domenica 17 dicembre 2006

A proposito della sentenza sul caso Welby


Nel post del 12 dicembre scorso ho riportato gli articoli di legge che mi sembrava dessero inequivocabilmente ragione alla richiesta di Welby. Evidentemente non ero del tutto informata. Per correttezza, copio e incollo un'intervista a Ignazio Marino, che fa delle precisazioni in senso contrario, non in punta di diritto, ma sul piano del cosiddetto "vuoto normativo". Dura lex, sed lex. Senza alcun dubbio, neanche in queste circostanze? A me continua a sembrare assurdo e ingiusto che una persona debba pagare per un vuoto normativo di cui non è responsabile. Ma sarà a causa della mia ignoranza.


Welby, Marino: tocca a noi dare risposte, ma ci vuole tempo


«Ineccepibile». È stato questo il primo, sofferto, commento del presidente della commissione Sanità di Palazzo Madama Ignazio Marino alla sentenza del tribunale civile di Roma che ha rigettato il ricorso di Piergiorgio Welby.

Presidente, perché ineccepibile?
«Il nostro sistema legislativo dal punto di vista costituzionale, sulla base degli articoli 32 e 13, di fatto garantisce il diritto alla autodeterminazione nella scelta delle terapie da parte di un paziente e questo si riflette anche nelle convenzioni internazionali, come quella di Oviedo. Però dal punto di vista del diritto positivo effettivamente non vi è una norma esplicita che consenta di applicare quanto richiesto da Piergiorgio Welby. È evidente allora che teoricamente esisterebbero anche i presupposti, ma in pratica non c´è modo di dire che quanto affermato dal giudice sia sbagliato. Poi ovviamente resta il disagio che io e tutti quanti viviamo nell´avvicinarci alla situazione di Welby e al travaglio dei suoi amici e familiari. Una situazione frustrante...».

Ma i disegni di legge portati in Commissione colmerebbero solo parzialmente il vuoto legislativo segnalato anche dal tribunale civile di Roma...
«Purtroppo è così. La condizione prevista dal testamento biologico è profondamente diversa da quella di Piergiorgio Welby. La prima riguarderà qualsiasi persona che voglia esprimere la volontà di non essere mantenuto in una condizione di vita puramente biologica nel momento in cui non sarà più in grado di esprimersi sulla prosecuzione delle cure. Welby, invece, può perfettamente intendere e capire e può esprimere coscientemente le proprie volontà rispetto all´interruzione delle terapie. Come può avvenire per una persona che si sottopone alla chemioterapia per un tumore e ad un certo punto decide di interromperla perché non la considera più sopportabile per se stessa. Ma qui torniamo al punto principale, ossia alla libertà di una persona di decidere fino a che punto accettare le terapia. Una tecnologia, nel momento in cui esiste, non può essere obbligatoria».

E allora come risolvere la situazione di Welby e di quanti come lui si trovano o si troveranno in queste condizioni?
«Proprio in questi giorni abbiamo approfondito la questione anche in collaborazione con la commissione giustizia, e stiamo valutando il modo di inserire il concetto di accanimento terapeutico nei disegni di legge che sono in discussione. Inoltre stiamo vagliando anche se esiste la possibilità di prevedere norme che consentano di sospendere le cure in una situazione, come quella in cui versa Piergiorgio Welby, in un cui il paziente non è in coma ma non ha più la disponibilità del proprio corpo».

Per questo serve tempo, un fattore che rema contro Welby che avrebbe invece bisogno di risposte immediate...
«Purtroppo sì. Sono un chirurgo di trapianti, per temperamento sarei portato a cercare per ogni problema una soluzione radicale e immediata. Ma nelle vesti di legislatore pur soffrendo mi rendo conto di dovermi arrendere di fronte all´obbligo di riflettere meditare e cercare le soluzioni più adatte».

Gli appelli di Piergiorgio Welby hanno di nuovo fatto emergere gli steccati fra i due schieramenti, quello dei laici e dei credenti...
«Io farei una distinzione diversa: fra soggetti pensanti e non pensanti, e lo dico comprendendo la severità delle mie affermazioni. Perché lo stesso catechismo della chiesa cattolica riconosce il diritto di rinunciare alle terapie quando queste diventano intollerabili e costituiscono sono un prolungare la sofferenza di un paziente senza una ragionevole speranza di miglioramento. Chi si scaglia contro questo tipo di discussione e di fronte alle richieste di Welby si volta dall´altra parte nascondendosi dietro all´obbligo di allungare anche di un solo minuto la sua vita esalta la sofferenza e la innalza a culto. Chi fa questi ragionamenti ha una interpretazione deviata e deviante del cristianesimo».



Fonte: L'Unità - http://www.unita.it/view.asp?IDcontent=61902
Pubblicato il: 17.12.06
Modificato il: 17.12.06 alle ore 17.58


Per completezza copio anche una lettera dei cristiani di base a Piergiorgio Welby, una lettera che evidenzia un modo di sentire il dramma ben diverso da quello della gerarchia cattolica.


Caro Piergiorgio,


riuniti per affrontare il tema della laicità  -argomento del 30° Incontro Nazionale delle Comunità Cristiane di Base- abbiamo riflettuto anche sull’appello che tu hai lanciato all’opinione pubblica.



Vogliamo comunicarti, prima di tutto, il nostro affetto, la nostra solidarietà e la nostra stima per te.


Non spetta a noi darti quella risposta pubblica e ufficiale che deve, invece, arrivarti dalle istituzioni.


La questione che tu poni, lo sappiamo bene, non è solo privata e personale, ma coinvolge l’intero paese che non può più ignorare, un tale così drammatico problema, che -direttamente o indirettamente- tutte e tutti ci riguarda.


Per parte nostra vogliamo pubblicamente esprimerti la nostra solidarietà: noi riteniamo che sia giusto ed umano che tu possa concludere in pace, con l’attenzione affettuosa della comunità civile, la tua esperienza di vita, senza che nei tuoi confronti si eserciti un accanimento non rispettoso della tua dignità.


Noi riteniamo, inoltre -rispettando quanti pensano diversamente- che in nome di nessuna religione o ideologia si possa in alcun modo costringere, in una condizione così drammatica, la tua libertà di scelta che noi -quale che sia- rispettiamo profondamente.


 


Un abbraccio
dalle sorelle e dai fratelli delle Comunità Cristiane di Base d’Italia.


Fonte: http://www.cdbitalia.it/INC30_letterawelby.htm


1 commento:

  1. E' la classica politica del non assumersi responsabilità, facendosi scudo di principii astratti come "la norma" (o l'assenza della stessa).
    Ancora più grave, perchè stavolta non è in gioco un principio astratto, ma un dolore concreto.

    TpnO, amica cara, anche se questa vicenda me li lascia lucidi.

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