domenica 16 marzo 2008

 TIBET NELLA TEMPESTA


Tashi Delek


Riporto due drammatici interventi del Dalai Lama per capire le nuove vicende tibetane e riflettere sulla nostra posizione. Siamo solo osservatori o possiamo fare qualcosa per impedire la realizzazione di un crimine che non è esagerato chiamare "genocidio"? Che cosa fare con la Cina e con i suoi giochi olimpici? Il Dalai Lama è da sempre contrario al boicottaggio. Io ho saldo il principio del minor male e del maggior bene possibile per tutti, ma cambio idea più volte al giorno.  


Tibetan spiritual leader, the Dalai Lama, addresses a news conference at Dharamsala in the northern Indian state of Himachal Pradesh March 16, 2008.    Dharamsala. 16 marzo 2008. «Qualche organizzazione internazionale rispettata potrebbe accertare quale sia la situazione in Tibet e quali le cause» dei disordini, ha dichiarato il Dalai Lama nella conferenza stampa tenuta nella località indiana di Dharamsala, dove risiede in esilio: «Che il governo cinese lo ammetta oppure no, esiste un problema: un’antica tradizione culturale è in serio pericolo. Intenzionalmente o no, è in corso una sorta di genocidio culturale».


Il Dalai Lama ha poi denunciato il «regime del terrore» imposto in Tibet dalla Cina, rifiutandosi però di lanciare un appello per il boicottaggio dei Giochi olimpici di Pechino: «Desidero che i Giochi si tengano: il popolo cinese ha bisogno di sentirsi fiero, la Cina merita di accogliere i Giochi olimpici»; ma «occorre ricordare a Pechino che ha l’obbligo di comportarsi in modo consono a chi ospita le Olimpiadi». [... continua qui - La Stampa, 16 marzo 2008]


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IL DALAI LAMA E LE VIOLENZE


Durante l'incontro con la stampa il Dalai Lama ha risposto a una delle domande che sono sulla bocca di tutti: "Può lei fermare le violenze?", gli è stato chiesto. "Io non ho questo potere", ha risposto. "E' un movimento di popolo, e io considero me stesso un servo, un portavoce del mio popolo. Non posso domandare alla gente di fare o non fare questo e quello".
Nella sua spiegazione ha poi analizzato lo stato delle cose maturate in questi ultimi 60 anni di dominio dell'etnia cinese sulla popolazione locale.

GENOCIDIO CULTURALE


"Intenzionalmente o no, assistiamo a una certa forma di genocidio culturale. E' un tipo di discriminazione: i tibetani, nella loro terra, molto spesso sono cittadini di seconda classe. Recentemente le autorità locali hanno addirittura peggiorato la loro attitudine verso il buddismo tibetano. E' una situazione molto negativa, ci sono restrizioni e cosiddette rieducazioni politiche nei monasteri", ha aggiunto il Dalai Lama. E ancora: "Ho notato negli anni recenti che tra i tibetani che vengono qui dal Tibet è cresciuto il risentimento, inclusi alcuni tibetani comunisti, che lavorano in diversi dipartimenti e uffici cinesi. Sebbene siano ideologicamente comunisti, siccome sono tibetani hanno a cuore la causa del loro popolo. Secondo queste persone più del 95 per cento della popolazione tibetana è molto, molto risentita. Questa è la principale ragione delle proteste, che coinvolgono monaci, monache, studenti, persone comuni".


AUTONOMIA E INDIPENDENZA


Il Dalai Lama ha poi tenuto a precisare la sua posizione: "Nelle mie dichiarazioni, nel corso degli anni, ho spesso menzionato che davvero, dico davvero, vorrei supportare il presente leader Hu Jintao nel comune slogan di sostenere e creare un'armonia sociale. Voi sapete che noi non cerchiamo la separazione, il resto del mondo lo sa. Inclusi alcuni tibetani, inclusi i nostri sostenitori occidentali ed europei, o indiani che sono critici verso il nostro approccio perché secondo loro non cerchiamo l'indipendenza, la separazione. Ma sfortunatamente, i cinesi hanno trovato una scappatoia per accusare noi di quanto sta avvenendo".

Dopo aver sottolineato le critiche alla sua linea, il Dalai Lama ha però detto che "un numero crescente di cinesi ci stanno manifestando solidarietà. Studiosi cinesi e ufficiali governativi privatamente appoggiano il nostro approccio della via di mezzo", ha detto.

INDAGINE INDIPENDENTE E NON VIOLENZA
"Allora - ha proseguito il leader spirituale tibetano - per favore indagate da soli, se possibile lo faccia qualche organizzazione rispettata a livello internazionale, indaghi su che cosa è successo, su qual è la situazione e quale la causa. All'esterno tutti vogliono sapere, me compreso. Chi ha davvero creato questi problemi adesso? In realtà credo che tutti sappiano qual è il mio approccio. Ognuno sa qual è il mio principio, completa non violenza, perché la violenza è quasi come un suicidio. Ma che il governo cinese lo ammetta o no, c'è un problema. Il problema è che l'eredità culturale nazionale è in una fase di serio pericolo. La nazione tibetana, la sua antica cultura muore. Tutti lo sanno. Pechino semplicemente si affida all'uso della forza per simulare la pace, ma è una pace creata con l'uso della forza e il governo del terrore. Un'armonia genuina deve venire dal cuore del popolo, sulla base della fiducia, non della paura".

OLIMPIADI
"Per questo - ha spiegato il leader tibetano in esilio - la comunità internazionale ha la responsabilità morale di ricordare alla Cina che deve essere un buon ospitante dei Giochi Olimpici. Ho già detto che ha il diritto di tenere le Olimpiadi, e che il popolo cinese ha bisogno di sentirsi orgoglioso di questo".

LE PRECEDENTI TRATTATIVE
Il Dalai Lama ha ricordato che ci sono state sei conferenze bilaterali tra la Cina e i suoi inviati "fin dal febbraio 2002". Ma la Cina "ha iniziato a indurire la sua posizione sul problema tibetano dal 2006", intensificando le critiche nei suoi confronti.

LE VITTIME
In una intervista alla Bbc il Dalai Lama ha detto di aver ricevuto dei rapporti secondo i quali le violente proteste anticinesi a Lhasa potrebbero aver causato "almeno 100 morti". Ammettendo che la cifra è impossibile da verificare, ha aggiunto di temere in ogni caso che "potrebbero esserci altri morti, a meno che Pechino non cambi la sua politica verso le regioni himalayane controllate dal regime".

La Repubblica, 16 marzo 2008. QUI


The Dalai Lama offers prayers to Buddhist worshipers in Dharamsala on March 10.   


Sua Santità ribadisce fermo impegno alla Poltica della Via di Mezzo


Dharamshala, 10 Marzo 2008, TibetNet: "La stabilità in Tibet riguarda la stabilità del Paese, e la salvezza in Tibet rigurda la salvezza del Paese", come affermato dal Presidente Hu Jintao il 6 Marzo 2008, corrisponde alla realtà", ha detto Sua Santità il Dalai Lama, durante il discorso per il 49° anniversario del Tibetan National Uprising Day in Dharamshala oggi.


Sua Santità ha aggiunto che sta attendendo con ansia l'attuazione della dichiarazione del Presidente Hu che deve assicurare il benessere dei tibetani, migliorare il lavoro  collegato alle religioni e ai gruppi etnici, e mantenere l'armonia sociale e la stabilità. (read full statement)


Sua Santità ha detto che un approccio comprensivo deve essere adottato per risolvere il problema del Tibet, che è intrinsecamente legato a molti argomenti: la politica, la natura della società, la legge, i diritti umani, la religione, la cultura, l'identità di un popolo, l'economia e lo stato dell'ambiente naturale.


Sua Santità ha espresso preoccupazione per l'incremento della repressione e della brutalità in Tibet e la mancanza di un risultato concreto sulla questione fondamentale del Tibet, a dispetto di sei round di dialogo tra i suoi inviati e la leadership cinese.


"Nonostante questi sfortunati sviluppi, la mia posizione e la mia determinazione nel perseguire la politica della Via di Mezzo e continuareil nostro dialogo con il governo cinese rimangono immutate," ha aggiunto Sua Santità.


Esprimendo il suo supporto ai Giochi Olimpici di Pechino 2008, Sua Santità ha esortato la Cina a mostrarsi un buon ospite appoggiando i principi di libertà di parola, libertà di espressione, uguaglianza e amicizia.


Sua Santità ha esortato il governo cinese a porre immediatamente termine alle politiche di trasferimento della popolazione - che fa sì che i nativi tibetani vengano ridotti a una minoranza insignificante - e la lingua, i costumi e le tradizioni del Tibet, che riflettono la vera natura e identità del popolo tibetano, ... [continua qui - attenzione: la traduzione è mia, controllare l'originale]

10 commenti:

  1. Solidarietà al popolo tibetano contro la scellerata politica estera cinese.

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  2. @ ozne

    Facciamo Rete, Enzo. Tashi Delek!

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  3. grande equilibrio del Dalai Lama nel non ricorrere al boicottaggio.Tuttavia dei testimoni indipendenti diventano indispensabile.Grazie delle tue informazioni e traduzioni.

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  4. ciao. Sono anche io solidale con il popolo tibetano. Basta violenze, solo penso che noi contiamo poco, possiamo solo sperare. Pace per il Tibet ciao penny

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  5. @ linodigianni

    Equilibrio, coerenza e saggezza nella decisione del Dalai Lama di rifiutare il boicottaggio, e anche comprensione per il popolo cinese, che "merita le Olimpiadi" (dice lui stesso). Ricordiamo che anche i cinesi sono oprressi e torturati dal regime capitalcomunistareale. E le Olimpiadi dovevano servire ad avviare un minimo di applicazione dei diritti umani in Cina.

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  6. @ penny46

    Contiamo pochissimo, è vero, ma quel pochissimo che possiamo fare dobbiamo farlo. Collegarci, diffondere informazioni, farci venire qualche idea, per esempio.

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  7. facciamo fronte comune
    la Cina sta comprando anche il pensiero del pianeta

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  8. Amica mia che dolore leggere oggi il giornale...fronte comune, ma forse non basterà...

    un abbraccio

    Blue

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  9. Torno stamane, col cuore in subbuglio per il dolore delle notizie che arrivano dal Tibet: la soluzione proposta da S.E.Dalai Lama, la "via di mezzo", mi trova d'accordo, mentre sul boicottaggio da mesi mi esprimo dicendo che personalmente non seguirò la diretta tv e boicotterò l'acquisto dei prodotti sponsor,nei limiti del possibile. La non partecipazione ai Giochi, invece, non mi trova del tutto consenziente, perchè farebbe più del bene alla causa una presenza attiva che una assenza di massa. Mi spiego: delle tre edizioni olimpiche boicottate (Montreal, Mosca, los Angeles) in pochi si ricordano; ma Tommie Smith e John Carlos col pugno chiuso e mano guantata di nero (simbolo della lotta delle Black Panters), immobili sul podio dei vincitori a Mexico City, 1968, ed i motivi del loro gesto hanno creato informazione e consapevolezza con insuperata efficacia.

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  10. certo i cinesi sono scellerati, ma è tutto il mondo a dare un bruttissimo esempio.
    tutti a difendere i propri interessi economici.

    in quanto alla partecipazione, la penso anch'io come masso.
    c'è un'occasione grandissima: la diretta mondiale di gare olimpiche. quello sarebbe il momento per manifestare il proprio dissenso.

    certo che i monaci e il tibet non possono aspettare che arrivi agosto e farsi decimare.

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