruxelles è l'organo esecutivo. L'Ecofin si riunirà domani e varerà questa trasformazione epocale: la nascita del cervello economico europeo cui spetterà il compito di tutelare la stabilità già in atto e di avviare su scala continentale la politica della competitività che consentirà all'Europa di competere con successo sia con l'America sia con i colossi emergenti dell'Asia.

Va da sé che il canone della competitività risiede soprattutto nella fine della lotta di classe e nell'accordo tra capitale e lavoro da realizzarsi azienda per azienda, contratto per contratto. La sorpresa finale nell'intervista del ministro a Massimo Giannini consiste nell'apertura a tutte le parti sociali e a tutte le forze parlamentari, dopo aver comunque ricordato che il governo Berlusconi durerà come minimo fino al 2013 e probabilmente anche di più. Ricapitoliamo: un'Europa ormai in marcia accelerata verso l'unità economica e politica; un'Italia che, a dispetto del suo enorme debito pubblico, viaggia in perfetta e solida stabilità; il traino della locomotiva tedesca, modello di riferimento per tutti; una riforma fiscale nel nostro paese che privilegi le famiglie, il lavoro, le imprese e sposti il prelievo dalle persone alle cose. Nel frattempo bisognerà abolire tutti i divieti e tutte le regole salvo quelli esplicitamente riconfermati. Così Tremonti e così secondo lui l'Europa. Restano però molto lacune in questo paesaggio dipinto di rosa, molti interrogativi ed anche qualche marchiano errore da correggere.

Per cominciare: l'Europa vive in un complesso mondiale e in particolare in un ambito occidentale dove gli Usa giocano una partita decisiva. A parte le montagne russe sulle quali continuano a viaggiare sia Bernanke sia Trichet, il dato certo consiste nell'enorme debito pubblico del governo americano, nel deficit fiscale che continua a gonfiarlo, nel lago di liquidità che la Fed dovrà incrementare per sostenere la ripresa e nel debito con l'estero altrettanto elevato e preoccupante. Washington per ora tira avanti su questa strada in attesa delle elezioni di medio termine del prossimo novembre, ma subito dopo dovrà fare delle scelte. Rigore e rientro del debito in proporzioni accettabili, diminuzione del deficit con l'estero, dollaro debole per scoraggiare le importazioni, oppure inflazione. Inflazione consapevole, inflazione voluta e manovrata per diminuire il peso dei debiti e svalutare i crediti.

Queste scelte, quali che saranno, non risparmieranno l'Europa la quale a sua volta dovrà affrontare in modi appropriati le decisioni americane. Chi deciderà le risposte europee? L'Ecofin, risponderebbe Tremonti. La Germania, risponde la realtà. Deciderà la Germania, concedendo alla Francia qualche compenso in termini di cariche nella gestione dell'Unione. Ma se questo non bastasse è molto improbabile che l'arcipelago europeo possa trasformarsi nell'auspicato blocco continentale. In realtà lo schema tremontiano sembra ancora scritto sull'acqua, in attesa di eventuali incognite che non dipendono dall'Europa e tantomeno dall'Italia.

Su quanto sta accadendo nel nostro paese la diagnosi del ministro dell'Economia è a dir poco parziale. C'è una crisi dell'occupazione che coinvolge soprattutto i giovani e i precari. C'è una crisi del Mezzogiorno. C'è una stasi nei consumi e negli investimenti. E non ci sono risorse disponibili. Ne ha parlato con lucida competenza Tommaso Padoa Schioppa in un'intervista a 24Ore di venerdì scorso, nella quale tra l'altro loda il rigore di Tremonti. L'intervistatore domanda: «In Italia c'è chi rilancia i tagli fiscali. è una ricetta possibile?». Risposta: «Quando si fanno proposte che invece di ridurre il deficit lo aumentano, mi piacerebbe che si spiegasse come si fa a mantenere i conti a posto. Altrimenti la risposta è «no». «Sembra di sentire Tremonti» commenta l'intervistatore. Padoa Schioppa risponde: «Tremonti è stato fin dall'inizio consapevole del fatto che l'Italia non aveva margini di manovra. E questo è un fatto positivo».

L'ex ministro dell'Economia di Prodi vede una continuità con la politica del suo successore, basata su un dato di fatto: l'Italia non ha margini di manovra. Ma è un dato di fatto immodificabile? In un paese che comunque si colloca tra i primi dieci paesi ricchi del mondo? Qual è la risposta e c'è una risposta plausibile? E una ricetta attuabile? Prima di affrontare questo tema è però opportuno fornire ancora una fotografia di quanto sta per accadere nelle prossime settimane, anzi nei prossimi giorni. Ci sono 200 mila precari nella scuola che per decisione del ministro Gelmini saranno lasciati col sedere per terra. Ci sono 500 mila lavoratori che si troveranno di fronte a problemi occupazionali molto complicati da risolvere. Infine, in attesa che sia nominato il titolare del ministero dello Sviluppo dopo quattro mesi di vuoto, il calendario dei tavoli di crisi aziendali che riguardano il destino di 14 mila lavoratori è affollatissimo. Tra questi segnalo il caso Eutelia, l'Ideal-Standard, lo stabilimento Fiat di Termini Imerese, il caso Oerlikon, Indesit, Burani, Merloni e molti altri.Dal 7 al 23 settembre queste vertenze dovranno esser decise in un modo o nell'altro. Questo è il quadro. Tutto in ordine, ministro Tremonti? Fruttifera cooperazione tra capitale e lavoro sotto l'egida dell'intramontabile governo Berlusconi?

Le risorse ci sono, bisogna solo aver voglia di trovarle. La prima via da perseguire riguarda la lotta contro l'evasione che in gran parte si identifica con il mercato sommerso. Dette i primi risultati quando il fisco era nelle mani di Vincenzo Visco, adesso continua a darne: nell'esercizio in corso siamo nell'ordine di nove miliardi di recupero, non è poco ma in queste dimensioni somiglia a una goccia d'acqua nel mare anche perché al recupero dell'evasione esistente fa da controfaccia un'evasione nuova è aggiuntiva, sicché lo stock che si sottrae al fisco rimane più o meno immutato.

La seconda strada da percorrere per recuperare risorse consiste nella lotta contro gli sprechi. Qui ci sarebbe molta polpa, gli impieghi improduttivi rappresentano una quantità ingente della spesa pubblica e i tagli disposti nelle leggi finanziarie 2009 e 2010 avevano infatti questa motivazione. Il metodo adottato tuttavia è stato piuttosto infelice. I tagli ai ministeri sono stati disposti in modo lineare, sicché sono state penalizzate nella stessa proporzione sia spese improduttive sia spese necessarie che anzi avrebbero dovuto essere accresciute. Quanto ai tagli su personale, la scelta di spremere gli impiegati pubblici fu giustificata dal fatto che gli aumenti stipendiali ottenuti in passato erano maggiori di quelli ottenuti dagli impiegati privati. Giustificazione assai difficile da provare e comunque contestatissima. L'insieme di queste misure non ha recuperato molto in fatto di sprechi ma abbassando il livello complessivo della spesa ha comunque compresso ulteriormente la domanda interna con effetti visibili sui consumi. Altri effetti depressivi provengono dal taglio dei trasferimenti ai Comuni e alle Regioni, con conseguenze sulle tasse locali e sulla qualità dei servizi.

Esiste infine una terza strada da percorrere per recuperare risorse ed è un trasferimento del carico tributario dalle fasce deboli alle fasce opulenti e dal reddito al patrimonio. In un paese dove le diseguaglianze sono enormemente aumentate negli ultimi vent'anni, un'operazione del genere dovrebbe esser fatta ma la casta politica fa finta che sia impraticabile. Diciamo che non è popolare perché colpirebbe in modo continuativo le corporazioni più potenti, le clientele più spregiudicate e una fascia di elettori preziosa per l'attuale maggioranza. La verità è che la politica fiscale in atto ha connotati tipicamente classisti, colpisce in basso anziché in alto ed ha di fatto trasformato la progressività fiscale in una vera e propria regressività, con tanti saluti al principio costituzionale. Eppure una modifica fiscale nel senso d'un ritorno al principio della progressività contribuirebbe fortemente al rilancio della domanda e della crescita. Contribuirebbe altresì al taglio effettivo degli sprechi e all'aumento della competitività. Però non sta scritta nelle tabelle di questo governo, perciò fino a quando non ci saranno mutamenti politici sostanziali la finanza e la fiscalità classiste resteranno inalterate, con buona pace per chi sostiene che la lotta di classe non esiste più.
 



(05 settembre 2010) © Riproduzione riservata



18 commenti:

  1. Si può anche provare a riprendercela l'italia, no? Coraggio, dobbiamo resistere, resistere, resistere.

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  2. Si può anche provare a riprendercela l'italia, no? Coraggio, dobbiamo resistere, resistere, resistere.

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  3. Amica mia...dobbiamo resistere ancora e continuare a lottare...lo so, come te vorrei sparire e non tornare...ma...se amiamo la nostra Italia e la Costituzione dobbiamo fare in modo di far "ragionare" quanti si son perduti...e hanno il cervello annebbiato....un abbraccioimmensissimo e solidalelu

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  4. Speriamo davvero che mentre parliamo...Io credo però che affiorerà solo se noi tutti insieme spingiamo  dal di sotto. Questa alluvione di liquami politici e sociali non cesserà presto o da sola; servono volontà e speranza...

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  5. Ecco, credo che in quel "solo se noi tutti insieme" detto da Paolo ci sia il succo della triste situazione italiana: è esattamente il campo su cui sta lavorando meglio la attuale maggioranza. Che ha coltivato una cultura dell'egoismo, della cura del proprio orticello, quell'orribile "padroni a casa nostra" che è uno sputo in faccia a secoli di progresso della civiltà. Occorre non solo resistere, ma reagire, in tutti i modi, a tutti i livelli: ma solo se nessuno si sentirà un'isola, o (peggio) si chiamerà fuori.

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  6. @ GemistoTu hai ragione, Gemisto, e io torto. Ineluttabile, giusta e morale la resistenza. Sono io al limite della speranza, non a causa del berlusconismo, piuttosto infelicemente a causa dell'opposizione che non si oppone, fatta salva la linea dell'IdV. Comunque all'esilio, il mio, ci ho pensato davvero, solo un evento tragico mi ha fermata per ora. Accetto qualsiasi critica.

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  7. @ GemistoTu hai ragione, Gemisto, e io torto. Ineluttabile, giusta e morale la resistenza. Sono io al limite della speranza, non a causa del berlusconismo, piuttosto infelicemente a causa dell'opposizione che non si oppone, fatta salva la linea dell'IdV. Comunque all'esilio, il mio, ci ho pensato davvero, solo un evento tragico mi ha fermata per ora. Accetto qualsiasi critica.

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  8. @ timelineSo bene che la cosa giusta è seguire i tuoi consigli e i tuoi inviti, cara Blue, affettuosa e dolce nella determinazione appassionata a sostegno delle nostre più grandi ricchezze di etica civile, sociale e politica. Ti ringrazio e ti abbraccio.

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  9. @ ilvecchiodellamontagnaTi riferisci all'idea che Marco Polo fa balenare nel suo discorso a Kublai Kan. Quella speranza della possibilità che "Forse mentre noi parliamo sta affiorando sparsa entro i confini del tuo impero" (post precedente)bisogna tenerla sempre viva, perché è ragionevole e realistica, per quanto difficile da cogliere, nell'incertezza addirittura che possa effettivamente darsi, chissà quando, chissà dove.

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  10. @ Doge48Concordo con la tua analisi della parte (non maggioritaria in ogni caso) del "popolo italiano, nonché sovrano" amante di B. e della sua visione della vita, forse più attraente delle sue stesse politiche che poi sono quasi inesistenti. Il fatto che B. e il suo pericoloso alleato Bossi credano di poter vincere nuove elezioni, dopo questi due anni di "governo" è disperante. E, infatti, mi dispero e ho voglia di fuggire. Eppure so che bisogna resistere. Ma come può  resistere una persona come me, se non col voto e qualche pagina di diario sotto forma di post? Questo è possibile anche dall'estero, non credi?

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  11. @ Masso57Sento il bisogno di difendere il mio desiderio di esilio mentre leggo i tuoi pensieri, caro Massimo, perché un po' me ne vergogno. Certo, "solo se noi tutti insieme", noi che abbiamo un riferimento fondamenta nella nostra gloriosa Costituzione, che ben rappresenta il meglio che un popolo di cittadini e non di servi può e deve esprimere nella concretezza della vita quotidiana, giorno per giorno, e dei luoghi in cui ci muoviamo, dovunque. Dovrei essere molto più forte soprattutto perché vivo nel Veneto tanto leghista, anche se per fortuna Venezia non si è ancora arresa al barbarico pensiero. E qui vorrei sottolineare una cosa importante: il leghismo non è meno esiziale del berlusconismo per le virtù nazionali.

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  12. La storia siamo noi, nessuno si senta offeso,
    siamo noi questo prato di aghi sotto il cielo.
    La storia siamo noi, attenzione, nessuno si senta escluso.
    La storia siamo noi, siamo noi queste onde nel mare,
    questo rumore che rompe il silenzio,
    questo silenzio così duro da masticare.
    E poi ti dicono "Tutti sono uguali,
    tutti rubano alla stessa maniera".
    Ma è solo un modo per convincerti
    a restare chiuso dentro casa quando viene la sera.
    Però la storia non si ferma davvero davanti a un portone,
    la storia entra dentro le stanze, le brucia,
    la storia dà torto e dà ragione.
    La storia siamo noi, siamo noi che scriviamo le lettere,
    siamo noi che abbiamo tutto da vincere, tutto da perdere.
    E poi la gente, (perché è la gente che fa la storia)
    quando si tratta di scegliere e di andare,
    te la ritrovi tutta con gli occhi aperti,
    che sanno benissimo cosa fare.
    Quelli che hanno letto milioni di libri
    e quelli che non sanno nemmeno parlare,
    ed è per questo che la storia dà i brividi,
    perché nessuno la può fermare.
    La storia siamo noi, siamo noi padri e figli,
    siamo noi, bella ciao, che partiamo.
    La storia non ha nascondigli,
    la storia non passa la mano.
    La storia siamo noi, siamo noi questo piatto di grano. (Francesco De Gregori)

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  13. OT: Harmonia cara...il mio flickr è quiti stringoBlue

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  14. OT: Harmonia cara...il mio flickr è quiti stringoBlue

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  15. OT: Harmonia cara...il mio flickr è quiti stringoBlue

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  16. OT: Harmonia cara...il mio flickr è quiti stringoBlue

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  17. @Harmonia: ti capisco...la voglia di fuggire da questo paese ormai incanaglito ogni tanto prende alla gola anche me, ma poi penso che non è coerente con tutto quello che ho fatto, sperato e sognato nella mia vita. Voglio restare e resistere. Lo devo a me stesso, lo devo a mio padre che è morto da militare per questo paese, lo devo a mio figlio. Non può e non deve finire così...

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  18. @Harmonia: ti capisco...la voglia di fuggire da questo paese ormai incanaglito ogni tanto prende alla gola anche me, ma poi penso che non è coerente con tutto quello che ho fatto, sperato e sognato nella mia vita. Voglio restare e resistere. Lo devo a me stesso, lo devo a mio padre che è morto da militare per questo paese, lo devo a mio figlio. Non può e non deve finire così...

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