“Se Bush vince”, sosteneva la scrittrice statunitense Barbara Probst Solomon poco prima delle elezioni, “negli Stati Uniti il fascismo sarà una realtà possibile” (1). La fede cieca in un leader, una classe lavorativa conservatrice e l’uso della paura come arma politica ne rappresentano i presupposti necessari.
Barbara Probst Solomon si sbaglia e così anche Richard Sennett che, sul Guardian dello scorso mese, ha definito il concetto di sicurezza di stato caro a Bush “fascismo attenuato” (2); lo stesso dicasi per il confuso magma internetiano schierato dalla loro parte. In "The Anatomy of Fascism" Robert Paxton descrive correttamente il fascismo come «[…] una forma di condotta politica marcata da un lato dall’ossessiva preoccupazione per il declino della collettività, dell’umiliazione o del vittimismo, e dall’altra da culti compensatori dell’unità, della forza e della purezza» (3). È difficile leggere la politica repubblicana in questi termini: il fascismo, infatti, arruolava l’élite ma non proveniva dall’élite, e faceva affidamento su un isterico eccitamento del popolo cui George Bush non è mai ricorso.
Tuttavia non si può dire che il progetto Bush non abbia precedenti: esso è, infatti, la ripetizione quasi fedele di un’altra ideologia. Se non lo capiamo, non abbiamo speranza di confrontarci con esso.
Il puritanesimo è forse il meno compreso fra tutti i movimenti politici della storia europea. Nella mitologia popolare viene ridotto ad un triste culto dell’abnegazione con la passione maniacale per le chiese spoglie e l’orrore per ogni forma di divertimento, il che lo allontana considerevolmente dall’etica del consumismo dell’America repubblicana. Tuttavia il puritanesimo fu il prodotto di una trasformazione economica.
Nell’Inghilterra della prima metà del XVII secolo, i regnanti dello stato feudale svolsero un ruolo analogo a quello della democrazia sociale durante la seconda metà del XX secolo. Esso fu esercitato, naturalmente, nell’interesse della monarchia e del clero ma disciplinò anche lo sfruttamento economico dei ceti più bassi. Come osservava RH Tawney in "Religion and the Rise of Capitalism (1926)", Carlo I cercò di nazionalizzare le industrie, controllare gli scambi con l’estero, perseguire non solo i lord che scacciavano dalle campagne i contadini ma anche i datori di lavoro che si rifiutavano di pagare il salario integralmente, nonché i magistrati che venivano meno al compito di alleviare la sorte dei poveri (4).
Ma questo modello non era più attuabile. Nel corso dei precedenti 150 anni, «l’incremento delle compagnie commerciali, non più locali ma internazionali» condussero l’Europa a «concentrare il potere finanziario su una scala prima sconosciuta» e a «sottomettere l’organizzazione collegiale medioevale ad un nuovo potere monetario». L’economia ebbe uno «slancio in avanti determinato da un’immensa espansione commerciale e finanziaria piuttosto che industriale». I re e i principi europei erano diventati «marionette manovrate dai finanzieri» (5).
In Inghilterra l’enorme ricchezza proveniente dall’abolizione dei monasteri si concentrò nelle mani di una nuova classe commerciale la quale, per prima cosa, cominciò ad appropriarsi («enclosing») delle terre scacciandovi gli abitanti. Questo ingenerò una folle speculazione che a sua volta portò alla creazione di complicati apparati finanziari operanti nei mercati a termine, nell’arbitraggio e in quasi tutte le attività che noi oggi associamo al malcostume della vicenda della Enron.
Tutto questo fu denunciato con forza dai primi teologi della riforma inglese. I primi puritani predicavano la generosità, incoraggiavano il ricorso alla giustizia e la punizione di ogni forma di sfruttamento. Questa caratteristica persistette per tutto il XVII secolo fra i coloni del New England, ma nel vecchio paese non aveva alcuna probabilità di sopravvivere.
Il puritanesimo fu innanzitutto la religione delle nuove classi commerciali. Attirò commercianti, banchieri e industriali ai quali Calvino offrì ciò che il vecchio sistema non era stato in grado di fornire: una giustificazione teologica del commercio. Nei suoi insegnamenti il capitalismo non era contro la dottrina cristiana, bensì serviva come mezzo per glorificare Dio. Sulla sua dottrina della purificazione individuale, gli ultimi puritani forgiarono una nuova teologia.
Il cuore di tale teologia consisteva in una «idealizzazione della responsabilità personale» di fronte a Dio che presto si tramutò in una «teoria dei diritti individuali», in cui «il tradizionale schema cristiano delle virtù era quasi del tutto rovesciato». Dalla metà del XVII secolo, molti puritani inglesi videro la povertà «non come una sventura che causa commiserazione e conforto, ma come un difetto morale che porta alla condanna; e le ricchezze non come fonte di sospetto […] ma come una benedizione che premia il trionfo dell’energia e della volontà» (6).
Non fu difficile per loro apportare questo cambiamento. Se la vita cristiana, nell’ideale di Calvino e Lutero, doveva concentrarsi sul rapporto diretto fra l’anima individuale e Dio, allora la società, così come era percepita e salvaguardata dalla Chiesa medievale, diventa un surplus. «L’individualismo in religione portava […] ad una moralità individualista, e tale moralità ad un ridimensionamento del ruolo dell’organizzazione sociale» (7).
A questo gli ultimi puritani aggiunsero un’altra idea: fusero il loro concetto di vocazione religiosa con quello di vocazione al commercio. «Prossimo alla salvezza della sua anima», scriveva nel 1684 il predicatore Richard Steele, al commerciante spetta «la sollecitudine e il dovere di servire Dio secondo la sua vocazione e portarla avanti il più possibile» (8). Il successo negli affari divenne un simbolo della grazia spirituale che l’imprenditore, nelle parole di Steele, interpretava come la «benedizione di Dio sulla sua attività commerciale». Il passo successivo viene da sé. Il ministro puritano Joseph Lee ha parlato della mano invisibile di Adam Smith con più di cento anni di anticipo, quando affermò che «l’avanzamento delle persone private andrà a beneficio di quelle pubbliche» (9). Dicendo “persone private” Lee intendeva, naturalmente, uomini che, dal punto di vista degli affari, stavano distruggendo l’avanzamento di tutti gli altri.
Tawney descrive i puritani come i primi a convertirsi al «nichilismo amministrativo», che noi chiamiamo dottrina della condizione minima. Essi credevano che «le questioni affaristiche dovevano essere trattate esclusivamente da uomini d’affari, evitando l’intrusione di moralità antiquate» (10). Non dovevano rendere conto a nessuno e, in più, formularono una rigida teoria di vincoli sociali che individuava nell’aiuto dei poveri la causa della pigrizia e della dissoluzione spirituale che li allontanava da Dio.
Naturalmente i puritani differivano dagli uomini di Bush non tanto per il culto della produzione quanto per quello del consumo: un altro sintomo della stessa malattia. Tawney descrive gli ultimi puritani come gente convinta che «il mondo esiste non come fonte di piacere ma come terra di conquista. Solo chi se ne impossessa merita l’appellativo di cristiano».
Ci furono alcuni, come i Levellers e i Diggers, che rimasero fedeli allo spirito originario della Riforma, ma furono violentemente stroncati. La caccia agli adulteri e ai sodomiti fornì il diversivo ideale per i, sempre più impoveriti, ceti inferiori.
L’ultimo ed eccellente romanzo di Ronan Bennett, "Havoc, in its Third Year" (Devastazione, nel suo Terzo Anno),che parla di una rivoluzione puritana negli anni ’30 del XVII secolo, ha la vigorosa incisività di una parabola (11). Ossessione dei terroristi (nella fattispecie irlandesi e gesuiti), omosessualità e sregolatezza sessuale, feroce punizione delle devianze dalla morale, critica del sostegno pubblico ai poveri: sostituite i vestiti neri con quelli grigi, e i personaggi sembrano usciti direttamente dall’America di Bush.
Perché, dunque, questa ideologia è riemersa nel 2004? Perché non poteva essere altrimenti. L’arricchimento delle élite e l’impoverimento delle classi inferiori richiedono una giustificazione ideologica plausibile: negli Stati Uniti questa ideologia non poteva che essere di stampo religioso. Il governo di Bush è, per necessità storica, costretto a ripiegare sulle dottrine puritane. Se vogliamo capirne la natura, dobbiamo guardare non agli anni ’30 del XX secolo, ma agli anni ‘30 del XVII.
George Monbiot è un giornalista e ambientalista britannico. Importante il suo libro "L'era del consenso - Manifesto per un nuovo ordine mondiale". Se ne parla in: http://notizie.virgilio.it/slow_news/049/ .
Richard Henry Tawney. Disinteressato e sdegnoso nemico dell'inequality sociale come sanno essere solo i rampolli inglesi di illustri famiglie, rigoroso fino al moralismo, riformista,radical e laburista, R. H. Tawney ha lottato tutta la vita contro l'ingiusta divisione tra chi comanda perchè ricco e che esegue perchè povero. In tempi di privatizzazioni selvagge, vale la pena di ricordare un grande nazionalizzatore. [ http://www.nextonline.it/archivio/07/25.htm ]
Ronan Bennett, HAVOC IN ITS THIRD YEAR (Bloomsbury, pp.243): bel romanzo storico, ambientato in una piccola città inglese del Seicento governata in modo repressivo. The Observer. (In Italia Bennett è pubblicato da Minimum Fax.) [ http://www.usalibri.it/settembre04.htm ]
Citazioni.
1. Riportata da Quico Alsedo, 27 ottobre 2004. “El fascismo Es Posible Si Gana Bush” dice Probst Salomon (sic). El Mundo (“Il fascismo è possibile se Bush vince”, dice Probst Salomon [sic]. El Mundo, N.d.T.).
2. Richard Benett, 23 ottobre 2004, The Age of Anxiety. The Guardian.
3. Robert O. Paxton, The Anatomy of Fascism, New York, Alfred A. Knopf, 2004.
4. RH Tawney, Religion and Rise of Capitalism, New Brunswick, edizione 1998, Transaction publishers.
5. ibid.
6. ibid.
7. ibid.
8. Richard Steele, The Trademan’s Calling, 1684, Citato in Tawney (ibid.).
9. Joseph Lee, citato in Tawney, ibid.
10. Ronan Bennett, Havoc, in its Third Year, London, 2004, Bloomsbury.
Fonte: http://www.monbiot.com/archives/2004/11/09/religion-of-the-rich/
Traduzione di Andrea Strallo (andrejas@tin.it) per Nuovi Mondi Media
Sull'uso della religione in politica a fini politici e di potere, "Che Dio condanni l'America. Briciole di saggezza dal Vecchio testamento" di Robert Jensen (in questo blog: mercoldì, 10 Novembre 2004)
grazie della meravigliosa aurora boreale....mi sono immersa nei suoi colori e mi è sembrato di volare....
RispondiElimina:)
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RispondiElimina:)
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certo, importante,complimenti..è giusto approfondire:Ma oggi ho l'impressione che siano valori usati come mano di vernice sul solido muro di un comitato d'affari che pare esista veramente, che ragiona sul mondo e sul volume di affari ricavabili, qui e ora, a qualsiasi prezzo.
RispondiEliminainteressantissimo, un'ottima lettura per riflettere sul ruolo del sentimento religioso domattina, magari combinata con la musica di max bruch (invece che ascoltare *uomini e profeti* su radiotre)
RispondiEliminaCara harmonia, un'interessante ricostruzione del quadro originario e dei principi sui quali si è formata l'America. Solo che il discorso è un po' a senso unico. Il Puritanesimo ebbe anche aspetti positivi. Qui emerge soltanto il lato oscuro ...
RispondiEliminaPrima o poi affronterò anch'io l'argomento. Anche se non mi considero un ammiratore di quella Weltanschauung (ma neppure uno spregiatore).
Un caro saluto
Cara harmonia, un'interessante ricostruzione del quadro originario e dei principi sui quali si è formata l'America. Solo che il discorso è un po' a senso unico. Il Puritanesimo ebbe anche aspetti positivi. Qui emerge soltanto il lato oscuro ...
RispondiEliminaPrima o poi affronterò anch'io l'argomento. Anche se non mi considero un ammiratore di quella Weltanschauung (ma neppure uno spregiatore).
Un caro saluto
Wind. Emerge il lato oscuro perché è di quello che stiamo parlando. E' scontato che l'America ha altri lati, alcuni anche molto luminosi. Tuttavia in questo periodo storico abbiamo questi problemi con cui confrontarci, sia gli Americani che noi. Con affetto. harmonia
RispondiEliminaE' il lato oscuro del sogno americano, sbarcato dal Mayflower con i Padri Pellegrini. Ma anche il lato scuro della "nazione di proprietari" sognata da Bush.
RispondiEliminaciao e complimenti
E' il lato oscuro del sogno americano, sbarcato dal Mayflower con i Padri Pellegrini. Ma anche il lato scuro della "nazione di proprietari" sognata da Bush.
RispondiEliminaciao e complimenti
E' il lato oscuro del sogno americano, sbarcato dal Mayflower con i Padri Pellegrini. Ma anche il lato scuro della "nazione di proprietari" sognata da Bush.
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E' il lato oscuro del sogno americano, sbarcato dal Mayflower con i Padri Pellegrini. Ma anche il lato scuro della "nazione di proprietari" sognata da Bush.
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Harmonia, complimenti. Un post che è una vera lezione, da leggere e da meditare. Sempre prezioso il tuo lavoro. Un bacio grande. Alain
RispondiEliminaCara Harmonia, hai scovato ( secondo il tuo talento e grazie all'insuperabile lavoro di ricerca che fai ) un saggio di straordinaria consistenza. Dimostra tra l'altro da quali lontananze provengano certi fenomeni politici che ci paiono strani. E non si può dire che Bush non sia ora un "monstrum". Assistiamo forse ad una saldatura tra calvinismo negli USA e tentata controriforma in Europa? Micidiale miscela!
RispondiEliminacara harmonia i tuoi post sono sempre fantastici.Grazie ed un caldo abbraccio per una buona domenica
RispondiEliminagrazie di esserci.
RispondiEliminaun abbraccio forte forte.
gatto
grazie di esserci.
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gatto
grazie di esserci.
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