lunedì 22 giugno 2009

Gli occhi di Neda



ندا




L'ultimo lampo della vita di Neda, una ragazza che muore, in jeans, maglietta e scarpe da ginnastica.  L'ultimo lampo tra vita e morte. Nella storia, per sempre, infelicemente e gloriosamente. Nella storia a testimoniare la ferocia degli assassini che uccidono in nome di uomini che gestiscono il potere in nome di una loro volontà divina. In vicende come questa è indifferente, quasi, che si tratti di cosiddette democrazie o teocrazie. E' il potere che si esercita sulla vita e sulla morte, meglio se in nome di un "dio" inventato, mistificazione del concetto stesso di Dio.


"Questa è la disperata testimonianza del medico che ha assistito la ragazza nei suoi ultimi momenti; testimonianza subito cancellata, ma ritrovabile come il link sul blog cui è stata inviata: «I “Basij” hanno sparato e ucciso una giovane donna in Teheran, il 20 giugno mentre protestava. Alle ore 19:05. Posto: Carekar Ave., all’angolo con la strada Khosravi e la strada Salelhi. La giovane donna era accanto al padre ed è stata sparata da un Basij che si nascondeva sul tetto di una casa civile. Ha avuto una vista perfetta della ragazza, e dunque non avrebbe potuto mancarla. Ha sparato diritto al cuore. Sono un dottore e mi sono precipitato immediatamente a cercare di salvarla. Ma l’impatto del proiettile è stato così forte che è esploso nel suo petto e la vittima è morta in meno di due minuti. Il video è stato girato da un amico che mi stava accanto. Per favore, fatelo sapere al mondo»." [ Neda la prima martire di Lucia Annunziata, Corriere della Sera 22 giugno 2009 ]


Neda, con i suoi occhi, con quel suo ultimo sguardo, con la perdita della sua vita, è una testimone, ma disgraziatamente non è la prima martire della teocrazia iraniana, non la prima in ordine cronologico. I teocrati islamici cominciarono subito a uccidere. Hanno poi continuato a farlo senza misura e senza giustiziza, anche in modi esecrabili, esaltando la funzione della morte lenta tra i tormenti. La lapidazione come strumento della pena di morte è solo un esempio orribile e non dei peggiori.


I giorni della cosiddetta rivoluzione islamica tra il 1978 e il 1979, anno della vittoria khomeinista, furono vissuti con partecipazione  cieca dall'Occidente ignorante. Michel Foucault è stato uno dei personaggi esemplari di una simpatia fondata sull'ignoranza delle cose iraniane in generale e sciite in particolare. Solo a pochi fu chiaro in quei giorni che le conseguenze di quella rivoluzione e del sangue di innocenti martiri le avrebbero pagate i bambini e le bambine dell'epoca e quelli che sarebbero nati dopo, per almeno 25 o 30 anni. Ne sono passati 30 di anni.


Quanti di noi sanno o possono anche soltanto immaginare il coraggio fisico e morale che è necessario per opporsi ai tiranni in quel modo nelle strade, rischiando la vita, la prigionia, le orrende torture dei teocrati criminali? E, infatti, non è solo coraggio, è disperazione.


Che cosa faremo noi adesso, oltre a tesimoniare la nostra vicinanza con messaggi nel WEB? Non m'illudo. Noi siamo impotenti. Le persiane e i persiani sono soli.


IL VIDEO DELLA MORTE DI NEDA



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LA PREMIO NOBEL PER LA PACE


Ripetere il voto e aiutare le vittime
Solo così la calma tornerà in Iran


Indire nuove elezioni con osservatori internazionali, liberare tutti gli arrestati, fermare la repressione


di SHIRIN EBADI


Il malcontento popolare per i risultati elettorali non riguarda esclusivamente le recenti votazioni. Anche quattro anni fa furono sollevati non pochi sospetti di brogli, quando Ahmadinejad venne eletto presidente. All’epoca, i suoi oppositori politici erano Mehdi Karroubi e Ali Akbar Hashemi Rafsanjani, due noti e potenti personaggi della Repubblica islamica. L’incarico principale di Ahmadinejad fino a quel momento era stato solo quello di sindaco di Teheran, ma godeva dell’appoggio della milizia Basiji e dell’Ayatollah Khamenei, guida suprema a vita della Repubblica islamica. Karroubi presentò in quell’occasione ripetuti reclami al Consiglio dei Guardiani della rivoluzione, l’istituzione governativa incaricata di vigilare sul processo elettorale, ma senza ottenere alcun intervento fattivo. Il presidente Mohammad Khatami annunciò che erano state riscontrate numerose violazioni. Per di più, Hashemi Rafsanjani dichiarò che avrebbe presentato ricorso a Dio in persona, poiché nessuno in Iran era disposto ad ascoltare le sue rimostranze.


I quattro anni di Ahmadinejad alla guida del Paese hanno causato profonda insoddisfazione nella popolazione. In questo periodo, l’inflazione ha raggiunto il 25 per cento, i prezzi aumentano di giorno in giorno e il potere d’acquisto della gente continua a calare. Molti giornali sono stati chiusi, un gran numero di attivisti politici e per i diritti umani è finito in prigione, è stato soppresso il Centro dei difensori dei diritti umani, e via dicendo. Il capo supremo della rivoluzione continua ad appoggiare il premier, malgrado i crescenti malumori della popolazione, anche dopo l’annuncio del Majles (il parlamento) che un miliardo di dollari sono stati utilizzati senza alcuna approvazione legale. L’opinione pubblica iraniana è indignata. Queste le principali obiezioni sollevate:
1. Nella maggior parte dei seggi elettorali è stato vietato l’accesso ai rappresentanti di Mir Hossein Mousavi e di Mehdi Karroubi.
2. Da più parti è stata denunciata la manomissione delle urne.
3. Ahmadinejad ha ottenuto 14 milioni di voti nelle precedenti elezioni.


Stavolta, però, ha vantato 24 milioni di preferenze. Mehdi Karroubi, dal canto suo, ha dichiarato che i suoi voti sono risultati inferiori al numero dei componenti della sua circoscrizione elettorale e dei sostenitori del partito «Etemad Melli» da lui fondato. Quando milioni di persone a Teheran e in altre città si sono riversati nelle strade per protestare contro i risultati elettorali, è apparso chiaro che i 24 milioni di preferenze attribuite ad Ahmadinejad non potevano essere veritiere. Un gran numero di attivisti politici e sociali, tra cui Saeed Hajjarian, Mostafa Tajzadeh, Abdolfattah Soltani e Reza Tajik sono stati arrestati. Sono stati soppressi i collegamenti internet e ai giornalisti stranieri è stato ordinato di lasciare l’Iran al più presto possibile. Le reti televisive e di telefonia mobile, come Voa e la Bbc, sono state oscurate e interrotte, nel tentativo del governo di tagliare le linee di comunicazione tra la popolazione. La situazione ha spinto molti deputati a presentare una lettera di protesta al presidente della Camera, Larijani, il quale ha addossato al ministro dell’Interno la responsabilità dei disordini e delle violenze.


Mir Hossein Mousavi e Mehdi Karroubi hanno però incoraggiato i loro sostenitori a mantenere la calma e organizzare manifestazioni pacifiche, incitandoli a dar voce alla loro insoddisfazione con il grido di Allah-o-Akbar (Dio è il più grande) tra le 9 e le 10 di sera, invocazione che riecheggia ogni notte nell’intera città e riporta alla mente le notti della rivoluzione. L’intensificarsi delle proteste popolari ha convinto il capo supremo della Repubblica islamica a ordinare un’inchiesta sui ricorsi presentati e il Consiglio dei Guardiani ha annunciato un nuovo conteggio dei voti in alcuni seggi elettorali. Questo, tuttavia, a quanto pare, non basterà a calmare gli animi. La migliore soluzione per riportare la pace in Iran sarebbe invece:
1. La liberazione incondizionata di ogni persona arrestata o imprigionata per aver contestato il risultato elettorale.
2. L’immediata cessazione della repressione contro i manifestanti da parte della polizia e delle milizie del Basiji.
3. Annullare le elezioni.
4. Indire nuove elezioni con la presenza di osservatori internazionali.
5. Risarcire i feriti e le famiglie di quanti hanno perso la vita.
Solo se queste condizioni saranno rispettate la calma tornerà a regnare nella società iraniana.

(traduzione di Rita Baldassarre)






Corriere della Sera, 22 giugno 2009


10 commenti:

  1. Sono ammutolita, inerme davanti a tragedie come questa, davanti alla vita umana tranciata con crudeltà.
    Ma noi abbiamo il dovere di resistere, carissima, dobbiamo testimoniare la nostra vicinanza...
    Ma tu questo lo sai.
    Ti abbraccio

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  2. @ Sgraffio

    Giusto, non ci sono parole. E comunque non basterebbero, perché le vittime sono così tante, sconosciute, ingoiate dal buio di una dittatura omicida. Sono vittime di cui non sapremo mai bene tutto, ma di cui si sa molto.

    Giusto anche il richiamo all'ignoranza, causa di tutti i mali, personali e collettivi.

    Pensa a quello che ci sta facendo quel Minzolini qualsiasi, neodirettore del TG1, intestardito a non dare notizia dei fatti del premier. Coltiva l'ignoranza delle cose negli italiani che seguono solo i telegiornali, lui, il Minzolini di turno.

    Noi, che abbiamo la fortuna di non dover avere coraggio né fisico né morale, perché viviamo nell'Italia ancora democratica, noi ci stiamo acconciando a vederci limitare la nostra libertà dal signor b 1816 e dalla sua maggioranza parlamentare. Perché non la difendiamo questa libertà, visto che non ci costa niente?

    Senza libertà il diritto alla vita è monco. Come lo è senza giustizia.

    Giustizia e libertà sono i due tesori nostri minacciati dalle nuove leggi che si aggiungono alle vecchie fatte dalla maggioranza berlusconista nel periodo 2001-2006 e non abrogate dal governo di centro sinistra del drammatico biennio 2006-2008.

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  3. Non trovo le parole cara Harmonia...questo delitto è devastante nel suo significato profondo.

    E non so fino a che punto possa bastare tutta la nostra forza solidale, il nostro grido...mi riconosco nelle tue parole e ti abbraccio forte.

    Blue

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  4. E' disumano, morire, in modo così atroce, per la libertà, che tutti gli essere umani dovrebbero avere, è tristissimo tutto ciò, la cosa più assurda è, che tanti tanti giovani e meno, sono morti per la libertà. Quando finirà tutto ciò, quando avremo un mondo, veramente libero.
    Lo so che è una domanda senza risposta, ma ho bisogno di farla, chissàààà. un abbraccio

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  5. @ timeline

    Difficile, impossibile quasi trovare le parole per questo delitto. Se poi pensiamo che questo è "solo" uno dei delitti che da 30 anni il regime islamico sta infliggendo ai cittadini nonché correligonari, la ribellione e il dolore diventano inenarrabili, Se poi estendiamo tutto questo ai molti posti del mondo che ora sono nel cono d'ombra...le parole non le troviamo semplicemente perché non ci sono.
    La solidarietà è importante, come anche il conforto, il sostegno, ma ricordiamo che loro rimangono soli e che nulla si può fare. Nessuno pensa a qualcosa come l'Iraq. Bush per fortuna è andato via.

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  6. @ penny46

    Molte cose dovranno cambiare in molte nazioni perché tutto il nostro mondo diventi libero e giusto. Non so se l'attuale specie umana ne sarà capace o dovrà sviluppare nuove abilità sociali e morali. Intanto stiamo attenti anche a noi e alla nostra libertà che non è acquisita mai una volta per tutte.

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  7. 150 anni di Croce Rossa vieni a vedere le dirette

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  8. Non ho visto il filmato ma ho letto sui giornali. Provo ammirazione pr un popolo così fiero che rischia tutti i giorni per avviare un reale processo di democrazia. Una bella lezione per noi italiani che ci buttiamo quasi sempre dalla parte del più forte; dovremmo avere più coraggio e riempire le piazze ogni qual volta quel signore di milano si fa una legge per i c...i suoi. Ubuntu, cara amica.

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  9. Ho visto la foto sul giornale, questa stessa foto: mi è rimasta come filigrana negli occhi e nel pensiero tutta la notte. Ci ho pianto sopra, pensando a come la speranza di un mondo migliore sia spesso una fossa comune su cui nessuno deponga un fiore.

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  10. ... e purtroppo non è l'unica!

    Baci

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