martedì 30 marzo 2004

lunedì 29 marzo 2004

Come si cancella un milione


di Giulietto Chiesa

Quantificare la menzogna non è facile, ma abbiamo ora un'occasione per farlo. Alla manifestazione di Roma contro la guerra e il terrorismo del 20 marzo hanno partecipato (su questa cifra si sono attestati in molti e la prendo per buona) un milione di persone. Si è trattato (anche qui mi baso sulle cifre pubblicate dalle principali agenzie di stampa di tutto il mondo) della più grande manifestazione contro la guerra su tutto il pianeta.


Nel corso della stessa manifestazione un gruppetto di persone non superiore a 60 unità (mi baso sulle testimonianze di alcuni tra i presenti, giornalisti di provata credibilità) ha contestato, senza giungere a violenze fisiche (di cui, per altro, non esiste traccia fotografica, né filmata), un piccolo gruppo di esponenti di spicco di un partito politico, tra i quali il segretario dello stesso partito, un certo Fassino.


Il gruppo contestato non era superiore alle cinquanta unità e si era appena inserito nel corteo, dal quale è presto uscito. I protagonisti dell'episodio erano, tutti insieme, quindi, un centinaio.


Cento su un milione fa una percentuale dell'0,01%.


Ebbene, il giorno successivo i tre più importanti giornali italiani, Il Corriere della Sera, La Repubblica, La Stampa, hanno titolato sullo 0,01% della notizia lasciando nel silenzio il restante 99,99%. Lo stesso hanno fatto, naturalmente, tutti i giornali di destra e di centro-destra, e le televisioni berlusconiane, pubbliche e private. Cioè tutte le televisioni italiane che trasmettono sul territorio nazionale. La quantificazione della bugia è fatta. E credo rappresenti bene lo stato generale delle cose.


Cioè non credo sia un'eccezione. Resta da spiegare come mai questi tre grandi giornali, non ancora proprietà di Berlusconi, abbiano deciso all'unisono di sostenere il signor Fassino, più o meno come hanno fatto tutti gli organi di stampa del signor Berlusconi. L'impressione - ma è solo un'impressione - è che tutti e tre avessero come scopo principale quello di oscurare innanzitutto la enorme presenza di popolo alla manifestazione. Resta da chiedersi perché mai. Ma questo fa parte degl'insondabili misteri dell'Italia? Non credo. Ricordo che nelle tre guerre del nuovo millennio (sebbene la prima sia stata fatta nel millennio precedente): Kosovo, Afghanistan, Irak, tutti e tre i giornali suddetti abbiano sostenuto inflessibilmente le "ragioni" della guerra, con la relativa eccezione, ondivaga e formalmente "pluralista", di Repubblica.Dal numero in edicola di "Galatea"


Ricordo anche che tutto il sistema mediatico suddetto impegnò per settimane, anzi mesi, tutti i suoi migliori editorialisti per spiegarci non solo le ragioni umanitarie della guerra contro Belgrado, ma soprattutto quelle dei bombardamenti sull'Afghanistan tutti tesi a liberare le donne afghane dal burqa (e gli uomini afghani dalla barba). Forse è un riflesso condizionato, forse è cattiva coscienza. Certo a qualcuno dev'essere balenata in mente l'idea che ci fosse, ci sia, un qualche nesso tra gli eventi che accadono; e che i bugiardi che hanno costruito la guerra contro l'Irak sono gli stessi che hanno costruito la guerra contro l'Afghanistan. Per quanto concerne la guerra contro la Jugoslavia, apparentemente, si tratta di persone fisiche diverse: negli Stati Uniti c'era Bill Clinton, in Italia c'era Massimo D'Alema. Ma la difesa della guerra fu comune. E le falsificazioni dei giornali in questione, e delle televisioni, furono identiche. Ne emerge una serie di domande. Ma cosa è diventata negli ultimi tempi la professione giornalistica? Sembra quasi che i giornalisti (per meglio dire coloro che guidano i giornali) siano diventati tutti, o quasi tutti, straordinariamente ingenui.


Come Bush e Blair, e Aznar, e Kwasniewski, tutti i capi di stato (salvo Berlusconi che continua, tetragono, a ripetere le stesse bugie che raccontava in precedenza) tendono a proclamare che la colpa è stata dei servizi segreti, incapaci di raccogliere informazioni, oppure incapaci di comunicare ai politici quelle che avevano. E variazioni sul tema. Ma i giornalisti? Adesso scopriamo, grazie a un solerte deputato democratico della California, Henry Waxman, che le cinque persone più influenti degli Stati Uniti, e precisamente George Bush, il suo vice Dick Cheney, il segretario di Stato Colin Powell, quello alla Difesa, Donald Rumsfeld, la consigliera per la Sicurezza Nazionale, Condoleeza Rice, nel periodo che va dall'inizio del 2002 alla fine del 2003, "hanno rilasciato 237 affermazioni non veritiere in 125 apparizioni separate, di cui 40 discorsi, 26 conferenze stampa, 53 interviste, 4 dichiarazioni scritte e 2 testimonianze parlamentari" (cfr La Stampa, 24-3-2004). Sappiamo cioè, in forma quantificata, precisa, quello che già sospettavamo con una discreta dose di indizi a carico, e cioè che alla testa degli Stati Uniti d'America, in questa cruciale congiuntura storica, c'è un gruppo di mentitori professionali, le cui bugie minacciano, tra le altre cose (come ebbe a scrivere il New York Times) la sicurezza nazionale degli Stati Uniti d'America e, in subordine, la nostra di cittadini del mondo. Ma il fatto che qui mi preme rilevare è che dietro a quelle 237 affermazioni menzognere è corsa quasi unanimemente la stampa mondiale, vi si è adagiata, le ha assecondate, in molti casi amplificate, illustrate, abbellite, raccontate, rese appassionanti, gradevoli, o drammaticamente veritiere, sostenute con abbondanza di particolari e di prove. Eccetera.


E la funzione del "quarto potere" dov'è andata a finire? C'è ancora un "quarto potere"? E le inchieste? E le domande sgradevoli che i giornalisti, un tempo, qualche volta, osavano formulare all'indirizzo dei potenti? Tutto questo sembra ormai anticaglia del passato, coperto di polvere, dimenticato. Come risultato siamo andati in guerra, e ci stiamo tuttora. Abbiamo contribuito all'assassinio di decine di migliaia di civili innocenti, al rovesciamento illegale di regimi che, volta a volta, ci sono stati presentati come sanguinari, terroristici, mostruosi, non democratici ecc. ecc. E quando scopriamo (non perché il sistema mediatico ci aiuta a farlo ma perché altri, non giornalisti, ce lo rivelano) invece di avere il coraggio di farci l'autocritica, perseveriamo nella bugia, nell'alterazione dei fatti, nei silenzi, nella reticenza. Per chi, come accade a chi scrive, è stato testimone diretto di una società dove vigeva la censura, quella sovietica, la sensazione, ormai assai simile alla certezza, è di trovarsi di fronte alla ripetizione di quell'esperienza. Contrariamente a quello che si pensa, in Unione Sovietica la censura era prima di tutto dentro ciascuno di coloro che scrivevano e facevano informazione. Assai spesso la censura degli apparati, esterna, coercitiva, brutale, non era necessaria; spessissimo si trattava di scelte "a monte", scelte di chi sapeva, immaginava, poteva prevedere in anticipo dove e come, eventualmente, la censura sarebbe stata esercitata.


Era una sensibilità che si acquisiva con l'esperienza: una specie di riflesso condizionato di tipo pavloviano. Solo di fronte a individui "insensibili" agl'insegnamenti finiva per scattare la censura esterna. E ora? Ora, assai similmente, agiscono gli stessi meccanismi. Si sa a memoria cosa bisogna scrivere e come. I giovani giornalisti sono allevati nello spirito di non contraddizione del potere. Chi non capisce viene allontanato, o messo in un angolo. Ci sono argomenti tabù che è meglio non toccare, ci sono temi che possono essere trattati solo in un modo. Se, ad esempio, parli degli Stati Uniti, devi comunque rendere a Cesare quel ch'è di Cesare e premettere, o concludere, quasi invariabilmente, con un peana ai loro meriti, con l'esaltazione della loro democrazia, con la gratitudine verso le loro eroiche gesta. Le eccezioni sono consentite, ma con estrema moderazione: il "rumore di fondo" non dev'essere turbato. Il pacifismo? Dev'essere, per forza di cose, ingenuo, utopistico. La guerra deve avere, per forza di cose, qualche aggettivo qualificativo positivo. Magari "umanitaria". O "necessaria", o "giusta". La democrazia altrettanto. Dove non c'è ma sono gli amici dell'Occidente a violarla, la chiameremo "democrazia autoritaria". Ci sono editorialisti sempre molto autorevoli, il cui incarico è di inventare le nuove parole di questa politica mediatica neo-orwelliana.


Gli spagnoli votano contro Aznar? Ecco che il solito Panebianco, o Della Loggia, inventare il parallelo con l'appeasement di Lord Chamberlain nei confronti di Hitler a Monaco. Quasi che esistesse un qualche nesso tra Hitler e Osama bin Laden. Ma, una volta lanciata la sciocchezza, ecco decine di epigoni, di insetti che guidano i talk show, ripeterla all'infinito, a pappagallo. Con l'obiettivo di gettare, su tutti coloro che si permettessero di criticare la politica dell'Imperatore, l'ombra della connivenza con il terrorismo. E i direttori dei giornali, e dei telegiornali, pur sapendo di avere a che fare con "intellettuali" che esercitano la funzione di organizzatori della "censura preventiva", invece di licenziarli e di ripristinare una decente deontologia professionale (che consiste nell'offrire ai lettori e telespettatori un'informazione decente e accettabilmente sicura) li premiano per la loro faziosità e la loro immarcescibile tendenza all'ossequio del potere. E' cominciato il brezhnevismo del "quarto potere". Quando verrò il peggio dovremo ritirare fuori - ma sarà troppo tardi - l'aforisma di Hans Magnus Enzensberger: "ai tempi del fascismo non sapevamo di vivere ai tempi del fascismo".


 


 


 Un raponzolo di roccia per dire buona notte e  una primula per augurare una buona giornata.   

In salvo il tesoro della cultura Maori


La Nuova Zelanda ha lanciato il suo primo canale nazionale in lingua Maori.


Più di 600 persone si sono riunite di fronte alla sede centrale del canalae di Auckland prima dell'alba per l'emozionante cerimonia di apertura.


"Abbiamo dato impulso a un grande inizio," ha detto il Primo Ministro Helen Clark.


Ha detto anche che sperava che ogni Neozelandese avrebbe voluto mantenere come un tesoro e coltivare la lingua e la cultura Maori, che ha aiutato a definire il Paese nel mondo.


La stazione televisiva fondata dal governo ha lo scopo di preservare la cultura del popolo autoctono della Nuova Zelanda, che costituisce circa il 12.5% di un Paese con quattro milioni di abitanti.


Metà dei programmi dovrà essere in Maori, che è ora parlato da meno del 10% dei Maori. (... continua BBC News, 28 Marzo 2004)


MA RICORDIAMO!


Molti popoli tribali sono in via di estinzione nel nostro mondo e


noi, "detentori di una civiltà sviluppata", non ignoriamo che


quelle civiltà sono un tesoro inestimabile e insostituibile. +


Link per informazioni:


Survival International ("Survival") è un'organizzazione mondiale di sostegno ai popoli tribali.


 




Non voglio mancare di rispetto a fratelli e sorelle della Terra afflitti dall'imparagonabile problema dell'estinzione, tuttavia anche le Italiane e gli Italiani devono sopravvivere alle trovate prioritarie di:


Berlusconi: "Dovremo far lavorare di più gli italiani"


Berlusconi torna a promettere la riduzione delle tasse. Impegno preso all'inizio del mandato e non ancora rispettato. "Solo così i consumi torneranno a crescere, lasciando più soldi nelle tasche dei cittadini", prevede il presidsente del Consiglio. La riduzione, assicura il premier, partirà dall'imposta sulle persone fisiche che scenderà "dal 46 al 33 per cento". "E che nessuno pensi che la riduzione dell'Irpef al 33% la faccio per me. Vi posso garantire che quello che risparmio sull'imposta lo darò tutto in beneficenza".



Ma come si permette, signor primo ministro? Qui vogliamo giustizia, non beneficenza.


Ma, allora, l'ha capito anche lei che esiste un conflitto d'interessi che si misura a miliardi


di EURO, per non parlare del peso del potere?


"dal 46 al 33 per cento" - Immagina già la felicità dei poveri, signor primo ministro???


Italiani, troppe feste. A lavorare. "Ci sono molte festività in eccesso, dovremo far lavorare di più gli italiani. Ci sono ponti festivi in eccesso" annuncia Berlusconi. Un taglio dei giorni di vacanza che produrrà, giura il premier, "un benefico effetto sul pil".

La barzelletta


(MACABRA. h) . Anche a Cernobbio il premier non ha perso l'occasione per esibirsi nella consueta storiella. Tema: la ricchezza dei politici. "Sono andato a Pechino e a Shanghai - ha raccontato il premier - e ho notato che c'era un fervore da far spavento: grattacieli, negozi, fiumi di persone. Con un funzionario del Comune sono andato a fare un giro e, sapete com'è, quando voglio io ho una simpatia particolare. Lui mi ha detto: 'qui si lavora sette giorni la settimana, 12 ore al giorno, non ci sono i sindacati. Qui lei diventerebbe ricco'. No guardi, io sono uno dei pochi politici che è diventato ricco prima". "Gli ho anche fatto notare che loro hanno 3.500 esecuzioni capitali all'anno. Lui mi ha risposto: 'sì', ma almeno la metà erano davvero criminali". (viaggio istruttivo, non c'è che dire)
(28 marzo 2004, LA REPUBBLICA)

domenica 28 marzo 2004

sabato 27 marzo 2004

venerdì 26 marzo 2004

 



Buona notte!


  Palermo - Sciopero generale - 26 Marzo 2004



Manifesti a Roma (foto: LA REPUBBLICA)



Tommaso Fulfaro - Articolo 21


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"Non ci si può piegare alle azioni di piazza", è stata la secca risposta del premier. (a proposito deel decreto salva-calcio)


"Se viene una richiesta dal mondo dello sport noi certo non chiuderemo le porte - ha continuato - Qualora ci dovesse essere una richiesta ragionevole non ci rifiuteremo di esaminarla". "Noi non abbiamo trovato la soluzione possibile - ha ribadito il presidente del Consiglio - c'era una speranza che è andata delusa".


      PENSIONI: ''Volete sapere come rispondo? C'e' una risposta anticipata, perche' noi l'abbiamo gia' fatta la riforma delle pensioni ed e' all'attezione del Parlamento, dove contiamo di approvarla al piu' presto'', ha assicurato il premier. E aggiunge: ''Il Consiglio dei ministri aveva dato incarico al ministro Maroni di invitare subito le parti sociali dopo lo sciopero. Percio', penso che Maroni fara' questo invito, se puo' gia' oggi o nei prossimi giorni''.


IRAQ:


Silvio Berlusconi rivela di aver programmato una visita in Iraq per il 31 dicembre scorso. Ma il suo blitz e' stato annullato su suggerimento dei vertici delle forze militari italiane. In ogni caso, spiega il premier ''non avrei fatto un viaggio per pura scena''. ''Avevo anche progettato di fare un giro in Afghanistan e poi a Baghdad, a Nassiriya e in Kosovo -rivela il Cavaliere- ma alla fine ritengo piu' utile restare a lavorare a tutte le grandi cose che stiamo facendo e mandando avanti, piuttosto che fare un giro puramente di scena e di rappresentazione che e' il contrario di quello che noi vogliamo''.

''I soldati italiani -precisa poi- hanno scelto la carriera militare con quello che contiene di avventura, compresi anche eventuali rischi legati ad operazioni di peace keeping o di peace and forcing. I nostri uomini sono assolutamente contenti di quel che fanno. Son contenti di essere utili in paesi dove danno una mano alla popolazione e alla ricostruzione civile e democratica. Sono contenti, ripeto, di essere li'. Quindi, non voglio piu' sentire espressioni, come quelle che vengono dalla sinistra del tipo 'guarda quei poveri ragazzi'''.

Sul ruolo delle forze militari alleate sul territorio iracheno, il premier precisa: ''Le truppe che sono in Iraq, comprese quelle nostre, non si possono certo definire truppe di occupazione ma di liberazione e pacificatrici''. ''Anzi -aggiunge- noi subiamo anche un peso economico per avere tanti militari in giro nel mondo, ma questa nostra presenza con un cosi' alto numero di soldati, ci da' anche un peso politico rilevante''.

Berlusconi precisa inoltre che il governo italiano non ritirera' le sue truppe in Iraq. ''Nessuno ritirera' le sue truppe in Iraq -assicura il Cavaliere- nemmeno la Spagna ha detto che le ritirera'. Tutti chiedono un maggior coinvolgimento dell'Onu e mi sembre che questo coinvolgimento ci sia gia'. Se poi, potesse ampliarsi sarebbe una cosa buona''. L'importante, aggiunge, ''e' che questo processo di democratizzazione possa veramente avanzare in modo che il 30 giugno la sovranita' passi al governo iracheno provvisorio. Cosi' si potranno fare le elezioni all'inizio dell'anno prossimo''. ADNKRONOS

giovedì 25 marzo 2004

  Lo sguardo blu della piccola orecchierosate tigre di Sumatra 


per sognare e poi essere svegliati da un soffio di morbido pelo striato.

La legge che arricchisce Mediaset


Fedele Confalonieri è arcicontento


Tocca il 4 per cento il rialzo di Mediaset in mattinata dopo il sì della Camera al disegno di legge Gasparri


Aveva le sue buone ragioni ad esultare il presidente di Mediaset quando ha saputo dell’approvazione alla Camera della legge Gasparri. Il curatore nominale degli affari di Silvio Berlusconi aveva convocato i giornalisti per comunicare il bilancio record di Mediaset. E oggi, Fedele Confalonieri, e’ ancora più raggiante perché anche la Borsa ha creduto che la legge (che dovrà ancora essere votata al Senato) premierà soltanto l’azienda del premier. Alla faccia delle osservazioni del Presidente della Repubblica e della incostituzionalità palese del provvedimento che danneggerà il pluralismo dell’informazione.


"Tocca il 4 per cento il rialzo di Mediaset in mattinata dopo il sì della Camera al disegno di legge Gasparri”, recita un’agenzia di stampa. Più chiara di così nel giorno in cui l’Istat comunica il record negativo registrato a gennaio del fatturato dell’industria italiana, il peggiore almeno dal 2001, da quando si e’ insediato questo governo: -9,3 per cento sul mercato estero rispetto al – 5,3 per cento del mercato nazionale. E il divario e’ presente anche sugli ordinativi: rispettivamente –7,5 per cento sul mercato estero e –5,5 su quello interno (totale –6,1 per cento).


Questi sono i numeri del declino Italia. Altro che quelli apparsi sui manifesti elettorali di Silvio Berlusconi. Ma ciò che colpisce di più nelle dichiarazioni di ieri di Fedele Confalonieri e’ la faccia tosta del presidente di Mediaset che forse si candiderà a sindaco di Milano: “Il conflitto d’interesse c’e’. E ha due sole soluzioni. O Berlusconi abbandona la politica o lascia Mediaset”. In altre parole ha voluto dire: “il nodo del conflitto d’interessi resterà irrisolto per tutta la legislatura”. Bisogna mandarli a casa, al più presto.


da Articolo 21

mercoledì 24 marzo 2004

&n...

       si sveglia


e sbadiglia, il gatto;


poi, l'amore   


Issa


 

Il movimento per la pace e il ruolo dell’informazione


"Sulle manifestazioni in Italia e nel mondo l'informazione fornita in Italia è stata, semplicemente, una falsificazione. Così macroscopica e clamorosa, da costituire una partecipazione 'militante' al tentativo di far guerra al Movimento per la Pace. Che questo derivi da coordinata premeditazione o da grossolana superficialità, in nessuno dei due casi risultano sminuite la responsabilità e la gravità". E' quanto sottolineano Don Luigi Ciotti del Gruppo Abele, Gino Strada di Emergency e padre Alex Zanotelli su come i media hanno riferito della manifestazione di sabato 20 marzo.


"Come già il 15 febbraio 2003 (scrivono i tre esponenti del movimento per la pace), sabato scorso si è svolta a Roma la manifestazione più consistente tra quante se ne sono contemporaneamente svolte nel mondo. A questo proposito, la stampa degli Stati Uniti ha ripreso l'immagine di “seconda superpotenza mondiale” per riferirsi al Movimento per la Pace.


“Gran parte dei media italiani, invece, (denunciano Strada, Ciotti e Zanotelli) ha ridotto questo avvenimento al resoconto della stolta e volgare aggressione di un gruppo di esagitati al leader dei DS Fassino, un episodio per il quale non abbiamo nessuna comprensione ed esprimiamo la più severa condanna.


Tanti cittadini italiani hanno espresso la loro volontà di pace, il rifiuto 'della guerra che è terrorismo e del terrorismo che è guerra', la convinzione che le truppe di occupazione non possono promuovere la pacificazione, la richiesta che vengano ritirate. L'informazione italiana ha nascosto e negato la realtà e la consistenza di questo fatto”.


I tre esponenti pacifisti concludono, poi: “Il Movimento per la Pace è ovviamente molto più di quel che ne dicono o ne tacciono i media italiani, e non soccombe alle calunnie e agli occultamenti. È una realtà in atto e in divenire, con i caratteri e i contenuti che milioni di persone esprimono in Italia e nel mondo". [...]


[...] La speranza per i “terzisti, riformisti fondamentalisti e trasformisti” che la marcia per la Pace facesse “flop” è svanita nel lungo pomeriggio ventoso della Capitale!
Se non proprio 2 milioni, almeno un milione e mezzo di gente variopinta e non-violenta è scesa per le strade di Roma con dignità, ironia, consapevolezza e tanta voglia di sentirsi uniti.


Quello per la Pace è sempre di più un movimento unico, internazionale, che spazia dalle posizioni politiche di sinistra, anche estrema, fino a settori moderati, non ideologizzati. Attraversano queste schiere gruppi organizzati spinti da mozioni religiose e da semplici prese di coscienza “prepolitica”. Giovani che altrimenti non si accosterebbero ai partiti politici o alla partecipazione del “gioco elettorale”, classi sociali diverse ed economicamente contrapposte che si saldano sulla scia di valori universali più forti delle ideologie e delle appartenenze politiche.


Si tratta di un movimento che ha la memoria da elefante e che al momento opportuno farà pesare il proprio ruolo nelle scelte elettorali (il caso spagnolo docet!). Stia quindi attenta la destra al potere in Italia e non solo (le elezioni regionali francesi vinte dalla sinistra confermano questo trend).


Purtroppo ad oscurare il successo “mondiale” della manifestazione romana (lo dimostra lo spazio dedicatole dai media internazionali) è sopraggiunto l’episodio violento contro Fassino, pane per i denti di tutti quei media che non vedevano l’ora di poter così “negativizzare” il movimento e l’evento stesso. In parte ci sono riusciti, ma hanno creato nell’opinione pubblica rancori e disaffezione, che spingeranno milioni di persone a ricorrere ad altre fonti informative nei prossimi mesi, non fidandosi più neppure delle “autorevoli” firme di alcuni grandi quotidiani. Ci sarà quindi da lavorare molto per i siti informativi “fuori dal coro” come il nostro, ma anche per le TV e le Radio che non si sono piegate alla “disinformazione” interessata legata in qualche modo alla destra al governo.


La stessa improntitudine, sciatteria professionale e scarsa capacità informativa sono state mostrate dai media nell’affrontare gli incidenti avvenuti prima, durante dopo il Derby tra Roma e Lazio all’Olimpico, Domenica scorsa. C’è una contiguità tra la tifoseria, l’appartenenza ad un clan giornalistico sportivo e le società di calcio (che poi si rifanno ad ambienti politici ed economici della destra al potere) che è difficile sradicare. Sono anni che assistiamo ad un Circo Barnum mediatico del calcio strillato, che avvelena le coscienze di giovani e non solo, che porta soldi, tantissimi, nelle casse delle televisioni ( Mediaset e Sky soprattutto), che non analizza a fondo questo fenomeno ormai snaturato del “calcio business”.


Il calcio giocato è ormai una “polpetta avvelenata” che sta mitridizzando gli stessi gruppi di potere che lo gestiscono in barba ad enormi conflitti di interessi (Berlusconi presidente del consiglio, del Milan e di Mediaset, amico e raccoglitore di pubblicità per la Sky di Murdoch, solo per fare un esempio!), tanto da cercare soluzioni fantasiose con decreti legge interessati, senza però sradicare le anomalie del business pedatorio.
Ma si sa che il calcio serve anche ad ottenere consensi politici. I gruppi degli ultras da decenni sono contigui con le società, le ricattano e spesso sono da queste stesse coccolati, a volte per manipolare le campagne acquisti, altre per togliere di mezzo qualche giocatore scomodo oppure un allenatore troppo indipendente, oppure per premere sul governo per ottenere privilegi fiscali.


Negli stadi e subito fuori, nelle loro vicinanze, si respira aria di violenza (qualcuno la chiamerebbe “maschiaUrbani?? ), che copre ambienti neofascisti e squadristi, manovalanza politica a buon mercato per le elezioni. Chissà perché oggi i media non indagano su questi ambienti, come si faceva un tempo, nel tentativo di “bonificare” la tifoseria e far ritornare le famiglie negli stadi.


Ultima annotazione. Il provincialismo dei nostri media è talmente evidente che di fronte al riacutizzarsi degli eventi bellici in Palestina, in Iraq e in Afghanistan, passando per il Kossovo, scarse e di routine sono le informazioni, manchevoli gli approfondimenti, pur di rimanere attaccati al polverone degli “incidenti squadristici” avvenuti fuori della marcia della Pace, o della sospensione del Derby, richiesta dai giocatori di Roma e Lazio, sulla scorta di informazioni false, fatte girare da gruppi di ultras.


“Mala tempora” currunt ha scritto il politologo Sartori! Che da un male scaturisca occasione di riflessione e di miglioramento sta a noi tutti, giornalisti e uomini liberi della politica vera, nobile, far sì che si realizzi. Quello che sta accadendo nel resto dell’Europa e negli Stati Uniti ci conforta! - fonte: Articolo 21


Grande interesse in America per il libro “Il prezzo della lealtà”, che il


giornalista Ron Suskind ha scritto sulla base dei documenti forniti dall' ex


ministro dell'amministrazione Bush, Paul 'O Neill. Argomento: le bugie di


Bush e compagni per i cittadini USA e tutto il resto mondo. Pensate,


"Bush + Berlusconi" = ...


Ma da noi non esiste un O' NEILL, almeno uno solo? h


martedì 23 marzo 2004

per una nuova giorn...

per una nuova giornata leggera come petali di narciso, se appena appena


possibile ...


 

22 March 2004: World Water Day


focalizza l'attenzione su Acqua e Disastri


 Uno slum di New Delhi - da OW


L’acqua « fonte di vita » è un bene comune che


appartiene a tutti gli abitanti della Terra


CAMPAGNA ACQUA DI TUTTI

ASSEGNATI 144MILA EURO AI PROGETTI IN AFRICA E AMERICA LATINA PER PORTARE L'ACQUA A CHI NON CE L'HA! (fonte: CIPSI)



India: no alla privatizzazione dell'acqua a New Delhi


martedì, 23 marzo, 2004


La Giornata mondiale dell'acqua è stata l'occasione per lanciare a New Delhi la "Campagna contro la privatizzazione dell'acqua" e per fare pressioni sul governo locale per risolvere il problema della scarsità di questo bene primario. La capitale dell'India, che conta quasi 14 milioni di abitanti, deve affrontare ogni giorno la carenza di quasi 800 milioni di litri d'acqua. Per risolvere il problema il governo locale ha istituito una Commissione, la Delhi Water Regulatory Commission, il cui compito primario è quello di privatizzare l'acqua. Ma la privatizzazione porterebbe - secondo la Campagna - ad un aumento del 40% del prezzo attuale.


La Campagna "Save our water" è stata lanciata lo scorso gennaio dal World Social Forum di Mumbai nell'ambito del People's World Water Forum (PWWF) chiedendo il riconoscimento dell'acqua come diritto e opponendosi a quelle compagnie che favoriscono la sua privatizzazione, come la Coca Cola e Suez Ondeo Degremont che con la Vivendi sono tra le maggiori multinazionali del settore.

Secondo il Centro di Ricerche per la scienza, tecnologia e l'ecologia (
RFSTE) di New Delhi diretto da Vandana Shiva, in India alle compagnie private è permesso il controllo dell'acqua senza alcun investimento nel settore. "Tutte le infrastrutture della centrale dell'acqua - dalle condutture ai canali di scolo - sono finanziate con denaro pubblico", ribadisce Afsar H. Jafri, direttore aggiunto del Centro. La multinazionale che controlla l'acqua a New Delhi è la francese Suez Ondeo Degremont. Secondo uno studio della Banca Mondiale, la capitale indiana è la peggiore tra le 27 metropoli mondiali per quanto riguarda accesso all'acqua, che è disponibile alla popolazione solo per otto ore al giorno.

Circa
65mila villaggi in India mancano di acqua: in un secolo il Paese asiatico è passato da nazione con abbondanza d'acqua alla carenza di acqua. In India si vendono annualmente 90miliardi di litri d'acqua imbottigliata con un fatturato pari al 40% di quello del petrolio. [GB]


Fonti: OneWorld on Yahoo News


lunedì 22 marzo 2004


Violette odorose per dolci sogni nella notte


e freschi pensieri nel mattino



chow-chow            
 


20 marzo 1994 Ilar...

20 marzo 1994


Veilchen Ilaria Alpi e Miran Hrovatin uccisi in Somalia


A Mogadiscio, un commando somalo uccide la giornalista Ilaria Alpi, inviata del Tg3 della Rai, e l'operatore Miran Hrovatin che seguono le vicende della missione Onu "Restore Hope" in Somalia. Si pensa subito ad un agguato da parte di una delle fazioni somale in lotta. (da REPUBBLICA)


Prima e dopo questa data, numerosi giornalisti sono stati uccisi mentre svolgevano il loro lavoro.


"Grazie alla Commissione di inchiesta ora non ci saranno barriere politiche"
Giorgio Alpi


(...) Giorgio Alpi ha ringraziato per l' opportunità che il lavoro della Commissione potrà dare per ricordare la figlia. "Non più con disperazione e dolore - ha sottolineato - ma con tranquillità, perché sapremo che il loro sacrificio non è stato inutile, in un Paese che spesso sa dimenticare". Un grazie rivolto in particolare a Casini e Taormina per il loro impegno. In precedenza era stato lo stesso presidente della Camera ad esprimersi con affetto nei confronti della giornalista e dell'operatore uccisi in Somalia, ma anche dei loro colleghi. "Noi uomini politici e istituzioni - ha affermato - dobbiamo rinnovare la nostra gratitudine per il servizio straordinario che viene dal lavoro dei giornalisti". Casini ha poi ricordato che la Camera, oltre ad avere istituito una commissione d'inchiesta sulla morte di Ilaria Alpi e di Miran Hrovatin, ha intitolato un premio alla cronista del Tg3, a Maria Grazia Cutuli e ad altri "servitori dello Stato che facendo lealmente il proprio lavoro, servono il proprio Paese e le istituzioni". "Voglio esprimere la gratitudine che tutte le istituzioni - ha affermato ancora il presidente della Camera - hanno per il sacrificio straordinario di Ilaria e Miran. (...)


da Articolo 21


domenica 21 marzo 2004

La marcia degli ultimi 


   Il 20 marzo per le strade di Sidney si sfilerà contro la guerra in Iraq, ma anche per i diritti civili degli aborigeni e dei richiedenti asilo al Continente.


La testimonianza di un attivista della Stop the War Coalition australiana e le storie di chi in Australia fatica a vivere. Il 20 marzo per le strade di Sidney si sfilerà contro la guerra in Iraq, ma anche per i diritti civili degli aborigeni e dei richiedenti asilo al Continente. La testimonianza di un attivista della Stop the War Coalition australiana e le storie di chi in Australia fatica a vivere


GIORNATA MONDIALE DELLA POESIA 2OO4


manuscript image




Qual è colüi che sognando vede,
che dopo ‘l sogno la passione impressa
rimane, e l’altro a la mente non riede,


cotal son io, ché quasi tutta cessa
mia visïone, e ancor mi distilla
nel core il dolce che nacque da essa.


Così la neve al sol si disigilla;
così al vento ne le foglie levi
si perdea la sentenza di Sibilla.


O somma luce che tanto ti levi
da’ concetti mortali, a la mia mente
ripresta un poco di quel che parevi,


e fa la lingua mia tanto possente,
ch’una favilla sol de la tua gloria
possa lasciare a la futura gente;


ché, per tornare alquanto a mia memoria
e per sonare un poco in questi versi,
più si conceperà di tua vittoria.


Dante Alighieri, Paradiso, XXXIII 58-75


sabato 20 marzo 2004

ROMA - Numerose le manifestazioni organizzate dai movimenti pacifisti che si sono svolte nel mondo per protestare contro la guerra in Iraq in occasione del primo anniversario dell'intervento militare nel paese.


 ROMA


STATI UNITI
Almeno 250 manifestazioni si svolgono negli Usa in almeno 150 localita' per chiedere la fine dell'occupazione in Iraq. Occhi puntati sui dintorni della base militare di Fort Bragg, in North Carolina, dove i pacifisti americani sfilano non lontano dai cortei patriottici favorevoli alla guerra in Iraq. Le manifestazioni maggiori sono quelle di New York e di San Francisco, dove dimostrazioni e incidenti si erano gia' verificati ieri, di fronte alla sede della Bechtel, una delle aziende impegnate nella ricostruzione dell'Iraq. A Washington si conclude una marcia di pacifisti avviata, una settimana fa, a Dover, nel Delaware -davanti all'obitorio dove giungono i resti dei caduti in Iraq- con un raccoglimento silenzioso nel centralissimo Mall, di fronte al Campidoglio.



NEW YORK........................................................................SAN FRANCISCO



WASHINGTON D. C.



SPAGNA
Migliaia di persone si sono radunate in serata a Madrid per protestare contro l'occupazione militare in Iraq a nove giorni dalle stragi terroristiche, cosi' come e' avvenuto in altre citta' spagnole, fra le quali Barcellona, con 150.000 manifestanti per le strade, Siviglia, Santander e Gerona. ''Oggi come oggi, Madrid e' la capitale morale dell'Europa, non certo quella politica o militare'', ha proclamato il Nobel portoghese Jose' Saramago in chiusura della manifestazione nella capitale, nel corso della quale sono stati ripetutamente scanditi slogan contro il premier uscente Aznar.


 MADRID

GRAN BRETAGNA
Clamorosa protesta di Greenpeace contro la guerra in Iraq a Londra: due militanti dell'organizzazione questa mattina hanno scalato il Big Ben, il campanile del palazzo di Westminster simbolo della citta', rimanendoci sette ore. L'impresa e' stata tanto piu' stupefacente se si considerano le eccezionali misure di sicurezza prese dalla polizia per proteggere la capitale ed i suoi simboli da eventuali attacchi terroristici. Decine di migliaia di persone, per la polizia 25.000, per gli organizzatori centomila, hanno manifestato contro la guerra a Hyde Park.



 TIME FOR TRUTH

FRANCIA
Alcune migliaia di persone sono scese in piazza a Parigi per prendere parte al corteo dispiegatosi tra la piazza della Bastille e quella di Chatelet. In altre citta' come Lione, Grenoble, Marsiglia, la protesta ha invece coinvolto poche centinaia di pacifisti.

GERMANIA
Migliaia di tedeschi sono scesi in piazza. Tra i tanti slogan dei pacifisti anche quelli a favore del ritorno a casa dei contingenti militari tedeschi sparsi nelle varie regioni del mondo, in particolare in Afghanistan e Kosovo. Il raduno piu' consistente e' stato quello davanti alla base aerea americana di Ramstein (sudovest), la piu' grande base dell'aeronautica Usa in Europa che costituisce uno degli snodi nevralgici dei collegamenti aerei fra le forze americane in Europa e l'Iraq.

GRECIA
Oltre 10 mila persone hanno manifestato ad Atene marciando pacificamente senza alcun disordine, fino all'ambasciata americana ad Atene. Anche a Salonicco si e' svolta un'analoga manifestazione.

BELGIO
Circa 3.500 persone hanno manifestato a Bruxelles per chiedere il ritiro delle truppe alleate dall'Iraq. Numerosi manifestanti hanno lanciato slogan contro il ''sostegno del Belgio all'occupazione dell'Iraq''.

RUSSIA
Circa trecento persone hanno manifestato a Mosca contro la guerra in Iraq. I manifestanti, antiglobalisti e della sinistra comunista e socialista, hanno marciato fino alla centrale piazza Pushkin scandendo slogan.

POLONIA
Alcune centinaia di giovani in diverse citta' della Polonia, ma anche un senatore del partito socialdemocratico Sld al governo dal 2001, hanno protestato contro la partecipazione delle truppe nazionali al conflitto iracheno.

GIAPPONE, COREA E AUSTRALIA
A Sydney, dove l'anno scorso avevano sfilato 200 mila persone, oggi ve ne sono state 3 mila. A Tokyo i dimostranti hanno sfidato la pioggia per marciare. A Seul i manifestanti erano 1.500, per lo piu' studenti che volevano protestare contro l'impegno della Corea del Sud in Iraq.



......................TOKIO..............................................................SEUL


  SIDNEY

EGITTO
Manifestazioni di protesta contro l'attuale ''occupazione'' del territorio iracheno, nonche' contro ''la debolezza dei dirigenti arabi'' si sono tenute in Egitto, in particolare al Cairo e a Minya.


 IL CAIRO

CUBA Manifestazione anche nell'isola caraibica dove piu' di 10.000 persone si sono radunate nella citta' di Cueto.


 BUDAPEST - SANTIAGO - CILE



COPENHAGEN.................................MANILA



20/03/2004 16:27 (ANSA)


PRIMAVERA



Buon 1383, Iran!


Buon Anno, Kurdistan!


(Il primo giorno del mese di Farvardin arriverà a Tehran fra un'ora circa, alle 10:18:37 AM.)


Norûz (Norooz) è la festa del Nuovo Anno in Iran, Azerbaijan, Asia Centrale, Afghanistan, Pakistan, parte dell'India e nelle terre dei Kurdi. La parola "No-Ruz" in Persiano vuol dire "nuovo giorno". La festa celebra l'inizio dell'anno solare e del nuovo anno nel calendario Iraniano e in quello di alcune altre nazionalità. Questo inizio d'anno è stato celebrato dalle più grandi culture dell'antica Mesopotamia in forme diverse. Il Noruz (Nooruz) con i suoi caratteri unicamente Iraniani è stato celebrato almeno negli ultimi 3000 anni.


La tavola delle "sette S" nella tradizione Persiana


1. Sabzeh o germogli, germogli di grano o lenticchie che rappresentano la Rinascita.


2. Samanu è un budino in cui i germogli di grano sono trasformati e portati a nuova vita come dolce, la Trasformazione.


3. Sib è la mela e simboleggia la Salute e la Bellezza.


4. Senjed dolce, frutto secco dell'albero di Loto, simboleggia l'Amore. La sua fragranza e i ruoi frutti fanno innamorare e rendono dimentichi di tutto il resto.


5. Sir è l'aglio in Persiano, rappresenta le virtù medicinali.


6. Somaq (polvere aromatica di bacche violacee) representa il colore dell'aurora e l'apparizione del Dio Sole che vince sul Male.


7. Serkeh è l'aceto, rappresenta la vecchiaia e la pazienza.

giovedì 18 marzo 2004

Buona Notte ... Dolci Sogni ... Risveglio Lieve


augurio a tutte le viandanti e a tutti i viandanti  

 

"Questa non e' la mia guerra"

 

"C'era una volta un aeroplano
un militare americano
c'era una volta il gioco di un bambino.
E voglio i nomi di chi ha mentito
di chi ha parlato di una guerra giusta
io non le lancio più le vostre sante bombe"

Il mio nome è mai più


(Ligabue - Jovanotti - Pelù)


18 marzo 2004 - Il sergente Camilo Mejia ha fatto il suo dovere per cinque mesi, servendo la sua patria adottiva, gli Stati Uniti, sotto il sole cocente dell’estate irachena. Ha svolto compiti di polizia nel cosidetto "triangolo sunnita" tra Baghdad, Falluja e Tikrit, ha partecipato ad alcune missioni militari, ha sparato. Ed è finito in un’imboscata che gli ha segnato la vita. In quella sparatoria tra gli assalitori e i soldati Usa morirono per sbaglio anche dei civili innocenti. A 28 anni, e dopo averne già trascorsi otto nell’esercito, Camilo Mejia da Miami Beach ha capito cos’è la guerra. E, dopo un periodo di licenza trascorso a casa, ha deciso che lui in Iraq non vuole più tornare. “Questa è una guerra guidata dal petrolio, e credo che nessun soldato si arruoli per combattere per il petrolio”, ha detto.


Rischia, il sergente che ha imparato a odiare quello per cui è stato addestrato. Rischia di essere incriminato per diserzione, di farsi cinque anni di prigione per non essersi presentato alla sede del Primo battaglione, 124/o Reggimento di Fanteria a Fort Stewart, in Georgia, alla fine dei trenta giorni di licenza che gli spettavano. Se non scattasse l’accusa di diserzione, Mejia potrebbe comunque essere condannato a un anno di carcere per essere stato assente senza permesso. “Ma sono preparato ad andare in prigione perché ho la coscienza pulita. Qualunque sacrificio dovrò fare, sono pronto a farlo”, ha dichiarato.


Lunedì scorso il latino Mejia – è originario del Nicaragua, ed è arrivato negli Usa nove anni fa – si è presentato a una base della Air Force nel Massachusetts. Sapeva a cosa stava andando incontro, ma voleva comunque avviare le pratiche per chiedere di diventare obiettore di coscienza. Gli hanno ordinato di consegnarsi immediatamente all’unità della Guardia Nazionale della Florida. Lo ha fatto il giorno dopo, accompagnato dalla madre, da una zia e da Oliver Perez, un commilitone conosciuto in Iraq e che di lui dice: “Ho combattuto vicino a lui in molte battaglie. Non è un codardo, è un leader coraggioso”.


Il sergente Mejia è il primo soldato Usa a essersi ribellato alla guerra di Bush prendendo una decisione così estrema. Ma non è l’unico: nei giorni scorsi un ufficiale statunitense impegnato nella missione Iraqi Freedom ha rivelato che due medici militari hanno fatto richiesta di diventare anch’essi obiettori, perché per loro l’idea di uccidere delle persone è “rivoltante”.


Alessandro Ursic - da Peace Reporter

Mai più gu...








Mai più guerra. Mai più violenza. Mai più terrorismo









www.iraqbodycount.org




www.iraqbodycount.org


da Articolo 21



"Quasi un anno dopo la guerra, che si supponeva di portare la "liberazione" agli Iraqis ... (ha conseguito) la diffusione della violenza contro le donne."


Houzan Mahmoud
The Guardian (UK)
March 8, 2004


Jean-Paul Sartre: "Quando i ricchi si fanno la guerra, sono i poveri che muoiono"


    NOT IN OUR NAME



mercoledì 17 marzo 2004

Nessuno tocchi Ferrara!


L'editoriale più duro contro Berlusconi da quando è al governo arriva da "Il Foglio"


"andiamo avanti nella più assoluta libertà, senza più illusioni e senza rancori, finché la proprietà editoriale non deciderà di cacciarci"


Ecco il testo dell' editoriale: "Il voto ad personam della destra parlamentare contro Adriano Sofri mostra chiaramente il carattere cialtrone della coalizione che governa questo paese. I suoi partiti, la maggioranza dei suoi deputati, il suo leader Silvio Berlusconi, uno che sa distrarsi come pochi altri quando non si tratti degli affari suoi, hanno dato una prova miserabile". "Berlusconi aveva detto e scritto in coscienza, e si tratta della vita di un uomo e di un caso civile di evidente valore, che 'sono maturi i tempi per la grazia a Sofri'. Da un anno e mezzo si è fatto prendere in giro da un manipolo di vecchi missini riciclati e dal capociurma delle tifoserie varesotte della Lega, e dopo avere ceduto a questi inflessibili garantisti, a questi combattenti strenui per la libertà e il diritto, ma solo in casa propria e a proprio vantaggio, dopo aver rinunciato a esercitare dignitosamente le sue prerogative di guida, ha pensato bene di dare lo squillo di tromba della ritirata: il Cav. non vuole grane prima delle elezioni, e la legge Boato vada a farsi fottere, e con la legge tutto, coscienza personale e ragionevolezza politica e civile di una soluzione umanitaria alla quale si frapponeva solo l'idiosincrasia per gli intellettuali del burocrate che fa le funzioni di Guardasigilli e di quattro mozzorecchi forcaioli. Noi sul caso Sofri non abbiamo mai fatto, da sedici anni a questa parte, cioè da un tempo in cui Berlusconi si occupava solo del Milan e delle sue tv, una battaglia ideologica o anche solo politica. Abbiamo detto quel che pensavamo nell'ordalia dei processi, abbiamo chinato il capo e messo la più rigorosa sordina al nostro convinto innocentismo di fronte ai verdetti finali, abbiamo chiesto un provvedimento di grazia per un prigioniero esemplare, che era stato un imputato esemplare dal punto di vista del funzionamento dello stato di diritto in una democrazia moderna. Ci è stato detto che avevamo ragione, che la nostra richiesta era condivisa, e alla fine che la soluzione Boato era 'ragionevole'. Poi è stata tradita vergognosamente la parola data, e con un voto gaglioffo una legge che autorizzava il presidente della Repubblica a esercitare un potere che la Costituzione gli garantisce in via esclusiva è stata colpita e affondata per paura delle 'pernacchie', come ha detto Er Pecora, uno degli statisti della Casa delle libertà e della galera". "Questo giornale - conclude l' editoriale - è nato da un patto d'amicizia non servile con Berlusconi, ora dovrebbe chiudere all'istante, insieme con un'amicizia consumata. Essendo un giornale minimamente utile, andiamo avanti nella più assoluta libertà, senza più illusioni e senza rancori, finché la proprietà editoriale non deciderà di cacciarci. Poi ne faremo un altro, se possibile ancora più bello.


 

martedì 16 marzo 2004

Sedna



Sedna, il più freddo e più lontano luogo conosciuto nel


sistema solare; probabilmente il primo oggetto nella


nube Oort a lungo ipotizzata.



L'immagine di Sedna creata da un artista. Il Sole è un


piccolo punto di luce lontano otto miliardi di miglia dal


planetoide rosso. Nelle vicinanze si ipotizza la presenza


di una piccola Luna. (da: NASA)


Inuit carving of the sea goddess Sedna


Sedna, Dea del Mare nella Mitologia Inuit


[Catalog Image of PIA05568]


PIA05568: Sedna Discovery Image


lunedì 15 marzo 2004


Foto

“Estamos de estreno, de estreno de una nueva mayoría política, un nuevo tiempo con otro talante, otras formas, otro espíritu”; decía José Luis Rodríguez Zapatero en la primera entrevista que concede a un medio de comunicación tras el histórico vuelco electoral del 14-M. (CADENA SER)


«E' una vittoria del popolo spagnolo»


«Come avevo promesso in campagna elettorale, ritirerò le truppe spagnole dall'Iraq entro il 30 giugno se a quella data il controllo del potere nel paese arabo non sarà passato nelle mani delle Nazioni Unite», ha detto il socialista Josè Luis Rodriguez Zapatero, nella sua prima intervista da candidato eletto alla consultazione di domenica. «È un impegno che ho assunto prima degli attentati: - ha continuato il leader socialista - in molte occasioni ho detto che la guerra in Iraq è stato un disastro, e l'occupazione continua ad esserlo, perchè solo ha generato altro odio».

«La lezione deve servirci: queste cose hanno sempre una conseguenza e già ce n'è stata una, i risultati elettorali di ieri in Spagna. E la seconda sarà che le truppe spagnole torneranno a casa».


«Bush e Blair dovranno riflettere e fare autocritica, per evitare che le cose tornino a farsi in questo modo: non si può bombardare un popolo in caso fosse necessario, non si può lanciare una guerra in base a delle bugie», ha sottolineato Zapatero, «il terrorismo non si può combattere con le guerre, perché le guerre moltiplicano l'odio, la violenza e il terrore».






Dedicato al Pacifico Consapevole Responsabile


Coraggio dei Nostri Compatrioti Spagnoli




"Solo nella penombra, tra le ombre, annida la liberazione anche per il sole: la liberazione dal suo proprio regno che con il suo potere imprigiona anche lui." Maria Zambrano, filosofa Spagnola



"... troppe nefandezze sono oggi compiute;
gli uomini sono considerati come cose;
ucciderli è un rumore,
un oggetto caduto.
E bisogna rifarsi dal fondamento originario...,
dall'inizio,
dal basso,
dall'esistenza dei singoli proprio come esistenti,
ed amarli proprio come tali,
come fa la madre.
Se non tutti faranno così
sarà pur bene che qualcuno lo faccia:
il fuoco viene sempre acceso da un punto.
"


Aldo Capitini



"La nonviolenza è la più grande forza a disposizione dell'uomo. E' più potente della più potente arma di distruzione ideata dall'ingegno dell'uomo. La distruzione non è la legge degli esseri umani." Mahatma Gandhi


"L'uguaglianza è un bisogno vitale dell'anima umana. Essa consiste nel riconoscimento pubblico, generale, effettivo, espresso realmente dalle istituzioni e dai costumi ..." Simone Weil


"Finché non avremo equamente diviso le risorse del mondo non vi sarà giustizia, senza giustizia non vi è pace e senza pace non vi sarà libertà in nessuna parte del mondo." Willy Brandt


"Quando sono uscito di prigione, questa era la mia missione, liberare sia gli oppressi che l'oppressore. Oggi abbiamo soltanto conquistato la libertà di essere liberi, il diritto a non essere oppressi." Nelson Mandela


"La verità non ha un suo tempo particolare.
La sua ora è adesso, sempre, e più che mai quando sembra
maggiormente inopportuna alle circostanze del momento" Albert Schweitzer


"Ho il dovere di vivere nel modo migliore e con la massima convinzione, sino all'ultimo respiro: allora il mio successore non dovrà più ricominciare tutto da capo, e con tanta fatica. Non è anche questa un'azione per i posteri? " Etty Hillesum, (Diario 1941-1943)


"Ci impegniamo a portare un destino eterno nel tempo,
a sentirci responsabili di tutto e di tutti.
Ci impegniamo non per riordinare il mondo,
non per rifarlo su misura,
ma per amarlo.
Ci impegniamo perché noi crediamo all’amore,
la sola certezza che non teme confronti,
la sola che basta per impegnarci perpetuamente." don Primo Mazzolari


Se l'occhio non si esercita, non vede,


se la pelle non tocca, non sa,


se l'uomo non immagina, si spegne.


Quasi ho pudore a scrivere poesia
come fosse un lusso proibito
ormai, alla mia vita.
Ma ancora in me il ragazzino canta
seppure esperto di fatiche e lotte, meravigliato dai capelli bianchi,
necessitato d'essenzializzarsi:
e al varco d'un malanno scrive versi
come una volta
quando il silenzio diventava colmo
futuro, chiarezza che bruciava
la fatica del fare successivo.


Nel mio bisogno di poesia, gli uomini,
l'acqua, il pane, la terra,
son diventati le mie parole:
son cresciuto inventandoli.


Non importano i versi
ma in quanto non riesco a illimpidirmi
e a illimpidire, prima di dissolvermi,
invece di volare come un canto
l'impegno mi si muta in un dovere" Danilo Dolci



“L'amore non ha confini. Il mio nazionalismo include l'amore di tutte le nazioni della terra, indipendentemente da qualsiasi credo”. Mahatma Gandhi (2 maggio 1935)



.....e dedicato a tutti gli uomini e le donne ...


domenica 14 marzo 2004

Silenzio a Madrid



12 Marzo 2004


Silenzio in Europa, Silenzio nel Mondo.


Alto il canto dell'amore e della giustizia e della pace, insopprimibile canto.

sabato 13 marzo 2004

Buona alba o au...



Buona alba o aurora o mattina di primavera (quasi)

STRAZIO E STRAGI IN UGANDA


UGANDA


Un riparo per la notte (10/03/04)


Children in gulu


Bambini Ugandesi. Spesso vengono rapiti (BBC news)


Bambini Ugandesi alla fermata di un autobus nella città di Gulu mentre tentano di sfuggire ai rapimenti del LRA 20 Agosto 2003 (Reuters)



Arrivano a Gulu in gruppi, tutte le sere. Fino a 12.000 bambini, per la maggior parte di 10 anni d'età, anche se alcuni hanno solo due anni, percorrono molte miglia a piedi, dai villaggi e dai campi sfollati che circondano questa città dell'Uganda settentrionale, nella speranza di trovare un riparo per la notte. Il mattino dopo ripartono in massa, per raggiungere le scuole vicine a casa loro. Torneranno qui più tardi, la sera.


"E' spaventoso vedere queste masse di ragazzini, che trasportano coperte, sacchi a pelo, persino materassi", dice Bastien Vigneau, vicedirettore delle operazioni di Medici Senza Frontiere in Gulu. "E' impressionante in termini di dignità umana."


Vengono chiamati 'i pendolari della notte', un eufemismo che nasconde una sgradevole, crudele realtà. Si calcola che, in tutta l'Uganda settentrionale, circa 50.000 bambini prendano parte ogni notte a quest'esodo, per cercare un riparo nel centro delle città, lontano dal terrore di essere attaccati o rapiti dai soldati del Lord's Resistance Army (LRA). Un terrore spesso giustificato, soprattutto in questi ultimi due anni, da quando il conflitto iniziato 18 anni fa si è intensificato nell'Uganda del nord.


Gulu ospita 30.000 persone. Durante il giorno i mercati ben riforniti brulicano d'attività. La città ha tre ospedali e una clinica privata, che attira gente da Kampala per interventi come la liposuzione e l'inseminazione artificiale. Ma, quando scende la notte, i bambini tornano, e, con il coprifuoco delle nove, le strade si svuotano. Qualche colpo d'arma da fuoco ricorda alla gente che la guerra nelle campagne continua.


Quando i cancelli dell'ospedale di Lacor, nel nord est della città, si chiudono alle nove di sera, il cortile centrale dell'ospedale ospita quasi 5.000 bambini. C'è ben poco controllo, e, quando piove, i ragazzi più forti si fanno strada a suon di gomitate per conquistare un posto al coperto, sotto il tetto di una veranda che può ospitare al massimo un migliaio di bambini.


Dormire all'aperto significa esporsi a molti rischi per la salute. Ogni notte, per esempio, un'équipe di MSF cura fino a 600 ragazzi colpiti da scabbia, una grave malattia della pelle causata da acari che si annidano sotto la cute e aggravata dal vivere a stretto contatto con altre persone. Un'inchiesta condotta nel dicembre 2003 dalla International Organization for Migration (IOM, organizzazione internazionale per la migrazione) ha rilevato che il 35% dei bambini ha subito abusi, e che molti si sentono minacciati sessualmente. La metà di questi bambini mangia un solo pasto al giorno.


"Puoi vedere il dolore negli occhi dei bambini", ha raccontato Vigneau. "Sono stanchissimi, ma non riescono a dormire."


E con la stagione delle piogge in arrivo tra poche settimane, questo dolore potrà solo aumentare.



Uganda: il villaggio dei bambini-soldato


 


“I ribelli li obbligavano a mangiare carne umana o ad uccidere un parente, se avessero provato a fuggire. Li abbiamo trovati ai margini delle strade, in stato di choc. Sono stati vittime di violenze fisiche e psichiche spaventose. Ora sono al sicuro, stiamo cercando di restituire loro quello che anni di guerra e sofferenze hanno negato: una vita normale”.


A parlare è Richard Kinyera, direttore del centro di riabilitazione SOS del villaggio di Gulu, nel nord dell’Uganda. La sua voce è quella di un uomo rassegnato. Con l'aiuto dei suoi collaboratori ha accolto più di 150 bambini rilasciati o fuggiti dai ribelli dell’LRA (Lord’s Resistance Army), l'esercito che da anni si oppone con la violenza al governo del presidente ugandese Museweni. Guidato dall’enigmatico Joseph Kony, che afferma di essere posseduto dallo spirito santo e di avere poteri sovrannaturali, l’LRA ha rapito dal 1986 circa 10mila bambini, oltre a molte donne e ragazze delle regioni del nord dell’Uganda. Ed è dal confinante Sudan, ultima roccaforte dei ribelli in ritirata, che sono arrivate le prime ondate di relitti umani di questa  guerriglia: bambini e bambine senza radici, provati da un conflitto lungo ed estenuante, nati schiavi, senza una famiglia.


 Per loro si sono mosse alcune organizzazioni non governative locali ed internazionali, che hanno creato un centro di accoglienza e di recupero per dare loro una speranza. “Abbiamo dei programmi di riabilitazione. Questi bambini soffrono di forte depressione e di traumi psichici indelebili", spiega Kinyera. "Le ragazze che abbiamo trovato hanno un lungo passato di violenze sessuali da parte dei soldati. E’ sconcertante, soprattutto se si pensa che le più grandi hanno anche meno di quindici anni”. Ai piccoli ex-soldati viene data la possibilità di riabilitarsi attraverso psicoterapie, cure mediche e un tirocinio professionale che apra loro le porte di un nuovo futuro con l’apprendimento di un mestiere.


Di recente, l’Università Makerere della capitale dell’Uganda Kampala, in collaborazione con l’associazione Ugandan Art for Peace, ha organizzato un’esposizione di alcuni disegni dei bambini guerriglieri. Lo scenario che offrono è inquietante. Matite e pastelli scarabocchiano miliziani che massacrano donne e bambini, kalashnikov, pozze di sangue, corpi agonizzanti tra le capanne.


“Questi disegni sono la vetrina di ciò che i piccoli sentono dentro”, racconta Tumusiime Dan, direttore della Ugandan Art for Peace e promotore della mostra. “Orrore, sconforto, rabbia, ma soprattutto tanta tristezza".
"Qui a Gulu hanno trovato una casa, una famiglia e qualcuno che crede in loro. Questo è sicuramente un inizio”, insiste Simon, collaboratore del centro di riabilitazione.


Si stima che altre migliaia di bambini, ancora nelle mani dell’LRA, potrebbero tornare nei prossimi mesi. Ad attenderli ci saranno forse altri istituti, ma solo se arriveranno donazioni e finanziamenti dall’estero. Senza questi, il loro futuro è incerto.


                                                                                 Pablo Trincia - da: Peace Reporter