mercoledì 26 marzo 2008

 

TIBET DIRITTI UMANI STORIA


News - Inside Tibet_Religion plays an important role in Tibet_BBCNews_


Scopi di questo post, e degli altri simili, è la conservazione e la diffusione di informazioni che per me sono importanti. Questi articoli sono reperibili anche in altri siti, ma aprire il mio spazio minimo mi sembra utile. Circolano le notizie più strane e contraddittorie perfino sulla storia di due Paesi, il Tibet e la Cina, riuniti con la violenza da uno dei massimi imperialisti del mondo, Mao Ze Dong. Circolano ragionamenti che distraggono e confondono anche le persone più avvertite. E' frequente sentir citare gli orrori della guerra in Iraq o la conquista americana del West o il famigerato colonialismo occidentale come se i crimini del passato storico e, sciaguratamente, del presente quotidiano potessero costituire una giustificazione per i crimini in Tibet, come in Darfur o in Somalia o in Birmania o in Cecenia o...o...o... . Non riesco a finire l'elenco. Ogni nazione oppressa e martoriata ha diritto a essere difesa. Nel mondo così com'è organizzato, però, non si riesce a tenere tutte le tragedie contemporaneamente nel cono di luce dell'informazione e della partecipazione planetaria. E' un limite tremendo con cui dobbiamo fare i conti. Ma ora che facciamo? Siccome altrove si consumano tragedie analoghe non ci interessiamo di quella che in questo momento è, provvidenzialmente, nel cono di luce, troppo piccolo per illuminare anche le altre? Questo è il momento del Tibet. Ed è anche il momento dei diritti umani in Cina, non dimentichiamolo. Possiamo e dobbiamo approfittarne per scalfire almeno un po' il potere dittatoriale cinese, ottuso e affetto da coazione a ripetere errori e crimini secolari, come tutti i poteri non democratici.


Tibet's unsettled borders_BBCNews


Una tragedia sul tetto del mondo: dove nasce la brutale repressione della Cina


di FEDERICO RAMPINI



Xizang, "la Dimora del Tesoro occidentale", è il nome cinese del Tibet. Una nazione che per il Dalai Lama subisce un «genocidio etnico». Per l´opinione pubblica dei paesi democratici è la vittima di sopraffazioni in cui si rivela il volto più brutale del regime cinese. La rivolta iniziata il 10 marzo a Lhasa è stata definita l´ultima battaglia anti coloniale, il sussulto di un popolo oppresso nell´impero multietnico dominato da Pechino. Per la maggioranza dei cinesi, invece, lo Xizang è sempre stato loro. Lo studiano nei manuali di storia fin dalle elementari. Per loro il coro di solidarietà internazionale verso i tibetani è la versione aggiornata del perfido imperialismo anti cinese, che portò l´Inghilterra, la Russia, il Giappone, a violentare l´integrità territoriale dell´Impero Celeste nel XIX e nel XX secolo.
La storia del Tibet è complicata, nell´arco di 1.500 anni si alternano periodi di indipendenza (perfino una fase in cui i tibetani alleati coi mongoli furono più forti dei cinesi) ed epoche in cui questo paese divenne un vassallo delle dinastie cinesi.
Per capire l´accanimento attuale di Pechino basta risalire indietro di un secolo. Nel 1903 il viceré dell´India Lord Curzon si lascia convincere dal suo colonnello Francis Younghusband che la Russia zarista ha in pugno il Dalai Lama, una pedina negli equilibri geopolitici dell´Asia centrale. Il colonnello britannico si mette alla testa di una piccola armata di mercenari indiani, oltrepassa il confine dal Sikkim, massacra tremila tibetani. Il suo exploit militare viene sconfessato da Londra che lo costringe alla retromarcia. Ma Younghusband ha messo in moto una catena di eventi. La dinastia cinese dei Qing, agonizzante e traumatizzata dalle umiliazioni subite a opera delle potenze straniere, teme una penetrazione inglese attraverso il Tibet, l´apertura di un nuovo varco per minacciare la Cina dal subcontinente indiano. Anche se gli inglesi sono partiti, nel 1909 le truppe dei Qing occupano Lhasa per "liberarla dall´invasore occidentale". Il tredicesimo Dalai Lama deve fuggire in esilio.
Da allora i termini della questione tibetana non sono mai cambiati. Sotto qualsiasi regime - imperiale, repubblicano, nazionalfascista, comunista - la Cina considera il Tibet come un cuscinetto strategico per proteggersi a Ovest. Pur di non mollare la presa Pechino inventa ogni sorta di legittimità, dalla lotta anti imperialista all´unità sino-tibetana che gli storici revisionisti del regime fanno risalire ai tempi di Marco Polo.
A Mao Zedong basta un anno dalla presa del potere a Pechino (1949) per lanciare il suo Esercito popolare di liberazione nell´invasione del Tibet. All´inizio l´occupazione militare cinese mostra una certa tolleranza verso le tradizioni locali, compresa la religione. Nel 1959 una prima svolta estremista di Mao Zedong porta all´imposizione dell´ateismo di Stato: divampa la prima ribellione in Tibet, viene sconfitta e l´attuale Dalai Lama è costretto all´esilio.
Dal 1966 al 1975 la Rivoluzione culturale intensifica le violenze contro la religione. Il Tibet è vittima della campagna più feroce: i comunisti cinesi vi uccidono probabilmente fino a 1,2 milioni di persone, un quinto dell´intera popolazione. Ma la tenacia dei tibetani inganna perfino il leader più lucido e astuto della Repubblica popolare, Deng Xiaoping.
Tre anni dopo la morte di Mao, nel 1979 insieme con la svolta politica moderata, la normalizzazione delle relazioni con l´Occidente e l´avvio delle riforme di mercato, Deng allunga un ramoscello d´ulivo al Dalai Lama invitandolo a mandare suo fratello in visita in Tibet per constatare che le condizioni di vita del suo popolo sono migliorate. Nei piani di Deng è il preludio per un negoziato con il Dalai Lama da posizioni di forza, per convincerlo a tornare in patria dopo essersi sottomesso all´autorità centrale di Pechino. Secondo le informazioni che Deng riceve dal partito comunista locale, i tibetani ormai sono assuefatti alla dominazione cinese, i progressi nel benessere materiale appagano la popolazione.
L´errore è clamoroso. La visita del fratello del Dalai Lama scatena l´entusiasmo popolare, le manifestazioni di gioia degenerano in cortei nazionalisti al grido di "Tibet indipendente". Ogni dialogo con il Dalai Lama è troncato. In compenso la pratica del buddismo è tornata a fiorire, sia pure con un "numero chiuso" che contingenta il reclutamento dei nuovi monaci. Questo non impedisce che oggi nei monasteri di Lhasa molti di loro siano giovanissimi, segno che nessuna secolarizzazione è riuscita a inaridire le vocazioni. Il regime tenta di sradicare il carisma del Dalai Lama imponendo un controllo ideologico e poliziesco nei monasteri, con sedute di indottrinamento politico obbligatorie. Un fallimento: il Tibet continua a essere il teatro di periodiche insurrezioni contro i cinesi.
Nel 1989 una di queste rivolte viene stroncata con la legge marziale da Hu Jintao, allora plenipotenziario del partito comunista a Lhasa, oggi numero uno del regime a Pechino. Dal 1989 Hu Jintao credeva di aver fatto molto per sopire le tensioni. Sul fronte economico Pechino ha accelerato gli investimenti per dotare il Tibet di infrastrutture efficienti, dagli aeroporti alle autostrade, e per agganciarlo al boom economico cinese.
La più gigantesca e la più contestata di queste grandi opere è la linea ferroviaria Pechino-Lhasa inaugurata da due anni. Lunga 1.142 chilometri, di cui 960 a un´altitudine superiore ai quattromila metri e con tratti a cinquemila metri su terreni eternamente ghiacciati, è un´ardita testimonianza delle capacità tecnologiche della Cina. Per ammissione del Dalai Lama la ferrovia contribuisce a uno sviluppo economico benefico per la popolazione locale. Ma il nuovo treno è anche sotto accusa per l´offesa a un ecosistema naturale fragile e prezioso. Ed è il simbolo di quella "conquista del West" con cui l´etnia dominante dei cinesi han schiaccia il Tibet sotto il peso della sua immigrazione: i militari di stanza a Lhasa sono quasi tutti han, come i dirigenti del partito comunista locale. Senza ironia il regime comunista si arroga ormai perfino il diritto di consacrare i "veri" Lama reincarnati.
Dietro le rivolte di questo marzo 2008 c´è anche l´effetto di un privilegio reale di cui godono i tibetani. Come tutte le minoranze etniche sono esentati dalla regola del figlio unico. L´alta natalità tibetana ha prodotto un sovrappiù di giovani. Metà della popolazione tibetana ha meno di 21 anni, una composizione demografica molto più giovane della Repubblica popolare. I giovani tibetani sono più istruiti dei loro genitori ma sul mercato del lavoro continuano a essere discriminati rispetto ai cinesi han. In tutte le epoche un eccesso di popolazione giovanile è un carburante per le rivolte; i ventenni e gli adolescenti protagonisti degli scontri a Lhasa confermano la regola.
L´Occidente finge di avere a cuore i tibetani, in realtà non muove un dito. La storia dei tradimenti va da Lord Curzon a Clinton e Bush, passando per Roosevelt e Nixon, tutti amici del Tibet a parole, a patto di non disturbare la realpolitik con Pechino. Ad alimentare quest´ultima rivolta ha contribuito la grande cerimonia dell´anno scorso a Washington dove il Dalai Lama è stato premiato dal Congresso con la Gold Medal, e un bel discorso di George Bush. Per i tibetani quelle immagini del loro leader spirituale osannato dal presidente potevano significare una cosa sola: l´America stavolta li avrebbe protetti.


Tibet - Wikipedia_Foto satellitare presa sopra l'altopiano del Tibet


TIBET/sillabario - FOSCO MARAINI


I cinesi continuano a sostenere d´aver maturato diritti politici quasi millenari sull´altipiano e sulle genti che vi abitano, e numerosi occidentali, nella loro generale ignoranza d´una storia tanto esotica, si lasciano impressionare o restano frastornati e indecisi
L´occupazione del Tibet da parte della Cina fa parte d´un quadro superato della storia mondiale - quello delle conquiste imperialiste e dei domini coloniali, perciò può mantenersi soltanto con la cruda forza, priva di qualsiasi legittimità. E il comportamento bestiale dei cinesi nei riguardi dei tibetani, fa talvolta addirittura supporre ch´essi avvertano oscuramente il male sostanziale dell´occupazione nel profondo delle loro coscienze.
Il punto essenziale da considerarsi oggi è un altro: sono cinesi e tibetani due semplici varietà provinciali d´un medesimo popolo, o sono sostanzialmente due popoli diversi? (La Repubblica, 25 marzo 2008, pag. 45) 




Link: Estremo Occidente blog di Federico Rampini -  Fosco Maraini, Segreto Tibet


9 commenti:

  1. cara amica, i discorsi stanno a zero e se ragioniamo su diritti millenari che peraltro sono sempre molto discutibili, non ne veniamo fuori. Noi romani, per esempio, potremmo paradossalmente vantare diritti su tante nazioni in occidente ed in oriente sfruttando lo stesso principio
    con cui la Cina ha, in pratica, sottomesso il Tibet. L'Onu dovrebbe condannare con forza ogni politica imperialista e colonialista permettendo ad ogni popolo di autodeterminarsi e liberarsi dall'essere soggiogati senza altri interessi di sorta. Se nel tibet, in luogo delle tradizioni e della loro cultura, ci fosse stato qualche pozzo di petrolio probabilmente si sarebbero trovati partner intenzionati a risolvere la controversia anche con la forza in nome di una supposta e improbabile democrazia. Storie vecchie già viste, purtroppo, che non finiranno mai se non quando l'uomo riuscirà a superare le sue contraddizioni per una politica internazionale mirata alla distensione ed al rispetto delle culture altrui. Ma quanti anni ci vorranno ancora?
    Buon blog e sempre ubuntu.
    Enzo

    RispondiElimina
  2. Ti prego cancella il mio commento precedente frutto di errore :(

    l´America stavolta li avrebbe protetti. ... e così si è consumato l'ennesimo inganno.
    Hai ragione le luci sono ora sulla questione tibetana ed è questa un'occasione d'oro da sfruttare, perchè passate le olimpiadi non ci saranno più titoli sui giornali, come non ce ne sono più su Darfour, Cecenia eccetera.
    I governi difficilmente faranno qualcosa, a mio avviso e sono pessimista mi perdonerai, ma il boicottaggio da parte di atleti .. beh, basta guardare a quel che è successo con la teofora che ha disertato.

    RispondiElimina
  3. sempre ben realizzate le tue ricostruzioni, compliments stef

    RispondiElimina
  4. Poveri tibetani ingenui! Bush ha detto che ad agosto andrà ad assistere all'aspetto migliore della Cina (....) (pesce in barile e faccia di bronzo!)

    Nel sito di Fosco Maraini (non aggiornato: lo da ancora per vivo) il cliccare sui libri -tra cui quello da te segnalato- non ha sortito effetto...:( Come mai? A te si aprono le pagine?

    Un abbraccio grande

    RispondiElimina
  5. Poveri tibetani ingenui! Bush ha detto che ad agosto andrà ad assistere all'aspetto migliore della Cina (....) (pesce in barile e faccia di bronzo!)

    Nel sito di Fosco Maraini (non aggiornato: lo da ancora per vivo) il cliccare sui libri -tra cui quello da te segnalato- non ha sortito effetto...:( Come mai? A te si aprono le pagine?

    Un abbraccio grande

    RispondiElimina
  6. Ti ho scritto tramite Splinder.
    Ti bacio

    RispondiElimina
  7. facciamo qualcosa di concreto allora! Leggi del mio progetto editoriale ... pubblicizzalo sul tuo blog ... è per beneficenza
    orchideapurpurea@hotmail.it
    grazie
    un bacio angelico
    lidia

    RispondiElimina