mercoledì 18 febbraio 2004

In Senato si sta dis...

In Senato si sta discutendo, ora, sulla nostra Missione in Iraq


Di che cosa si parla intanto negli USA?


All'indomani dell'attentato di Nassiriya, Pallotta, direttore editoriale del Giornale dei Carabinieri, aveva chiesto il ritiro del contingente italiano denunciando, in un'intervista al Manifesto, che


la «missione di pace è in realtà una missione di guerra.


Ieri Il giornale dei carabinieri è tornato alla carica lanciando un appello a tutte le forze politiche affinché non venga rifinanziata la missione italiana.


Tra le ragioni per dire no:



  • «l'assenza dell'egida dell'Onu»

  • il carattere sempre più simile a «un'occupazione» della spedizione

  • le «condizioni di sicurezza dei militari»

Michele Garau, segretario regionale dell'Unac, denuncia:


«I carabinieri italiani sono stati mandati in Iraq senza adeguata preparazione, per una missione che doveva essere umanitaria ed è di guerra».


Il livello di stress dei nostri soldati, sempre secondo l'Unac, sarebbe oltre i livelli di guardia. Così come, malgrado le minacce di sanzioni disciplinari, sarebbe alta la voglia di tornare a casa di molti militari, ai quali nessuno avrebbe «davvero spiegato i rischi a cui andavano incontro», compreso quello legato all'uranio impoverito «scaricato in Iraq».

Per tutti questi motivi Paolo Cento chiede che


il Governo «informi il Parlamento su quanti militari stanno chiedendo di tornare in Italia» e che «sia lasciata loro la possibilità di scegliere liberamente di rientrare».


E Pecoraro Scanio invoca una commissione d'inchiesta «per smascherare la truffa della missione in Iraq».


Il Washington Post di oggi, 18 Febbraio 2004, ci spiega qualcosa a proposito


del ruolo dell'ONU voluto dall'amministrazione Bush.


L'Amministrazione divide il Ruolo delle U.N. in Iraq


Quanto Controllo U.S. cederà?


By Robin Wright
Washington Post Staff Writer
Wednesday, February 18, 2004; Page A12


L'amministrazione Bush è divisa su quanta autorità si debba dare alle Nazioni Unite in Iraq, nonostante il sostegno di Washington on the world body per aiutare la transizione politica così che l'occupazione guidata da U. S. possa aver fine entro il 30 Giugno, dicono funzionari U.S. e congressuali.


Nei due mesi passati, un numero crescente di ufficiali senior U.S. di politica estera e funzionari di foreign policy officials and ufficiali militari si sono convinti che la transizione avverrà -- e avrà il più ampio supporto tra gli Iracheni -- soltanto se le Nazioni Unite preparano un piano e allora sovrintendono la selezione di un governo provvisiorio in Iraq, con l'aiuto degli Stati Uniti e degli altri partners della coalizione.


Ma (key) funzionari U.S. negli uffici del Vice Presidente Cheney e del Segretario alla Difesa Donald H. Rumsfeld si oppongono a consegnare un'autorità significativa o il controllo del processo fondamentale, preferendo mantenere le Nazioni Unite in un ruolo di consulenza o di supporto, in accordo con gli Stati Uniti e i funzionari congressuali.


"Loro dicono, 'Possono realmente le Nazioni Unite fare meglio di quanto possiamo fare noi?' Questi non sono ragazzi che pensano che le Nazioni Unite siano in grado di assumere un'impresa imponente come quella in Iraq. Loro sostengono che noi abbiamo investito miliardi di dollari, centinaia di vite, e le reputazioni di una nazione e di un presiedente. Non possiamo fallire. Ma se noi lo passiamo ad altri, noi perdiamo il controllo del destino dell'Iraq," ha detto un autorevole funzionario U. S.


Even those who oppose handing over control to the United Nations are looking to the world body for help. "Right now, what we're interested in is having them be an adviser, help oversee this process of setting up a transitional government for the Iraqis," said a senior administration official traveling in Cheney's party on a trip to Europe last month.


The administration has struggled over how central a role to give the United Nations since it first contemplated taking action against Saddam Hussein. Now, with the United Nations working to help draft a new plan for the political transition, U.S. officials face a crossroads in this long-running debate. A failure to resolve the split could complicate final negotiations on how to create a stable Iraqi government.


Creation of that provisional government is the central plank in the U.S. exit strategy for both its civilian administrators and its troops. If the new government is not viewed by a significant majority of Iraqis as a legitimate reflection of Iraq's disparate society, it could become the target of insurgents, further destabilizing the oil-rich country and jeopardizing neighboring states, U.S. officials and Iraq experts fear.


Key officials at the State Department, which will assume responsibility for the U.S. presence in Iraq from the Pentagon after June 30, support a central or dominant U.N. role. "We're willing to hand the whole damn thing over to the United Nations. We can help run things on the ground [as a government is selected] but have the U.N. cover and legitimacy that this process now needs," said an administration official involved in the discussions.


"Having the U.N. in a leading role is a potential positive," the official added, "both for showing the U.S. can mend diplomatic fences and because they're worried about what Iraq may look like in November."


Some senior U.S. military officers involved in Iraq have also split with the Pentagon's civilian leadership and favor involving the United Nations as much as possible, and sooner rather than later, said one officer involved in policy discussions.


"The military is far more comfortable with relinquishing control to the U.N. as long as we achieve our objectives," the officer explained. "Others . . . are reluctant to relinquish control." Pentagon civilian officials declined to comment for this story.


The Iraqi political transition has been in crisis for months, after calls from Iraq's leading cleric and others to hold direct elections to choose a provisional government, rather than follow the U.S. plan for 18 regional caucuses. The Bush administration has argued it is not possible to hold elections in Iraq by June 30. In frustration, the administration turned to the United Nations, which sent a team to Iraq to assess options.


U.N. envoy Lakhdar Brahimi met last week with the cleric, Grand Ayatollah Ali Sistani, and with other Iraqi leaders. On Friday, Brahimi said holding elections before sovereignty is handed over to Iraq could exacerbate tensions among rival groups. People who met with Brahimi say he indicated to them that elections could be held later this year, after the United States turns over political authority to Iraqis.


Brahimi's team is expected to work up proposals for the transition -- which could be revealed as early as this week -- including roles the United Nations could play, U.S. and U.N. officials say.







2 commenti:

  1. Un bacio, Harmonia. Sei sempre molto cara. Percival

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  2. Buon giorno cara harmonia.
    Se i motivi addotti per fare la guerra erano inventati
    allora era il controllo militare della regione e del petrolio che l'ha determinata. Dunque questa Amministrazione non cederà nessun potere reale in Iraq. Speriamo in un cambio di Presidenza negli U.S.A. ( e anche in Italia...)

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