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domenica 23 ottobre 2011


Caro don Mazzi

vale atque vale



 


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Il risveglio dei cattolici nel Paese malato



di Enzo Bianchi

La Repubblica, 22 ottobre 2011



 



In questi ultimi anni abbiamo più volte indicato non solo l' afonia dei cattolici in politica - la debolezza di rilevanza nella progettazione e nella costruzione della polis - ma anche le cause che l' hanno prodotta, tra cui l' intervento diretto in politica di alcuni ecclesiastici e la scelta di agire come un gruppo di pressione. La diaspora dei cattolici in politica all' inizio degli anni Novanta appariva non solo come una necessità motivata ma anche come una preziosa opportunità, una "benedizione": rendeva infatti evidente che la comunità cristiana vive di fede e di coerente comportamento etico, ma non di soluzioni tecniche nella politica e nell' economia. Di fatto però questa diaspora si è ridottaa irrilevanza e, fatto ancor più grave, ha lasciato segni di contrapposizione e forti divisioni tra i cattolici stessi. In tale ambiguità, proprio per l' esposizione diretta avuta da alcune figure rappresentative della Chiesa, questa ha subìto una perdita di credibilità e nella comunità cristiana è apparso, dopo una stagione di grandi convinzioni, un sentimento di scetticismo, di frustrazione, anche di cinismo... Potremmo dire che comunità cristiane depresse sul versante politico, per incarnare comunque il Vangelo hanno scelto di privilegiare una presenza sociale fatta di volontariato, di carità attiva, finendo però anche per aumentare la sfiducia verso la politica. Alcuni hanno tentato di essere "cattolici in politica" senza integralismi e cercando di restare ispirati dalla propria fede. Ma sono stati irrisi come "pretenziosi cattolici adulti", considerati inadeguati alla strategia in atto se non addirittura presenze nocive nel necessario confronto con la polis. Ora il vento è cambiato e ha fatto sentire quanto una certa "aria ammorbata" vada purificata: si ritiene allora opportuno abbandonare la strategia adottata in questi ultimi vent' anni, senza tuttavia confessare gli errori compiuti, senza assumersi alcuna responsabilità per questo impoverimento del tessuto ecclesiale e, di conseguenza, della presenza dei credenti in politica. Ecco allora, ancora una volta, il ricorso alle associazioni cattoliche, minoranze ispirate dalla fede cristiana ancora attive e presenti nel paese, ecco l' appuntamento di Todi. Evento certamente importante, che viene dopo anni di non ascolto reciproco, nonostante da parte dell' autorità ecclesiastica si sia tentato di far cessare guerre e inimicizie tra le varie associazioni già alla fine degli anni Novanta. E il ritrovarsi questa volta è finalizzatoa risponderea una domanda: quale presenza significativa i cattolici possono avere in politica in questo momento giudicato di grave crisi a tutti i livelli per il nostro paese? Ma proprio questo evento suscita anche una domanda di fondo negli appartenenti alle comunità cristiane: perché un incontro su tematiche che riguardano tutti i cittadini cattolici viene riservato invece alle associazioni che, salvo l' Azione Cattolica, peraltro soffrono attualmente di un forte depotenziamento a livello di convinzioni? Più volte in questi vent' anni abbiamo auspicato un "forum" che nelle varie chiese locali raggruppi tutti i cattolici per favorire la conoscenza e il confronto su temi che richiedono una traduzione politica. Abbiamo specificato che questo forum, aperto a rappresentanti di tutte le componenti della Chiesa, dovrebbe, in un dialogo libero e fraterno, cercare ispirazione dal Vangelo e confrontarsi con la dottrina sociale della Chiesa, restando tuttavia su un terreno prepolitico, preeconomico, pregiuridico, nella consapevolezza che la traduzione di queste ispirazioni cristiane messe a fuoco insieme appartiene ai singoli cattolici che devono confrontarsi negli spazi politici in cui sono presenti e con tutti gli altri cittadini. Nessun integralismo, nessuna pressione lobbistica, nessuna imposizione, ma la riaffermazione che essere cattolici in politica significa da un lato restare ispirati e coerenti con la propria fede e, d' altro lato, nel dialogo rispettoso con gli altri cittadini, cercare faticosamente soluzioni politiche, economiche, giuridiche adeguate alle esigenze che si presentano e al bene comune che intende salvaguardare e costruire. Così facendo, se anche i cristiani apparissero una minoranza, non ci sarebbe nulla da temere perché sarebbero una presenza significativa capace di contribuire alla formazione di politici con a cuore il bene comune, alla progettazione di un nuovo patto educativo, all' ideazione di un futuro per le giovani generazioni, una presenza in grado di fornire esigenze etiche di umanizzazione e contributi decisivi in quel confronto di idee e di visioni che oggi purtroppo tanto difetta. Quello di Todi non è stato un forum di questo tipo, anzi: ha rischiato di cedere alle sollecitazioni perché fornisse soluzioni solo politiche e contingenti. Eppure c' erano state alcune indicazioni che avrebbero potuto mettere in guardia i partecipanti, a partire da quelle del segretario della Cei, monsignor Crociata che, ai politici che si dicono cattolici, ha recentemente ricordato che esiste un primato della fede, luce per ogni scelta, una comunione tra cattolici che li precede e che deve manifestarsi nel discernimento di ciò che il Vangelo chiede; ma al contempo ha sottolineato che c' è un diverso ordine che riguarda il carattere contingente della scelta politica di schieramento e la forma politica in cui i cristiani sono chiamati a operare. Nessun partit o c a t t o l i c o , quindi, e neanche "di cattolici" hanno ripetuto diversi vescovi, né tantomeno un "partito della Chiesa". La laicità della politica va assolutamente salvaguardata e i cattolici dovranno inevitabilmente operare con responsabilità una scelta di campo che li renda una "parte" di schieramenti o di spazi politici in cui si collocano. Ma non è questo, per ora, ad apparire decisivo, quanto piuttosto il recuperare le ragioni profonde dell' azione nella polis, il tessere un dialogo nella comunità cristiana per essere muniti di ispirazione, il sapersi collocare nella compagnia degli uomini senza esenzioni ma assumendosi responsabilità, il saper parlare di progetti e ragioni in termini non dogmatici ma semplicemente umani, antropologici, affinché gli altri comprendano e possano confrontarsi liberamente con i cristiani, lasciando poi alle regole della democrazia e ai suoi criteri di determinare le scelte necessarie ai diversi livelli e le esigenze del legiferare per il bene della convivenza. E in questo spazio prepolitico di confronto, i cattolici potrebbero anche imparare un' esigenza fondamentale per la loro fede: l' importanza di non fare letture parziali del Vangelo, privilegiando alcuni principi e valori e dimenticandone altri... Secondo Paul Valadier, lo statuto del cristianesimo è quello di essere una "religione anormale": perché per ogni cristiano il rispetto assoluto della vita umana, il rifiuto della guerra, la salvaguardia della pace, la giustizia e l' eguaglianza sociale, il perdono del nemico, la riconciliazione nei conflitti sono tutti valori irrinunciabili. Impresa non facile certo, soprattutto in una stagione in cui riemerge l' atavica tentazione della religione: andarea braccetto con il potere politico finché il vento non cambia direzione. - ENZO BIANCHI  

mercoledì 19 ottobre 2011


Andrea Zanzotto

A che valse l'attesa del gioco?

 



A che valse l'attesa del gioco?
I compagni mancavano
o distratti seguivano dall'alto
il volo oscuro dei pianeti.
La notte circola ormai
consuma il settentrione
ma non la tua presenza
vasta come il candore
di stanze senza tramonto.

Questo fuoco non sa più
riscaldare
è divenuto un monile
sottile e falso
la muffa e il musco dei tuoi piedi
ha fatto le corti basse
dove mi sciolgo e mi ascolto
la neve è qui nella sua bara.

Le ceneri sono le forme
del tuo sorriso dipinto
in ogni sembianza sviene e si suggella
i cui lumi già fievoli si negano in tristi orizzonti.


Il fiume della notte
s'ingolfa neller grate e nelle botole.


 da A che valse?

mercoledì 6 aprile 2011



 




Che viva L'Aquila
che viva l'Italia




 



Non si fermi il compianto per i morti, si rafforzi la giustizia ferma degli onesti, si intensifichi l'investimento delle energie di tutti noi italiani, non si aggiunga al dolore delle perdite il dolore della nostra indifferenza.

martedì 30 novembre 2010




Vita e Morte  
 



Il mondo di chi è felice è altro
da quello di chi è infelice.
Come pure alla morte il mondo non si àltera,
ma cessa.

L. Wittgenstein, Tractatus logico-philosophicus

 



Mario Monicelli




MARIO MONICELLI



 Una vita lunga, intensa, fantastica per opere e giorni. Una "morte libera", drammaticamente raggiunta. La fatica dell'ultimo salto, il coraggioso battito d'ali verso lo schianto liberatorio, l'infinito lieve pesante movimento del corpo immobile. 
C'è grande tristezza per lo stato di costrizione che ha imposto la messa in atto tragica che ben più dolce poteva essere. Immagino una decisione razionale, consapevole, e indifferibile considerata la condizione di incurabilità finale.
L'uomo Monicelli, l'uomo che conoscevamo attraverso la sua opera e i suoi discorsi, deve aver ponderato la scelta della "mors voluntaria", come avrebbe fatto, come farebbe uno stoico.  Ma di lui ricorderemo l'intensità della sua vita, l'amore e l'impegno, la coscienza del valore prezioso di ogni attimo. Fino all'ultimo.


* Bisognerebbe ragionare intorno alla parola 'suicidio' ("neologismo" del 1771), che comporta un inevitabile  parallelismo con la parola 'omicidio'. 



 

lunedì 29 novembre 2010


VITA E MORTE
di
ENZO BALDONI GIORNALISTA



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(…) Ordunque, trascurando il fatto che io sono certamente immortale, se per qualche errore del Creatore prima o poi dovesse succedere anche a me di morire – evento verso cui serbo la più tranquilla e sorridente delle disposizioni – ecco le mie istruzioni per l’uso. La mia bara posata a terra, in un ambiente possibilmente laico, ma va bene anche una chiesa, chi se ne frega. Potrebbe anche essere la Casa delle Balene, se ci sarà già o ci sarà ancora. L’ora? Tardo pomeriggio, verso l’ora dell’aperitivo.Se non sarà stato possibile recuperare il cadavere (…) andrà bene la sedia dove lavoro col mio ritratto sopra.Verrà data comunicazione, naturalmente per posta elettronica, alla lista EnzoB e a tutte le altre mailing list che avrò all’epoca. Si farà anche un annuncio sui miei blog e su qualsiasi altra diavoleria elettronica verrà inventata nei prossimi cent’anni.Vorrei che tutti fossero vestiti con abiti allegri e colorati.Vorrei che, per non più di trenta minuti complessivi, mia moglie, i miei figli, i miei fratelli e miei amici più stretti tracciassero un breve ritratto del caro estinto, coi mezzi che credono: lettera, ricordo, audiovisivo, canzone, poesia, satira, epigramma, haiku. Ci saranno alcune parole tabù che *assolutamente* non dovranno essere pronunciate: dolore, perdita, vuoto incolmabile, padre affettuoso, sposo esemplare, valle di lacrime, non lo dimenticheremo mai, inconsolabile, il mondo è un po’ più freddo, sono sempre i migliori che se ne vanno e poi tutti gli eufemismi come si è spento, è scomparso, ci ha lasciati. Il ritratto migliore sarà quello che strapperà più risate fra il pubblico. Quindi dateci dentro e non risparmiatemi. Tanto non avrete mai veramente idea di tutto quello che ho combinato.Poi una tenda si scosterà e apparirà un buffet con vino, panini e paninetti, tartine, dolci, pasta al forno, risotti, birra, salsicce e tutto quel che volete. Vorrei l’orchestra degli Unza, gli zingari di Milano, che cominci a suonare musiche allegre, violini e sax e fisarmoniche. Non mi dispiacerebbe se la gente si mettesse a ballare. Voglio che ognuno versi una goccia di vino sulla bara, checcazzo, mica tutto a voi, in fondo sono io che pago, datene un pò anche a me.Voglio che si rida – avete notato? Ai funerali si finisce sempre per ridere: è naturale, la vita prende il sopravvento sulla morte -. E si fumi tranquillamente tutto ciò che si vuole. Non mi dispiacerebbe se nascessero nuovi amori. Una sveltina su un soppalco defilato non la considerei un’offesa alla morte, bensì un’offerta alla vita. Verso le otto o le nove, senza tante cerimonie, la mia bara venga portata via in punta di piedi e avviata al crematorio, mentre la musica e la festa continueranno fino a notte inoltrata.Le mie ceneri in mare, direi. Ma fate voi, cazzo mi frega. Enzo G. Baldoni Bloghdad
 

venerdì 27 novembre 2009

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«La dignità umana nel nascere e nel morire»

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"Nascere» e «morire» sono due momenti decisivi della nostra esistenza, su cui si concentrano moltissimi interrogativi." ...

Il messaggio del Cardinal Martini ai medici cattolici fa rifulgere anche la dignità della vita che si snoda tra i punti estremi della vita e della morte. E' la dignità del vivere di cui siamo responsabili singolarmente, nonostante i condizionamenti delle alterne vicende e dell'ambiente in cui ciascun percorso si attua. Ringrazio il Cardinale per le sue parole, luminoso esempio soprattutto quando ci si sente smarriti o scoraggiati.   

lunedì 22 giugno 2009

Gli occhi di Neda



ندا




L'ultimo lampo della vita di Neda, una ragazza che muore, in jeans, maglietta e scarpe da ginnastica.  L'ultimo lampo tra vita e morte. Nella storia, per sempre, infelicemente e gloriosamente. Nella storia a testimoniare la ferocia degli assassini che uccidono in nome di uomini che gestiscono il potere in nome di una loro volontà divina. In vicende come questa è indifferente, quasi, che si tratti di cosiddette democrazie o teocrazie. E' il potere che si esercita sulla vita e sulla morte, meglio se in nome di un "dio" inventato, mistificazione del concetto stesso di Dio.


"Questa è la disperata testimonianza del medico che ha assistito la ragazza nei suoi ultimi momenti; testimonianza subito cancellata, ma ritrovabile come il link sul blog cui è stata inviata: «I “Basij” hanno sparato e ucciso una giovane donna in Teheran, il 20 giugno mentre protestava. Alle ore 19:05. Posto: Carekar Ave., all’angolo con la strada Khosravi e la strada Salelhi. La giovane donna era accanto al padre ed è stata sparata da un Basij che si nascondeva sul tetto di una casa civile. Ha avuto una vista perfetta della ragazza, e dunque non avrebbe potuto mancarla. Ha sparato diritto al cuore. Sono un dottore e mi sono precipitato immediatamente a cercare di salvarla. Ma l’impatto del proiettile è stato così forte che è esploso nel suo petto e la vittima è morta in meno di due minuti. Il video è stato girato da un amico che mi stava accanto. Per favore, fatelo sapere al mondo»." [ Neda la prima martire di Lucia Annunziata, Corriere della Sera 22 giugno 2009 ]


Neda, con i suoi occhi, con quel suo ultimo sguardo, con la perdita della sua vita, è una testimone, ma disgraziatamente non è la prima martire della teocrazia iraniana, non la prima in ordine cronologico. I teocrati islamici cominciarono subito a uccidere. Hanno poi continuato a farlo senza misura e senza giustiziza, anche in modi esecrabili, esaltando la funzione della morte lenta tra i tormenti. La lapidazione come strumento della pena di morte è solo un esempio orribile e non dei peggiori.


I giorni della cosiddetta rivoluzione islamica tra il 1978 e il 1979, anno della vittoria khomeinista, furono vissuti con partecipazione  cieca dall'Occidente ignorante. Michel Foucault è stato uno dei personaggi esemplari di una simpatia fondata sull'ignoranza delle cose iraniane in generale e sciite in particolare. Solo a pochi fu chiaro in quei giorni che le conseguenze di quella rivoluzione e del sangue di innocenti martiri le avrebbero pagate i bambini e le bambine dell'epoca e quelli che sarebbero nati dopo, per almeno 25 o 30 anni. Ne sono passati 30 di anni.


Quanti di noi sanno o possono anche soltanto immaginare il coraggio fisico e morale che è necessario per opporsi ai tiranni in quel modo nelle strade, rischiando la vita, la prigionia, le orrende torture dei teocrati criminali? E, infatti, non è solo coraggio, è disperazione.


Che cosa faremo noi adesso, oltre a tesimoniare la nostra vicinanza con messaggi nel WEB? Non m'illudo. Noi siamo impotenti. Le persiane e i persiani sono soli.


IL VIDEO DELLA MORTE DI NEDA



cartolina 001 017


 


LA PREMIO NOBEL PER LA PACE


Ripetere il voto e aiutare le vittime
Solo così la calma tornerà in Iran


Indire nuove elezioni con osservatori internazionali, liberare tutti gli arrestati, fermare la repressione


di SHIRIN EBADI


Il malcontento popolare per i risultati elettorali non riguarda esclusivamente le recenti votazioni. Anche quattro anni fa furono sollevati non pochi sospetti di brogli, quando Ahmadinejad venne eletto presidente. All’epoca, i suoi oppositori politici erano Mehdi Karroubi e Ali Akbar Hashemi Rafsanjani, due noti e potenti personaggi della Repubblica islamica. L’incarico principale di Ahmadinejad fino a quel momento era stato solo quello di sindaco di Teheran, ma godeva dell’appoggio della milizia Basiji e dell’Ayatollah Khamenei, guida suprema a vita della Repubblica islamica. Karroubi presentò in quell’occasione ripetuti reclami al Consiglio dei Guardiani della rivoluzione, l’istituzione governativa incaricata di vigilare sul processo elettorale, ma senza ottenere alcun intervento fattivo. Il presidente Mohammad Khatami annunciò che erano state riscontrate numerose violazioni. Per di più, Hashemi Rafsanjani dichiarò che avrebbe presentato ricorso a Dio in persona, poiché nessuno in Iran era disposto ad ascoltare le sue rimostranze.


I quattro anni di Ahmadinejad alla guida del Paese hanno causato profonda insoddisfazione nella popolazione. In questo periodo, l’inflazione ha raggiunto il 25 per cento, i prezzi aumentano di giorno in giorno e il potere d’acquisto della gente continua a calare. Molti giornali sono stati chiusi, un gran numero di attivisti politici e per i diritti umani è finito in prigione, è stato soppresso il Centro dei difensori dei diritti umani, e via dicendo. Il capo supremo della rivoluzione continua ad appoggiare il premier, malgrado i crescenti malumori della popolazione, anche dopo l’annuncio del Majles (il parlamento) che un miliardo di dollari sono stati utilizzati senza alcuna approvazione legale. L’opinione pubblica iraniana è indignata. Queste le principali obiezioni sollevate:
1. Nella maggior parte dei seggi elettorali è stato vietato l’accesso ai rappresentanti di Mir Hossein Mousavi e di Mehdi Karroubi.
2. Da più parti è stata denunciata la manomissione delle urne.
3. Ahmadinejad ha ottenuto 14 milioni di voti nelle precedenti elezioni.


Stavolta, però, ha vantato 24 milioni di preferenze. Mehdi Karroubi, dal canto suo, ha dichiarato che i suoi voti sono risultati inferiori al numero dei componenti della sua circoscrizione elettorale e dei sostenitori del partito «Etemad Melli» da lui fondato. Quando milioni di persone a Teheran e in altre città si sono riversati nelle strade per protestare contro i risultati elettorali, è apparso chiaro che i 24 milioni di preferenze attribuite ad Ahmadinejad non potevano essere veritiere. Un gran numero di attivisti politici e sociali, tra cui Saeed Hajjarian, Mostafa Tajzadeh, Abdolfattah Soltani e Reza Tajik sono stati arrestati. Sono stati soppressi i collegamenti internet e ai giornalisti stranieri è stato ordinato di lasciare l’Iran al più presto possibile. Le reti televisive e di telefonia mobile, come Voa e la Bbc, sono state oscurate e interrotte, nel tentativo del governo di tagliare le linee di comunicazione tra la popolazione. La situazione ha spinto molti deputati a presentare una lettera di protesta al presidente della Camera, Larijani, il quale ha addossato al ministro dell’Interno la responsabilità dei disordini e delle violenze.


Mir Hossein Mousavi e Mehdi Karroubi hanno però incoraggiato i loro sostenitori a mantenere la calma e organizzare manifestazioni pacifiche, incitandoli a dar voce alla loro insoddisfazione con il grido di Allah-o-Akbar (Dio è il più grande) tra le 9 e le 10 di sera, invocazione che riecheggia ogni notte nell’intera città e riporta alla mente le notti della rivoluzione. L’intensificarsi delle proteste popolari ha convinto il capo supremo della Repubblica islamica a ordinare un’inchiesta sui ricorsi presentati e il Consiglio dei Guardiani ha annunciato un nuovo conteggio dei voti in alcuni seggi elettorali. Questo, tuttavia, a quanto pare, non basterà a calmare gli animi. La migliore soluzione per riportare la pace in Iran sarebbe invece:
1. La liberazione incondizionata di ogni persona arrestata o imprigionata per aver contestato il risultato elettorale.
2. L’immediata cessazione della repressione contro i manifestanti da parte della polizia e delle milizie del Basiji.
3. Annullare le elezioni.
4. Indire nuove elezioni con la presenza di osservatori internazionali.
5. Risarcire i feriti e le famiglie di quanti hanno perso la vita.
Solo se queste condizioni saranno rispettate la calma tornerà a regnare nella società iraniana.

(traduzione di Rita Baldassarre)






Corriere della Sera, 22 giugno 2009


giovedì 16 aprile 2009

MEMORIA UMILIATA DA POTERE SCIACALLO


Intorno al vignettista Vauro, che chiunque può criticare ma non mettere a tacere. Soprattutto quando l'istante di una vignetta denuncia illegalità e responsabilità enormi. 



Se fossi la madre (abbiamo appena avuto in famiglia la morte di un giovane e so di quale dolore parlo) di uno dei giovani morti nel crollo della Casa dello Studente, per limitarmi a un solo caso concreto, ringrazierei Vauro per aver colpito con la sua satira fulminante la cultura dell'illegalità che era alla base del piano casa (prima del terremoto) di Berlusconi e la diffusione dell'illegalità criminale che sicuramente è responsabile di una parte almeno dei morti in Abruzzo e non solo. Vauro non è venuto meno alla pietas per i defunti, anzi, ha evidentemente chiesto verità e giustizia per quel tragico aumento della cubatura dei cimiteri. Com'è giusto, posso capire che dei parenti delle vittime si siano risentiti al solo vedere le bare dei loro cari in una vignetta satirica certo perché esacerbati dal loro dolore. Tuttavia ora io mi sento obbligata a difendere quel poco che rimane di libertà di parola e di espressione nel mio sventurato Paese contro i decreti punitivi del dg RAI, tale Masi, e contro il silenzio di Garimberti o la flebile voce di Zavoli. Penso che la gravità delle sanzioni Masi vada ben al di là delle persone di Santoro e Vauro, perché colpiscono ancora una volta una libertà costituzionale e rivelano la durezza della suscettibilità del potere berlusconista imperante. Che mi chiudano il blog, come anticipazione della minacciata legge Carlucci (Gabriella)? Raccolgo qui articoli e commenti sul fatto brutto e doloroso.


"Pensavo che in Rai fosse stato nominato un direttore generale e non un Grande Inquisitore"



"Il prof. Masi si è insediato a viale Mazzini il 6 aprile e in soli sette giorni lavorativi ha nell'ordine: (1) messo sotto inchiesta Anno Zero, (2) sospeso Vauro e (3) inviato al giudizio del Comitato etico dell'azienda una puntata di Report che, a quanto sembra, non era piaciuta al ministro Tremonti. Torquemada sarebbe stato più cauto. Invito il direttore generale ad occuparsi piuttosto dell'azienda, di come reperire maggiori risorse in un anno di crisi, degli accordi scaduti e da rinnovare, dello sviluppo del digitale terrestre, di come affrontare le recenti decisioni dell'Agcom sulle frequenze, di predisporre tutti gli strumenti idonei per combattere l'evasione del canone e, soprattutto, di rileggersi la legge sui poteri e le competenze del direttore generale e del consiglio di amministrazione: è il consiglio ad esempio che è chiamato a svolgere 'le funzioni di controllo e di garanzia circa il corretto adempimento delle finalità e degli obblighi del servizio pubblico radiotelevisivo'". E tra le finalità di un servizio pubblico nel settore della comunicazione, ricorda Rizzo Nervo, "vi è sicuramente quella di difendere e di garantire il diritto principe di qualsiasi democrazia: la libertà di espressione. Spetta dunque solo al consiglio e a nessun altro organismo aziendale, singolo o collegiale, l'accertamento di eventuali violazioni degli indirizzi editoriali e invito pertanto la direzione generale a revocare qualsiasi decisione assunta per eccesso di potere infrangendo la normativa aziendale Se l'iniziativa contro Report mortifica chi crede nel ruolo positivo dell'informazione ed in particolare del giornalismo di inchiesta, quando è serio e documentato come è sempre stato quello della Gabanelli, la sospensione di Vauro non è solo grave ma sfiora purtroppo il senso del ridicolo perché rivela un allarmante deficit culturale. Suggerisco al prof. Masi di leggere un libretto di Moni Ovadia. "L'umorismo ebraico in otto lezioni e duecento storielle". Scoprirà che la satira e l'ironia possono essere alimentate anche dalle situazioni più tragiche di dolore e di sofferenza".
Nino Rizzo Nervo, consigliere della Rai, già direttore di Europa e della emittente La7 [ in L'editto praghese di Giuseppe Giulietti, Micromega ]


Int. a CIALENTE MASSIMO - "NON HANNO CAPITO IL NOSTRO DOLORE LA RISPOSTA E' LA NOSTRA DIGNITA' "  di Luciano Tancredi, Il Messaggero


E ORA FARA' IL MARTIRE  di Mario Giordano, Il Giornale


SANTORO PERDE UN PEZZO  di Vittorio Feltri, Libero


Ground Annozero di Furio Colombo, Micromega


DALLA PARTE DELLE VIGNETTE  di Massimo Gramellini, La Stampa


LA DECENZA DELL' INFORMAZIONE di Giovanni Valentini, La Repubblica


GUAI ALLA TV CHE REMA CONTRO  di Michele Serra, La Repubblica


e altri qui: Rassegna stampa completa della Camera


e infine, circa due ore dopo, per caso, ho trovato questo:


Sospeso Vauro: dalla Rai arriva la censura sciacalla. Bologna, 15 aprile 2009, avv. Antonello Tomanelli



Il caso Annozero: verso il tramonto dell'approfondimento informativo. Bologna, 14 aprile 2009, avv. Antonello Tomanelli



martedì 14 aprile 2009

Memoria e Giustizia



Al civico 11 di via D’Annunzio ho visto delle lesioni sui muri. Ho chiesto spiegazioni e mi hanno risposto che la situazione era sotto controllo. Nicola, caro viceministro, è stato ucciso dall’imprudenza delle istituzioni. Lettera a Guido Bertolaso di Sergio Bianchi, padre di Nicola, 22 anni, studente morto nel terremoto


REUTERSAlessandro Bianchi (ITALY DISASTER) _Mon Apr 13, 6:23 AM ET


Difendo la libertà di informazione e di critica.


E' in memoria dei morti che abbiamo il dovere di interrogarci su tutto ciò che poteva essere fatto e che non è stato fatto per evitare la tragedia della morte. Sono le sofferenze e le difficoltà estreme dei vivi, feriti nel corpo e nell'anima, privati dei loro affetti e della loro quotidianità, a imporci di fare domande, esprimere dubbi, pretendere verità e legalità. La ricerca della verità e della legalità non può certo inficiare lo spirito di unità nazionale e di solidarietà, e  soprattutto l'impegno generoso di tutti coloro che sono accorsi in aiuto delle persone tremendamente colpite. Per tutto questo difendo la libertà di informazione che, come ha detto Emma Bonino, ha un solo limite: la menzogna. Infuria un attacco non nuovo contro i servizi giornalistici della trasmissione Annozero, che ha avuto il torto di non cantare all'unisono con le innumerevoli trasmissioni dedicate al terremoto in Abruzzo. Mentre arriva la notizia che l'ospedale de L'Aquila non aveva l'agibilità, mentre si parla di illegalità criminali nelle costruzioni, l'unico attacco decente ad Annozero, che ho seguito con intensa dolente attenzione, dovrebbe riguardare soltanto la veridicità delle sue informazioni. Dal capo del governo e dalla terza carica dello Stato mi sarei aspettata un'indagine sulle informazioni date da Annozero e non un nuovo editto. Comunque, prima di tutto, i fatti: la trasmissione così com'è. Poi, ognuna/o valuti, giudichi, critichi, ovviamente tenendo presente la regola fondamentale del giornalismo: dire la verità.



YouTube - Terremoto - La casa dello studente in macerie ...


YouTube - Vauro - Annozero - 09/04/2009



Raccolgo qui alcune voci sulla libertà di infornmazione e di critica. Comincio da un articolo magistrale di Ferruccio De Bortoli, nuovo direttore del Corriere della Sera, su "un Paese e il ruolo di un giornale". 


Quell’Italia che ce la fa
di Ferruccio de Bortoli



Nei momenti di dolore colletti­vo si scoprono immagini inde­lebili di solidarietà, effi­cienza e unità d’intenti del nostro Paese. Due su tutte: la dignità e la com­postezza di chi ha perdu­to sotto le macerie un fa­miliare, la generosità di tanti volontari anonimi. In realtà, non dovremmo assolutamente sorpren­derci, come facciamo in questi giorni. Il Paese non si trasforma, non si scopre diverso. Mostra so­lo alcune delle sue tante qualità. Lo spirito italia­no, quello vero, è ben de­scritto dagli inviati del Corriere. E ci si accorge che l’informazione è uti­le, necessaria. Non do­vremmo stupircene. Insie­me alle notizie circolano i sentimenti, le emozioni. Ci si sente tutti parte di una comunità. Ma i me­dia non svolgerebbero fi­no in fondo il proprio compito se non denun­ciassero le tante incurie, le leggi inapplicate, le co­struzioni colpevolmente fuori norma. E se non continuassero, anche quando l’emergenza sarà finita, a diffondere quella cultura della prevenzione e della manutenzione che misura il nostro livello di civiltà. ...


Senza un'opinione pubblica consapevole e avvertita un Paese non è soltanto meno libero, ma è più ingiusto e cresce di meno. Il cittadino ha pochi strumenti affidabili per decidere, non solo per chi votare, ma anche nella vita di tutti i giorni. La sua classe dirigente fatica a individuare le priorità, lo stesso governo (come avviene nelle aziende in cui tutti dicono di sì al capo) seleziona più difficilmente le buone misure distinguendole da quelle che non lo sono. Il consumatore è meno protetto, il risparmiatore più insidiato. Lo spazio pubblico è dominato dall'inutile e dall'effimero. ...

Colpisce che spesso la classe dirigente italiana, non solo quella politica, consideri l'informazione un male necessario. E sottostimi il ruolo di una stampa autorevole e indipendente.
Tutti l'apprezzano e la invocano quando i giornalisti si occupano degli altri, degli avversari e dei concorrenti. Altrimenti la detestano e la sospettano. ... [ Corriere della Sera, 10 aprile 2009 ]


Ma Aldo Grasso, con il quale sono in totale disaccordo,  sullo stesso quotidiano ha scritto:


Zizzania in tv


"... Di fronte a una simile tragedia, ma soprattutto di fronte al meraviglioso e commovente impegno dei Vigili del fuoco, dei volontari, della Protezione civile, dei militari, di tutte le organizzazioni che hanno passato notti insonni per salvare il salvabile, Santoro si è sentito in dovere di metterci in guardia dalla speculazione incombente, di seminare zizzania con i morti ancora sotto le macerie, di descrivere l’Italia come il solito Paese di furbi, incapaci di rispettare ogni legge scritta e morale. Santoro la chiama libertà d’informazione. Esistono gli abusi edilizi, ma forse anche gli abusi di libertà." Aldo Grasso, Corriere della Sera 11 aprile 2009


Ma Gian Antonio Stella qualche giorno prima aveva scritto:



La Terra impazzita e i giuramenti mai mantenuti
di Gian Antonio Stella


"... Quel che è sicuro, a girare per le strade del capoluogo e dei borghi dei dintorni e a vedere come sono andati giù anche certi edifici costruiti dieci o venti anni fa, è che un Paese come il nostro non può affidarsi a santa Lucia o a sant’Emidio, protettore dai terremoti. Sull’elenco telefonico di Los Angeles appena aperto, come ricordò un giorno Giorgio Dell’Arti, c’è una frase: «Ci saranno sempre terremoti in California». A seguire, tutte le istruzioni su come comportarsi: tenere a portata di mano torce e radio con batterie, una valigetta con il materiale minimo di pronto soccorso, dieci litri d’acqua… Certo, tutto ciò non basta quando la terra, per usare la frase sentita ieri ad Onna in bocca a una ragazzina che trema come una foglia al ricordo, «comincia a sbattere come la coda di un drago impazzito». Ma i morti sì, possono essere limitati. I danni sì, possono essere contenuti, quando le case sono costruite con i progetti giusti e gli accorgimenti giusti e i materiali giusti. E nessuno dovrebbe saperlo meglio di noi italiani. Che viviamo in una terra tra le più inquiete di un mondo in cui avvengono ogni anno un milione di terremoti piccolissimi e tra questi almeno un centinaio del quinto grado della scala Richter, cioè uno ogni tre-quattro giorni e ogni tanto ne arriva uno che sconquassa tutto. E per giorni giurano tutti che basta, occorre cambiare le regole e bisogna adottare una volta per tutte i sistemi che aiutano a limitare i danni perché è stupido spendere i soldi come per decenni ha fatto lo Stato che secondo i dati del Servizio geologico nazionale è riuscito a spendere solo dal 1945 al 1990 per tamponare i danni di catastrofi naturali varie oltre 75 miliardi di euro e cioè quasi 140 milioni di euro al mese. Più quelli spesi dal 1990 in qua per il sisma nella Sicilia Orientale nel dicembre 1990 e per quello nell’Umbria e nelle Marche del settembre 1997 e per quello a San Giuliano di Puglia dell’ottobre 2002… Tutti lutti seguiti da una promessa solenne: mai più. E presto dimenticata sotto la spinta di nuovi condoni, nuove elasticità urbanistiche, nuove regole più generose… [ Corriere della Sera, 7 aprile 2009 ]


Colpire Santoro per punirne altri cento
di Norma Rangeri



Ci sono cose che non si possono dire, equilibri che non si devono modificare. La libertà di informazione è un bene sancito dalla Costituzione formale, ma sfigurato da quella berlusconiana. Lo dimostra il virulento attacco che la politica, nei suoi massimi rappresentanti istituzionali e di governo, ha sferrato contro la puntata di Anno Zero sul terremoto in Abruzzo. Per la sua natura strumentale e preventiva.



Chiunque abbia visto la trasmissione incriminata sa che la critica di Santoro alla Protezione Civile è stata circostanziata e testimoniata. Che la struttura di Bertolaso non avesse predisposto un piano di emergenza nella regione colpita, è evidente. Nessuna esercitazione, nessuno in Prefettura pronto a intervenire. ... [ Il Manifesto, 14 aprile 2009 ]


sabato 11 aprile 2009

In Memoria


Mourners attend a state funeral for earthquake victims in the Italian town of L'Aquila April 10, 2009. REUTERS/Chris Helgren




Funeral Blues


Fermate tutti gli orologi, isolate il telefono,
fate tacere il cane con un osso succulento,
chiudete i pianoforte, e tra un rullio smorzato
portate fuori il feretro, si accostino i dolenti.


Incrocino aeroplani lamentosi lassù
e scrivano sul cielo il messaggio Lui È Morto,
allacciate nastri di crespo al collo bianco dei piccioni,
i vigili si mettano guanti di tela nera.


Lui era il mio Nord, il mio Sud, il mio Est ed Ovest,
la mia settimana di lavoro e il mio riposo la domenica,
il mio mezzodì, la mezzanotte, la mia lingua, il mio canto;
pensavo che l'amore fosse eterno: e avevo torto.


Non servon più le stelle: spegnetele anche tutte;
imballate la luna, smontate pure il sole;
svuotatemi l'oceano e sradicate il bosco;
perché ormai più nulla può giovare.


W. H. Auden
(Traduzione di Gilberto Forti)


Bisogna pur dirlo che nulla sarà più come prima. La vita continuerà chissà per quanto ancora, ma per noi mortali tutto cambia quando morte e distruzione calano sui nostri piccoli mondi. Giova rallentare il ritmo,  fermarsi, avvolgersi nel silenzio. Si riprenderà, dopo.


lunedì 6 aprile 2009

TERREMOTO IN ABRUZZO



Qualche attimo che s'incide nell'impennata dei sismografi: esperienza tragica dell'impermanenza umana, e non solo umana. Disperante senso di improvviso, pur preannunciato da innumerevoli messaggi ma pur sempre imprevedibile. Dolore per i morti e per i vivi. Possano salvarsi tutte le persone ferite. Possano essere ritrovate quelle che ancora aspettano i soccorsi, sepolte, chissà dove.

mercoledì 25 febbraio 2009

Ricordo Jeshua Hanozri...


giovane blogger che è morto il 5 gennaio scorso. Lui non frequentava "ahimsa", preferiva "convivium" e lì lasciava tracce splendenti del suo pensiero. Desidero ricordarlo anche qui per condividere il lutto con amiche e amici che più spesso passano da queste parti e per riportare un post dal blog di Jeshua, Duelli Mortali.



" Dobbiamo imparare a "guardare", a "cercare", a "scoprire" noi stessi e il mondo che ci circonda; viviamo come se fossimo costantemente avvolti da una fitta nebbia......dormienti di parmenidea memoria.....e forse non ci importa più di tanto di uscirne o svegliarci.....ma quando un tenue bagliore si insinua in quella coltre .....allora non possiamo più "ignorare". "


Questo è il commento a un brano di Maria Zambrano che Jeshua "catturò" per farne sostanza del suo secondo post ( giovedì, giugno 24, 2004 ). Quasi fosse una dichiarazione d'intenti per una raccolta intelligente di "parole catturate" e composte a formare un disegno originale e significativo: uno scorcio della sua visione del mondo che Jeshua offriva ai viandanti del WEB.


" Tutto è rivelazione, tutto lo sarebbe se fosse accolto allo stato nascente. La visione che giunge da fuori rompendo l'oscurità del senso, la vista che si schiude, e che si schiude veramente solo se sotto di essa e con essa si schiude insieme la visione. Quando il senso unico dell'essere si desta in libertà, in conformità alla sua propria legge, senza l'oppressiva presenza dell'intenzione, disinteressatamente, senz'altra finalità che la fedeltà al suo proprio essere, nella vita che si schiude. Si accende così, quando la realtà visibile si presenta in libertà in chi la guarda, la visione come una fiamma. Una fiamma che fonde il senso fino a quell'istante cieco col vedere che gli corrisponde, e con la realtà stessa che non gli oppone resistenza alcuna. Poichè non giunge come un'estranea che bisogna assimilare, né come una schiava che bisogna liberare, né con potestà di possedere. E non si presenta quindi né come realtà né come irrealtà. Semplicemente si dà l'accendersi della visione, la bellezza. La fiamma che purifica insieme la realtà corporea e anche la visione corporale, illuminando, vivificando, sollevando senza occupare con ciò tutto l'orizzonte di chi guarda. "
(M.Zambrano - Chiari del Bosco)


Parole catturate da JeshuaHanozri alle ore 00:24 venerdì, giugno 25, 2004


mercoledì 18 febbraio 2009

 BERLUSCONISMO /// VATICANISMO


 


Un racconto di Franco Cordero nel solco delle Fiabe d'entropia, ma anche dei racconti dell'incubo di Poe. Lo conservo come testimonianza dei tempi che forse a qualcuno è sfuggita nel mare magnum dell'informazione. L'amara vicenda è, inoltre, un'anticipazione dell'ingiustizia estrema che il "pirata, re d'affari" si appresta a far subire a un grande numero di cittadine e cittadini, così, per tenersi il favore dei preti, che in fondo non gli è nemmeno così necessario. 


QUANDO LA PSICHE È CONDANNATA A VEGETARE


TRISTI riflessioni sulla sventurata in stato vegetativo da diciassette anni: lasciamola andare, chiede il padre; niente lo vieta, rispondono i vertici giurisdizionali; andava stabilito se sia lecito interrompere l' alimentazione coatta. Interviene la gerarchia ecclesiastica, soi-disante suprema istanza nelle questioni supreme, de vita ac morte (la dottrina dell' aldilà fonda poteri molto terreni), e sarebbe una questione onestamente discutibile se la campagna non reinnescasse anacronismi d' antica ferocia cattolica nello stile «vivamaria», scatenando conflitti costituzionali.


 Il pirata re d' affari, padrone de facto del paese, veste livrea ateo-clericale: i preti gli vengono utili nella conquista del poco Stato che rimane; perciò tenta un coup de main dei suoi, cambiare le norme decretando sul tamburo l' obbligo assoluto d' alimentare ogni corpo umano che versi nello stato d' E. E. Fallita la mossa, perché il Presidente delle Repubblica non promulgherebbe tale decreto, e in tal senso l' avverte, l' eversore permanente, truculento analfabeta, minaccia un pandemonio: la Carta era nata sotto insegna filosovietica; chiamerà il popolo a riscriverla. Nell' Italia 2009 l' uso del pensiero è ancora provvisoriamente libero. Approfittiamone distinguendo nel caso de quo idee, fantasie, affetti, interessi, cinismo politico, moti viscerali.


Il mondo è un teatro dagli spettacoli spesso cattivi: tali risultano secondo metri umani evoluti; e se la messinscena corrispondesse al cosiddetto Intelligent Design, sarebbe un' intelligenza alquanto debole o maligna. Tiene banco il caso della donna il cui cervello è inerte, spento da un trauma diciassette anni fa: vegeta, alimentata con una sonda; stato irreversibile; il risveglio ha le probabilità d' una ricrescita della testa al decapitato; non basterebbe un miracolo (Baruch Spinoza, ebreo scomunicato, notava ironicamente come i miracoli stiano sul filo delle cause naturali, nei limiti d' una modesta anomalia); semiviva, non pensa né sente. Che abbia bell' aspetto, come racconta un Eminentissimo testimone, è battuta d' umorismo macabro: dopo gli anni d' immobilità quel povero corpo sa d' albero atrofico; e il padre chiede all' autorità tutelare un provvedimento che permetta la sospensione del nutrimento coatto. Lasciamola andare dove finiremo tutti. Corte d' appello e Cassazione rispondono in termini positivi. Mater Ecclesia lancia anatemi: la paziente (termine improprio, visto che «non patitur», mancandole i sensi) è persona; ha un' anima; toglierle acqua e alimenti costituisce omicidio. Il caso tocca nervi scoperti.


L' apparato ecclesiastico è l' ancora ragguardevole resto d' un impero fondato sull' aldilà: sacramenti, suffragi, indulgenze; quando la moneta tintinna nella cassa, l' anima purgante vola in paradiso, annuncia Johann Tetzel, 1517, domenicano, predicando l' indulgenza bandita nei domini tedeschi episcopali e Brandeburgo, i cui proventi Sua Santità Leone X spartisce con Alberto Hohenzollern e l' Imperatore Massimiliano. Lutero, monaco agostiniano, contesta lo pseudocristiano affarismo papale. I cultori del potere non demordono e la Chiesa romana perde mezza Europa. Cinque secoli dopo perdurano logiche profonde: interessi molto terreni spiegano l' anacronismo cattolico; scendono in campo rumorosi vivamaria; sfila l' ateismo clericale e presto piangeranno le Madonne.


Ma vediamo la questione teologale. «Anima», dal greco ánemos, vento. Iliade e Odissea non dicono cosa sia, finché il corpo vive: poi esce dalla bocca o attraverso la ferita mortale; non era il principio vitale; chiamiamo «vita» le operazioni d' un corpo vivo, finite le quali la psyché vola via, ombra o éidolon. Il rogo la separa definitivamente dal mondo: e sono residui fatui quelle che Odisseo evoca alle porte d' Ade; solo dopo avere bevuto il sangue delle vittime riacquistano un' effimera identità cosciente. In dottrina orfica diventa l' autentica persona, chiusa nel corpo (prigione o tomba) e destinata a reincarnarsi finché riti salutari la liberino dal ciclo. Platone insegna un' immortalità individuale: l' anima appartiene al mondo soprasensibile, come le idee (tale parentela costituisce un punto oscuro della fantasmagoria platonica); la filosofia diventa metodo della morte salutare. Aristotele ne distingue tre: vegetativa, sensitiva, intellettiva; le prime due sono un ectoplasma verbale, operazioni dell' organismo vivo (qui l' autore ragiona da fisiologo); l' ultima è indipendente dal corpo; agisce ab extra, immortale, divina, impersonale (secondo Alessandro d' Afrodisia e Averroè). Sant' Agostino la concepisce nel senso platonico, sub-stantia, ma rimane perplesso su come venga al mondo, creata singolarmente da Dio o connessa al processo genetico, «ex traduce». San Tommaso assimila Aristotele fin dove i dogmi lo permettono: ogni tanto gioca sulle parole; qui postula il «demonstrandum», che l' organismo vivo contenga un quid distinto dallo stesso. Mosse simili violano una regola capitale d' economia del pensiero, formulata dall' inglese Guglielmo d' Occam, francescano ribelle (1280-1349 circa), ma l' applicavano e l' applicano d' istinto tutti i ragionatori seri: mai presupporre più del necessario; se A e B spiegano C, ogni premessa in più confonde i discorsi o produce schiume verbali vaniloque, mai innocue.


Il corpo nel quale siano attive date funzioni, ora surrogabili dal lavoro d' una macchina, vegeta: attribuire tale stato all' anima vegetativa è abuso verbale; idem la sensitiva, né le cose stanno diversamente rispetto all' intellettiva; chiamiamo vita psichica date situazioni organiche implicanti midollo, cervello, nervi, ghiandole, organi percettivi. Dal lavoro scientifico emergono quadri causali indefinitamente perfettibili: l' ipotesi cade quando il fenomeno in questione manchi, presente l' asserito fattore; o ricorra sebbene manchi lo stesso; i termini ridondanti la mistificano, tanto più quando non significhino niente o discendano da livelli mentali primitivi, come se, dovendo dire cosa siano i temporali, oltre a vapori, temperatura, cariche elettriche, tirassimo in ballo Jovem pluvium. Così discorre san Tommaso: avendo stabilito che debba esservi un' «anima rationalis», ne disegna la storia: la crea Dio attraverso innumerevoli interventi nel tempo, tanti quanti furono, sono, saranno gli animali umani. In qual modo la crea? Infondendola al corpo: «haereticum est» dire che venga dal seme, un' opinione sfiorata da sant' Agostino in fraterna polemica con san Girolamo. Situata al grado infimo delle «substantiae intellectuales», diversamente dagli angeli «non habet» un' innata «notitiam veritatis»: l' acquista attraverso cognizioni fornite dai sensi; bisognava dunque che fosse legata al corpo, ma «est incorporea», incorruttibile, immortale, i quali ultimi due predicati implicano una scissione dalla materia organica con gravi paradossi; siccome informa l' intero corpo, non risiede in una singola parte; né cambia mai involucro. Tuttavia esistono anime separate: uno stato «quodammodo contra naturam», transitorio perché alla fine i corpi risorgono; e separandosi subisce una mutazione; ormai è fissa nel senso buono o cattivo; «habet voluntatem immobilem» ( Summa Theologiae, Commento a Pier Lombardo, Opuscula ).


Secondo i metri dell' empiricamente plausibile, la fiaba tomista segna un regresso dalla visione omerica degli éidola. Su tali fondamenti, piuttosto esigui, l' apparato ecclesiastico ha aperto una campagna trovando alta udienza. Non stupisce, visto che governa l' Italia un pirata, re d' affari: ateo come tutti i caimani, veste livrea clericale; da trent' anni spaccia oppio televisivo e aborre l' intelligenza ma non sbaglia un colpo nei calcoli del tornaconto; sostenuto dai preti, occuperà i rimasugli dello Stato; perciò voleva scardinare la res iudicata imponendo il nutrimento coatto con norme penali decretate d' urgenza.


Dal Quirinale arriva un avviso: l' eventuale decreto non sarebbe promulgato; e lui minaccia rendiconti plebiscitari. Ventiquattr' ore dopo insulta il padre d' E. E. spiegando a milioni d' italiani che vuol disfarsi della figlia scomoda (l' aveva già detto un monsignore): la proclama idonea a gravidanza e parto; farfuglia torvo d' una Carta da riscrivere; vuol legiferare da solo, mediante decreti, in una corte dei miracoli tra asini che dicano sì muovendo la testa. Siccome siamo in tema d' anime, ripuliamola con l' ultima strofa dei Poèmes antiques: «Et toi, Divine Mort, où tout rentre et s' efface,/ accueille tes enfants dans ton sein étoilé;/ affranchis-nous du temps, du nombre et de l' espace,/ et rendsnous le repos que la vie a troublé». Leconte de Lisle, 1818-1894, aveva gusti fini e sentimento caritatevole.


PER SAPERNE DI PIÙ www.governo.it/bioetica http://it.wikipedia.org/wiki/Eluana_Englaro www.repubblica.it - FRANCO CORDERO. La Repubblica, 14 febbraio 2009. 

sabato 14 febbraio 2009

SAN VALENTINO


La nebulosa a forma di cuore per celebrare questa giornata dedicata all'amore.



IC 1805: The Heart Nebula
Credit & Copyright: Daniel Marquardt


Un pensiero d'amore per tutte le amiche e gli amici, per tutte le persone del mondo e per tutto ciò che esiste. L'augurio è di vivere con lo stesso slancio ogni giornata dell'anno che non sia questa.


Eluana e gli stormi di avvoltoi di Guido Ceronetti


Non permettiamo che si raffreddi. Il caso Englaro va riattizzato costantemente: che davanti a quel Golgotha arda un lume sempre. Tutti dobbiamo gratitudine a quella vittima sacrificale e alla sua famiglia: perché la passione civile non finisca in una cloaca e la passione etica e religiosa trovino altre e ben diverse, e superiori, vie.

Si sono visti stormi di avvoltoi, sulla breve agonia di Udine, scendere in picchiata a disputarsi i resti di una creatura disfatta e sfamarsi a beccate ignobili di qualcosa che già più non era e che altro non aveva da offrirgli, tetri pennuti ciechi, che carne di sventura.

Tale lo spettacolo, da iscrivere nel tragico delle cronache italiane che non avranno uno Stendhal per trascriverle. L’Italia, se qualcuno vorrà capirla sine ira et studio, non è un luogo pacifico, non è una penisola turistica, non è un animale da stabulario economico - l’Italia è, è stata sempre, una città di risse feroci, di brigantaggio, di vendette, di medioevi e di cattivi governi. Gli avvoltoi, che non si annidano soltanto sulle torri dei Parsi a Benares, hanno voliere, spalti, e più d’una cupola anche a Roma, e non c’è televisione o campo di calcio in grado di oscurarne la presenza e il volo. Qua, dunque, non si può vivere avendo per fine esclusivamente il far soldi e pensare alla salute. Qua si nasce perché l’Italia ci faccia male, ci ferisca, ci sia una madre crudele, inzuppata di sadismo. Vederlo o non vederlo: that is the question.

L’imbarbarimento di profondità, progressivo, non è da statistiche. Puoi vederlo chiaramente anche lì: nel pullulare di cure mediche di spavento, nell’ignorare i limiti sacri della vita, i diritti dei morenti e di «nostra sirocchia morte corporale» - cure di coma irreversibili criminalmente protratti, cure che la tecnomedicina, settorialista e antiolistica, sempre più andrà sperimentando sulla totalità del vivente.

L’Italia debole, che con strenuo sforzo - in cui va compreso il tributo di una risalita coscienza collettiva, di risorse d’anima e mentali inapparenti, antiavvoltoio, di pensieri silenziosi ma renitenti ai ricatti e alle violenze verbali dell’estremismo cattolico, materialista e anticristico - ha liberato dalle catene Eluana, è un resto di Italia dei giusti, di Italia che sa giudicare umanamente e cerca la libertà nella legge, che non accetta che l’impurità più grossolanamente sofistica prevalga sulla verità semplice e pura. Dobbiamo un po’ tutti ri-imparare a morire: dunque a vivere e a trascendere la morte. Comprendere l’insignificanza della vita e dell’esistenza materiale è luce in tenebris.

Per chi, pensando, ritenga che la vera salvezza consista nel liberarsi dalla schiavitù delle rinascite in corpi mortali, Eluana col suo lungo martirio avrà meritato la tregua nirvanica, e non tornerà in mondi come questo a patire sondini e beccate di avvoltoi - condannati, per loro intrinseca natura, a commettere empietà.

Da cristiani autentici si sono comportate le Chiese evangeliche: schierate dalla parte di Eluana, hanno voluto ricordare che un essere umano non è soltanto un aggregato scimmiesco di funzioni e che è delitto tradirne l’anelito al padre ignoto al di là del finito.

Il combattimento spirituale è brutale. La meno ingiusta Italia, che assumerà Eluana per segno, non deve temere di accettarlo, di restare unita, respinto l’avvoltoio, per la pietà e la luce.


La Stampa, 14 febbraio 2009


La Chiesa del dogma in conflitto con lo Stato di EUGENIO SCALFARI. La Repubblica, 15 febbraio 2009


La nuova legge truffa di Stefano Rodotà. Repubblica, 15 febbraio 2009  


FINE DELLA VITA: QUANDO LA CHIESA CATTOLICA CONTRADDICE SE STESSA - Adista





 

mercoledì 11 febbraio 2009

Vaticanismo/Berlusconismo


Contro la Libertà Individuale


(AFP/File/Andreas Solaro)  ....................   (AP Photo/Pier Paolo Cito)



«Berlusconi e il Vaticano sono stati protagonisti di una corsa oscena contro il tempo per impedire con l’aiuto di una legge ad hoc di dubbia natura costituzionale che si facesse la volontà di Eluana» El Paìs




Una gazzarra invereconda alla notizia della morte: il volto della destra in Senato. 


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"Tra tutte le leggi, non ve n'è alcuna più favorevole a' Prencipi, che la Christiana: perché questa sottomette loro, non solamente i corpi e le facoltà de'sudditi, dove conviene, ma gli animi ancora; e lega non solamente le mani, ma gli affetti ancora e i pensieri".  Giovanni Botero, 1589


Libertà individuale come libertà di coscienza e di scelta. I parlamentari pretendono di andare anche contro il dettato costituzionale in nome della "propria" libertà di coscienza e si permettono di negare ai cittadini la loro libertà di coscienza nelle scelte che riguardano le dimensioni più intime della persona.


Disegno di Legge Calabrò


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Caso Englaro e assalto alla Costituzione - Dossier Micromega


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Zagrebelsky: "Se il potere nichilista si allea con la Chiesa del dogma"
di Giuseppe D'Avanzo


L'Avvenire, il quotidiano della Conferenza episcopale italiana, ha definito Beppino Englaro "un boia". Credo che debba partire da qui, da un insulto atroce, il colloquio con Gustavo Zagrebelsky, presidente emerito della Corte Costituzionale.

Beppino Englaro, "un boia"?"
In un caso controverso dove sono in gioco dati della vita così legati alla tragicità della condizione umana è fuori luogo usare un linguaggio violento, così impietoso, così incontrollato, così ingiusto. Non ho ascoltato, sul versante opposto, che vi sia chi ragiona dell'esistenza di un "partito della crudeltà" opposto a "un partito della pietà". Credo che in vicende così dolorose debbano trovare espressione parole più adeguate e controllate, più cristiane".

E tuttavia, presidente, i toni accusatori, le accuse così aggressive e definitive sembrano indicare che cosa è in gioco o a contrasto nel caso di Eluana Englaro. I valori contro i principi, la verità contro il dubbio. Questioni da sempre aperte nelle riflessioni dei dotti che avevano trovato, per così dire, una sistemazione condivisa nella Costituzione italiana. Che cosa è accaduto? Perché quell'equilibrio viene oggi messo di nuovo in discussione dopo appena sessant'anni?
"Le posizioni in tema di etica possono essere prese in due modi. In nome della verità e del dogma, con regole generali e astratte; oppure in nome della carità e della com-passione, con atteggiamenti e comportamenti concreti. Nella Chiesa cattolica, ovviamente, ci sono entrambe queste posizioni. Nelle piccole cerchie, prevale la carità; nelle grandi, la verità. Quando le prime comunità cristiane erano costituite da esseri umani in rapporto gli uni con gli altri, la carità del Cristo informava i loro rapporti. La "verità" cristiana non è una dottrina, una filosofia, una ideologia. Lo è diventata dopo. Gesù di Nazareth dice: io sono la verità. La verità non è il dogma, è un atteggiamento vitale. Quando la Chiesa è diventata una grande organizzazione, un'organizzazione "cattolica" che governa esseri umani senza entrare in contatto con loro, con la loro particolare, individuale esperienza umana, ha avuto la necessità di parlare in generale e in astratto. È diventata, - cosa in origine del tutto impensabile - una istituzione giuridica che, per far valere la sua "verità", ha bisogno di autorità e l'autorità si esercita in leggi: leggi che possono entrare in conflitto con quelle che si dà la società. Chi pensa e crede diversamente, può solo piegarsi o opporsi. Un terreno d'incontro non esiste.


Che ne sarà allora dell'invito del capo dello Stato a una "riflessione comune" ora che il parlamento affronterà la discussione sulle legge di "fine vita"?
" Una legge comune è possibile solo se si abbandonano i dogmi, se si affrontano i problemi non brandendo quella verità che consente a qualcuno di parlare di "omicidio" e "boia", ma in una prospettiva di carità. La carità è una virtù umana, che trascende di gran lunga le divisioni delle ideologie e dei credi religiosi o filosofici. La carità non ha bisogno né di potere, né di dogmi, né di condanne, ma si nutre di libertà e responsabilità. Dico la stessa cosa in altro modo: un approdo comune sarà possibile soltanto se prevarrà l'amore cristiano contro la verità cattolica".

Lo ritiene possibile?
"Giovanni Botero
nella sua Della Ragione di Stato del 1589 scriveva, a proposito dei Modi di propagandar la religione: "Tra tutte le leggi, non ve n'è alcuna più favorevole a' Prencipi, che la Christiana: perché questa sottomette loro, non solamente i corpi e le facoltà de'sudditi, dove conviene, ma gli animi ancora; e lega non solamente le mani, ma gli affetti ancora e i pensieri". Botero era uomo della controriforma. Purtroppo, c'è chi pensa ancora così, tra i nostri moderni "prencipi". Essi potrebbero far loro il motto di un discepolo di Botero che scriveva: "questa è la ragion di stato, fratel mio, obbedire alla Chiesa cattolica". Ora, se l'obbedienza alla Chiesa cattolica è la ragion di stato, è chiaro che i laici non troveranno mai un approdo comune con costoro.

Dobbiamo allora credere che il conflitto di oggi tra mondo laico e mondo cattolico, che ha accompagnato il calvario di Eluana, segnali soprattutto la fine della riflessione del Concilio Vaticano II e, per quel che ci riguarda, la crisi di quella "disposizione costituzionale" che è consistita, per lo Stato, nel principio di laicità contenuto nella Costituzione, e per la Chiesa nella distinzione tra religione e politica?
"Il Concilio Vaticano II ha rovesciato la tradizione della Chiesa come potere alleato dello Stato, ha voluto liberarla da questo legame tutt'altro che evangelico. Non si propose di proteggere o conservare i suoi privilegi, ancorché legittimamente ricevuti, e invitò i cattolici a un impegno responsabile nella società, uomini con gli altri uomini, con la fiducia riposta nel libero esercizio delle virtù cristiane e nell'incontro con gli "uomini di buona volontà", senza distinzione di fedi. Fu "religione delle persone" e non surrogato di una religione civile. Il cattolicesimo-religione civile sembra invece, oggi, essere assai gradito per i vantaggi immediati che possono derivare sia agli uomini di Chiesa che a quelli di Stato".

Ieri mentre finiva l'esistenza di Eluana Englaro e il Paese era scosso dalle emozioni, dalla pietà e, sì, anche da una rabbia cieca, dieci milioni di italiani hanno voluto vedere il Grande Fratello. E' difficile non osservare che l'artefice della macchina spettacolare televisiva del reality e di ogni altra fantasmagorica vacuità - capace di distruggere ogni identità reale, alienare il linguaggio, espropriarci di ciò che ci è comune, di separare gli uomini da se stessi e da ciò che li unisce - è lo stesso leader politico che pretende di dire e agire in nome dell'Umanità, della Vita, addirittura della Verità e della Parola di Dio. Le appare più tragico o grottesco, questo paradosso? Come spiegarsi la dissoluzione di ogni senso critico dinanzi a questo falso indiscutibile?
"Non è questo il solo paradosso. Non è la sola contraddizione che si può cogliere in questa vicenda. Il mondo cattolico enfatizza spesso il valore della dimensione comunitaria della vita, soprattutto nella famiglia. E' la convinzione che induce la Chiesa a invocare a gran voce la cosiddetta sussidiarietà: lo Stato intervenga soltanto quando non esistono strutture sociali che possono svolgere beneficamente la loro funzione. Mi chiedo perché, quando la responsabilità, la presenza calda e diretta della famiglia, nelle tragiche circostanze vissute dalla famiglia Englaro, dovrebbero ricevere il più grande riconoscimento, la Chiesa - con una contraddizione patente - chiude alla famiglia e invoca l'intervento dello Stato; alla com-passione di chi è direttamente coinvolto in quella tragedia, preferisce i diktat della legge, dei tribunali, dei carabinieri. Sia chiaro: lo Stato deve vigilare contro gli abusi - proprio per evitare il rischio espresso dal presidente del consiglio con l'espressione, in concreto priva di compassione, "togliersi un fastidio" - ma osservo come la legge che la Chiesa chiede assorbe nella dimensione statale tutte le decisioni etiche coinvolte: questo è il contrario della sussidiarietà e assomiglia molto allo Stato etico, allo Stato totalitario".

Lei è il primo firmatario di un appello che ha per titolo Rompiamo il silenzio. Vi si legge che "la democrazia è in bilico". Le chiedo: può una democrazia fragile, in bilico appunto, reggere l'urto coordinato di un potere politico invasivo e senza contrappesi e di un potere religioso che agita come una spada la verità?
"Oggi la politica è succuba della Chiesa, ma domani potrebbe accadere l'opposto. Se la politica è diventata - come mi pare - mezzo al solo fine del potere, potere per il potere, attenzione per la Chiesa! Essa, la Chiesa del dogma e della verità, può essere un alleato di un potere che oggi ha bisogno, strumentalmente, di legittimazione morale. Il compromesso convince i due poteri a cooperare. Ma domani? Il potere dell'uno, rafforzato e soddisfatto, potrebbe fare a meno dell'altra. ".

Qual è l'obiettivo del suo appello?
"'Rompiamo il silenziò è già stato sottoscritto da centosessantamila cittadini. È la dimostrazione che, per fortuna, la nostra società non è un corpo informe, conserva capacità di reazione. L'appello ha tre ragioni. E' uno sfogo liberatorio, innanzitutto: devo dire a qualcuno che non sono d'accordo. E' poi un autorappresentarsi non come singoli, ma come comunità di persone. Il terzo obiettivo è rendersi consapevoli, voler guardare le cose non in dettagli separati, è un volersi raffigurare un quadro. A volte abbiamo la tendenza a evitare di guardare le cose nel loro insieme. E' quasi un istinto di sopravvivenza distogliere lo sguardo dalla disgrazia che ci può capitare. L'appello prende posizione. Si accontenta di questo. Se mi chiede come e dove diventerà concreta questa presa di coscienza, le rispondo che ognuno ha i suoi spazi, il lavoro, la scuola, il partito, il voto. Faccia quel che deve, quel che crede debba essere fatto per sconfiggere la rassegnazione".
La Repubblica, 11 febbraio 2009

lunedì 9 febbraio 2009

VITA E MORTE


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Eluana è morta. Accompagnata dall'amore e dal coraggio del babbo e della mamma. Possano avere pace gli sfortunati, infelici Saturna e Beppino Englaro e rimanga in noi la visione della bellezza della loro figliola, "purosangue della libertà". Grande è stato l'amore dei genitori, più grande del dolore. Grande anche la compassione di tante persone che hanno seguito la sua vicenda, sottratta alla naturale fluttuazione di ogni creatura tra la nascita e la morte per diciassette anni e ventidue giorni. Ho sempre condiviso le scelte di Beppino Englaro e la prova è che quelle scelte le farei per me stessa, anzi, per quanto possibile, le ho già fatte e depositate presso un notaio.