martedì 12 dicembre 2006

Il coraggio di Piergiorgio Welby


nel bosco della semantica applicata


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     Nel Catechismo della Chiesa Cattolica (1992) vi è una sezione dedicata all' "eutanasia" , che è assolutamente vietata: "moralmente inaccettabile" e "atto omicida", in ogni caso (artt. 2276, 2277). I due articoli successivi (2278, 2279), invece, sono dedicati all' "accanimento terapeutico" e alle "cure palliative".


     Non sembri strano se comincio dal Catechismo, anche se, come cittadina italiana dovrei fare riferimento esclusivamente alle leggi italiane. Ma tant'è, questa è la temperie in cui si vive e si opera, e io ne tengo conto. In questo caso, tuttavia, la Costituzione della Repubblica Italiana coincide con il dettato cattolico (art. 32). E anche il Codice deontologico dei medici italiani affronta la questione in alcuni articoli (14, 32, 34, 37).


     La lettura di questi testi legislativi e il buon senso mi suggeriscono che nel caso di Piergiorgio Welby non si tratta sicuramente  di eutanasia, ma di accanimento terapeutico. Ci sono, tuttavia, altri problemi che non riesco a capire, soprattutto quello che riguarda la sedazione del dolore: prima o dopo il distacco della spina? La risposta mi sembrerebbe intuitiva, ma non vado oltre.


     Ora voglio dire a Piergiorgio Welby tutta la mia riconoscenza, la mia profonda riconoscenza, per questa sua dolorosa azione non violenta in favore della libera determinazione della persona.


     Voglio dirgli 'grazie' perché quello che sta facendo non è utile tanto per lui quanto per tutte le persone che si trovano o si troveranno nelle sue condizioni.


     Voglio dirgli 'grazie' perché ho paura. Non paura della morte, ma dell'espropiazione della mia volontà di fronte alla morte. Che probabilità di applicazione avrà il 'testamento biologico', se in un caso lampante come questo in tanti si sono accapigliati e si stanno ancora accapigliando, del tutto dimentichi della persona Welby, delle sue sofferenze e dalla sua lucida volontà chiaramente espressa?


     Voglio dire 'grazie'  a Welby perché non si accontenta della compassione ed esige che il diritto di morire si estenda alla legge, che deve contemplare nuove responsabilità dopo gli straordinari progressi scientifico-tecnologici che hanno radicalmente cambiato lo spazio tra il vivere e il morire.


.....


I testi di legge cui faccio riferimento:




  •   Città del Vaticano - Catechismo della Chiesa Cattolica. art. 2278 L'interruzione di procedure mediche onerose, pericolose, straordinarie o sproporzionate rispetto ai risultati attesi può essere legittima. In tal caso si ha la rinuncia all'« accanimento terapeutico ». Non si vuole così procurare la morte: si accetta di non poterla impedire. Le decisioni devono essere prese dal paziente, se ne ha la competenza e la capacità, o, altrimenti, da coloro che ne hanno legalmente il diritto, rispettando sempre la ragionevole volontà e gli interessi legittimi del paziente. - art. 2279 Anche se la morte è considerata imminente, le cure che d'ordinario sono dovute ad una persona ammalata non possono essere legittimamente interrotte. L'uso di analgesici per alleviare le sofferenze del moribondo, anche con il rischio di abbreviare i suoi giorni, può essere moralmente conforme alla dignità umana, se la morte non è voluta né come fine né come mezzo, ma è soltanto prevista e tollerata come inevitabile. Le cure palliative costituiscono una forma privilegiata della carità disinteressata. A questo titolo devono essere incoraggiate. (fonte: http://www.vatican.va/archive/catechism_it/p3s2c2a5_it.htm)


  • Repubblica Italiana - Costituzione - Art. 32.  La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.

  • Repubblica Italiana - Codice deontologico dei medici italiani - Art. 14 - Accanimento diagnostico-terapeutico - Il medico deve astenersi dall'ostinazione in trattamenti, da cui non si possa fondatamente attendere un beneficio per la salute del malato e/o un miglioramento della qualità della vita. Art. 32 - Acquisizione del consenso -
    Il medico non deve intraprendere attività diagnostica e/o terapeutica senza l'acquisizione del consenso informato del paziente.
    Il consenso, espresso in forma scritta nei casi previsti dalla legge e nei casi in cui per la particolarità delle prestazioni diagnostiche e/o terapeutiche o per le possibili conseguenze delle stesse sulla integrità fisica si renda opportuna una manifestazione inequivoca della volontà della persona, è integrativo e non sostitutivo del processo informativo di cui all'art. 30.
    Il procedimento diagnostico e/o il trattamento terapeutico che possano comportare grave rischio per l'incolumità della persona, devono essere intrapresi solo in caso di estrema necessità e previa informazione sulle possibili conseguenze, cui deve far seguito una opportuna documentazione del consenso.
    In ogni caso, in presenza di documentato rifiuto di persona capace di intendere e di volere, il medico deve desistere dai conseguenti atti diagnostici e/o curativi, non essendo consentito alcun trattamento medico contro la volontà della persona, ove non ricorrano le condizioni di cui al successivo articolo 34.
    Art. 34 - Autonomia del cittadino - Il medico deve attenersi, nel rispetto della dignità, della libertà e dell'indipendenza professionale, alla volontà di curarsi, liberamente espressa dalla persona.
    Il medico, se il paziente non è in grado di esprimere la propria volontà in caso di grave pericolo di vita, non può non tenere conto di quanto precedentemente manifestato dallo stesso.
    Il medico ha l'obbligo di dare informazioni al minore e di tenere conto della sua volontà, compatibilmente con l'età e con la capacità di comprensione, fermo restando il rispetto dei diritti del legale rappresentante; analogamente deve comportarsi di fronte a un maggiorenne infermo di mente.
    Art. 37 - Assistenza al malato inguaribile -
    In caso di malattie a prognosi sicuramente infausta o pervenute alla fase terminale, il medico deve limitare la sua opera all'assistenza morale e alla terapia atta a risparmiare inutili sofferenze, fornendo al malato i trattamenti appropriati a tutela, per quanto possibile, della qualità di vita.
    In caso di compromissione dello stato di coscienza, il medico deve proseguire nella terapia di sostegno vitale finchè ritenuta ragionevolmente utile.
    Il sostegno vitale dovrà essere mantenuto sino a quando non sia accertata la perdita irreversibile di tutte le funzioni dell'encefalo. [fonte: http://www.scuolamedicasalernitana.it/medicina_oggi/codice_deontologico.htm]
       


  • Legge 23 dicembre 1978, n. 833 - "Istituzione del servizio sanitario nazionale" - (Pubblicata in G. U. 28 dicembre 1978, n. 360, S.O.) - http://www.handylex.org/stato/l231278.shtml
      




PS. - Sono le 20:08. - Dal telegiornale apprendo che il giudice s'è preso ancora del tempo. Qualche giorno, pare, senza fretta. Lo sanno le illustri menti quanto sia lungo il tempo di chi è sottoposto a torture indicibili?

6 commenti:

  1. Ancora tempo. Perchè Welby è divenuto, purtroppo, un caso che farà da esempio e, dunque, fa paura la responsabilità della decisione.
    Di fronte a questioni di lana caprina, il "si della procura ma è il medico che deve decidere", di fronte agli italiani che guardano e ai media che diffondono, forse, si sta perde il male che affligge l'uomo Welby.
    E' triste davvero che del dolore si faccia politica, ideologia, che si sciorinino proclami. Ciò dimostra ancora una volta quanto siamo incivili.

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  2. posso dire solo forza welby
    :)))
    tanta dignità
    stef

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  3. mi unisco ai tuoi ringraziamenti, dolorosi ma necessari

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  4. scrivo quello che ho ripetuto già mille volte... se uno vuole morire, ha il diritto di farlo... xke solo lui può sapere cosa si prova in quello stato...

    juli

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  5. Welby, cui va tutto il mio affetto ed il mio grazie, è un uomo libero, è un pensiero libero: il suo grido di voler vivere in un Paese libero, dove il mio destino, il mio stile di vita, le mie scelte siano determinate autonomamente, e non annichilite sulla base di un principio di coscienza che riguarda, in definitiva, soltanto i parlamentari o le gerarchie sempre più aggressive della Chiesa (o peggio ancora, sulla base di un bieco opportunismo nei confronti di quest'ultima), è anche il mio grido.

    Namastè, amica mia, tpnO.

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  6. cara harmonia, davvero non ho parole da aggiungere, ho letto l'intervista a mina, la moglie di welby, una donna forte, forse resa forte dalla vita (o dall'amore), il suo cuore è sospeso: da un lato vorrebbe vedere accolta la richiesta di libertà, di autodeterminazione (in presenza di determinate condizioni) dall'altro sa che l'eventuale accoglimento coinciderebbe col distacco dalla persona amata.

    il nome di welby comunque resterà nella storia civile del nostro paese come quello di franca viola, di loris fortuna.

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