The Bug Nebula, NGC 6302, is one of the brightest
and most extreme planetary nebulae known. Image: Esa/Nasa/Zijlstra
AHIMSA. Parola sanscrita che ho imparato da Gandhi. Vuol dire "innocenza" e "non violenza","impegno a non nuocere ad alcun essere vivente". AHIMSA. I miei obiettivi sono la ricerca, la conoscenza, la comunicazione e la condivisione di emozioni, idee, informazioni con altre "persone che cercano". L'altro mio blog è CONVIVIUM, il posto del banchetto.
The Bug Nebula, NGC 6302, is one of the brightest
and most extreme planetary nebulae known. Image: Esa/Nasa/Zijlstra
28.04.2004
Caro Blair che disastro
di 52 ex ambasciatori e alti funzionari britannici
Questo è il testo inviato da 52 ex ambasciatori e alti funzionari britannici a Blair per criticare le posizioni assunte dal governo su Medio Oriente e Iraq.
Gentile Primo Ministro,
noi sottoscritti, ex ambasciatori britannici, alti commissari, governatori e alti funzionari internazionali, con una lunga esperienza in Medio Oriente o in altre zone del mondo, abbiamo osservato con crescente preoccupazione l’atteggiamento politico che Lei ha scelto di tenere nei confronti del problema arabo-israeliano e dell’Iraq, in stretta cooperazione con gli Stati Uniti. Dopo la conferenza stampa di Washington, dove Lei e il Presidente Bush avete ribadito la vostra linea politica, riteniamo che sia giunto il momento di rendere pubblica questa nostra preoccupazione, con la speranza che questo possa servire a sollevare l’argomento in Parlamento e a procedere a una revisione della politica attuale.
La decisione presa da Stati Uniti, Unione europea, Russia e Nazioni Unite di proporre una road map per la risoluzione del conflitto tra palestinesi e israeliani aveva fatto nascere la speranza che le grandi potenze avrebbero finalmente fatto un vero sforzo comune per risolvere un problema che più di ogni altro ha avvelenato per decenni i rapporti tra l'occidente e il mondo islamico e arabo. I principi legali e politici su cui si sarebbe basato tale accordo erano chiari: Clinton aveva affrontato il problema durante la sua presidenza; gli ingredienti necessari per l'intesa erano stati stabiliti e si era raggiunto seppur informalmente un accordo parziale già su molti punti. Ma si trattava di speranze vane. Non è stato fatto niente per far avanzare le trattative o per arginare la violenza. La Gran Bretagna e gli altri paesi o istituzioni che appoggiavano la road map hanno fatto affidamento (invano) solo su un'iniziativa della leadership americana, che però non c'è stata.
Ma il peggio doveva ancora arrivare. Dopo tutti i mesi persi nell'attesa, Ariel Sharon e il Presidente Bush hanno annunciato alla comunità internazionale una nuova linea politica, unilaterale e illegale, che costerà ancora più sangue agli israeliani e ai palestinesi. La nostra costernazione davanti a questo annuncio, che è solo un passo indietro, non fa che aumentare, perché sembra che anche Lei abbia scelto di appoggiare questa decisione, abbandonando i principi che per circa quarant'anni hanno guidato la comunità internazionale nel suo sforzo di riportare la pace in Terra santa - principi che sono stati alla base di tutti i successi ottenuti.
L'abbandono di tali principi arriva in un momento in cui, a torto o a ragione, siamo considerati nel mondo musulmano e arabo i partner di un'occupazione illegale e brutale in Iraq.
L'atteggiamento tenuto nella guerra irachena dimostra che non c'era un piano efficace per il dopo Saddam. Tutti quelli che conoscono la regione avevano previsto che l'occupazione delle forze della coalizione si sarebbe scontrata con una resistenza forte e tenace - e le cose sono andate proprio così. Descrivere la resistenza come un problema dovuto a terroristi, fanatici e mercenari non è credibile, né ci aiuta. La linea politica da noi adottata deve tener conto della natura e della storia dell'Iraq, il paese più complesso dell'intera regione. Anche se molti iracheni vogliono una società democratica, credere che la democrazia possa essere instaurata dalla coalizione è quantomeno ingenuo. Questa è l'opinione di tutti gli analisti indipendenti che conoscono bene la regione, sia in Gran Bretagna che in America. Siamo lieti di sapere che Lei e il Presidente Bush avete accolto positivamente le proposte di Lakhdar Brahimi. Dobbiamo essere pronti a fornirgli tutto il nostro appoggio e a dare alle Nazioni Unite l'autorità necessaria per lavorare in Iraq.
Le azioni militari delle forze di coalizione devono essere guidate da obiettivi politici chiari e dalle esigenze dello scenario iracheno - non da altri criteri. Non è abbastanza dire che l'uso della forza è necessario in alcune zone. L'uso di armi pesanti non adatte alla situazione irachena, la scelta di un linguaggio che serve solo a infiammare gli animi e i continui scontri a Falluja e a Najaf servono solo a unire l'opposizione, non a combatterla. Gli iracheni uccisi dalle forze di coalizione potrebbero essere da dieci a quindicimila (è un male che le forze di coalizione non abbiano delle stime affidabili), ma solo il numero di persone uccise lo scorso mese a Falluja sembra essere di diverse centinaia, tra cui molti civili, uomini, donne e bambini. Espressioni come: “Piangiamo ogni perdita umana. Rendiamo onore ai morti e alle loro famiglie per il loro coraggio e il loro sacrificio”, che si riferiscono solo ai soldati uccisi della coalizione, non servono certo a moderare le passioni suscitate dagli scontri.
Siamo d'accordo con Lei nel sostenere che il governo britannico ha tutto l'interesse a lavorare a stretto contatto con gli Stati Uniti su questi argomenti, e a esercitare la sua influenza in quanto suo leale alleato. Siamo convinti che questa influenza oggi sia di vitale importanza. Se è inaccettabile o sgradita, non c'è motivo di appoggiare delle scelte politiche che sono destinate al fallimento.
In fede,
Brian Barder, ex Alto commissario, Australia; Paul Bregne, ex diplomatico; John Birch, ex ambasciatore, Ungheria; David Blatherwick, ex ambasciatore, Irlanda; Graham Hugh Boyce, ex ambasciatore, Egitto; Julian Bullard, ex ambasciatore, Bonn; Juliet Campbell, ex ambasciatore, Lussemburgo; Bryan Cartledge, ex ambasciatore, Unione Sovietica; Terence Clark, ex ambasciatore, Iraq; David Hugh Calvin, ex ambasciatore, Belgio; Francis Cornish, ex ambasciatore, Israele; James Craig, ex ambasciatore, Arabia Saudita; Brian Crowe, ex direttore generale per gli affari esteri e la difesa, Consiglio dell'Unione europea; Basil Eastwood, ex ambasciatore, Siria; Stephen Egerton, servizio diplomatico, Kuwait; William Fullerton, ex ambasciatore, Marocco; Dick Fyjis-Walker, ex presidente del Commonwealth Institute; Marrack Goulding, ex capo della sezione peacekeeping delle Nazioni Unite; John Graham, ex ambasciatore Nato, Iraq; Andrew Green, ex ambasciatore, Siria; Victor Henderson, ex ambasciatore, Yemen; Peter Hinchcliffe, ex ambasciatore, Giordania; Brian Hitch, ex Alto commissario, Malta; Archie Lamb, ex ambasciatore, Norvegia; Davide Legan, ex ambasciatore, Turchia; Christopher Long, ex ambasciatore, Svizzera; Ivor Lucas, ex segretario generale della Camera di commercio arabo-britannica; Ian McCluney,ex ambasciatore, Somalia; Maureen MacGlashan, rappresentante in Israele; Philip McLean, ex ambasciatore, Cuba; Christopher MacRae, ex ambasciatore, Ciad; Oliver Miles, servizio diplomatico in Medio oriente; Martin Moriand, ex ambasciatore, Birmania; Keith Morris, ex ambasciatore, Colombia; Richard Muir, ex ambasciatore, Kuwait; Alan Munro, ex ambasciatore, Arabia Saudita; Stephen Nash, ex ambasciatore, Lituania; Robin O'Neill, ex ambasciatore, Austria; Andrew Palmer, ex ambasciatore, Vaticano; Bill Quantrill, ex ambasciatore, Camerun;David Ratford, ex ambasciatore, Norvegia; Tom Richardson, ex ambasciatore presso le Nazioni Unite; Andrew Stuart, ex ambasciatore, Finlandia; Michael Wek, ex ambasciatore, Cairo; Alan White, ex ambasciatore, Cile; Hugh Tunnell, ex ambasciatore, Bahrain; Charles Treadwell, ex ambasciatore, Emirati arabi; Crispin Tickell, ex ambasciatore presso le Nazioni Unite; Derek Tonkin, ex ambasciatore, Tailandia; David Tatharn, ex governatore, isole Falkland; Harold “Hooky” Walker, ex ambasciatore, Iraq; Jeremy Varcoe, ex ambasciatore, Somalia.
traduzione di Sara Bani
da L'UNITA'
Il Sonno della Ragione produce Mostri
FRANCISCO DE GOYA Y LUCIENTES, 1797
MESSAGGIO DALLA RAPPRESENTANTE IN ITALIA DELLA TIBETAN WOMEN'S ASSOCIATION
Il 25 aprile 1989 nella città di Lhari, in Tibet, nasceva, Gedhun Choekyi
Nyima, di questo bambino e della sua famiglia non si hanno più notizie dal
maggio 1995, da quando cioè fu rapito dal governo Cinese.
ROMPERE IL SILENZIO: UNA CAMPAGNA PER IL PANCHEN LAMA
Nel 1989, muore il decimo Panchen Lama, seconda autorità del buddhsmo
tibetano.
In Tibet inizia immediatamente la ricerca del suo successore, il bambino in cui si sarebbe reincarnato secondo la credenza propria del buddhismo.
Il 14 maggio 1995, l'attuale Dalai Lama, conformemente ai suoi doveri e seguendo rituali plurisecolari, riconosce come undicesimo Panchen Lama un
ragazzino di sei anni originario di una povera famiglia nomade, Gedhun Choekyi Nyima.
Malgrado l'assoluta legittimità della scelta del Dalai Lama che, in accordo con una tradizione antichissima, ha agito in modo conforme al suo ruolo, le
autorità della Repubblica Popolare Cinese lo hanno accusato di voler creare, con il riconoscimento del piccolo Panchen Lama, tensioni e conflitti in Tibet.
Non appena il Dalai Lama ha annunciato l'avvenuto riconoscimento, Choekyi Nyima e i suoi genitori sono stati prelevati dal loro villaggio, da allora, se ne sono letteralmente perdute le tracce.
E' in gioco l'avvenire del Tibet perché il Panchen Lama dovrà a sua volta designare e poi educare il successore dell'attuale Dalai Lama , per questo il governo Cinese organizzò una finta estrazione a sorte in un'urna d'oro, insediando in sua vece un altro bambino della stessa età e dello stesso villaggio, era figlio di tibetani iscritti al partito dal 1977 e nipote di un funzionario.
Il 25 aprile 2004 Choekyi Nyima compie quindici anni e da nove vive segregato, Amnesty International lo ha definito "il più giovane prigioniero politico del mondo".
Il sequestro di un bambino di sei anni, "colpevole" solo di essere stato riconosciuto come reincarnazione di un importante maestro spirituale, dovrebbe spingere ogni coscienza democratica a mobilitarsi perché questa intollerabile violenza ad un minore possa cessare al più presto.
Chiediamo sia consentito ad una delegazione di parlamentari ed esponenti delle organizzazioni umanitarie di incontrare liberamente Choekyi Nyima e i suoi genitori per accertare le loro reali condizioni e poter ascoltare la loro versione dei fatti.
E' alquanto paradossale che il paese più popoloso della Terra, membro permanente del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, firmatario della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo e della Convenzione internazionale dei diritti del fanciullo, fa sparire sotto gli occhi del mondo un piccolo di sei anni senza che si levi alcuna protesta ufficiale seguita da fatti concreti.
In occasione del suo 15° compleanno l'Associazione Donne Tibetane (Italia) e l'Associazione Villaggio Terra onlus invita tutti a collaborare nel tentativo di fare pressione presso i Governi e/o anche semplicemente informando l'opinione pubblica ..come? :
1. Inviando una lettera alle Nazioni Unite (il testo è qui sotto)
2. Inviando una e-mail ad amici e conoscenti dicendo di fare lo stesso
Ringraziamo anticipatamente tutti del vostro aiuto e sostegno per il popolo
Tibetano affinché possa tornare il più presto possibile in un Tibet
veramente autonomo.
--------------------------------
Testo per la lettera alle Nazioni Unite:
Office of the High Commissioner for Human Rights
United Nations
One United Nations Plaza
Room S-2914
New York, NY 10017
USA
Dear Mr. Secretary-General :
I am greatly concerned over the safety of Gedhun Choekyi Nyima, the world's youngest political prisoner.
In 1995, he and his family were kidnapped from their home in Tibet by the government of China.
They have now been under house arrest in Beijing for almost 4 years and no foreign official or journalist has been allowed to visit the boy and his family to ensure that they are safe and healthy.
Gedhun Choekyi Nyima was recognized by the Dalai Lama as the reincarnation of the Panchen Lama who is the second most highly revered religious leader of Tibet.
Shortly after this announcement, China chose their own Panchen Lama and claimed that Gedhun, the boy whom the Dalai Lama and Tibetans recognize as the real Panchen Lama, had not even disappeared.
After one year of denials by the Chinese government of any involvement, they finally admitted to having taken the boy and his family to China.
I urge you Dear Mr. Secretary-General , to take a stand on human rights against China and demand that this young boy and his family be released. I also urge you to bring up the issue of human rights abuses committed by China in Tibet during direct relations with Chinese officials.
Yours sincerely,
Tuo nome ed il tuo indirizzo
Grazie infinite
Tashi Delek
Giorno della libertà in South Africa
felicità riconquistata
dieci anni dopo la fine dell'apartheid
Un quasi sogno realizzato per sognare stanotte placidi mondi .
TUTTI I GIORNI
di Ingeborg Bachman
La guerra non viene più dichiarata,
ma proseguita. L’inaudito
è divenuto quotidiano. L’eroe
resta lontano dai combattimenti. Il debole
è trasferito nelle zone di fuoco.
La divisa di oggi è la pazienza,
medaglia la misera stella
della speranza, appuntata sul cuore.
Viene conferita
quando non accade più nulla,
quando il fuoco tambureggiante ammutolisce,
quando il nemico è divenuto invisibile
e l’ombra di eterno riarmo
ricopre il cielo.
Viene conferita
per la diserzione dalle bandiere,
per il valore di fronte all’amico,
per il tradimento di segreti obbrobriosi
e l’inosservanza
di tutti gli ordini.
Alle Tage
Der Krieg wird nicht mehr erklärt,
sondern fortgesetzt. Das Unerhörte
ist alltäglich geworden. Der Held
bleibt den Kämpfen fern. Der Schwache
ist in die Feuerzonen gerückt.
Die Uniform des Tages ist die Geduld,
die Auszeichnung der armselige Stern
der Hoffnung über dem Herzen.
Er wird verliehen,
wenn nichts mehr geschieht,
wenn das Trommelfeuer verstummt,
wenn der Feind unsichtbar geworden ist
und der Schatten ewiger Rüstung
den Himmel bedeckt.
Er wird verliehen
für die Flucht von den Fahnen,
für die Tapferkeit vor dem Freund,
für den Verrat unwürdiger Geheimnisse
und die Nichtachtung
jeglichen Befehls.
Un carteggio che ci fa capire il rispetto di
Cattaneo non tanto per Lucia Annunziata, quanto
per noi cittadini e cittadine d'Italia, nonché
pagatori di un canone che è un'imposta.
"Ti caccio a calci in culo"
Il caso Bilancia ha provocato il terremoto. E questa volta non è una scossa di assestamento. Dopo l'intervista di ieri fatta da Bonolis a Donato Bilancia, il serial Killer condannato per 17 omicidi, Lucia Annunziata ha scritto, questa mattina, questa lettera a Flavio Cattaneo:
Caro Direttore,
penso che la vicenda della intervista a Donato Bilancia trasmessa ieri a Domenica In non possa essere facilmente archiviata. Questa intervista infatti è il sintomo, a mio parere, di gravi disfunzioni aziendali e rischia di essere un punto di non ritorno per le linee culturali dell’attuale Rai.
1) Prima di tutto voglio dirti che sono contraria a una ulteriore spettacolarizzazione della vicenda attraverso una nuova puntata della trasmissione: lo schifo, anche se ridiscusso, rimane schifo. Per cui ti prego di sospendere ogni decisione fino alla prossima riunione del Consiglio di Amministrazione.
2) le domande sollevate dall’episodio di ieri sono molte e hanno a che fare cono solo con la volgarità ma addirittura con la stessa campagna elettorale: le confessioni televisive di un assassino sono forse meno offensive e meno pericolose per i valori della società di un programma sulla mafia o di uno di satira? E, a proposito di campagna elettorale, le confessioni di un assassino, con tutto il loro impatto su temi come l’ordine e la sicurezza sociale, non toccano esse stesse temi centrali della campagna elettorale?
3) La questione della volgarità nelle trasmissioni Rai, e non solo di RaiUno, non può essere affrontata episodicamente: essa pone il problema della sintonia tra l’impostazione culturale che il Consiglio di Amministrazione ha adottato per questa Azienda e quella che invece le reti realizzano nella quotidianità. E questa discussione deve essere fatta pubblicamente e trasparentemente non a fini punitivi ma per l’obbligo che abbiamo come Servizio Pubblico con i cittadini. Ero e rimango contraria a sanzioni e censure tuttavia credo siano maturi i tempi di una discussione sulla organicità dei direttori di Rete con la missione loro assegnata.
4) Da parte mia ritengo comunque che gli errori compiuti dalle Reti non siano, come tu sostieni, frutto di un eccesso di autonomia di cui disporrebbero, ma, al contrario, che siano il frutto di quello sbilanciamento a favore della tecnostruttura che tu hai favorito nell’illusione che il controllo degli aspetti tecnici, organizzativi e amministrativi sia anche un controllo editoriale. Non è così. L’indispensabile raccordo tra le linee culturali tracciate dal Consiglio e la loro realizzazione, come ho sempre detto, si conferma il vero cuore della gestione di questa Azienda che è e rimane un’azienda editoriale. Come nel caso della applicazione degli indirizzi della Commissione di Vigilanza sulla campagna elettorale affidati alla Direzione Affari Legali eludendo ogni discussione in Consiglio. E’ tempo che anche questa responsabilità ritorni dalle tue mani al Consiglio.
5) Sia chiaro che questo episodio non può finire scaricando le responsabilità dalle spalle dei vertici aziendali.
Per tutto quello che ho detto prima, per avviare fra noi in Cda e nell’intera Azienda una riflessione su tutto ciò, credo necessario che il Direttore di RaiUno e i responsabili del programma Domenica In vengano convocati in Consiglio. E’ un processo ineludibile e urgente per correggere errori che non ammissibili per il Servizio Pubblico.
Flavio Cattaneo ha risposto per telefono.
E il clima è riportato in una seconda lettera che Lucia Annunziata ha rinviato a lui. Vi proponiamo anche questa.
Caro Direttore,
sono le ore 14, 12 e prendo atto della tua telefonata, che è durata un minuto e nella quale, a proposito della mia lettera odierna sulla vicenda Bonolis-Bilancia mi hai detto “tu non mi hai ancora visto incazzato”, “ti faccio vedere i sorci verdi” e “ti caccio a calci in culo”, prima di sbattermi il telefono in faccia.
Ti ricordo che pochi giorni fa ho ricevuto da Vespa a seguito delle mie posizioni sul suo programma due missive con frasi minacciose, che ti ho girato.
Credo che il mio lavoro di Presidente di Garanzia si fermi al di qua dall’essere minacciata. Per cui informo te e il Consiglio che lascio l’edificio e farò ritorno solo se e quando qualche Autorità di questo paese avrà la bontà di farmi capire per quali ragioni io devo sopportare tutto questo.
Ma i duri scambi elettorali che hanno coinvolto Lucia Annunziata non sono solo quelli tra lei e il Direttore Generale. Sulla vicenda "inviati a Baghdad" di Porta a Porta, duri attacchi al Presidente della Rai sono giunti anche da Bruno Vespa. Questo il testo della lettera inviata da Lucia Annunziata al Direttore Generale in data 21-22 aprile in riferimento alla polemica sull’invio di un giornalista di Porta a Porta a Baghdad. Allegate anche la lettera di Vespa ad Annunziata e la risposta al conduttore del Presidente della Rai.
Caro Direttore,
ti accludo la seconda parte della corrispondenza tra me e Bruno Vespa. Inutile sottolineare la gravità di alcune affermazioni sia per il contenuto che per la mancanza di rispetto dei ruoli aziendali. Del mio ruolo, quanto del tuo, in verità. Vespa fa affermazioni insinuanti e minacciose. Tutto questo meriterebbe, come immagini, più la risposta di un avvocato che di un Presidente. Tuttavia non credo che la Rai meriti una rissa di un tale livello e dunque passo tutto nelle tue mani in quanto gestore dell’Azienda.
Cordiali saluti
Lucia Annunziata
Roma, 21 aprile 2004
Cara Presidente,
mi fa piacere che oltre a preoccuparti dei presunti danni che ‘Porta a porta’ procura all’equilibrio aziendale, intendi assumerti le giuste responsabilità nei confronti dei dipendenti e dei collaboratori della Rai. E allora, se permetti, ecco alcuni punti sui quali mi piacerebbe essere garantito.
1. In quale azienda al mondo ci si parla e ci critica attraverso le agenzie di stampa? Se tu trasmetti in tempo reale le tue lettere all’interno e all’esterno dell’azienda, evidentemente vuoi compiere un’operazione mediatica prima che aziendale. Liberissima di farlo, ma io non mi sento garantito da una presidente che mi attacca in pubblico invece di discutere nelle sedi proprie.
2. Ti sarei grato se svolgessi una severa indagine interna per sapere chi ha trasmesso all’esterno le notizie sul mio contratto e sulle tue osservazioni che ad esso si riferiscono. Se le osservazioni che ti vengono attribuire sono arbitrarie, ti sarei grato se le smentissi. Se ritieni che – dopo un’indagine che hai tutti gli strumenti per svolgere – scoprissi che guadagno meno di gente che ha una storia professionale e aziendale meno rilevante della mia e soprattutto risultati più modesti, ti sarei grato se lo dichiarassi. Trovo inacettabile essere messo alla gogna per le famose ‘trenta lire’ che a quanto leggo tanto ti hanno colpito quando non si parla dei miliardi versati per comprare il silenzio di un illustre professionista che in campagna elettorale ha fatto quel che ha fatto. Se mi comportassi come lui,avrei la tua solidarietà?
3. Se la ‘garanzia’ della tua presidenza vale anche per me, sfoglia per favore la collezione più recente di ‘Europa’ e dell’ ‘Unità’. In privato ricevo la solidarietà dei massimi dirigenti dei partiti di riferimento di quei due giornali, oltre che una certa protezione della Polizia per le minacce che questa campagna comporta. . Ma visto che tu ami molto i media, perché non dici pubblicamente se questa campagna diffamatoria e intimidatoria – che passa anche attraverso la pubblicità al mio contratto – ti trova in dissenso?
La mia pazienza è arrivata al limite. Non ho raccolto stasera la tua provocazione circa “Vespa venuto finalmente fuori con una affiliazione che non capisco”. (Ansa, ore 17.46). Ma mi chiedo se è questa è la garanzia che debbo aspettarmi dal mio presidente.
Io continuerò a lavorare serenamente e a difendermi in ogni campo e con ogni mezzo. La vita mi ha insegnato che chiunque mi abbia fatto del male, alla fine non ne ha tratto benefici. So di avere dalla mia parte la correttezza del direttore generale. Mi piacerebbe ascoltare diversamente anche la tua voce.
Con i migliori saluti,
(Bruno Vespa)
La Risposta della Annunziata
Caro Vespa,
risponderò a uno solo dei vari punti che hai sollevato, dal momento che non credo di riuscire a convincerti sugli altri. La “storia” delle 30 lire è importante non perché sia stata diffusa ma perché è accaduta. Ed è un’offesa al Consiglio di Amministrazione non a te. La discussione infatti non è sull’entità del compenso, mai contestata, ma nel metodo che sminuisce i diritti/doveri del Consiglio.
Per il resto, so bene che in questa Azienda Vespa rimane e i Presidenti e i Direttori Generali passano come ombre. Ma finché sono qui farò il mio lavoro come penso di doverlo fare.
Quanto agli altri punti – severe indagini interne, silenzio comprato all’illustre professionista, etc. – mi affido al Direttore Generale, a cui mando in copia anche questa lettera: se ne occuperà lui in quanto gestore dell’Azienda. Fiduciosa che questa possa essere una soluzione a te gradita, visto che sei convinto della sua correttezza e non della mia.
Infine devo ribadirti, anche se non siamo d’accordo, che tu hai un grande potere in questa Azienda: la Rai ne ricava molto ma ne subisce anche dei limiti. Un solo esempio della tua forza: tu scrivi “la mia pazienza è arrivata al limite” e “la vita mi ha insegnato che chiunque mi abbia fatto del male, alla fine non ne ha tratto benefici”. In poche aziende sarebbe possibile rivolgersi al Presidente in questo modo.
Con la stima di sempre
Lucia Annunziata
La rabbiosa reazione delle comunità zapatiste del Chiapas, in Messico, e la loro diperata richiesta di tornare ad avere accesso all'acqua.
26 aprile 2004 - Un corteo pacifico e disarmato di centinaia di simpatizzanti dell'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN) è stato attaccato con spari, sassate e petardi la scorsa settimana in Chiapas da gruppi perredisti. Il risultato è stato di decine di feriti, diversi da pallottole ed almeno due molto gravi. Chiedevano di poter ritornare ad avere accesso all’acqua. Dal dicembre scorso i perredisti (i simpatizzanti del PRD) di questi villaggi, con il tacito sostegno del governo municipale, hanno sospeso l'erogazione di acqua a tutte le famiglie zapatiste solo per il fatto di essere in resistenza.
Da allora, le minacce, le vessazioni sono state costanti. I fatti sono avvenuti nei dintorni di Jech'vó, qualche chilometro all'interno di Nachig, villaggio che si trova sulla Strada Panamericana nel tratto Tuxtla Gutiérrez-San Cristóbal de las Casas. Il concentramento di centinaia di zapatisti che riempivano la minuscola piazza di Jech'vó per prendere acqua ed esprimere sostegno ai loro compagni di Elambó Alto, Elambó Bajo e di questa comunità. L'inquietudine e la paura si sono diffuse tra gli zapatisti quando hanno visto alcuni individui, provenienti da Pasté, appostarsi sulla strada e cominciare ad erigere un'enorme barricata con delle pietre che si trovavano a lato della strada per la realizzazione di alcuni lavori stradali in corso.
I ribelli, tzotziles e tzeltales, che in maggioranza indossavano passamontagna, si sono fermati vicino ad un casale a cento metri dalla barricata, a guardare increduli. I perredisti gridavano insulti e scherzavano gli zapatisti, fermi dietro una linea invisibile. I simpatizzanti zapatisti, uomini e donne, diventavano sempre più numerosi. L’indomani i rappresentanti indigeni hanno letto in spagnolo e tzotzil un messaggio indirizzato al sindaci delle comunità del Chiapas.
"Siamo venuti a dire al presidente municipale perredista Martín Sánchez Hernández ed ai fratelli perredisti di Jech'vó, Elambó Alto e Bajo, e che lo capiscano con le buone, che i nostri compagni, basi di appoggio di questo municipio, non si assoggetteranno a nessun gruppo di persone che siano alleate di qualsiasi partito e presidente municipale che sia al servizio del malgoverno. Il 12 febbraio scorso abbiamo inviato un breve messaggio per dirvi di smetterla di molestare i nostri compagni e di risolvere il problema dell'acqua. Ma, fino ad ora, la sola cosa che avete voluto fare è che i compagni si arrendano, che si umilino davanti a voi.Volete che i nostri compagni si sottomettano agli ordini dell'autorità municipale perredista. Ma questo non sarà possibile perché noi abbiamo ormai coscienza della realtà dei nostri popoli e non ci ingannano più". Su uno striscione appeso li vicino si poteva leggere: "Presidente del PRD, razza indigena. Non molestare i tuoi fratelli".
Ma il comunicato proseguiva : "Noi zapatisti siamo contro le ingiustizie, le umiliazioni e la sottomissione a cui ci hanno abituati i malgoverni ed i loro presidenti municipali. Noi zapatisti vogliamo che ci rispettino, che rispettino la nostra resistenza, la nostra lotta. Voi, come indigeni, non dovete toglierci il diritto all'acqua, alla terra, al legname e all'energia elettrica, cose di cui già godiamo poco tutti noi indigeni. Vogliamo che capiate che stiamo lottando per il bene di tutti i popoli, indigeni e non indigeni; lottiamo per il futuro dei nostri figli, affinché un giorno i nostri popoli abbiano i veri diritti che meritano. La nostra lotta non è come il lavoro di un presidente municipale che, terminato il suo mandato se ne va con un bel po' di milioni di pesos ma lascia il suo popolo nelle stesse condizioni, se non peggiori; in questo modo la vita dei popoli continua a peggiorare ed anche se cambiano i partiti la situazione non cambia.
"E' una bugia quando qualche presidente municipale dice che distruggiamo le usanze dei nostri popoli; noi zapatisti conserveremo e miglioreremo la nostra cultura, continueremo ad usare i nostri abiti regionali, miglioreremo la nostra lingua indigena, le nostre musiche tradizionali e continueremo a celebrare le nostre feste tradizionali, ma senza alcolici, perché l'ubriachezza non è un'usanza dei nostri popoli, ma un'imposizione dei conquistatori spagnoli ed inoltre l'alcol danneggia la famiglia, la persona, la comunità ed il municipio. "Il 10 aprile abbiamo ricordato l'85esimo anniversario dell'uccisione del nostro generale Emiliano Zapata. Diciamo a voi ed al mondo intero che Zapata non è morto, perché noi siamo qui ed ovunque siamo milioni di zapatisti".
Questo il grido disperato di chi nel 2004 sta
lottando ancora per avere accesso all’acqua.
Assegnati i primi finanziamenti per i progetti d'acqua in Africa e America Latina. 72mila euro serviranno a conservare e ridistribuire la risorsa idrica in Etiopia, Kenya, Camerun, Tanzania e Cuba. E' questo il grande risultato raggiunto dalla Campagna "Acqua di tutti", promossa dalla federazione di ong Cipsi insieme a Legambiente e Wwf Italia.
La filosofia del progetto è che tutti hanno il diritto ad avere l'acqua potabile, mentre 1miliardo e mezzo di persone al mondo non ce l'hanno. Importanti gli investimenti previsti per tutelare le risorse idriche.
Queste le cifre: 8000 euro sono stati stanziati per l'Etiopia. Più precisamente per la zona di Gode. 8000 euro andranno al Kenya, per l'acquedotto rurale "Mutitu". 8000 euro saranno per il Camerun: fontane e servizi igienici per le donne del Yaoundè. 24000 euro per la Tanzania, dove saranno realizzati modelli e progetti pilota di conservazione partecipata delle risorse idriche con le comunità locali della risevca di Kipengere, nel Mpanga. Infine, gli ultimi 24000 euro andranno in America Latina, a Cuba. Saranno costruiti impianti di depurazione, risanamento e gestione degli acquedotti dell' Havana.
PeaceReporter
un pensiero di gratitudine per chi contribuì alla liberazione dell'Italia
e buona notte a ogni viandante di passaggio
LO AVRAI
CAMERATA KESSELRING
IL MONUMENTO CHE PRETENDI DA NOI ITALIANI
MA CON CHE PIETRA SI COSTRUIRÀ
A DECIDERLO TOCCA A NOI
NON COI SASSI AFFUMICATI
DEI BORGHI INERMI STRAZIATI DAL TUO
STERMINIO
NON COLLA TERRA DEI CIMITERI
DOVE I NOSTRI COMPAGNI GIOVINETTI
RIPOSANO IN SERENITÀ
NON COLLA NEVE INVIOLATA DELLE MONTAGNE
CHE PER DUE INVERNI TI SFIDARONO
NON COLLA PRIMAVERA DI QUESTE VALLI
CHE TI VIDE FUGGIRE
MA SOLTANTO COL SILENZIO DEI TORTURATI
PIÚ DURO D'OGNI MACIGNO
SOLTANTO CON LA ROCCIA DI QUESTO PATTO
GIURATO FRA UOMINI LIBERI
CHE VOLONTARI S'ADUNARONO
PER DIGNITÀ NON PER ODIO
DECISI A RISCATTARE
LA VERGOGNA E IL TERRORE DEL MONDO
SU QUESTE STRADE SE VORRAI TORNARE
AI NOSTRI POSTI CI TROVERAI
MORTI E VIVI COLLO STESSO IMPEGNO
POPOLO SERRATO INTORNO AL MONUMENTO
CHE SI CHIAMA
ORA E SEMPRE
RESISTENZA
Piero Calamandrei
Sant'Anna di Stazzema, Parco Nazionale della Pace
pace ........ libertà ........ giustizia
«Fare politica vuol dire combattere su un piano di
rigore morale, di volontario sacrificio,
guardando al domani senza guerre.
Questa è l’ultima guerra.
Via i fascisti e i tedeschi,
non potranno esserci più guerre».
Nuto Revelli, 24 marzo 1944
ROMA - Dal discorso del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi
"Ve lo ripeto con l'affetto che vi porto: abbiate fiducia, abbiate entusiasmo".
Il presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, senza nascondere la commozione, celebra la festa della Liberazione, nel cortile d'onore del Quirinale, trasmettendo ai giovani di oggi il testimone a nome dei giovani del 1945, protagonisti del 25 aprile di 59 anni fa.
"Che lo spirito della giornata della Liberazione riscaldi i vostri cuori - dice il capo dello Stato - illumini le vostre menti; che il tricolore dell'Italia libera e unita in una Europea libera e anch'essa unita sia sempre simbolo del vostro essere cittadini".
Lo spirito del 25 aprile 1945, della libertà e dell'unità riconquistate dal popolo italiano, dice ancora Ciampi, deve aiutare gli anziani ma soprattutto i giovani "a risolvere insieme i problemi dell'oggi, a costruire insieme il vostro futuro".
Ciampi sottolinea che l'anniversario della Liberazione è un modo per riflettere sul passato, "ma anche sul presente e sull'avvenire" dell'Italia. "E' stato detto - sottolinea infatti - i popoli che non hanno memoria del loro passato, non sono padroni del loro futuro".
La celebrazione di oggi, afferma il Presidente della Repubblica, "non è solo cosa nostra, di noi che vivemmo in prima persona gli entusiasmi e i dolori di quelle giornate. E' celebrazione che scandirà per sempre la vita della nostra Repubblica. E' festa anche dei giovani d'oggi. A voi giovani noi anziani ci rivolgiamo".
"Questa non è - aggiunge Ciampi - una festa di reduci. Siamo qui come testimoni delle giornate che segnarono per il popolo italiano, per i popoli d'Europa la riconquista e la riscoperta della libertà: la libertà che rimane ancora oggi il bene supremo, consacrato dalla Costituzione repubblicana, della nostra nazione; la libertà che dà un senso alla vostra vita, che vi consente di sperare nel vostro avvenire; la libertà in cui oggi tutti ci riconosciamo e che tutti ci unisce". (LA REPUBBLICA)
Doverosa nota civile:
Abbiamo un Primo Ministro, Silvio Berlusconi,
che non ha mai partecipato alle manifestazioni del 25 Aprile.
La stampa informa che quest'anno è a Macherio
in compagnia del signor Apicella. Eppure questa
partecipazione dovrebbe far parte dei suoi compiti.
Peraltro il Primo Ministro è spesso assente da Palazzo Chigi:
ne ha la facoltà?
Pateticamente, il coordinatore Bondi, evidentemente non
informato, dice che
"finché non è risolta la questione degli ostaggi italiani in Iraq, il
dottore è concentrato solo su questo, non lascia Palazzo Chigi".
Seconda nota civile, molto più dolorosa:
Il Primo Ministro Berlusconi governa appoggiato da una
maggioranza parlamentare che, nell'ambito di
una legge per istituire il reato di tortura,
ha votato un emendamento che di fatto
ammette la facoltà di tortura,
anche se per una sola volta (bontà loro che sono buoni).
Buona notte, di riposo e di magia
Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo
Articolo 3
Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà ed alla
sicurezza della propria persona.
Articolo 5
Nessun individuo potrà essere sottoposto a tortura o
a trattamento o a punizione crudeli, inumani o
degradanti.
PARLAMENTO ITALIANO
GOVERNO BERLUSCONI
Maggioranza costituita da:
FORZA ITALIA - leader Silvio Berslusconi
ALLEANZA NAZIONALE - leader Gianfranco Fini
UDC - Pierferdinando Casini e Follini
LEGA - Maroni, Calderoli, ...
Tortura, legge ko
Maggioranza nel caos: Udc contro Lega Opposizione e Ong indignate: «Ora basta»
M. BA.
Dopo l'incredibile vicenda dell'emendamento pro-tortura approvato dalla camera, il centrodestra cerca di colmare la vergogna del voto in aula con un muro di indignazione postuma. Anche una parte di An si tira indietro contro chi approva che la tortura, per essere tale, debba essere reiterata. L'ex epurator Francesco Storace non esita a parlare di «emendamento schifezza» e il vicepresidente del senato Domenico Fisichella aggiunge: «Avendo io studiato i regimi totalitari, credo che per configurare il reato di tortura basti una volta». Soprattutto l'Udc cerca di mettere una pezza alla clamorosa defaillance del centrodestra. Il segretario dei centristi Marco Follini giura: «Naturalmente non voteremo la legge se resta l'emendamento». E il capogruppo alla camera Luca Volonté precisa: «O si torna all'accordo che era stato raggiunto all'interno della Cdl e in commissione giustizia oppure non se ne fa niente...». Secondo Volonté «non c'è soluzione che tenga, anche le minacce reiterate a noi non vanno bene...». Impermeabile alle critiche, il ministro Maroni continua a recitare la parte del «celodurista»: «Nessun disagio. Quello era un emendamento della Lega. La sinistra sbraita, lasciamola sbraitare». Da Strasburgo anche Mauro Palma, rappresentante italiano nel Comitato europeo per la prevenzione della tortura lancia un appello a tutte le forze politiche, maggioranza e opposizione, perché «si torni al testo originario, che riprende la definizione di tortura contenuta nella convenzione Onu già ratificata dall'Italia».
L'opposizione non demorde, la rabbia per il voltafaccia della maggioranza e per il giustizialismo del Carroccio non passa neanche dopo ventiquattr'ore. Enrico Buemi dello Sdi indica senza eufemismi qual è la situazione: «E' in atto un processo degenerativo che introduce nella nostra legislazione una cultura politica che pensavamo non appartenesse più alle nostre istituzioni pubbliche, i contenuti della politica rozza e degenerativa della Lega - aggiunge - sono un'autentica rottura con la cultura democratica dell'Italia».
Pierluigi Castagnetti della Margherita ricorda che il tutto è avvenuto «solo perché Berlusconi ha bisogno che la Lega voti la legge Gasparri. Gli interessi privati prevalgono sempre». ... continua
il manifesto - 24 Aprile 2004 |
Rifiutato il rapporto sulle atrocità in Sudan | ||
|
The international body's Commission on Human Rights avrebbe
dovuto portare a discutere la crisi in Darfur, dove oltre un milione
di persone sono state dislocate.
Il dibattito è stato rinviato by behind-the-scenes negotiations con
l'Unione Europea che richiede una risoluzione più dura di quanto i
delegati Africani vogliano.
Il rapporto, visto dalla BBC, descrive nei dettagli denunce di
violenze, saccheggi e uccisioni con l'aiuto del governo. Intanto
il governo ha ripreso i colloqui con i gruppi ribelli di Darfur in Chad.
Il rapporto dichiara che le atrocità in Darfur "possono costituire
crimini di guerra e/o crimini contro l'umanità".
Libero dalla memoria e dalla speranza,
illimitato, astratto, quasi futuro,
il morto non è un morto: è la morte.
Come il Dio dei mistici,
A Quale si devono rifiutare tutti i predicati,
il morto ubiquamente estraneo
non è che la perdizione e assenza del mondo.
Tutto gli abbiamo rubato, non gli abbiamo lasciato
né un colore né una sillaba:
qui è il patio che non condividono più i suoi occhi,
là è il marciapiede dove fu in agguato la sua speranza.
Perfino ciò che pensiamo
potrebbe stare pensandolo anche lui;
ci siamo spartiti come ladri
il flusso delle notti e dei giorni.
The New York Times
Nell'estate del 2001, c'era un picco di "chatter" contro e sull'evidenza montante che un attacco terroristico era imminente. Ma senza dettagli precisi, fu difficile attirare l'attenzione dei massimi rappresentanti poltici o pubblici, finché fu troppo tardi. Ora qualcosa di simile sta succedendo per la Corea del Nord. La Corea del Nord è potenzialmente più peridolosa del pasticcio in Iraq. Ha già probabilmente almeno da 1 a 3 armi di distruzione di massa, sta producendo sia uranio che plutoni, ed è sulla strada di avere circa 10 armi nucleari entro la fine di quest'anno. Poiché per ora la politica del
After my reports from Africa about ethnic cleansing in the Darfur region of Sudan, many readers have asked what they can do. I've put some possibilities on my blog, www.nytimes.com/kristofresponds, in Posting No. 344.
Premi | |||||||
Rashida Bee e Champa Devi Shukla hanno vinto il Premio Goldman per l'Ambiente e condivideranno $125,000. Le donne hanno detto che vorrebbero usare il denaro per istituire un proprio riconoscimento in India per la lotta contro il corporate crime. Più di 20,000 persone morirono quando il gas tossico si sparse fuori dall'impianto di pesticidi della Union Carbide pesticide il 3 Decembre 1984. ... continua su BBC News
|
Buona notte con queste due buone notizie e una luna molto giapponese.
Nello stesso giorno, nove civili rapiti dalle forze russe vengono ritrovati morti in fondo a un burrone e una donna muore con i suoi cinque bambini in un bombardamento aereo russo sul suo villaggio Decine di morti nei combattimenti dell’ultima settimana.
In Cecenia è in atto un’escalation militare come non la si vedeva dalla fine dell’estate scorsa.
Sembra che il Cremlino abbia deciso di eliminare la leadership politico-militare dell’indipendentismo ceceno, a cominciare dall’ex presidente Maskhadov
19 aprile 2004 – Villaggio di Duba-Yurt, alle pendici del versante settentrionale della catena montuosa del Caucaso, una cinquantina di chilometri a sud di Grozny.
Intorno alle due di mattina del 27 marzo otto blindati da trasporto truppe dell’esercito russo, con le targhe smontate, sono entrati nel centro abitato. Ne sono scesi decine di soldati, tutti col volto coperto dai passamontagna.
Hanno fatto irruzione in diciannove case. Hanno tirato giù dal letto uomini, donne, vecchi e bambini e, minacciandoli con le armi, li hanno fatti stendere faccia a terra. Poi, senza neanche controllare i documenti, hanno raggruppato tutti i maschi in ‘età militare’ e se li sono portati via, senza nemmeno dar loro il tempo di vestirsi.
Nove persone in tutto, di età compresa tra i 28 e i 44 anni, sono sparite quella notte da Duba-Yurt.
I loro familiari hanno subito iniziato a cercarli, facendo il giro delle prigioni della zona. Hanno saputo che probabilmente erano stati portati nel ‘campo di filtraggio’ di Khankala, alla periferia orientale di Grozny. E a quel punto hanno capito che le possibilità di rivedere i loro cari erano assai scarse.
Venerdì 9 aprile, nel villaggio di Serzhen-Yurt, una ventina di chilometri a nord-est di Duba-Yurt, un uomo ha notato in fondo a un burrone nove cadaveri. Erano ancora vestiti da notte. Sui loro corpi i segni delle torture. Tutti erano stati uccisi con un colpo di pistola alla testa.
Questo, denunciato da Human Rights Watch, è solo uno dei più recenti casi di ‘sparizione’ di civili ceceni rapiti dalle forze di sicurezza russe. Solitamente di loro si perde ogni traccia. A volte, come per i nove di Duba-Yurt, vengono ritrovati morti. I pochi che sopravvivono alle torture vengono liberati dietro pagamento di pesanti riscatti da parte dei familiari.
Questo fenomeno sta assumendo dimensioni sempre più gravi. Le stesse autorità russe ammettono oltre seicento ‘sparizioni’ nel 2003. Sicuramente una stima per largo difetto: l’associazione russa per i diritti umani “Memorial” ha denunciato nello stesso periodo quasi cinquecento casi solo in quel 30 per cento di territorio ceceno che i suoi osservatori sono riusciti a monitorare.
Lo stesso venerdì in cui a Serzhen-Yurt venivano scoperti i nove cadaveri, qualche decina di chilometri più a sud, nel villaggio di montagna di Rigakhoy, si consumava un’altra tragedia.
Marin Tsintsayeva era in casa con i suoi cinque figli, quando, attorno alle due del pomeriggio, l’aviazione russa ha iniziato a bombardare la zona. Marin si è nascosta sotto il tavolo tenendo abbracciati stretti i suoi bambini. Per venti minuti la casa ha tremato per le esplosioni delle bombe, finché una l’ha centrata in pieno. Marin e i suoi figli sono morti.
A quanto pare, i russi hanno dato inizio a una massiccia campagna di bombardamenti aerei sulle roccaforti della guerriglia indipendentista nelle montagne della Cecenia meridionale. Fonti locali riferiscono che era dalla fine dell’estate scorsa che non si vedevano volare così tanti caccia-bombardieri ed elicotteri russi.
Questo, assieme alla notevole intensificazione dei combattimenti – costati la vita a decine di soldati russi e guerriglieri ceceni nell’ultima settimana – e alle notizie di operazioni speciali russe in atto nelle roccaforti degli indipendentisti, sembrano confermare le voci che, secondo il centro di informazione Prague Watchdog, circolano a Grozny riguardo al fatto che il Cremlino abbia deciso di lanciare un’offensiva generale volta alla cattura o all’eliminazione dei vertici politici e militari dell’indipendentismo ceceno, a cominciare dell’ex presidente ceceno, Aslan Maskhadov.
Enrico Piovesana
da PeaceReporter
Seguitemi, ha detto il presidente. E, tragicamente, noi l’abbiamo fatto. Con la sua guerra illegittima guerra in Iraq, il suo errore di attribuire ogni cosa noi abbiamo avuto ad Al Qaeda e a Osama bin Laden, e la sua fantasia di usare la forza militare come un bacchetta magica per “cambiare il mondo”, il Presidente Bush ha portato il popolo Americano in un sanguinoso e incomprensibile teatro dell’assurdo. Ogni azione è più straziante dell’ultima. Pfc. Keith Maupin, che era stato rapito vicino a Baghdad il 9 Aprile, mostrato in in un videotape trasmesso da Al Jazeera lo scorso venerdì. Egli era prigioniero di killer mascherati e, comprensibilmente, atterrito. "Il mio nome è Keith Matthew Maupin," ha detto, guardando nervosamente nella telecamera. "Sono un soldato della Prima Divisione. Sono sposato con un figlio di 10 mesi." Private Maupin ha 20 anni e non doveva mai essere mandato nell'infuocato orrore dell'Iraq. Ora non sappiamo come tirarlo fuori. Lo stesso giorno in cui Private Maupin è stato rapito, la ventenne Specialista Michelle Witmer è stata uccisa quando il suo Humvee è stato attaccato a Baghdad. Le due sorelle di Ms. Witmer's, Charity and Rachel, si trovavano anche loro in servizio in Iraq. Le tre donne erano membri della National Guard. Le truppe Americane stanno sopportando il più micidiale periodo dall'inizio della guerra. E mentre loro continuano a combattere coraggiosamente e qualche volta a morire, loro stanno combattendo e morendo in una guerra sbagliata.Questo è il peso dell'assurdità. Una delle cose che ricordo del mio servizio militare molti anni fa erano gli onnipresenti di grandi posters con la frase, a grosse lettere: Know Your Enemy. Questo è quel minimo di saggezza militare che sembra essere sfuggita al Presidente Bush. Gli United States furono attaccati on Sept. 11, 2001, da Al Qaeda, non dall'Iraq. Tutti gli Americani e la maggior parte del mondo si sarebbero uniti dietro il Presidente Bush per un all-out war contro Al Qaeda e Osama bin Laden. I parenti e gli amici di tutti i militari che hanno perso le loro vite in quello sforzo dovrebbero sapere chiaramente e senza possibilità di errore per che cosa i loro cari sono morti. Ma Mr. Bush aveva altre cose per la testa. Con Osama and the top leadership di Al Qaeda ancora in libertà, e con gli U.S. ancora oppressi dal trauma del Sept. 11, il presidente ha rivolto la sua attenzione all'Iraq. Meno di due mesi dopo gli attacchi del Sept. 11 attacks, secondo il resoconto di Bob Woodward nel suo nuovo libro, "Plan of Attack," il Presidente Bush ha ordinato al Defense Secretary Donald Rumsfeld di preparare un piano di guerra contro l'Iraq. Mr. Bush ha insistito perché questo fosse fatto nella massima segretezza. Il presidente non aveva nemmeno informato la sua consigliera per la sicurezza nazionale, Condoleezza Rice, o il suo segretario di stato, Colin Powell, sulla sua direttiva a Mr. Rumsfeld. Allora ha cominciato the peeling away delle risorse cruciali per la lotta della nazione contro il suo acerrimo nemico, Al Qaeda. Il Gen. Tommy Franks, che al tempo era capo del United States Central Command e aveva la responsabilità della guerra Afgana, è stato riportato da Mr. Woodward lanciato unasfilza di oscenità quando gli è stato ordinato di sviluppare un piano per invadere l'Iraq. Il Presidente Bush può sinceramente credere, come ha suggerito nella sua conferenza stampa la scorsa settimana, che lui sta compiendo una missione approvata da "the divine". Ma ha di fatto reso il mondo meno sicuro con la sua catastrofica decisione di muovere guerra all'Iraq. Almeno 700 G.I.'s e migliaia di innocenti Iraqis, incluse molte donne e bambini, sono morti. Un numero incalcolabile di persone sono state mutilate e là non è in vista un termine alla carneficina. Nel frattempo, invece di distruggere i terroristi, nostri reali nemici, li abbiamo rafforzati. L'invasione e l'occupazione dell'Iraq sono diventate un richiamo a raccolta per i militanti Islamici. Il terrorismo Qaeda-type si sta diffondendo, non sta recedendo. E Osama bin Laden è ancora in libertà.Perfino mentre sto scrivendo, i reporters del The Times e altre nuove outlets stanno raccontando storie di marines che muiono in imboscate e altre azioni di disordine e anarchia da un capo all'altro dell'Iraq. Questo non faceva parte del piano. L'amministrazione e i suoi difensori hanno diffuso fantasie di una nuova alba di libertà che sta sorgendo in Iraq e si sta diffondendo in tutto il mondo Arabo. Invece noi stiamo spargendo il sangue di innocenti in un incubo da cui molte migliaia non si sveglieranno mai.
(La traduzione è mia, perciò, anche se ho cercato di attenermi al testo scrupolosamente, consiglio di consultare l'originale pubblicato dal New York Times, per ovviare a mie sviste varie ed eventuali. Sottolineature e colori sono miei. In ogni caso chiedo scusa se ...)