venerdì 5 novembre 2004

A proposito degli Americani che non hanno votato per l'uomo che prega.


Oggi ho trovato nella Repubblica la traduzione di un articolo di Thomas L. Friedman, pubblicato ieri dal New York Times. Fra le letture del giorno dopo l'elezione, il pezzo di Firedman è quello che mi è sembrato più centrato sui significati della scelta Americana.


DUE NAZIONI SOTTO DIO


di Thomas L. Friedman


Beh, come diceva mia nonna, almeno mi è rimasta la salute.


Inizio spesso i miei articoli ponendomi degli interrogativi. L' ho fatto anche ieri. Domanda: come mai non mi sono sentito totalmente a terra quando George H. W. Bush ha sconfitto Michael Dukakis, e neppure quando George W. Bush ha sconfitto Al Gore?


Perché invece ieri mattina mi sono svegliato profondamente turbato?


Risposta: quali che fossero le differenze che mi separavano da Bush senior, riguardavano l'impostazione politica. Ho finito per ammirere molto il suo operato. E quando George W. Bush venne eletto quattro anni fa sulla base di un programma di conservatorismo compassionevole, partendo dal centro, ho supposto ( sbagliando) che lo stesso sarebbe valso per lui. Ma a turbarmi ieri è stata la sensazione che questa elezione è stata determinata da un fiume di consensi per George Bush da persone che non si limitano a sostenere scelte politiche che non condivido, ma sostengono un'America del tutto diversa. Non solo non siamo concordi si cosa l'America dovrebbe fare, ma su cosa è l'America.


E' un paese che non invade il campo delle preferenze sessuali degli individui e delle unioni matrimoniali che essi intendono stabilire?


E' un paese che consente a una donna di avere il controllo del proprio corpo?


E' un paese in cui la linea di separazione tra chiesa e stato lasciataci in eredità dai nostri padri fondatori dovrebbe restare inviolata?


E' un paese in cui la religione non ha la meglio sulla scienza?


E, cosa importantissima, è un un paese in cui il presidente mobilita le sue profonde energie morali per unificarci, invece di dividerci l'uno dall'altro e dal resto del mondo?


Da un certo punto di vista questa elezione non decideva nulla. Nessuno dei problemi reali del paese è stato effettivamente dibattuto. Ma da un altro punto di vista, senza preavviso, è diventata decisiva per tutto. In parte è stato così per l'alto numero di seggi della Corte Suprema in gioco, e in parte perché la base di Bush esercita una tale pressione perché si legiferi su temi sociali e si estenda l'applicazione dei criteri religiosi che sembrava ci accingessimo a riscrivere la Costituzione, non ad eleggere un presidente. Pensavo di essermi registrato nelle liste elettorali ma mi è apparsa davanti la Convenzione Costituzionale.


Il risultato del voto lo ha confermato. A dispetto di un operato in Iraq all'insegna di una totale incompetenza e della stagnazione economica, Bush ha mantenuto il nucleo di stati conquistato quattro anni fa, come se nulla fosse accaduto. L'impressione è che la gente non abbia votato il suo operato, ma la propria squadra di appartenenza.


Non è stata un'elezione, ma un'identificazione di posizione. Scommetto qualsiasi cosa che se le schede non avessero riportato i nomi di Bush e kerry ma semplicemente la domanda: "Guardi Fox Tv o leggi il New York Times?" gli elettori si sarebbero divisi esattamente nello stesso modo. Ciò che mi disturba dei fondamentalisti cristiani pro-Bush non è il fervore spirituale o il fatto che io professi una fede diversa. E' il modo in cui, insieme a Bush, hanno usato quel fervore religioso per incentivare divisioni e intolleranza in patria e all'estero. Rispetto il fervore morale, ma auspico che i Democratici riescano a trovare il modo di sfruttarlo a fini diversi.


"I Democratici hanno ceduto ai Repubblicani il monopolio sulle fonti morali e spirituali della politica americana", ha commentato il politologo della Harvard University Michael J. Sandel. "Non si riprenderanno come partito finché non disporranno nuovemente di candidati in grado di parlare a queste aspirazioni morali e religiose, indirizzandole però a obiettivi progressisti in politica interna e negli affari esteri".


Ho sempre avuto un motto molto semplice quanto alla politica: non metterti mai in una posizione per cui il partito vinca solo a prezzo del fallimento del tuo paese. Non tiferò su queste colonne perché Bush fallisca, agevolando una rimonta democratica. La vittoria non dovrà essere per abbandono, perché il paese è precipitato nel caos, ma perché i democratici hanno nominato un candidato in grado di vincere con un messaggio politico che tocchi il cuore del paese.


Intanto si parla molto del fatto che Bush ha un mandato per la sua politica di estrema destra. Sì, ha un mandato, ma ha anche un appuntamento - un appuntamento con la storia. Se Bush saprà recuperare la situazione in Iraq, fabbricare una soluzione per affrontare la crisi della nostra sicurezza sociale - il che è possibile attraverso un approccio bipartisan e una politica fiscale più equilibrata - se saprà migliorare la competitività americana, impedire che l'Iran acquisisca armi nucleari e trovare una soluzione ai nostri problemi energetici, la storia dirà che ha usato il suo mandato per un grande risultato.


Se farà pressione per concedere ulteriori sgravi fiscali e non riuscirà a risolvere i nostri reali problemi, il suo appuntamento con la storia sarà assai sgradevole, qualunque mandato abbia in mano.


Mi pongo le stesse domande di Friedman sia riguardo a Bush, perché la sua politica invade anche la mia vita personale, sia riguardo a Berlusconi, che per altri versi ha operato cambiando l'Italia che conoscevo. Il problema dell'uso della religione e del 'fervore religioso' è un problema anche qui da noi. E, infine, la preminenza dell'interesse della patria sulle posizioni personali: anch'io mi auguro che Berlusconi non fallisca da adesso in poi (fino a oggi i suoi fallimenti sono stati molti e nei campi più diversi, anche se a lui sembrano successi). E in un post di molto tempo fa richiamai il cavaliere al senso della storia, alla lungimiranza e alla saggezza che non lo avrebbero visto fallire anche nella storia.


L'articolo l'ho copiato da LA REPUBBLICA, 5 Novembre 2004 L'articolo originale, Two Nation Under God, si trova in: http://www.nytimes.com/2004/11/04/opinion/04friedman.html


Stasera in TV: Bowling for Columbine di Michael Moore.

13 commenti:

  1. ti ricordi come il giornalismo parlava di Bush e Gore ? dicevano che erano uguli, uguali nel vestirsi e nelle cose dette...
    dovremo togliere il lavoro ai giornalisti! l'unico che fotografa la realtà americana è Ferrara, al di là delle sue opinioni è l'unico che ha il polso della situazione.

    RispondiElimina
  2. Creonte. Non so se ti diverte lanciare delle provocazioni o parli sul serio. Non lo capisco davvero. Mi sembra, inoltre, che parli per partito preso, perché l'impressione è che tu legga i testi molto al volo. Ciao! harmonia

    RispondiElimina
  3. A me è rimasta impressa la battuta di Hendel:"chi ha voluto questa guerra in Iraq ne risponderà a Dio, ha detto Wojtyla. Dio è con noi dice Bush. A quanto pare uno dei due è male informato e possiamo immaginarci chi."
    Saluti a te, Harmonia cara, prima della mia partenza. Tpno

    RispondiElimina
  4. They will now celebrate their election victory by putting Falluja to the torch. Wolfowitz was furious last spring when the outcry among both Sunnis and Shias obliged the marine corps to abandon its siege; this time he will insist on military victory in Falluja regardless of the political cost across Iraq from civilian casualties. The administration remained sensitive enough to the potential domestic cost of another major offensive in Iraq to delay it until after the presidential polling day, but it will not give a second thought to the adverse impact on public opinion in Britain of escalating civilian casualties.

    cara harmonia, questo passaggio del commento di r. cook sottolinea la calcolata indifferenza dell'amm. bush all'impatto sull'opinione pubbl. britannica (e aggiungerei italiana) delle morti di civili in iraq.

    RispondiElimina
  5. abbraccio..ottimo articolo riportato

    RispondiElimina
  6. il mio commento non c'entrava tanto con l'articolo ripotato OGGI, ma per quelli FATTI 4 ANNI FA: si parlava di internazionalismo legale, del fatto che nel bipolarismo i due candidati son quasi uguali, che le democrazie avanzate non hanno BATTAGLIE CULTURALI da affrontare. INVECE ESISTONO BATTAGLIE CULTURALI DALL'ESITO NON SCONTATO. MMATRIONI gay si o no? velo i no? ecc.

    RispondiElimina
  7. le provocazioni le scrivo solo nel mio blog. Nei commenti amo dare spunti di riflessione. Probabilmente l'estrema sintesi non ha reso ben chiaro il mio pensiero. anche nelle democrazie avanzate esistono le ideologie, il mito della socialdemocrazia noiosa alla svedese non è vera.

    RispondiElimina
  8. "Non si riprenderanno come partito finché non disporranno nuovemente di candidati in grado di parlare a queste aspirazioni morali e religiose, indirizzandole però a obiettivi progressisti in politica interna e negli affari esteri"
    i neocon si considerano tali! per loro la guerra in Iraq è di sinistra! Appoggiare militari, convivere con le mafie come in Corea o in Vietnam non va bene: per loro la giustiza si ottiene non con le politiche alla Kissinger, ma con la guerra DEMOCRATICA come contro Hitler: mettere le spalle al muro all'avversario, sporcarsi le mani di sangue, ma non essere omertosi, denunciare le ingiustizie ( sono come i radicali italiani), non far patti con le mafie o i terroristi ( come invece fece ad es. Andreotti con Gheddafi o gli stesi maericani in Sicilia). Per loro A MEDIO TERMINE la guerra condota senza scendere a patti con i delinquenti paga.

    RispondiElimina
  9. Come credo di averti già scritto, Carter è stato il punto di svolta: ad esempio Condoleeza Rice era democratica, ma il fallimento di Carter la portò ad avvicinarsi ai repubblicani. Era una profonda studiosa della lingua e delle istituzioni russe ed entrò nello staff di Reagan.

    RispondiElimina
  10. per un neocon il nobel per la pace a carter o ad araft sono ridicoli: Reagan per loro ha fatto la pace. Mi dirai che la Russia non è un'eccellente democrazia; un neocon ti risponderebbe che gli USA sono scesi A PATTI, se avessero fatto una vera guerra come contro la Germania o stati sudisti, le cose sarebbero state diverse.
    Scusa la lunghezza, spero di averti comunicato qcosa che ti possa interssare.

    RispondiElimina
  11. grazie per il tuo passaggio,Harmonia...un abbraccio affettuoso e tutta la mia stima:)Mara

    RispondiElimina
  12. sostanzialmente d'accordo con creonte su Ferrara. un caro saluto

    RispondiElimina
  13. Hello,from Belguim,Verry nice Blogs!!
    °°),kiss

    RispondiElimina