domenica 18 maggio 2003


Specchi di inquietudine e dubbi


Il terrorismo continua a perpetrare crimini orribili che non possono essere giustificati in alcun modo. Il terrorismo deve essere combattuto e vinto, non ci sono dubbi. Ma con quale politica e con quali mezzi? Le scelte di guerra di mister Bush e di mister Blair, oltre a essere inaccettabili sul piano etico, non sono state efficaci né sul piano politico né su quello pratico-strategico.


LA STAMPA 18 MAGGIO 2003


La nascita di cento Bin Laden di Barbara Spinelli


[...] Ogni liberazione locale è una liberazione anche per le democrazie, nel mondo globalizzato che viviamo.


Ma la guerra del Golfo non era stata fatta per questo: Bush la presentò come una tappa della guerra contro il terrorismo, la seconda dopo l’operazione in Afghanistan, e il terrorismo non solo è di ritorno ma si acutizza. E’ esploso di nuovo a Riad, lunedì 12 maggio, provocando 34 morti. Venerdì notte ha colpito a Casablanca, in Marocco: sette esplosioni, almeno 41 morti. Fra i bersagli: cittadini israeliani, spagnoli, ma soprattutto marocchini musulmani. Forse non sono che gli ultimi spasimi d’un drago in agonia; forse nel lungo termine esso sarà sconfitto. Ma nel lungo termine chissà chi sarà ancora vivo.


Il fatto è che i dirigenti Usa non sembrano esser capaci di far politica, oggi: né con l’Europa, né con l’Asia, né con l’Africa, né col Medio Oriente, né con la Russia (il terrorismo ceceno s’inasprisce man mano che s’allontana l’indipendenza della repubblica caucasica, e che quest’ultima perde la speranza negli Stati Uniti). [...]


Riad e Casablanca non sono solo la continuazione della primigenia guerra terrorista. Sono una sconfessione di certezze americane ben radicate. Il terrorismo non è stato decimato, ma si fa più capillare. Molti esponenti del clero musulmano che avevano condannato Bin Laden e l’11 settembre hanno cambiato idea, e consigliano ora il jihàd contro Usa e Israele. Al Qaeda era presente in circa 30 paesi, prima della guerra irachena: ora è presente in 40, secondo un rapporto Onu. Anche l’Istituto di studi strategici a Londra è preoccupato: «Al Qaeda non è meno insidiosa e pericolosa di quanto lo fosse prima dell’11 settembre». Non era distante dal vero il presidente egiziano Mubarak quando predisse, il 31 marzo, che «quando questa guerra sarà finita, se mai lo sarà, avremo come orribile conseguenza non un Bin Laden, ma cento Bin Laden».

Dice Massud Barzani, leader dei curdi in Iraq, che a causa dell’incapacità americana di ricostruire l’Iraq e di favorire la nascita rapida d’un governo iracheno legittimo, «la stupenda vittoria che abbiamo ottenuto finirà in un pantano». E’ un pantano in cui rischia di finire l’America stessa, proprio quando appare più potente e vittoriosa. Colpita al cuore l’11 settembre 2001, ha reagito mostrando tutta la forza del suo braccio armato. Ma aveva solo questo, mentre possedeva sempre meno influenza politica e legittimità. E’ un gigante debole, quello che vuole governare il mondo: questo è uno dei principali rischi del suo agire unilaterale.


Independent 18 Maggio 2003


So what was the war for? By Robert Fisk



More than 70 dead in a week. Thanks for the Iraq war. Thank you, Mr Bush and Mr Blair, for making our world safer by ridding us of the one tyrant – Saddam Hussein – who never had any connection with 11 September 2001, or with the Riyadh bombings or with the bombings in Casablanca. The "liberation" of Iraq was supposed to free us from the bombers of al-Qa'ida.




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