Thanksgiving
Avevo voglia di parlare della Festa del Ringraziamento oggi, per sentirmi vicina a persone care negli Stati Uniti, ma non speravo di trovare un piattino già pronto con tutte le notizie del caso (non essendo una festa della nostra tradizione, dimentico sempre dei particolari) sul La Stampa di oggi.
Dopo un inverno di privazioni, nella primavera del 1621 arrivò l'abbondanza
Il Thanksgiving nacque tra i pionieri per rendere grazie a Dio
E' del 1863 la consacrazione di Lincoln
Quando nel 1620 i pionieri della Mayflower attraversarono l'Atlantico, sbarcarono sulle scogliere di un territorio che fino ad allora era stato abitato solo da poche centinaia di pellerossa della tribù dei Wampanoag. Il primo anno fu molto duro. I pionieri vivevano in ripari di emergenza e il cibo scarseggiava.
Quasi la metà dei pionieri non sopravvisse all'inverno. Con l'arrivo della primavera del 1621 la situazione migliorò. Grano, frutta e verdura abbondavano. Per l'inverno i coloni riuscirono a mettere sotto sale del pesce e ad affumicare della carne.
Il governatore dei coloni William Bradford indisse così un giorno di ringraziamento a Dio per l'abbondanza ricevuta. Nei decenni successivi i coloni sporadicamente celebrarono un giorno di ringraziamento.
Ma risale al 29 giugno 1676 quella che viene considerata la prima proclamazione del Thanksgiving, redatta da Edward Rawson per conto del governatore della contea di Charlestown, in Massachusetts, che aveva deciso di indire un giorno di ringraziamento per la buona sorte di cui godeva la comunità e per celebrare la vittoria contro gli «indigeni pagani», cioè gli indiani senza cui la colonia stessa non sarebbe esistita.
Nei secoli successivi la tradizione del Thanksgiving si estese a tutto il Paese. Nel 1777 fu indetto per festeggiare la vittoria contro gli inglesi a Saratoga nella guerra per l'indipendenza.
George Washington proclamò una giornata nazionale di ringraziamento nel 1789, ma allora i Puritani erano divenuti una delle tante sette americane. E oltretutto in via di estinzione.
Molti risero dell'idea, a cominciare da Thomas Jefferson, che da presidente non vi diede alcun seguito.Nel 1817 toccò allo Stato di New York A metà del diciannovesimo secolo il Thanksgiving are diffuso nella maggior parte del territorio americano. Nel 1863 arrivò la consacrazione definitiva da parte del presidente Abraham Lincoln.
Da allora ogni presidente ha proclamato anno per anno un giorno di Thanksgiving, non sempre lo stesso ma sempre in novembre, che serve anche a lanciare la stagione delle feste di fine anno e dello shopping natalizio. Nel 1941 il Congresso la proclamò festa legale, il quarto giovedì di ogni mese di novembre, e da allora è un'istituzione.
Con il Thanksgiving gli Americani festeggiano l'esistenza stessa della nazione, toccano con mano il loro mito fondatore, rinnovano la certezza di essere segnati dal destino. Qui rivedono mentalmente la profezia della «città sulla collina» dei puritani, la città simbolica che avrebbe dovuto essere un faro di bontà e di rettitudine per il mondo intero.
Agli Americani auguro di trovare il coraggio e l'energia per far cambiare rotta all'amministrazione appena eletta (eletta?) e per affermare virtù e valori condivisi nel mondo. Voglio evitare polemiche banali sulla storia passata e sulle motivazioni di questa festa agli inizi dell'avventura di quegli antichi Europei, perché allora erano altri tempi, c'erano altre ideologie sia politiche che religiose. Voglio guardare all'oggi. Certo non mi piace questo 'oggi', ma ci sono numerosissime persone negli States che hanno idee di pace e giustizia, e a loro auguro di riuscire a superare la spaccatura tra le due Americhe. Il neoeletto non cambia rotta, perciò Americane e Americani hanno bisogno di sostegno e auguri.
Lascio la parola all'editoriale del NEW YORK TIMES di oggi, quarto giovedì di novembre del 2004.
The Thanks We Give
Published: November 25, 2004
t's not the turkey alone we're grateful for. Not the cranberry sauce or the stuffing or even the pumpkin pie. Some of the people seated at the table are strangers - friends of friends, cousins of in-laws - and some are almost desperately familiar, faces we live and work with every day.
In any other week, today would merely be Thursday and the gathering of all these people - the cooking and serving and cleaning - a chore. But today it doesn't feel that way. The host - perhaps it's you - stands up and asks that we give thanks, and we do, each in our own way. And what we're thankful for is simply this, the food, the shelter, the company and, above all, the sense of belonging.
As holidays go, Thanksgiving is in some ways the most philosophical. Today we try not to take for granted the things we almost always take for granted. We try, if only in that brief pause before the eating begins, to see through the well-worn patterns of our lives to what lies behind them. In other words, we try to understand how very rich we are, whether we feel very rich or not. Today is one of the few times most Americans consciously set desire aside, if only because desire is incompatible with the gratitude - not to mention the abundance - that Thanksgiving summons.
It's tempting to think that one Thanksgiving is pretty much like another, except for differences in the guest list and the recipes. But it isn't true. This is always a feast about where we are now. Thanksgiving reflects the complexion of the year we're in. Some years it feels buoyant, almost jubilant in nature. Other years it seems marked by a conspicuous humility uncommon in the calendar of American emotions.
And this year? We will probably remember this Thanksgiving as a banquet of mixed emotions. This is, after all, a profoundly American holiday. The undertow of business as usual seems especially strong this year. The shadow of a war and misgivings over the future loom in the minds of many of us. Most years we enjoy the privacy of Thanksgiving, but this year, somehow, the holiday feels like part of a public effort to remember and reclaim for ourselves what it means to be American.
That means giving thanks for some fundamental principles that should be honored every day of the year in the life of this nation - principles of generosity, tolerance and inclusion. This is a feast that no one should be turned away from. The abundance of the food piled on the table should signify that there is plenty for all, plenty to be shared. The welcome we feel makes sense only if we also extend it to others.
fonti:
http://www.lastampa.it/Speciali/11%20settembre/ringraziamento/storia.asp
Una bella storia e anche una bella festa. Auguriamoci che sempre più popoli se ne possano inventare una...
RispondiEliminaComplimenti Harmonia anche questo post e' veramente interessante e il tuo blog, tra il serio ed il faceto, e' sempre emozionante. Vorrei linkarti cosi' posso seguirti meglio di tanto in tanto. Ciao grazie per il passaggio.
RispondiEliminaGrande lavoro, cara harmonia! Anch'io ho postato qualcosa sul Thanksgiving, ma è in inglese, mentre tu hai scovato una cosa in italiano. Complimenti per la solita puntualità e accuratezza. Stammi bene.
RispondiEliminaRoberto
Grande lavoro, cara harmonia! Anch'io ho postato qualcosa sul Thanksgiving, ma è in inglese, mentre tu hai scovato una cosa in italiano. Complimenti per la solita puntualità e accuratezza. Stammi bene.
RispondiEliminaRoberto
Grande lavoro, cara harmonia! Anch'io ho postato qualcosa sul Thanksgiving, ma è in inglese, mentre tu hai scovato una cosa in italiano. Complimenti per la solita puntualità e accuratezza. Stammi bene.
RispondiEliminaRoberto