martedì 15 gennaio 2008

Dal Corriere della Sera di mercoledì 16 gennaio 2008


Il Corriere della Sera, mercoledì 16 gennaio 2008. QUI .


... "Si poteva evitare questo esito? , con un atto di audacia e di innovazione delle parti interessate: il Vaticano e l’Autorità accademica. Con un atto di coraggio intellettuale si sarebbe dovuto immaginare per la visita del Pontefice una formula diversa dalla rito tradizionale della «Lectio Magistralis», calata dall’alto.

Si sarebbe dovuto inventare una formula che prevedesse nella sua stessa organizzazione la logica del confronto intellettuale e scientifico, in sintonia con un’istituzione di alta cultura. Una specie di grande disputatio di stile medievale." ... vedi La Stampa, 16 gennaio 2008.
QUI


  In seguito minaccio di dire anche la mia, forse.



*Che cosa hanno detto? I documenti originali.


 


 


 Ho trovato il contesto della frase di Ratzinger sul processo a Galileo su La Stampa di oggi: Galileo: che disse Ratzinger? MARCO TOSATTI . L'accesso diretto ai documenti è fondamentale per farsi un'idea dei fatti, perciò eccomi qui col mio copia e incolla, nonché un grazie al giornalista che ha procurato la citazione tratta dal libro: “Svolta per l’Europa? Chiesa e modernità nell'Europa dei rivolgimenti”, Paoline, Roma 1992. ( grassetto e colori sono mie "arbitrarie" sottolineature )


1. - Scrive Ratzinger: “Questo fatto ( il processo a Galileo ), ancora poco considerato nel XVII secolo, venne -già nel secolo successivo- elevato a mito dell'illuminismo. Galileo appare come vittima di quell'oscurantismo medievale che permane nella Chiesa. Bene e male sono separati con un taglio netto. Da una parte troviamo l'Inquisizione: il potere che incarna la superstizione, l'avversario della libertà e della conoscenza. Dall'altra la scienza della natura, rappresentata da Galileo; ecco la forza del progresso e della liberazione dell'uomo dalle catene dell'ignoranza che lo mantengono impotente di fronte alla natura. La stella della Modernità brilla nella notte buia dell'oscuro Medioevo. Secondo Bloch, il sistema eliocentrico -così come quello geocentrico- si fonda su presupposti indimostrabili. Tra questi, rivestirebbe un ruolo di primo piano l'affermazione dell'esistenza di uno spazio assoluto; opzione che tuttavia è stata poi cancellata dalla teoria della relatività. Egli scrive testualmente: «Dal momento che, con l'abolizione del presupposto di uno spazio vuoto e immobile, non si produce più alcun movimento verso di esso, ma soltanto un movimento relativo dei corpi tra loro, e poiché la misurazione di tale moto dipende dalla scelta del corpo assunto come punto di riferimento, così ?qualora la complessità dei calcoli risultanti non rendesse impraticabile l'ipotesi? adesso come allora si potrebbe supporre la terra fissa e il sole mobile». Curiosamente fu proprio Ernst Bloch, con il suo marxismo romantico, uno dei primi ad opporsi apertamente a tale mito, offrendo una nuova interpretazione dell'accaduto. Il vantaggio del sistema eliocentrico rispetto a quello geocentrico non consiste perciò in una maggior corrispondenza alla verità oggettiva, ma soltanto nel fatto che ci offre una maggiore facilità di calcolo. Fin qui, Bloch espone solo una concezione moderna della scienza naturale. Sorprendente è invece la valutazione che egli ne trae: «Una volta data per certa la relatività del movimento, un antico sistema di riferimento umano e cristiano non ha alcun diritto di interferire nei calcoli astronomici e nella loro semplificazione eliocentrica; tuttavia, esso ha il diritto di restar fedele al proprio metodo di preservare la terra in relazione alla dignità umana e di ordinare il mondo intorno a quanto accadrà e a quanto è accaduto nel mondo» (3). Se qui entrambe le sfere di conoscenza vengono ancora chiaramente differenziate fra loro sotto il profilo metodologico, riconoscendone sia i limiti che i rispettivi diritti, molto più drastico appare invece un giudizio sintetico del filosofo agnostico-scettico P. Feyerabend. Egli scrive: «La Chiesa dell'epoca di Galileo si attenne alla ragione più che lo stesso Galileo, e prese in considerazione anche le conseguenze etiche e sociali della dottrina galileiana. La sua sentenza contro Galileo fu razionale e giusta, e solo per motivi di opportunità politica se ne può legittimare la revisione» (4). Dal punto di vista delle conseguenze concrete della svolta galileiana, infine, C. F. Von Weizsacker fa ancora un passo avanti, quando vede una «via direttissima» che conduce da Galileo alla bomba atomica. Con mia grande sorpresa, in una recente intervista sul caso Galileo non mi è stata posta una domanda del tipo: «Perché la Chiesa ha preteso di ostacolare lo sviluppo delle scienze naturali?», ma esattamente quella opposta, cioè: «Perché la Chiesa non ha preso una posizione più chiara contro i disastri che dovevano necessariamente accadere, una volta che Galileo aprì il vaso di Pandora?». Sarebbe assurdo costruire sulla base di queste affermazioni una frettolosa apologetica. La fede non cresce a partire dal risentimento e dal rifiuto della razionalità, ma dalla sua fondamentale affermazione e dalla sua inscrizione in una ragionevolezza più grande. [...] Qui ho voluto ricordare un caso sintomatico che evidenzia fino a che punto il dubbio della modernità su se stessa abbia attinto oggi la scienza e la tecnica".


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2. - Il testo della lettera dei docenti della Sapienza, inviata in data 23 novembre 2007:


"Magnifico Rettore, con queste poche righe desideriamo portarLa a conoscenza del fatto che condividiamo appieno la lettera di critica che il collega Marcello Cini Le ha indirizzato sulla stampa a proposito della sconcertante iniziativa che prevedeva l'intervento di papa Benedetto XVI all'Inaugurazione dell'Anno Accademico alla Sapienza. Nulla da aggiungere agli argomenti di Cini, salvo un particolare. Il 15 marzo 1990, ancora cardinale, in un discorso nella citta di Parma, Joseph Ratzinger ha ripreso un'affermazione di Feyerabend: "All'epoca di Galileo la Chiesa rimase molto più fedele alla ragione dello stesso Galileo. Il processo contro Galileo fu ragionevole e giusto". Sono parole che, in quanto scienziati fedeli alla ragione e in quanto docenti che dedicano la loro vita all'avanzamento e alla diffusione delle conoscenze, ci offendono e ci umiliano. In nome della laicità della scienza e della cultura e nel rispetto di questo nostro Ateneo aperto a docenti e studenti di ogni credo e di ogni ideologia, auspichiamo che l'incongruo evento possa ancora essere annullato". ( La Repubblica, 14 gennaio 2007. QUI )


*



3. - La lettera aperta del professor Cini  pubblicata sul Manifesto in data 14 novembre del 2007:    "Se la Sapienza chiama il Papa e lascia a casa Mussi".


Signor Rettore, apprendo da una nota del primo novembre dell'agenzia di stampaApcom che recita: «è cambiato il programma dell'inaugurazione del 705esìmo Anno Accademico dell'università di Roma La Sapienza, che in un primo momento prevedeva la presenza del ministro Mussi a ascoltare la Lectio Magistralis di papa Benedetto XVI». Il papa «ci sarà, ma dopo la cerimonia di inaugurazione, e il ministro dell'Università Fabio Mussi invece non ci sarà più».


Come professore emerito dell'università La Sapienza - ricorrono proprio in questi giorni cinquanta anni dalla mia chiamata a far parte della facoltà di Scienze matematiche fisiche e naturali su proposta dei fisici Edoardo Amaldi, Giorgio Salvini e Enrico Persico - non posso non esprimere pubblicamente la mia indignazione per la Sua proposta, comunicata al Senato accademico il 23 ottobre, goffamente riparata successivamente con una toppa che cerca di nascondere il buco e al tempo stesso ne mantiene sostanzialmente l'obiettivo politico e mediatico.


Non commento il triste fatto che Lei è stato eletto con il contributo determinante di un elettorato laico. Un cattolico democratico - rappresentato per tutti dall'esempio di Oscar Luigi Scalfaro nel corso del suo settennato di presidenza della Repubblica - non si sarebbe mai sognato di dimenticare che dal 20 settembre del 1870 Roma non è più la capitale dello stato pontificio. Mi soffermo piuttosto sull'incredibile violazione della tradizionale autonomia delle università - da più 705 anni incarnata nel mondo da La Sapienza dalla Sua iniziativa.


Sul piano formale, prima di tutto. Anche se nei primi secoli dopo la fondazione delle università la teologia è stata insegnata accanto alle discipline umanistiche, filosofiche, matematiche e naturali, non è da ieri che di questa disciplina non c'è più traccia nelle università moderne, per lo meno in quelle pubbliche degli stati non confessionali. Ignoro lo statuto dell'università di Ratisbona dove il professor Ratzinger ha tenuto la nota lectio magistralis sulla quale mi soffermerò più avanti, ma insisto che di regola essa fa parte esclusivamente degli insegnamenti impartiti nelle istituzioni universitarie religiose. I temi che sono stati oggetto degli studi del professor Ratzinger non dovrebbero comunque rientrare nell'ambito degli argomenti di una lezione, e tanto meno di una lectio magistralis tenuta in una università della Repubblica italiana. Soprattutto se si tiene conto che, fin dai tempi di Cartesio, si è addivenuti, per porre fine al conflitto fra conoscenza e fede culminato con la condanna di Galileo da parte del Santo ufficio, a una spartizione di sfere di competenza tra l'Accademia e la Chiesa. La sua clamorosa violazione nel corso dell'inaugurazione dell'anno accademico de La Sapienza sarebbe stata considerata, nel mondo, come un salto indietro nel tempo di trecento anni e più.


Sul piano sostanziale poi le implicazioni sarebbero state ancor più devastanti. Consideriamole partendo proprio dal testo della lectio magistralis del professor Ratzinger a Ratisbona, dalla quale presumibilmente non si sarebbe molto discostata quella di Roma. In essa viene spiegato chiaramente che la linea politica del papato di Benedetto XVI si fonda sulla tesi che la spartizione delle rispettive sfere di competenza fra fede e conoscenza non vale più: «Nel profondo.., si tratta - cito testualmente - dell'incontro tra fede e ragione, tra autentico illuminismo e religione. Partendo veramente dall'infima natura della fede cristiana e, al contempo, dalla natura del pensiero greco fuso ormai con la fede, Manuele II poteva dire: Non agire "con il logos" è contrario alla natura di Dio».


Non insisto sulla pericolosità di questo programma dal punto di vista politico e culturale: basta pensare alla reazione sollevata nel mondo islamico dall'accenno alla differenza che ci sarebbe tra il Dio cristiano e Allah - attribuita alla supposta razionalità del primo in confronto all'imprevedibile irrazionalità del secondo - che sarebbe a sua volta all'origine della mitezza dei cristiani e della violenza degli islamici. Ci vuole un bel coraggio sostenere questa tesi e nascondere sotto lo zerbino le Crociate, i pogrom contro gli ebrei, lo sterminio degli indigeni delle Americhe, la tratta degli schiavi, i roghi dell'Inquisizione che i cristiani hanno regalato al mondo. Qui mi interessa, però, il fatto che da questo incontro tra fede e ragione segue una concezione delle scienze come ambiti parziali di una conoscenza razionale più vasta e generale alla quale esse dovrebbero essere subordinate. «La moderna ragione propria delle scienze naturali - conclude infatti il papa - con l'intrinseco suo elemento platonico, porta in sé un interrogativo che la trascende insieme con le sue possibilità metodiche. Essa stessa deve semplicemente accettare la struttura razionale della materia e la corrispondenza tra il nostro spirito e le strutture razionali operanti nella natura come un dato di fatto, sul quale si basa il suo percorso metodico. Ma la domanda {sui perché di questo dato di fatto) esiste e deve essere affidata dalle scienze naturali a altri livelli e modi del pensare - alla filosofia e alla teologia. Per la filosofia e, in modo diverso, per la teologia, l'ascoltare le grandi esperienze e convinzioni delle tradizioni religiose dell'umanità, specialmente quella della fede cristiana, costituisce una fonte di conoscenza; rifiutarsi a essa significherebbe una riduzione inaccetabile del nostro ascoltare e rispondere».


Al di là di queste circonlocuzioni (i corsivi sono miei) il disegno mostra che nel suo nuovo ruolo l'ex capo del Sant'uffizio non ha dimenticato il compito che tradizionalmente a esso compete. Che è sempre stato e continua a essere l'espropriazione della sfera del sacro immanente nella profondità dei sentimenti e delle emozioni di ogni essere umano da parte di una istituzione che rivendica l'esclusività della mediazione fra l'umano e il divino. Un'appropriazione che ignora e svilisce le innumerevoli differenti forme storiche e geografiche di questa sfera così intima e delicata senza rispetto per la dignità personale e l'integrità morale di ogni individuo.


Ha tuttavia cambiato strategia. Non potendo più usare roghi e pene corporali ha imparato da Ulisse. Ha utilizzato l'effige della Dea Ragione degli illuministi come cavallo di Troia per entrare nella cittadella della conoscenza scientifica e metterla in riga. Non esagero. Che altro è, tanto per fare un esempio, l'appoggio esplicito del papa dato alla cosiddetta teoria del Disegno Intelligente se non il tentativo - condotto tra l'altro attraverso una maldestra negazione dell'evidenza storica, un volgare stravolgimento dei contenuti delle controversie interne alla comunità degli scienziati e il vecchio artificio della caricatura delle posizioni dell'avversario - di ricondurre la scienza sotto la pseudo-razionalità dei dogmi della religione? E come avrebbero dovuto reagire i colleghi biologi e i loro studenti di fronte a un attacco più o meno indiretto alla teoria danwiniana dell'evoluzione biologica che sta alla base, in tutto il mondo, della moderna biologia evolutiva?


Non desco a capire, quindi, le motivazioni della Sua proposta tanto improvvida e lesiva dell'immagine de La Sapienza nel mondo. Il risultato della Sua iniziativa, anche nella forma edulcorata della visita del papa (con «un saluto alla comunità universitaria») subito dopo una inaugurazione inevitabilmente clandestina, sarà comunque che i giornali del giorno dopo titoleranno (non si può pretendere che vadano tanto per il sottile): «Il Papa inaugura l'Anno Accademico dell'Università La Sapienza».


Congratulazioni, signor Rettore. Il Suo ritratto resterà accanto a quelli dei Suoi predecessori come. simbolo dell'autonomia, della cultura e del progresso delle scienze.


Marcello Cini


*


4. La posizione de L'Osservatore Romano:

In una conferenza del 1990

Quando Ratzinger
difese Galileo alla Sapienza


Giorgio Israel
Professore ordinario
di Matematiche complementari
Università di Roma La Sapienza

È sorprendente che quanti hanno scelto come motto la celebre frase attribuita a Voltaire - "mi batterò fino alla morte perché tu possa dire il contrario di quel che penso" - si oppongano a che il Papa tenga un discorso all'università di Roma La Sapienza. È tanto più sorprendente in quanto le università italiane sono ormai un luogo aperto ad ogni tipo di intervento ed è inspiegabile che al Papa soltanto sia riservato un divieto d'ingresso. Che cosa di tanto grave ha spinto a mettere da parte la tolleranza volterriana? Lo ha spiegato Marcello Cini nella lettera dello scorso novembre in cui ha condannato l'invito fatto dal rettore Renato Guarini a Benedetto XVI. Quel che gli appare "pericoloso" è che il Papa tenti di aprire un discorso tra fede e ragione, di ristabilire una relazione fra le tradizioni giudaico-cristiana ed ellenistica, di non volere che scienza e fede siano separate da un'impenetrabile parete stagna. Per Cini questo programma è intollerabile perché sarebbe in realtà dettato dall'intento perverso, che Benedetto XVI coltiverebbe fin da quando era "capo del Sant'Uffizio", di "mettere in riga la scienza" e ricondurla entro "la pseudo-razionalità dei dogmi della religione". Inoltre, secondo Cini, egli avrebbe anche prodotto l'effetto nefasto di suscitare veementi reazioni nel mondo islamico. Dubitiamo però che Cini chiederebbe a un rappresentante religioso musulmano di pronunziare un mea culpa per la persecuzione di Averroè prima di mettere piede alla Sapienza. Siamo anzi certi che lo accoglierebbe a braccia aperte in nome dei principi del dialogo e della tolleranza.
L'opposizione alla visita del Papa non è quindi motivata da un principio astratto e tradizionale di laicità. L'opposizione è di carattere ideologico e ha come bersaglio specifico Benedetto XVI in quanto si permette di parlare di scienza e dei rapporti tra scienza e fede, anziché limitarsi a parlare di fede.
Anche la lettera contro la visita firmata da un gruppo di fisici è ispirata da un sentimento di fastidio per la persona stessa del Papa, presentato come un ostinato nemico di Galileo. Essi gli rimproverano di aver ripreso - in una conferenza tenuta proprio alla Sapienza il 15 febbraio 1990 (cfr J. Ratzinger, Wendezeit für Europa? Diagnosen und Prognosen zur Lage von Kirche und Welt, Einsiedeln-Freiburg, Johannes Verlag, 1991, pp. 59 e 71) - una frase del filosofo della scienza Paul Feyerabend:  "All'epoca di Galileo la Chiesa rimase molto più fedele alla ragione dello stesso Galileo. Il processo contro Galileo fu ragionevole e giusto". Non si sono preoccupati però di leggere per intero e attentamente quel discorso. Esso aveva come tema la crisi di fiducia nella scienza in sé stessa e ne dava come esempio il mutare di atteggiamento sul caso Galileo. Se nel Settecento Galileo è l'emblema dell'oscurantismo medioevale della Chiesa, nel Novecento l'atteggiamento cambia e si sottolinea come Galileo non avesse fornito prove convincenti del sistema eliocentrico, fino all'affermazione di Feyerabend - definito dall'allora cardinale Ratzinger come un "filosofo agnostico-scettico" - e a quella di Carl Friedrich von Weizsäcker che addirittura stabilisce una linea diretta tra Galileo e la bomba atomica. Queste citazioni non venivano usate dal cardinale Ratzinger per cercare rivalse e imbastire giustificazioni:  "Sarebbe assurdo costruire sulla base di queste affermazioni una frettolosa apologetica. La fede non cresce a partire dal risentimento e dal rifiuto della razionalità". Esse piuttosto venivano addotte come prova di quanto "il dubbio della modernità su se stessa abbia attinto oggi la scienza e la tecnica".
In altri termini, il discorso del 1990 può ben essere considerato, per chi lo legga con un minimo di attenzione, come una difesa della razionalità galileiana contro lo scetticismo e il relativismo della cultura postmoderna. Del resto chi conosca un minimo i recenti interventi del Papa sull'argomento sa bene come egli consideri con "ammirazione" la celebre affermazione di Galileo che il libro della natura è scritto in linguaggio matematico.
Come è potuto accadere che dei docenti universitari siano incorsi in un simile infortunio? Un docente dovrebbe considerare come una sconfitta professionale l'aver trasmesso un simile modello di lettura disattenta, superficiale e omissiva che conduce a un vero e proprio travisamento. Ma temo che qui il rigore intellettuale interessi poco e che l'intenzione sia quella di menar fendenti ad ogni costo. Né c'entra la laicità, categoria estranea ai comportamenti di alcuni dei firmatari, che non hanno mai speso una sola parola contro l'integralismo islamico o contro la negazione della Shoah. Come ha detto bene Giuseppe Caldarola, emerge qui "una parte di cultura laica che non ha argomenti e demonizza, non discute come la vera cultura laica, ma crea mostri". Pertanto, ripetiamo con lui che "la minaccia contro il Papa è un evento drammatico, culturalmente e civilmente".


( ©L'Osservatore Romano - 16 gennaio 2007 ? - QUI )



14 commenti:

  1. Galileo è sepolto a Santa Croce...
    A noi rimane il sapore amaro di una vessazione che grava sull'immagine della Chiesa, strumentalizzazioni a parte.
    Perchè non ci facciamo illusioni: la strumentalizzazione è subdola.
    Un bacio

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  2. lo farei parlare, solo per prenderlo per il culo da vicino...

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  3. L'università dove si fa carriera grazie alle raccomandazioni ed alle baronie, dove è stata concessa la laurea honoris causa a Valentino Rossi, Vasco Rossi e Mike Bongiorno, dove le BR hanno attecchito e si sono diffuse, dove gli animali sono usati come cavie per esperimenti, dove la gente muore per un colpo di fucile e tutti si nascondono pensando solo alla propria carriera, non vuole il discorso magistrale del Papa sulla pena di morte. Un grande centro di cultura e libero pensiero, non c'è che dire.

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  4. Mah....tutta questa sconfitta del laicismo, come si sente dire da più (bi)parti da ieri sera, cui corrisponde, come sempre si sente dire da più (bi)parti della "vittoria" del professor Ratzinger (incidentalmente pontefice...) mi ricorda quella barzelletta sul pugile sconfitto che però dice "vedessi in che stato è ridotto il suo pugno destro" riferito all'avversario.
    Una sola vena polemica: tutti questi campioni e paladini dell'elogio della tolleranza e del diritto di esprimere libere opinioni, dov'erano un mesetto fa quando furono annullati diversi incontri ufficiali con il Dalai Lama, sia in vaticano che in Italia, oppure, a livello inifinitamente più terreno, fu fatta saltare da una tv la testa di un attore satirico?

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  5. E' la laicità, non il laicismo, ad essere sconfitta, caro Massimo. I laicisti, quelli di rissa continua, hanno vinto e si stanno vantando stupidamente della vittoria. Esultano di sicuro anche Berlusconi e Bondi. Regali così, neanche ad inventarseli come la Mitrokin...

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  6. @ marzia

    Sono d'accordo: strumentalizzazioni da tante parti, e tutte subdole. La peggiore fra tutte la strumentalizzazione del sacro.

    @ Slasch16

    Ma nessuno vuole impedirgli di parlare.

    @ Alessandro74

    Penso che la vicenda sia più complicata di così. Ratzinger può parlare, non è questo il punto, come si può evincere dalle proteste reletive solo all'occasione.

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  7. @ Masso57

    Ratisbona 2. Hai ragione, Massimo, stesso modo di imbastire il ragionamento. All'epoca mi lessi e rilessi l'intero discorso di Ratisbona. In questo del 1990, però, mi sembra che la citazione contestualizzata non suoni come quella estrapolata, non c'è che dire. E Ratzinger può a ragion veduta sostenere di stare difendendo Galileo se ci atteniamo al testo.

    @ melchisedec

    Uno dei motivi della protesta, se non addirittura il primo, è appunto la continua pesante ingerenza del Vaticano, Stato straniero, nelle vicende non solo politiche ma anche istituzionali dell'Italia. In questo sono d'accordo con te.

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  8. «Io combatto la tua idea, che è diversa dalla mia, ma sono pronto a battermi fino al prezzo della mia vita perchè tu, la tua idea, possa esprimerla liberamente.»

    Voltaire pronunciò questa frase all'incirca nel 1750, con l'exploit dei 67 Professori della Sapienza l'orologio della storia è stato riportato moooolto più indietro ...

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  9. @ Uncas

    Condivido pienamente la citazione di Voltaire. Non credo che i docenti della Sapienza volessero far tacere il Papa. La vicenda si è ingarbugliata con il concorso di tutte le parti in causa.

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  10. @ Uncas

    Condivido pienamente la citazione di Voltaire. Non credo che i docenti della Sapienza volessero far tacere il Papa. La vicenda si è ingarbugliata con il concorso di tutte le parti in causa.

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  11. Tutte le regole nella ricerca scientifica possono essere prima accettate e poi contradette. Non è importante se Galileo avesse torto o ragione, quello che è importante è che avesse la libertà di studiare e di cercare di spiegare.

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  12. Sarebbe stato senz'altro meglio un contraddittorio, Enzo (ammesso che ci sarebbe potuto essere!), ma non dimenticare che è stato 'Ille' a declinare l'invito dopo aver sentito puzza di contestazione: vuoi per paura, vuoi (più probabilmente) per astuzia politica (e i frutti già si vedono...). Cosa che, in entrambi i casi, difficilmente credo, avrebbe fatto il suo predecessore. Che, neppure ha mai annullato un incontro (in questo caso da ospite ricevente) già in agenda da mesi, col Dalai Lama, come appena un mese fa ha fatto Ille: per paura questa volta....della Cina.

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  13. ciao, hai ragione non capisco come si può criticare Pannella,anche se io non sempre lo condivido, ma con i suoi digiuni, ha vinto, molte battaglie,non dimentichiamoci il DIVORZIO Certo l'arroganza della chiesa come al solito è dilagante, e la gente, la segue, solo per i sensi di colpa e la paura, della punizione nell'aldilà, e poi dicono che credere è essere libero, altrimenti nessuno sarebbe credente. ciao ciao penny

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  14. Cronistoria puntuale ed intelligente!
    Oramai se ne sono dette tante..ma continuo a credere che il vero problema è l'impostazione iniziale.
    Bisognava, appunto, saper scegliere tempi, modi e luoghi.

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