martedì 9 novembre 2004





Piccoli atti, piccoli passi


Mentre Mr. Bush suggella la sua 'vittoria' elettorale con una decisione di inaudita violenza, le famiglie delle vittime del 'September Eleventh' continuano a battersi perché 'vinca' la pace. Non sono potenti come la famiglia di Mr. Bush e dei suoi sodali, ma sono instancabili nel difendere il diritto dell'umanità a 'domani pacifici'. Loro esortano a mobilitarsi contro l'assalto a Falluja:


"Take Action Against the Assault on Falluja"


"Peaceful Tomorrows vi chiede di aggiungere la vostra voce a quella di chi si oppone a questo attacco, insiste perché gli U. S. ritornino a negoziati di pace, e chiede che le nostre truppe vengano riportate a casa ora."


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Lo scarto tra il potere immenso dell'uomo che prega e la voce flebile di queste famiglie è oggettivamente enorme, disperante, ma non ferma le famiglie e non deve fermare nemmeno noi. A questo proposito ho trovato molto incoraggiante l'analisi di Howard Zinn che sostiene le ragioni dell'ottimismo.



L'Ottimismo dell'incertezza


di Howard Zinn


Il cambio rivoluzionario non arriva in un unico momento di cataclisma ma come una successione senza fine di sorprese, di un muoversi a zigzag verso una società più decente. Non dobbiamo impegnarci in azioni grandi ed eroiche per partecipare al processo del cambiamento. Piccole azioni, quando moltiplicate per milioni di persone, possono trasformare il mondo.






In un mondo orribile in cui gli sforzi solidali delle persone spesso impallidiscono a confronto di ciò che è fatto da coloro che hanno il potere, come posso, io, riuscire ad accettare il mio ruolo al suo interno e allo stesso tempo essere apparentemente felice?

Ho completa fiducia nel fatto che non solo il mondo migliorerà, ma che non dobbiamo ritenere la partita chiusa prima di aver giocato tutte le carte. La metafora è deliberata: la vita è una scommessa. Non giocare significa precludersi ogni speranza di vittoria. Giocare, agire, significa creare almeno la possibilità di cambiare il mondo.

Vi è una tendenza a pensare che ciò che vediamo nel presente continuerà ad esistere. Dimentichiamo quanto spesso ci ha sorpreso il crollo improvviso delle istituzioni, o i cambiamenti straordinari del modo di pensare delle persone, le eruzioni inaspettate di ribellione contro le tirannie, il crollo veloce di sistemi di potere che sembravano invincibili.
Ciò che risalta nella storia degli ultimi cento anni è la sua totale imprevedibilità. Una rivoluzione fatta per rovesciare lo zar di Russia, in un impero pressoché feudale, non sorprese solo la più avanzata potenza imperiale, ma colse di sorpresa lo stesso Lenin e lo fece correre in treno a Pietrogrado. Chi avrebbe mai potuto prevedere i bizzarri capovolgimenti della seconda guerra mondiale - il patto nazi-sovietico (quelle foto imbarazzanti di Molotov e Ribbentrop che si stringevano la mano) e la disfatta dell'armata tedesca, apparentemente invincibile, che aveva causato perdite colossali, alle porte di Leningrado, a Mosca, nelle strade di Stalingrado, seguita poi dalla sconfitta tedesca, con Hitler asserragliato nel suo bunker a Berlino, in attesa di morire?

E poi il mondo postguerra, che prendeva una strada che nessuno avrebbe potuto indicare in anticipo: la rivoluzione comunista cinese, la tumultuosa e violenta rivoluzione culturale e poi ancora un altro capovolgimento con la Cina post-maoista che abbandonava le sue idee e istituzioni più care, aprendosi all'occidente, accarezzando le imprese occidentali, e lasciando tutti perplessi.

Nessuno prevedeva la disintegrazione così rapida degli imperi occidentali dopo la guerra, o lo strano assortimento di società che sarebbero stati creati nelle nazioni che si erano rese indipendenti, dal socialismo benigno della Tanzania di Nyecere alla pazzia dell'Uganda di Idi Amin. La Spagna produsse un'altra sorpresa. Ricordo un ex della Brigata Abramo Lincoln che mi diceva di non poter immaginare che il fascismo in Spagna potesse essere rovesciato senza un'altra guerra sanguinosa. Ma dopo che Franco fu andato, si realizzò una democrazia parlamentare, aperta a socialisti, comunisti, anarchici, a chiunque.

La fine della seconda guerra mondiale lasciò due superpotenze con le loro rispettive sfere di controllo e influenza, in competizione per la supremazia militare e politica. Però erano incapaci di controllare gli eventi anche in quelle parti del mondo considerate interno alla loro sfera di influenza. Il fallimento del piano sovietico in Afganistan, dopo un intervento militare durato oltre dieci anni, fu la dimostrazione più evidente che anche il possesso di armi nucleari non garantiva il dominio di una determinata popolazione. Gli Stati Uniti si sono trovati di fronte alla stessa realtà quando attaccarono l'Indocina, conducendo il bombardamento più brutale della storia di una penisola minuscola, eppure furono costretti al ritiro. Ogni giorno troviamo nei titoli dei giornali altri esempi del fallimento dei presunti potenti contro i deboli, per esempio in Brasile, dove un movimento dal basso di lavoratori e poveri ha eletto un nuovo presidente impegnato alla lotta contro il potere distruttivo delle multinazionali.

Considerando questo elenco di sorprese, è chiaro che la lotta per la giustizia non dovrebbe essere mai abbandonata a causa del predominio apparentemente schiacciante di coloro che hanno cannoni e denaro e sembrano invincibili nella loro determinazione di conservarlo. Quel potere apparente si è dimostrato, ogni volta, vulnerabile da parte delle qualità umane meno facilmente misurabili delle bombe e dei dollari: il fervore morale, la determinazione, l'unità, l'organizzazione, il sacrificio, l'intelligenza, l'ingenuità, il coraggio e la pazienza - che si trattasse dei neri dell'Alabama e del Sud Africa, dei contadini in El Salvador, Nicaragua e Vietnam, o dei lavoratori e degli intellettuali in Polonia, Ungheria e nella stessa Unione Sovietica. Nessun freddo calcolo di potere può avere un effetto deterrente sulle persone che sono persuase della giustizia della loro causa.

Ho cercato davvero di capire i miei amici nel loro pessimismo sulla situazione mondiale (sono solo i miei amici?), ma continuo ad incontrare persone che, nonostante l'evidenza di cose terribili che accadono ovunque, mi danno speranza. Soprattutto giovani, su cui poggia la speranza del futuro. Ovunque vada trovo persone di questo genere. E al di là della manciata di attivisti sembrano esservi centinaia, migliaia e più ancora che sono aperti verso le idee non ortodosse. Ma tendono a non sapere l'uno dell'esistenza dell'altro e così, resistono, ma lo fanno con la pazienza disperante di Sisifo. Cerco di spiegare a ciascun gruppo che non è solo, a che proprio le persone che si sentono prive di speranza a causa della mancanza di un movimento nazionale sono esse stesse prova della possibilità di tale movimento.

Il cambio rivoluzionario non arriva in un unico momento di cataclisma (dobbiamo temerli, invece) ma come una successione senza fine di sorprese, di un muoversi a zigzag verso una società più decente. Non dobbiamo impegnarci in azioni grandi ed eroiche per partecipare al processo del cambiamento. Piccole azioni, quando moltiplicate per milioni di persone, possono trasformare il mondo. Anche quando non "vinciamo", c'è divertimento e soddisfazione dal coinvolgimento, con altre persone, in qualcosa di utile. Abbiamo bisogno di speranza.

Un ottimista non è necessariamente uno spensierato irrealista che passa il proprio tempo a fischiettare nell'oscurità del nostro tempo. Nutrire speranza in tempi bui non è semplicemente una cosa stupidamente romantica. È basata sul fatto che la storia umana è una storia non solo di crudeltà ma anche di compassione, sacrificio, coraggio, gentilezza. Ciò che scegliamo di mettere in risalto, in questa storia complessa, determinerà la nostra vita. Se vediamo solo il peggio, distruggeremo la nostra capacità di fare qualcosa. Se ricordiamo quei tempi e quei luoghi - e ce ne sono molti - in cui le persone avevano un comportamento magnifico, avremo l'energia per agire, e almeno la possibilità di indirizzare il mondo impazzito in una direzione diversa. E se agiamo, per quanto limitatamente, non dobbiamo affidarci ad un qualche futuro utopistico. Il futuro è una successione infinita di presenti, e vivere ora come crediamo che gli esseri umani debbano vivere, contro tutto ciò che è negativo attorno a noi, è già di per sé una vittoria meravigliosa.



Howard Zinn, (1922) è considerato uno dei più importanti storici radicali statunitensi. Dopo aver partecipato alla Seconda guerra mondiale, ha conseguito il dottorato in storia alla Columbia University e ha diretto il dipartimento di Storia dello Spelman College. Le sue numerose pubblicazioni e l'impegno politico hanno fatto di lui uno dei nomi di riferimento del pacifismo negli Stati Uniti. Attualmente è professore emerito di Scienza politica alla Boston University. In Italia è stata pubblicata la sua pièce teatrale Marx a Soho (2001).

Fonte: http://www.zmag.org/italy/zinn-ottimismo.htm
Traduzione di Sergio De Simone























10 commenti:

  1. un autentico messaggio di speranza. Grazie Harmonia. Un bacio grande. Alain

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  2. non ho parole...buona giornata, armo:-)

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  3. harmonia, sono parole incoraggianti in questo momento però mentre le leggevo non potevo evitare di pensare ai milioni di vite umane stritolate che questo lento progredire delle sorti dell'umanità si lascia dietro, un esempio tra tanti, le donne in Afghanistan. Buona giornata

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  4. Pucci. Penso che l'ottimismo lo dobbiamo proprio a "ai milioni di vite umane stritolate che questo lento progredire delle sorti dell'umanità si lascia dietro". L'ottimismo prospettato da Zinn sostiene chi, come noi, spesso si sente impotente. E' produttivo, invece, e generativo di trasformazioni storiche anche il nostro apporto, per quanto piccolo. Penso che sia l'ottimismo che rende possibile l'assunzione della responsabilità personale. Grazie del tuo intervento, Pucci. harmonia

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  5. Come mi corrisponde!!!!
    Ti ho rubato l'incipit.....grazie!!!

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  6. Come mi corrisponde!!!!
    Ti ho rubato l'incipit.....grazie!!!

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  7. Come mi corrisponde!!!!
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  9. Harmonia, tutto vano, credo, ormai il supervincitore non lo ferma più nessuno. Bacio. Alain

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  10. riporti l'esempio della Spagna, ma siamo ormai negli anni settanta in Europa... l'anarchismo è intrinseco alla spagna, fa parte della sua cultura. ti invito a leggere www.bidetsocialclub.splinder.com! Ciao!

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