giovedì 28 dicembre 2006

IL BLOG DI PIERGIORGIO WELBY


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Calibano [ TERMOVALORIZZATORE DI FOSSILI ONIRICI ]


http://calibano.ilcannocchiale.it/


E il blog «Calibano» batte anche Grillo - di Redazione - da Milano

Il blog di Piero e Mina Welby ha vinto il premio dei forum telematici italiani per il 2006. Miglior blog politico è stato giudicato quello di Ivan Scalfarotto, il candidato «extrapartito» alle primarie dell’Unione del 2005. Entrambi i blog sono stati più cliccati e apprezzati del forum italiano più conosciuto nel mondo, quello di Beppe Grillo. Il verdetto del Gran premio dei blog, organizzato dalla piattaforma del Cannocchiale, è stato reso noto ieri dal blogger presidente della giuria, Mario Adinolfi.
«Il regolamento - ha spiegato Adinolfi - prevederebbe che i vincitori delle otto categorie si scontrassero tra loro in ulteriori sfide ad eliminazione diretta per assegnare il premio finale del miglior blogger del 2006, ma la giuria ha deciso di assegnare l'ambito riconoscimento a Piergiorgio e Mina Welby, che ci hanno fatto conoscere i loro pensieri attraverso Il Calibano. Piero Welby è la persona del 2006. Noi ci adeguiamo e ne riconosciamo lo stimolo decisivo a riflettere sulle questioni ultime».
Fra i vincitori di categoria Giornalettismo, miglior blog giornalistico, che come sottolinea Adinolfi, «ha tirato fuori il video del ragazzo down picchiato e se stavamo ad aspettare la stampa tradizionale col cavolo che ne avremmo mai saputo niente». Il Gran Premio dei Blog 2006 si è articolato in diciotto post che hanno raccolto oltre tremila commenti.  Il Giornale
http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=144739


L'ho scoperto da poco. E' certamente molto conosciuto e frequentato. Mi piacerebbe fosse sempre più diffuso. Il testimone è passato alla moglie Mina.


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mercoledì 27 dicembre 2006

SANTO SUBITO


Caro diario, ho avuto riserve non lievi sulla politica di Giovanni Paolo II. L'ho seguito solo quando si è battuto in maniera non oleografica contro la sciagurata guerra di Bush il giovane. E' stato un politico in senso stretto, a mio parere, e , come ogni politico, ha i suoi punti oscuri che gettano una luce inquietante sulla sua futura santificazione.  Ha certamente contribuito alla crisi del regime sovietico, peccato che non si sia impegnato altrettanto con i dittatori dell'America Latina.


In morte del tiranno sanguinario Pinochet forse è il caso di ripercorrere le tappe del rapporto del sant'uomo con il suddetto. Me ne ha offerto il destro un articolo recuperabile nel sito di ADISTA. Perché questa storia proprio oggi? Mah! Ho una specie di marmellata nella mente in cui la fermezza sacra della Chiesa cattolica apostolica romana nei confronti della famiglia di Welby si è dispiegata in tutta la sua forza. Qualcuno può indovinare i parametri etici ispiratori di così diversi comportamenti?


Ho saputo solo ieri da un commento di Rosalba che Stazione Termini a Roma porta ora il nome di Giovanni Paolo II e la cosa non mi sta bene per niente. La stazione della nostra capitale!


LA SOTTILE LINEA NERA: DAL GOLPE ALLA MORTE,


I RAPPORTI TRA PINOCHET E IL VATICANO


papa1



33677. SANTIAGO DEL CILE-ADISTA. È morto lo scorso 10 dicembre, all'età di 91 anni, Augusto Pinochet, capo del regime militare che governò il Cile dal 1973 al 1990: 17 anni di dittatura in cui si contarono, secondo le stime ufficiali, oltre 3mila desaparecidos, 30mila torturati e mezzo milione di esuli.
Nato a Valparaiso il 25 novembre 1915, Pinochet nel 1933 entrò nella Scuola Militare e trascorse il resto della sua vita nelle Forze armate: generale di brigata nel 1969, capo di Stato maggiore nel 1972 e comandante in capo dell'esercito dal 23 agosto 1973, nominato dal presidente, democraticamente eletto, Salvator Allende, lo stesso che Pinochet, 3 settimane dopo, l'11 settembre, avrebbe destituito con un cruento colpo di stato militare. Nel corso del golpe lo stesso Allende rimase ucciso nel bombardamento della Moneda, il palazzo presidenziale. Iniziò così una delle dittature più lunghe e violente dell'America Latina: dopo aver preso il potere con la forza, Pinochet nel 1974 si fece eleggere presidente della Repubblica (mandato che fu poi rinnovato nel 1981) e guidò il Paese per 17 anni, grazie anche al sostegno degli Usa e del mondo economico-finanziario – che ne sostenevano il programma neoliberista ispirato dai Chicago boys di Milton Friedman – e di pezzi consistenti della Chiesa cattolica. 


L'amicizia di un ventennio ...


La stessa Moneda


La strategia della "distensione" di Sodano culminò nell'aprile 1987 quando, anche con l'aiuto di diversi membri dell'Opus Dei che ricoprivano posizioni importanti nel governo cileno (come Francisco Javier Cuadra, segretario generale del governo), organizzò il viaggio di Giovanni Paolo II in Cile: una "visita pastorale" che si concluse con l'apparizione – ripresa da tutte le televisioni e i giornali del mondo – di papa Wojtyla e del dittatore Pinochet che, insieme, affacciati al balcone della Moneda, salutano e benedicono la folla. La calorosa legittimazione del regime pinochettista da parte del papa provocò dure reazioni, anche in una parte consistente del mondo cattolico, fortemente critico nei confronti della dittatura cilena e dell'alleanza militari-Chiesa (v. Adista nn. 29 e 30/87). ...

Benedizione apostolica


Perso il potere, tuttavia, il feeling fra l'ex dittatore e il Vaticano non si spezzò: il 18 febbraio 1993, giorno della sue "nozze d'oro", Pinochet ricevette due affettuosi messaggi di auguri da parte del segretario di Stato vaticano Sodano, e di Giovanni Paolo II. "Al generale Augusto Pinochet Ugarte e alla sua distinta sposa, Signora Lucia Hiriarde Pinochet, in occasione delle loro nozze d'oro matrimoniali e come pegno di abbondanti grazie divine – scriveva il papa – con grande piacere impartisco, così come ai loro figli e nipoti, una benedizione apostolica speciale". Ancora più caloroso il messaggio di Sodano in cui scrive di aver ricevuto dal pontefice "il compito di far pervenire a Sua Eccellenza e alla sua distinta sposa l'autografo pontificio qui accluso, come espressione di particolare benevolenza"; "Sua Santità – aggiunge – conserva il commosso ricordo del suo incontro con i membri della sua famiglia in occasione della sua straordinaria visita pastorale in Cile". E conclude confermando all'ex dittatore "l'espressione della mia più alta e distinta considerazione" (v. Adista n. 48/93). 


La Chiesa difende i diritti umani


E la coppia Wojtyla-Sodano non abbandonò il generale nemmeno cinque anni dopo, quando Pinochet venne arrestato, mentre si trovava in Gran Bretagna per motivi di salute, su mandato del giudice spagnolo Baltasar Garzon, che lo accusava di violazioni di diritti umani nei confronti di diversi cittadini spagnoli durante gli anni della dittatura: prima fecero pressioni sulla Camera dei Lords perché non venisse concessa l'estradizione in Spagna di Pinochet (v. Adista nn. 3 e 17/99), poi rassicurarono il nuovo presidente cileno, Eduardo Frei – durante la visita papale in Cile nel febbraio 2000 –, che il Vaticano si sarebbe impegnato a fondo per la liberazione di Pinochet; "è nostro desiderio – puntualizzò Sodanoe facciamo voti che questa odissea abbia termine quanto prima", perché l'ex dittatore "ha diritto di tornare nel suo Paese" (v. Adista n. 15/2000). Intanto in Cile, criticando il governo che si era costituito parte civile nel processo contro Pinochet avviato dal giudice Juan Guzman Tapia, i vescovi fecero un appello pubblico alla "riconciliazione e al perdono", auspicando per il generale un rapido ritorno a casa che "gli renda più tollerabile il suo delicato stato di salute" (v. Adista n. 23/2000). ...


L'articolo completo QUI: http://www.adistaonline.it/index.php?op=articolo&id=26399


Interessante il commento di Massimo http://blueriver.splinder.com/ che ha trovato il seguente articolo: Beatificazione di Giovanni Paolo II. La contro-testimonianza di alcuni teologi. (vedi commenti)


Fotografia dal blog di kneff - http://ambivalenza.splinder.com/


sabato 23 dicembre 2006

Il dolore di una madre


La madre di Welby. 86 anni, come la mia. Di lei oggi ho appreso questo: Adesso, però, Piergiorgio Welby non può usare più nemmeno il mouse del suo computer. E dopo che ieri si è chiuso nel suo silenzio assordante, è stata la mamma che per la prima volta ha voluto far sentire la sua voce: «Fate qualcosa, vi prego. Fate quello che lui chiede». Un'implorazione quella di mamma Luciana che ha ottantasei anni e ieri pomeriggio non riusciva a trovare quiete in quella casa di suo figlio che da tempo, ormai, ha le sembianze di un ospedale. (Corriere della Sera, 12 dicembre 2006).


A questa vecchia madre, profondamente cattolica, il vicariato di Roma ha negato il funerale religioso per il figliolo Piergiorgio.


"A differenza dai casi di suicidio nei quali si presume la mancanza delle condizioni di piena avvertenza e deliberato consenso, era nota, in quanto ripetutamente e pubblicamente affermata, la volontà del Dott. Welby di porre fine alla propria vita, ciò che contrasta con la dottrina cattolica", afferma un comunicato del Vicariato di Roma.


La mia opinione è che una lettura attenta del Catechismo del 1992 (artt. 2278 - 2279), a firma Ratzinger, non farebbe male al suddetto organismo per capire l'errore non lieve sul piano dottrinale e tremendo sul piano umano. 


Penso anche alla moglie, alla sorella, alla famiglia, alle persone che lo conoscevano. E a tutte le persone che si sono unite nella partecipazione e nella riflessione, per quanto dolorosa e problematica.


L'appello di Mina Welby


"Lancio un appello agli italiani: pensate a queste cose. I malati non hanno solo il problema di essere curati bene (...) Piergiorgio era seguito molto bene. Piergiorgio l'ultimo giorno ha chiamato gli amici per salutarli: è stato commovente, il saluto di chi doveva andarsene. Ci ha fatto pure ridere: 'Marco, vecchio bestione, ha detto, ti voglio bene'. E lui: 'Mi hai fregato". Mina Welby, a poche ore dall'apertura di un fascicolo sulla morte del marito Piergiorgio da parte della Procura di Roma, racconta così gli ultimi momenti di vita dell'uomo che ha aperto un ampio confronto su temi difficili come accanimento terapeutico, eutanasia, assistenza al distacco dal respiratore artificiale. 

Emozionata, commossa, ma determinata Mina Welby ha parlato in una conferenza stampa organizzata questa mattina a Roma dai Radicali. "Ho passato la vita con lui: è importante che la sua vita ora sia valorizzata con il giusto valore - ha detto - Sono semplicemente una tirolese, Piero mi chiamava 'l'asburgica'. Vengo dalla provincia di Bolzano, anche Piero parlava tedesco e dopo un colpo di fulmine ci siamo subito sposati. Quando lo ho conosciuto Piero viveva un calo fisico. Poi si è ripreso, ha cominciato ad uscire, a fare cose, pittura, fotografia... Ho imparato a pescare da Piero. Poi nel '97 un altro crollo: momenti terribili, poi una ripresa e l'impegno molto forte. Non poteva più dipingere, ma abbiamo mantenuto impegni culturali fino al 2002, l'ultimo calo".

"Nel 2002 abbiamo conosciuto il partito radicale: persone eccellenti. Non solo in gamba: hanno portato nuovo vigore, interesse in Piergiorgio. Lui è diventato radicale per una cosa sola: per l'eutanasia. La sua paura era di morire come Luca Coscioni, soffocato. e pensava ai tanti malati di Sla, di distrofia che alla fine avrebbero avuto questo problema".

"Piergiorgio da allora si è dedicato al tema dell'eutanasia, dell'accanimento terapeutico... Io lo aiutavo cercando sui siti internazionali, lui così continuava a lavorare. A me la parola eutanasia faceva paura - ha detto ancora Mina - Per me da cattolica voleva dire: uccidere una persona. Poi mi sono detta: perché devo costringere persone che non la pensano come me in fatto di fede a non avere una legge per loro. Nessuno ti costringe a doverlo fare. Se uno non vuole divorziare non è costretto a usare la legge. Ecco perché ho potuto lavorare nonostante la mia educazione cattolica".   

"Ad aprile cominciava a scrivere meno, prima sfornava un documento al giorno sul blog il calibano: etica, droga, attualità... Allora gli chiesi: perché non scrivi più? 'Non mi va', mi rispose. Ma non era vero: le sue forze stavano calando e non voleva che me ne accorgessi. Ad agosto lui ha scritto che voleva morire e che voleva che fossi io ad aiutarlo. Abbiamo litigato su questo. Ho pensato: venisse qui uno dei suoi amici cacciatori e gli scaricasse una fucilata in testa... Ero abbarbicata a lui come un vitigno su un'altra pianta. Alla fine abbiamo chiesto aiuto e abbiamo scritto insieme la lettera al presente Napolitano". 

"Da quel giorno non ho avuto più tranquillità: sapevo che saremmo arrivati al momento della sua dipartita. Di questo preferisco non parlare troppo. L'ultimo giorno abbiamo vissuto in pace insieme, abbiamo parlato di tante cose personali: non sopportava che gli ricordassi i vecchi tempi e non l'ho fatto più. E mi ha detto: tu devi continuare il Calibano (il blog, ndr)".  

"Cercavo di farlo circondare il meno possibile - dice ancora Mina Welby - da estranei in casa per farlo sentire meno malato. Non ho chiesto l'assistenza di infermieri a casa proprio per questo. Ho deciso di non lavorare per assisterlo bene da vicino e farlo sentire più vivo".  

Fonte: RAINews24 http://www.rainews24.rai.it/Notizia.asp?NewsID=66175


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giovedì 21 dicembre 2006

Piergiorgio Welby


è morto stanotte


«Morire dev’essere come addormentarsi dopo l’amore, stanchi, tranquilli e con quel senso di stupore che pervade ogni cosa». Dal blog di Welby


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Grazie, Piergiorgio, per la tua vita dedicata a tutti noi, cittadine e cittadini italiani. Grazie, Mina, moglie fra le più amorevoli e coraggiose. Grazie, amiche e amici, che vi siete impegnati in questa azione non violenta e legale di libertà e autodeterminazione. Finalmente stanotte un medico fedele al suo giuramento l'hai trovato, uno di quei medici che molti di noi si augurano di incontrare se dovessero trovarsi in una tragedia come la tua. Non ti dimenticherò, Piergiorgio, non dimenticherò le tue molte azioni, compresa quella per permettere ai pazienti vivi ma impossibilitati di andare a votare, solo per dirne una.


Mi sono unita al tuo desiderio di pace, caro Piergiorgio, ma ora mi manchi molto e mi sento più sola. Ti confesso che ero legata egoisticamente alla tua vita, perché era evidente che proprio tu stavi difendendo un mio diritto, un diritto sancito dalla nostra Costituzione per tutto il popolo italiano, un diritto di civiltà e libertà che garantisce l'autodeterminazione dell'essere umano in quanto dotato di volontà e capacità di decidere per se stesso, senza nuocere ad alcuno.


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Ora ho ancor più paura, Piergiorgio, perché il Consiglio superiore di sanità ha deciso che su di te non "c'è accanimento terapeutico" e "non c'è imminente pericolo di vita". Quale ironia, davanti alla tua morte che era più che imminente.


Lo ha detto Franco Cuccurullo, presidente del Consiglio superiore di sanità, al termine della lunga riunione di oggi. "Quella di Welby, ha proseguito Cuccurullo, è una situazione clinica devastata ma relativamente stabile". Il ministro della Salute Livia Turco definisce quello del Css un "parere molto importante che conferma il bisogno che abbiamo di nuove norme che siano più chiare".


Ho paura, caro Piergiorgio, di una eventuale rianimazione, perché ho capito che, se mi attaccano a una macchina, divento una loro proprietà. Vedi come continuano a confondere volutamente le questioni? Nel tuo caso non c'entrava l'accanimento terapeutico, ma la tua libera decisione di disporre di te secondo il tuo pensiero e le tue necessità. E penso a Luca Coscioni, e alla povera Eluana Englaro, ancora viva, lei, e ostinatamente condannata a vivere dall'ultima sentenza, dopo quindici anni.


Avevi ragione quando parlavi di prigione, come quella di Moro, e di trappola. Questo avranno sulla cosienza le anime pie: ti hanno tenuto in ostaggio fino alla morte. Ma questa tua azione coraggiosa dovrebbe aprire le porte di altre prigioni.


Con tutto l'amore.


PS. Legislazione europea: Oviedo - Convenzione per la protezione dei Diritti dell’Uomo e della dignità dell’essere umano nei confronti dell’applicazioni della biologia e della medicina : Convenzione sui Diritti dell'Uomo e la biomedicina - 4 Aprile 1997 http://staminali.aduc.it/php_docushow_83_4_t_l.html


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ore 14


Da Radio Radicale ho appreso che Marco Cappato e il medico sono stati convocati dal magistrato come persone informate dei fatti.


link : http://www.lucacoscioni.it/ - http://www.rainews24.rai.it/

mercoledì 20 dicembre 2006




PHOTO-ILLUSTRATION FOR TIME BY ARTHUR HOCHSTEIN, WITH PHOTOGRAPHS BY SPENCER JONES—GLASSHOUSE



Time's Person of the Year: You


In 2006, the World Wide Web became a tool for bringing together the small contributions of millions of people and making them matter





Ognuno/a di noi fa parte di quei milioni di persone. Quest'anno la copertina del Time è per noi. Tanto per bilanciare il post precedente.  

AVVISO AI NAVIGANTI


Blog. la prima condanna per diffamazione


Paola Zanca


Diffamazione on-line. La prima condanna contro le lesioni alla reputazione via web risale a qualche mese fa, precisamente al 26 maggio scorso, quando il Tribunale di Aosta ha condannato ad un risarcimento danni per diecimila euro Roberto Mancini, giornalista considerato titolare responsabile del blog del Generale Zuckov. Una sentenza che ha fatto scalpore perché per la prima volta in Italia un blog – una sorta di diario telematico in cui ognuno è libero di mandare commenti e annotazioni – viene disciplinato dalla legge sulla stampa. Una catastrofe per chi ormai si è abituato a scambiare informazioni, a esprimere pareri, a utilizzare gli strumenti della democrazia digitale. ...


Una decisione che ha provocato anche la reazione del ministro delle Comunicazioni Paolo Gentiloni: sul suo sito, www.paologentiloni.it, il ministro si scaglia contro questi primi sintomi di «muraglie cinesi»: «Capisco l'allarme sociale creato dalla presenza nella rete di contenuti violenti, illegali, pericolosi per i minori – spiega il ministro – Ma non capisco come questo allarme possa tradursi nella tentazione di "controllare" o "filtrare" la rete». L´idea di una censura non piace al ministro, che spiega: «Non è possibile imporre blocchi o filtri centralizzati: sarebbe politicamente sbagliato, oltre ad essere tecnicamente assai poco praticabile. Non è possibile – conclude Gentiloni equiparare i gestori dei blog ai responsabili delle testate giornalistiche e quindi applicare nei confronti dei blogger le responsabilità previste dalla legge sulla stampa del 1948». Il titolare di un blog diventerebbe così responsabile di tutti i commenti postati sulle sue pagine web, compresi quelli, come in alcuni dei casi contestati dal Tribunale di Aosta, inviati in forma anonima. ... Fonte: L'Unità - http://www.unita.it/view.asp?IDcontent=61956


Non so che cosa pensare. La correttezza è obbligatoria, sempre. Ma dove comincia la scorrettezza? Se penso agli articoli di Feltri, penso che lo spazio sia ampio. Comunque i blogger equiparati ai direttori responsabili delle testate giornalistiche! Io ho già paura della mia ombra. Amiche, amici, stiamo attenti a quello che scriviamo, non vorrei che mi pignorassero la casa non ancora finita di pagare per qualche pensiero troppo libero (tentativo di spiritosaggine). Ahimè!

lunedì 18 dicembre 2006

Studenti Iraniani


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«le stelle si vedono quando fa buio»


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Iran studente manifesta per libertà di pensiero


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Gli studenti iraniani hanno protestato con vigore e determinazione, a viso scoperto, contro il tiranno di turno. Chiunque conosca la terribile dittatura clericale iraniana non può che stupirsi per tanta coraggiosa audacia, perché la sorte di quei giovani è in balia della polizia e dei seguaci del tiranno contestato. Credo che non vadano lasciati soli. E la prima cosa da fare è cercare di capire che cosa sta succedendo, cercando informazioni tra le strettissime maglie della gabbia costruita dal regime degli ayatollah. Il primo articolo ampio sull'argomento l'ho trovato nel Guardian. Eccolo qui di segutito.





Iranian students hide in fear for lives after venting fury at Ahmadinejad


· President's supporters vow revenge on protesters
· Activists forecast harsher crackdown on dissent


Iranian student activists who staged an angry protest against President Mahmoud Ahmadinejad last week have gone into hiding in fear for their lives after his supporters threatened them with revenge.


One student fled after being photographed holding a banner reading, "Fascist president, the polytechnic is not for you", during Mr Ahmadinejad's visit to Tehran's Amir Kabir university. At least three others have gone underground after being seen burning his picture. Vigilantes from the militant Ansar-e Hezbollah group have been searching for them.


In a startling contrast to the acclaim Mr Ahmadinejad has received in numerous recent appearances around Iran, he faced chants of "Death to the dictator" as he addressed a gathering in the university's sports hall last week. Several hundred students forced their way in to voice anger over a clampdown on universities since he became president last year.


While his aides played down the incident, the Guardian has learned details of the violent and chaotic events.


The disclosures came yesterday as early returns from Friday's council elections indicated that Mr Ahmadinejad's hardline supporters had failed in their attempt to take control of several key local authorities. Turnout was estimated at about 60% after reformers urged liberal-minded electors to vote in large numbers to protest against the government's policies.


Last Monday's university demonstration triggered violent clashes between student activists and crowds of Basij militia, who were there to support the president. A shoe was thrown at Mr Ahmadinejad while a student had his nose broken by an aide to a cabinet minister.


Protesters later surrounded the president's car, prompting a security guard to fire a stun grenade to warn them off. Four cars in the presidential convoy collided in their haste to leave. Mr Ahmadinejad's staff later insisted he had remained calm and ordered that the students should go unpunished. But some of those present say he accused them of being paid United States agents who would be confronted.


"He threatened us directly, saying that what we were doing was against the wishes of the nation," said Babak Zamanian, a spokesman for Amir Kabir university's Islamic students' committee. "After that, the students protested even more sharply, calling him a lying religious dictator and shouting, 'Forget America and start thinking about us!'


"We were chanting, 'Get lost Ahmadinejad!' and 'Ahmadinejad - element of discrimination and corruption.' You could see from his face that he was really shocked. He wasn't flashing his usual smile, and at one stage I thought he was going to cry. He told his supporters to respond with a religious chant hailing Ahmadinejad, but he was so shaken he was actually chanting it himself."


Another student said: "He was trying to keep control of himself, but you could see he was angry and upset."


Witnesses say Mr Ahmadinejad also tried to ridicule the students by referring to the university disciplinary code, under which those with three penalty points are suspended from studies. "He joked that he was going to issue a presidential order for those with three stars to be enlisted as sergeants in the army. That made the students really angry," said Mr Zamanian.


The university authorities' contentious use of the disciplinary code was said to be a trigger for last week's protest. About 70 students have been suspended and threatened with expulsion for various political activities, including writing articles critical of the government.


Last month, the authorities demolished two building belonging to the Islamic students' committee - a moderate grouping representing diverse opinions. An elected student body was also disbanded. Women students have been told to wear conservative dress and remove any makeup.


In this atmosphere, activists at Amir Kabir university - a traditional hotbed of political activism - regarded Mr Ahmadinejad's visit as a deliberate provocation and decided to protest. While many chanted, a hard core waved banners and burned his portrait, some ignoring instructions to cover their faces.


The 21-year-old student holding the "fascist president" banner was among those threatened with expulsion. He is said to be in grave danger after foreign news outlets, including the Guardian, published a picture of his gesture. Friends say he went into hiding after being confronted by two vigilantes.


"They said they would pull his father out of the grave [an ancient Persian threat]," said one student. "He is in real danger. Vigilantes have been standing at the dormitory doors asking for him."


Students now fear an even fiercer crackdown. "We believe [the authorities] will react much worse than before," said Armin Salmasi, 26, a leading activist. "We are already under constant surveillance. The student movement in Iran is going to be driven underground - just like it was before the revolution."


Fonte: The Guardian -  http://www.guardian.co.uk/frontpage/story/0,,1974503,00.html


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Ho appena visto un articolo raccapricciante nel sito del Corriere della Sera. Lo conservo qui, perché non si perda l'inizio di questa nuova vicenda in Iran.


Stelle-distintivi da indossare sugli abiti nel prestigioso ateneo Amir Kabir


Teheran, studenti ribelli «marchiati»



Nell'università dove il presidente fondamentalista Ahmadinejad è stato contestato pubblicamente per la prima volta dalla sua nomina














Un «rating» di inaffidabilità, come quello delle agenzie Moody e Standard & Poor per il debito internazionale. Stelle-distintivi da indossare sugli abiti, come quelle che i nazisti imponevano agli ebrei. Il tutto in un luogo che ben poco ha in comune con Wall Street e le comunità ebraiche ai tempi di Hitler. Le stelle (il loro numero significa un voto negativo, da uno a tre) sono imposte agli studenti «ribelli» della prestigiosa università Amir Kabir di Teheran. Una scuola d'élite, versione iraniana della London School of Economics e della californiana Berkley, fucina dei leader della rivoluzione islamica che rovesciò lo Shah nel 1979.

La settimana scorsa è stato qui che per la prima volta dalla sua nomina, nel giugno 2005, il presidente fondamentalista Mahmoud Ahmadinejad è stato contestato pubblicamente. Una sessantina di studenti l'ha accolto bruciandone i ritratti, gridando «morte al tiranno» e «fascista», mostrando cartelli che chiedevano libertà — qualcuno gli ha tirato anche una scarpa — prima di essere zittiti e fermati, perfino con una granata. Ricercati da varie bande filogovernative (anche se il presidente in persona avrebbe ordinato di non arrestare nessuno), almeno quattro degli studenti filmati durante la protesta ora vivono nascosti. «I miliziani hanno promesso a uno di loro di "tirar fuori suo padre dalla tomba", un'antica minaccia persiana. È in pericolo», ha detto un amico.

Erano state proprio quelle stelle a far incendiare la protesta: ultima, simbolica (ma non solo) decisione del nuovo rettore- Ayatollah imposto dal governo nell'università ribelle, dopo il divieto di ogni riunione tra studenti (anche non politica), la distruzione di loro sedi, l'allontanamento dei professori «filoccidentali», il giro di vite sull'abbigliamento delle ragazze. Le stelle, introdotte recentemente, vanno indossate dagli studenti sospettati di minacciare l'ordine. «Chi ne ha ricevuta una ha dovuto firmare una lettera prima di essere ammesso, impegnandosi a non partecipare a nessuna attività politica — racconta Ali Nikou Nesbati, uno dei contestatori dell'11 dicembre — Con due stelle, l'iscrizione viene ritardata e si devono firmare documenti ancora più duri, con tre non ci si può nemmeno iscrivere». In tutto, i «marchiati» sono una settantina, che ora ostentano i distintivi come se fossero onorificenze e ne sottolineano l'analogia con le stelle dei nazisti. Un regime e un periodo storico di cui si è parlato tanto nei scorsi giorni a Teheran, per l'incredibile e controversa conferenza negazionista dell'Olocausto, voluta proprio da Ahmadinejad.

Non è quindi un caso che tra i cartelli anti- presidente comparsi all'università quell' 11 dicembre ce ne fosse uno che diceva «le stelle si vedono quando fa buio». Né è un caso che nel suo discorso Ahmadinejad ne abbia fatto menzione. «Ha scherzato, ha detto che voleva emettere un decreto presidenziale per obbligare tutti i ragazzi con tre stelle a diventare sergenti dell'esercito. Ma questo ha fatto davvero infuriare gli studenti», rivela Babak Zamanian, portavoce del comitato studentesco islamico.

Ahmadinejad avrà anche scherzato e bloccato (per ora) gli arresti dei contestatori, ma nessuno nel campus di Amir Kabir pensa che la calma durerà a lungo. «Le autorità reagiranno ancor peggio che in passato — dice Armin Salmasi, uno dei leader del movimento, pensando alla rivolta universitaria del 1999, la più cruenta, e a quelle minori degli ultimi anni — Siamo già sotto continua sorveglianza. Presto dovremo entrare in clandestinità: com'era prima della rivoluzione».







18 dicembre 2006



Fonte: Il Corriere della Sera - http://www.corriere.it/Primo_Piano/Esteri/2006/12_Dicembre/18/teheran.shtml


domenica 17 dicembre 2006

A proposito della sentenza sul caso Welby


Nel post del 12 dicembre scorso ho riportato gli articoli di legge che mi sembrava dessero inequivocabilmente ragione alla richiesta di Welby. Evidentemente non ero del tutto informata. Per correttezza, copio e incollo un'intervista a Ignazio Marino, che fa delle precisazioni in senso contrario, non in punta di diritto, ma sul piano del cosiddetto "vuoto normativo". Dura lex, sed lex. Senza alcun dubbio, neanche in queste circostanze? A me continua a sembrare assurdo e ingiusto che una persona debba pagare per un vuoto normativo di cui non è responsabile. Ma sarà a causa della mia ignoranza.


Welby, Marino: tocca a noi dare risposte, ma ci vuole tempo


«Ineccepibile». È stato questo il primo, sofferto, commento del presidente della commissione Sanità di Palazzo Madama Ignazio Marino alla sentenza del tribunale civile di Roma che ha rigettato il ricorso di Piergiorgio Welby.

Presidente, perché ineccepibile?
«Il nostro sistema legislativo dal punto di vista costituzionale, sulla base degli articoli 32 e 13, di fatto garantisce il diritto alla autodeterminazione nella scelta delle terapie da parte di un paziente e questo si riflette anche nelle convenzioni internazionali, come quella di Oviedo. Però dal punto di vista del diritto positivo effettivamente non vi è una norma esplicita che consenta di applicare quanto richiesto da Piergiorgio Welby. È evidente allora che teoricamente esisterebbero anche i presupposti, ma in pratica non c´è modo di dire che quanto affermato dal giudice sia sbagliato. Poi ovviamente resta il disagio che io e tutti quanti viviamo nell´avvicinarci alla situazione di Welby e al travaglio dei suoi amici e familiari. Una situazione frustrante...».

Ma i disegni di legge portati in Commissione colmerebbero solo parzialmente il vuoto legislativo segnalato anche dal tribunale civile di Roma...
«Purtroppo è così. La condizione prevista dal testamento biologico è profondamente diversa da quella di Piergiorgio Welby. La prima riguarderà qualsiasi persona che voglia esprimere la volontà di non essere mantenuto in una condizione di vita puramente biologica nel momento in cui non sarà più in grado di esprimersi sulla prosecuzione delle cure. Welby, invece, può perfettamente intendere e capire e può esprimere coscientemente le proprie volontà rispetto all´interruzione delle terapie. Come può avvenire per una persona che si sottopone alla chemioterapia per un tumore e ad un certo punto decide di interromperla perché non la considera più sopportabile per se stessa. Ma qui torniamo al punto principale, ossia alla libertà di una persona di decidere fino a che punto accettare le terapia. Una tecnologia, nel momento in cui esiste, non può essere obbligatoria».

E allora come risolvere la situazione di Welby e di quanti come lui si trovano o si troveranno in queste condizioni?
«Proprio in questi giorni abbiamo approfondito la questione anche in collaborazione con la commissione giustizia, e stiamo valutando il modo di inserire il concetto di accanimento terapeutico nei disegni di legge che sono in discussione. Inoltre stiamo vagliando anche se esiste la possibilità di prevedere norme che consentano di sospendere le cure in una situazione, come quella in cui versa Piergiorgio Welby, in un cui il paziente non è in coma ma non ha più la disponibilità del proprio corpo».

Per questo serve tempo, un fattore che rema contro Welby che avrebbe invece bisogno di risposte immediate...
«Purtroppo sì. Sono un chirurgo di trapianti, per temperamento sarei portato a cercare per ogni problema una soluzione radicale e immediata. Ma nelle vesti di legislatore pur soffrendo mi rendo conto di dovermi arrendere di fronte all´obbligo di riflettere meditare e cercare le soluzioni più adatte».

Gli appelli di Piergiorgio Welby hanno di nuovo fatto emergere gli steccati fra i due schieramenti, quello dei laici e dei credenti...
«Io farei una distinzione diversa: fra soggetti pensanti e non pensanti, e lo dico comprendendo la severità delle mie affermazioni. Perché lo stesso catechismo della chiesa cattolica riconosce il diritto di rinunciare alle terapie quando queste diventano intollerabili e costituiscono sono un prolungare la sofferenza di un paziente senza una ragionevole speranza di miglioramento. Chi si scaglia contro questo tipo di discussione e di fronte alle richieste di Welby si volta dall´altra parte nascondendosi dietro all´obbligo di allungare anche di un solo minuto la sua vita esalta la sofferenza e la innalza a culto. Chi fa questi ragionamenti ha una interpretazione deviata e deviante del cristianesimo».



Fonte: L'Unità - http://www.unita.it/view.asp?IDcontent=61902
Pubblicato il: 17.12.06
Modificato il: 17.12.06 alle ore 17.58


Per completezza copio anche una lettera dei cristiani di base a Piergiorgio Welby, una lettera che evidenzia un modo di sentire il dramma ben diverso da quello della gerarchia cattolica.


Caro Piergiorgio,


riuniti per affrontare il tema della laicità  -argomento del 30° Incontro Nazionale delle Comunità Cristiane di Base- abbiamo riflettuto anche sull’appello che tu hai lanciato all’opinione pubblica.



Vogliamo comunicarti, prima di tutto, il nostro affetto, la nostra solidarietà e la nostra stima per te.


Non spetta a noi darti quella risposta pubblica e ufficiale che deve, invece, arrivarti dalle istituzioni.


La questione che tu poni, lo sappiamo bene, non è solo privata e personale, ma coinvolge l’intero paese che non può più ignorare, un tale così drammatico problema, che -direttamente o indirettamente- tutte e tutti ci riguarda.


Per parte nostra vogliamo pubblicamente esprimerti la nostra solidarietà: noi riteniamo che sia giusto ed umano che tu possa concludere in pace, con l’attenzione affettuosa della comunità civile, la tua esperienza di vita, senza che nei tuoi confronti si eserciti un accanimento non rispettoso della tua dignità.


Noi riteniamo, inoltre -rispettando quanti pensano diversamente- che in nome di nessuna religione o ideologia si possa in alcun modo costringere, in una condizione così drammatica, la tua libertà di scelta che noi -quale che sia- rispettiamo profondamente.


 


Un abbraccio
dalle sorelle e dai fratelli delle Comunità Cristiane di Base d’Italia.


Fonte: http://www.cdbitalia.it/INC30_letterawelby.htm


sabato 16 dicembre 2006

Una veglia "per e con Piergiorgio Welby" in tutte le piazze d'Italia


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Sabato 16 dicembre dalle ore 21:00 si terrà in Piazza del Campidoglio a Roma e in tutte le piazze d'Italia "una veglia per e con Piergiorgio Welby".


ELENCO DELLE VEGLIE NEI COMUNI


Preannuncia la tua partecipazione online (o telefona allo 066826 o invia un fax allo 0668805396)


Fino ad ora l'iniziativa è sostenuta da più di 207 parlametari


Fonte: http://www.lucacoscioni.it/

venerdì 15 dicembre 2006

13  DICEMBRE 2006


Il REATO di TORTURA


entra nel Codice Penale Italiano


Finalmente, dopo circa 20 anni, la Camera dei Deputati del Parlamento italiano ha approvato l'introduzione di questo reato massimo nel nostro ordinamento. Unanimità, fatta eccezione per un voto della Lega, che già nel precedente governo si era distinta per un emendamento talmente vergognoso da far fermare del tutto la discussione.


Copio e incollo da Il Manifesto - http://www.ilmanifesto.it/Quotidiano-archivio/14-Dicembre-2006/art26.html


Dopo vent'anni di «lapsus» l'Italia dice no alla tortura


con un voto all'unanimità


La camera approva la norma che punisce i maltrattamenti. Forza Italia fa passare anche la procedibilità universale. Ora tocca al senato
Matteo Bartocci
Roma


Il 13 dicembre sarà una data storica per chi si batte a difesa dei diritti umani in Italia. La camera infatti ha approvato in prima lettura praticamente all'unanimità (446 sì e un solo no, della irriducibile Lega Nord) la norma che introduce nel nostro ordinamento il reato di tortura. Un obbligo giuridico internazionale, politico e morale di fronte al quale il nostro paese era inadempiente da quasi vent'anni.
Esultano Antigone e Amnesty International, le due associazione che da anni si battono per sanare un buco nero normativo (non a caso rilevato dai magistrati genovesi che conducono l'inchiesta sul G8), che si augurano ora una rapida approvazione definitiva da parte del senato. «Speriamo che questa legge non debba mai essere applicata - dichiara soddisfatto Paolo Pobbiati, presidente della sezione italiana di Amnesty International - ma le leggi del nostro paese non possono permettersi di non avere gli strumenti necessari per contrastare la tortura». «La tortura non è estranea neanche ai paesi democratici - ricorda Patrizio Gonnella di Antigone - per questo occorre una legge che la prevenga e la punisca anche se nessuno deve temere la previsione del reato di tortura nel codice penale».
Grazie all'astensione di Verdi e Prc la norma approvata a Montecitorio è stata addirittura modificata (in meglio) rispetto al testo concordato in commissione giustizia grazie a due emendamenti firmati da Gaetano Pecorella ed Enrico Costa di Fi .


Il primo esclude l'immunità diplomatica per i cittadini stranieri accusati o processati per tortura, che devono essere estradati dove è in corso il processo penale o davanti a un tribunale internazionale.


Il secondo prevede la «procedibilità universale» contro qualunque cittadino italiano o straniero che commette il delitto di tortura all'estero.


La norma infine prevede una pena di reclusione da 3 a 12 anni per «chiunque con violenza o minacce gravi, infligge ad una persona forti sofferenze fisiche o mentali allo scopo di ottenere da essa, o da una terza persona, informazioni o confessioni», per punirla o «per motivi di discriminazione razziale, politica, religiosa o sessuale». La pena è aumentata se il colpevole è un pubblico ufficiale e raddoppiata se ne deriva la morte.
Il presidente della commissione giustizia della Camera, Pino Pisicchio, non ha nascosto la sua soddisfazione per un atto di sensibilità che chiude con una lunga fase di disattenzione del parlamento rispetto ai diritti: «E' un momento importante perché uno dei primi gesti che questo Parlamento riesce a condividere in una dimensione pressoché unanime avviene attorno a un provvedimento così intriso di ragioni umane e così atteso».
Pisicchio non teme rilievi sulla legge approvata che anzi a suo giudizio può «proporsi come modello per altri paesi europei visto che abbiamo scelto di costruire una tipologia di reato 'non propria' adottando l'espressione «chiunque» e quindi non limitandoci solo ai pubblici ufficiali ma anche ai mafiosi o a chiunque eserciti una azione violenta».
«Mai più caserme Bolzaneto, mai più caserme Raniero», chiosa invece Francesco Caruso, deputato del Prc: «Questa proposta di legge, che ora passa all'esame del senato, serve da monito affinché non si ripetano mai più sospensioni dei diritti e della democrazia come quelle avvenute nei giorni del G8 di Genova nel luglio 2001 e nella caserma Raniero di Napoli durante le contestazioni contro il Global Forum a marzo dello stesso anno».
Caruso ricorda anche che proprio molte organizzazioni internazionali dei diritti umani aveva denunciato le «torture» avvenute nella caserma Bolzaneto dove furono portati i manifestanti arrestati e gli stessi magistrati, all'inizio dell'inchiesta ipotizzavano il reato di tortura per gli agenti indagati. «Reato che però allora non era previsto dal nostro codice penale e in futuro lo sarà. Un monito affinché non ci siano più buchi neri nella democrazia».


....... 




  • La Convenzione contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti è stata adottata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1984 ed è entrata in vigore il 26 giugno 1987. (post 30 settembre 2006)



  • CAROLINA LUSSANA (Lega Nord). Signor Presidente, preannuncio la posizione favorevole del gruppo della Lega nord sulla proposta di rinvio del provvedimento in Commissione.
    Come dimostra anche l'approvazione del mio emendamento 1.4, in questi due anni in Commissione sono emerse notevoli difficoltà nell'individuare una definizione giuridica specifica di cosa si debba intendere per tortura. È vero che, da un lato, esiste una convenzione internazionale che ci aiuta, ma in questi due anni, proprio perché non si tratta di un problema semplice ma complesso, la Commissione ha cercato di individuare una soluzione il più possibile conforme alla convenzione internazionale, ma anche compatibile con il nostro diritto interno. ... continua qui:
    http://www.camera.it/_dati/leg15/lavori/bollet/200610/1004/html/02/comunic.htm


martedì 12 dicembre 2006

Il coraggio di Piergiorgio Welby


nel bosco della semantica applicata


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     Nel Catechismo della Chiesa Cattolica (1992) vi è una sezione dedicata all' "eutanasia" , che è assolutamente vietata: "moralmente inaccettabile" e "atto omicida", in ogni caso (artt. 2276, 2277). I due articoli successivi (2278, 2279), invece, sono dedicati all' "accanimento terapeutico" e alle "cure palliative".


     Non sembri strano se comincio dal Catechismo, anche se, come cittadina italiana dovrei fare riferimento esclusivamente alle leggi italiane. Ma tant'è, questa è la temperie in cui si vive e si opera, e io ne tengo conto. In questo caso, tuttavia, la Costituzione della Repubblica Italiana coincide con il dettato cattolico (art. 32). E anche il Codice deontologico dei medici italiani affronta la questione in alcuni articoli (14, 32, 34, 37).


     La lettura di questi testi legislativi e il buon senso mi suggeriscono che nel caso di Piergiorgio Welby non si tratta sicuramente  di eutanasia, ma di accanimento terapeutico. Ci sono, tuttavia, altri problemi che non riesco a capire, soprattutto quello che riguarda la sedazione del dolore: prima o dopo il distacco della spina? La risposta mi sembrerebbe intuitiva, ma non vado oltre.


     Ora voglio dire a Piergiorgio Welby tutta la mia riconoscenza, la mia profonda riconoscenza, per questa sua dolorosa azione non violenta in favore della libera determinazione della persona.


     Voglio dirgli 'grazie' perché quello che sta facendo non è utile tanto per lui quanto per tutte le persone che si trovano o si troveranno nelle sue condizioni.


     Voglio dirgli 'grazie' perché ho paura. Non paura della morte, ma dell'espropiazione della mia volontà di fronte alla morte. Che probabilità di applicazione avrà il 'testamento biologico', se in un caso lampante come questo in tanti si sono accapigliati e si stanno ancora accapigliando, del tutto dimentichi della persona Welby, delle sue sofferenze e dalla sua lucida volontà chiaramente espressa?


     Voglio dire 'grazie'  a Welby perché non si accontenta della compassione ed esige che il diritto di morire si estenda alla legge, che deve contemplare nuove responsabilità dopo gli straordinari progressi scientifico-tecnologici che hanno radicalmente cambiato lo spazio tra il vivere e il morire.


.....


I testi di legge cui faccio riferimento:




  •   Città del Vaticano - Catechismo della Chiesa Cattolica. art. 2278 L'interruzione di procedure mediche onerose, pericolose, straordinarie o sproporzionate rispetto ai risultati attesi può essere legittima. In tal caso si ha la rinuncia all'« accanimento terapeutico ». Non si vuole così procurare la morte: si accetta di non poterla impedire. Le decisioni devono essere prese dal paziente, se ne ha la competenza e la capacità, o, altrimenti, da coloro che ne hanno legalmente il diritto, rispettando sempre la ragionevole volontà e gli interessi legittimi del paziente. - art. 2279 Anche se la morte è considerata imminente, le cure che d'ordinario sono dovute ad una persona ammalata non possono essere legittimamente interrotte. L'uso di analgesici per alleviare le sofferenze del moribondo, anche con il rischio di abbreviare i suoi giorni, può essere moralmente conforme alla dignità umana, se la morte non è voluta né come fine né come mezzo, ma è soltanto prevista e tollerata come inevitabile. Le cure palliative costituiscono una forma privilegiata della carità disinteressata. A questo titolo devono essere incoraggiate. (fonte: http://www.vatican.va/archive/catechism_it/p3s2c2a5_it.htm)


  • Repubblica Italiana - Costituzione - Art. 32.  La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.

  • Repubblica Italiana - Codice deontologico dei medici italiani - Art. 14 - Accanimento diagnostico-terapeutico - Il medico deve astenersi dall'ostinazione in trattamenti, da cui non si possa fondatamente attendere un beneficio per la salute del malato e/o un miglioramento della qualità della vita. Art. 32 - Acquisizione del consenso -
    Il medico non deve intraprendere attività diagnostica e/o terapeutica senza l'acquisizione del consenso informato del paziente.
    Il consenso, espresso in forma scritta nei casi previsti dalla legge e nei casi in cui per la particolarità delle prestazioni diagnostiche e/o terapeutiche o per le possibili conseguenze delle stesse sulla integrità fisica si renda opportuna una manifestazione inequivoca della volontà della persona, è integrativo e non sostitutivo del processo informativo di cui all'art. 30.
    Il procedimento diagnostico e/o il trattamento terapeutico che possano comportare grave rischio per l'incolumità della persona, devono essere intrapresi solo in caso di estrema necessità e previa informazione sulle possibili conseguenze, cui deve far seguito una opportuna documentazione del consenso.
    In ogni caso, in presenza di documentato rifiuto di persona capace di intendere e di volere, il medico deve desistere dai conseguenti atti diagnostici e/o curativi, non essendo consentito alcun trattamento medico contro la volontà della persona, ove non ricorrano le condizioni di cui al successivo articolo 34.
    Art. 34 - Autonomia del cittadino - Il medico deve attenersi, nel rispetto della dignità, della libertà e dell'indipendenza professionale, alla volontà di curarsi, liberamente espressa dalla persona.
    Il medico, se il paziente non è in grado di esprimere la propria volontà in caso di grave pericolo di vita, non può non tenere conto di quanto precedentemente manifestato dallo stesso.
    Il medico ha l'obbligo di dare informazioni al minore e di tenere conto della sua volontà, compatibilmente con l'età e con la capacità di comprensione, fermo restando il rispetto dei diritti del legale rappresentante; analogamente deve comportarsi di fronte a un maggiorenne infermo di mente.
    Art. 37 - Assistenza al malato inguaribile -
    In caso di malattie a prognosi sicuramente infausta o pervenute alla fase terminale, il medico deve limitare la sua opera all'assistenza morale e alla terapia atta a risparmiare inutili sofferenze, fornendo al malato i trattamenti appropriati a tutela, per quanto possibile, della qualità di vita.
    In caso di compromissione dello stato di coscienza, il medico deve proseguire nella terapia di sostegno vitale finchè ritenuta ragionevolmente utile.
    Il sostegno vitale dovrà essere mantenuto sino a quando non sia accertata la perdita irreversibile di tutte le funzioni dell'encefalo. [fonte: http://www.scuolamedicasalernitana.it/medicina_oggi/codice_deontologico.htm]
       


  • Legge 23 dicembre 1978, n. 833 - "Istituzione del servizio sanitario nazionale" - (Pubblicata in G. U. 28 dicembre 1978, n. 360, S.O.) - http://www.handylex.org/stato/l231278.shtml
      




PS. - Sono le 20:08. - Dal telegiornale apprendo che il giudice s'è preso ancora del tempo. Qualche giorno, pare, senza fretta. Lo sanno le illustri menti quanto sia lungo il tempo di chi è sottoposto a torture indicibili?

domenica 10 dicembre 2006

10 dicembre 1948


Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo


10 dicembre 2006, 58 anni dopo


Ho sempre considerato questo documento un cambiamento radicale nel modo di pensare gli esseri umani e i loro diritti, e lo considero un punto nodale da cui non si potrà tornare indietro, sebbene nella prassi siamo ben lontani dal rispetto dei suoi 30 articoli. Il 30° recita:


"Nulla nella presente Dichiarazione può essere interpretato nel senso di implicare un diritto di un qualsiasi Stato, gruppo o persona di esercitare un’attività o di compiere un atto mirante alla distruzione di alcuni dei diritti e delle libertà in essa enunciati."


Più che mai oggi è necessario stare all'erta, perché dopo l'11 settembre 2001 ci sono stati molti attacchi all'idea stessa dell'inviolabilità dei diritti umani, come purtroppo sappiamo e come denuncia Amnesty Intenational:



Più diritti più sicurezza

Il 16 novembre la Sezione Italiana di Amnesty International ha lanciato la campagna "Più diritti più sicurezza". La campagna fa parte dell'azione globale promossa da Amnesty International per denunciare e fermare le violazioni dei diritti umani che hanno luogo nella cosiddetta "guerra al terrore", lanciata dall'amministrazione Usa all'indomani degli attacchi dell'11 settembre 2001. Amnesty International vuole spingere governi e opinione pubblica a ripensare alle strategie fallimentari della "guerra al terrore" e convincerli che il rispetto dei diritti umani è la condizione essenziale, e non un ostacolo, verso il raggiungimento di un'autentica sicurezza globale. [continuahttp://www.amnesty.it/


Le violazioni dei diritti umani sono molto diffuse ed estremamente crudeli in tantissime parti del mondo, ma il pericolo della regressione civile è tanto più grande e più inaccettabile quanto più elevato è il grado di democrazia dei Paesi che vi si abbandonano con drammatica stupidità criminale. C'è qualche speranza di cambiamento in questi ultimissimi tempi. E' fondamentale persistere  nell'ottimismo, in ogni caso e anche nei momenti di maggiore disperazione.



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giovedì 7 dicembre 2006

ERRATA CORRIGE


post precedente


Ho letto oggi su La Repubblica: "Il riconoscimento all'anagrafe delle famiglie di fatto fondate su vincoli affettivi - in base a una legge il cui regolamento attuativo venne firmato da Cossiga come Capo dello Stato e Andreotti come presidente del Consiglio - è avvenuto per la prima volta a Firenze nell' 89. ... L'unica novità che porta il regolamento di Padova rispetto a quello fiorentino è che, se si chiede uno stato di famiglia, si può esplicitare che la famiglia nasce " per vincoli affettivi. Dopo Firenze è stata la volta di Bologna nel '99 dove dal 2000 è stata poi anche approvata la modifica del regolamento per l'assegnazione degli alloggi che prevede un punto aggiuntivo per le coppie sposate o di fatto. Senza specificare la loro composizione: etero o gay non cambia, stessi diritti stessi punteggi. Terza nella rivoluzione silenziosa è arrivata Torino...in tempi più recenti Roma, ma  solo nel municipio di Cinecittà. ... Mentre in Puglia da pochi mesi è stata approvata la riforma del Welfare. ..."


Stamattina la mia sorpresa è stata grande. Una legge del 1954 e una del 1989 (?) permettevano già una certa visibilità alle coppie di fatto e Firenze si era adeguata. Ma in che Paese viviamo? In serata, poi, è arrivata la notizia data dai telegiornali e dalla stampa italiana online:


L'esecutivo si è impegnato a presentarlo entro gennaio
Per ora no a equiparazione conviventi e coniugi in regime successorio


Coppie di fatto, arriva il disegno di legge
Riguarderà anche gli omosessuali


Fonte: La Repubblica - http://www.repubblica.it/interstitial/interstitial719906.html


Non poteva mancare la reprimenda dell'Osservatore Romano, quotidiano del nostro Stato-guida, il Vaticano. Ma di che cosa si lamentano? Del rispetto di vecchie leggi? E' evidente che non siamo ancora al riconoscimento giuridico, che tocca al Parlamento. E spero che il Parlamento sia libero di legiferare secondo i dettami della nostra Costituzione e la considerazione dei cambiamenti avvenuti nella società. Ovviamente non si tratta di limitare la libertà di espressione dell'Osservatore Romano: loro esprimono con la consueta grazia le loro opinioni e su queste mi esprimo io a mia volta. E dico che c'è anche modo e modo di parlare.


Il quotidiano del Vaticano tuona contro la mozione sulle coppie di fatto
"Un modo per suggellare le unioni gay, e ottenere figli con mezzi innaturali"


Anagrafe coppie di fatto a Padova
L'Osservatore Romano all'attacco


<B>Anagrafe coppie di fatto a Padova<br>L'Osservatore Romano all'attacco</B>


ROMA - Una decisione presa per favorire la famiglia alternativa, ovvero quella omosessuale. L'iscrizione delle coppie di fatto nell'anagrafe del comune di Padova rappresenta una "iniziativa inaccettabile che mira in realtà all'accreditamento culturale di queste forme di convivenza". Lo scrive l'Osservatore Romano, per il quale si tratta di una linea non coerente con le leggi vigenti. "Delle due, l'una - spiega la nota vaticana - queste operazioni o si fanno per gestire questioni legate a presunti diritti dei cittadini, ed allora si torna a parlare in sostanza di Pacs, o servono come segnali di altrettanto presunti e censurabili cambiamenti del costume".

Colpa di un "consigliere comunale presidente della locale Arcigay" (Alessandro Zan, ndr), continua l'Osservatore, aggiungendo che "è stucchevole che si presentino queste iniziative come risposte ad una società caratterizzata da convivenze eterosessuali quando i promotori di queste iniziative sono quasi sempre i rappresentanti piuttosto delle esigenze delle coppie omosessuali. E' di questo ultimo fenomeno - conclude la nota - che in verità si parla, di questo i politici stanno parlando dietro l'ipocrisia delle loro sottigliezze dialettiche".

"Non si capisce quindi perchè, al fine di tutelare i loro 'diritti' qualcuno debba decidere di imporre quegli stessi vincoli surrettiziamente. Dietro l'angolo c'è in realtà l'introduzione progressiva, culturale e giuridica, della famiglia alternativa, specialmente omosessuale. E, come si è già avuto modo di osservare, laddove c'è famiglia ci sono, inevitabilmente, prima o poi, dei figli, propri, ottenuti in affidamento o con altri mezzi", conclude. 


La Repubblica, 6 dicembre 2006 -  http://www.repubblica.it/2006/12/sezioni/cronaca/padova-pacs/osservatore-romano-padova/osservatore-romano-padova.html

martedì 5 dicembre 2006


Unioni di fatto etero e omosessuali


Padova è la prima città italiana a riconoscerle all'Anagrafe 


Finalmente una buona grande notizia! L'ho sentita di sfuggita alla radio e poi l'ho ritrovata su Il Gazzettino di oggi. Evviva! Ecco l'articolo del Gazzettino.












A Padova anagrafe per le coppie di fatto
Per registrarsi basta un legame affettivo. È la prima volta che un’amministrazione prende posizione. Contraria la Cdl



Padova. Cinque ore di dibattito al vetriolo. Alla fine, la più contestata mozione dell'anno è passata. È quella che nel comune di Padova prevede l'istituzione dell'Anagrafe delle coppie di fatto. Il via libera in Consiglio comunale è arrivato a tarda sera con i ventisei voti favorevoli del centro sinistra. Contraria invece la Cdl, mentre non ha votato la rappresentante dei Verdi. La mozione prevede in pratica il riconoscimento anagrafico alle persone che convivono fuori dal matrimonio. Lo scontro è stato durissimo. Da una parte la maggioranza favorevole al testo, dall'altra quasi tutta l'opposizione. C'è stato anche un colpo di scena quando i consiglieri di An hanno abbandonato l'aula. La motivazione: «Quella discussa è una mozione che non dice nulla e non avrà alcun tipo di effetto e non darà nessun tipo di orientamento. Non stiamo in aula per perder tempo e risolvere quelli che sembrano i problemi interni di questa maggioranza. Per questo ce ne andiamo».


La mozione approvata ieri ha avuto un iter lunghissimo, ma non ha nulla a che fare con il vecchio Registro delle coppie di fatto. Il testo originario è stato infatti profondamente modificato ed ha perso per strada anche il nome, a causa di un pressing strettissimo fatto nei mesi scorsi dalla Margherita. Con buona pace di Alessandro Zan, il consigliere diessino e presidente dell'Arcigay veneta, che ha proposto il documento.


La prima richiesta di discussione, ovvero l'iscrizione della proposta all'Ufficio della Presidenza del consiglio, data il 18 luglio 2005. Allora era firmata da 18 rappresentanti del centrosinistra, ed era ben vista oltre che dai Ds anche dai Verdi, lo Sdi e Rifondazione, raccogliendo pure i consensi della lista "Padova per Padova" e dei due rappresentanti della civica di Zanesco, lo stesso professore e Antonella Fede. Anche a destra qualcuno di Forza Italia, a titolo personale, si era detto favorevole. Mentre la Lega e An si erano schierati decisamente per il no. In mezzo, la Margherita padovana che ha sempre frenato di fronte a questa prospettiva, affermando che prima si sarebbero dovuti tutelare i diritti di chi si è fatto una famiglia scegliendo la via responsabile del matrimonio.


Ieri sera, dopo un anno e mezzo di discussioni e di accesi dibattiti, quella mozione è finalmente arrivata in consiglio comunale. E per la prima volta le coppie di fatto hanno trovato visibilità anche agli occhi delle istituzioni padovane. Ma si parla di Anagrafe e non di Registro. Tuttavia, che il vincolo affettivo costituisca una famiglia, anche al di là del matrimonio, lo dice anche una legge italiana del 1954. Il regolamento attuativo di quella legge anzi fa di più, perché afferma che due persone legate da vincoli affettivi possono "esistere" per l'Anagrafe. Quindi il sindaco può "istruire", come si dice in gergo, l'Anagrafe in modo che quando queste due persone si presentano allo sportello possano avere un documento che le certifichi come famiglia. È su questo concetto, semplice ma al tempo stesso rivoluzionario, che il consiglio comunale ha avviato la discussione che ha posto Padova al primo posto in Italia sul riconoscimento delle coppie di fatto, anche omosessuali.


Il documento è importante perché non c'è ancora stata in Italia una presa di posizione ufficiale da parte di una giunta o di un consiglio sul riconoscimento delle coppie di fatto. E Padova, ancora una volta conferma il suo ruolo di "laboratorio politico" del Paese. Qualche settimana fa, la proposta del consigliere diessino Zan ha ricevuto il sì di tutto il centrosinistra (tranne i Verdi) i cui capigruppo hanno firmato la mozione. Che cosa prevede? Il punto fondamentale della mozione è la legge 1228 del 24 dicembre 1954 che all'articolo 4 dice: "Agli effetti anagrafici per famiglia si intende un insieme di persone legate da vincoli di matrimonio, parentela, affinità, adozioni, tutela o da vincoli affettivi, coabitanti ed aventi dimora nello stesso comune". L'articolo 33 del regolamento d'esecuzione stabilisce che l'ufficiale di anagrafe deve rilasciare certificati anagrafici relativi allo stato di famiglia. Quindi la mozione impegna il sindaco e la Giunta comunale "ad istruire l'Ufficio anagrafe affinché rilasci ai componenti delle famiglie che ne facciano richiesta l'attestazione di famiglia anagrafica basata su vincoli di matrimonio o parentela o affinità o adozioni o tutela o vincoli affettivi". Non solo: sollecita il Parlamento affinché affronti il tema del "riconoscimento giuridico di diritti, doveri e facoltà alle persone che fanno parte delle unioni di fatto".


Paolo Gabrielli -  Il Gazzettino, 5 dicembre 2006 - http://gazzettino.quinordest.it/VisualizzaArticolo.php3?Luogo=Main&Codice=3178602&Data=2006-12-5&Pagina=6


La sorpresa più grande l'ho avuta leggendo questo documento trovato in Google.


Per essere famiglia basta il "vincolo affettivo"

Domani approda in Consiglio comunale la mozione unanime sul riconoscimento. Padova sarà la prima città in Italia

Il vincolo affettivo costituisce una famiglia, anche al di là del matrimonio.
Lo dice una legge italiana, addirittura del 1954. E il regolamento attuativo di quella legge fa di più perché afferma che due persone legate da vincoli affettivi possono "esistere" per l'Anagrafe. Quindi il sindaco può "istruire", come si dice in gergo, l'Anagrafe in modo che quando queste due persone si presentano allo sportello possano avere un documento che le certifichi come famiglia.

E' su questo concetto, semplice ma al tempo stesso rivoluzionario, che domani il consiglio comunale discuterà e molto probabilmente approverà una mozione che sarà trasformata in delibera e che porrà Padova al primo posto in Italia sul riconoscimento delle coppie di fatto, anche omosessuali.

Dopo un anno e mezzo di discussioni la proposta del consigliere diessino Alessandro Zan che aveva avuto grossi distinguo soprattutto dalla Margherita, ora ha ricevuto il sì di tutto il centrosinistra (tranne i Verdi) i cui capigruppo hanno firmato la mozione. In pratica il Registro delle coppie di fatto è superato ma in nome di un meccanismo destinato a fare epoca prima, ovviamente, che la questione sia affrontata a livello nazionale con una legge che garantisca diritti e doveri anche a questo tipo di unione.

Il punto fondamentale della mozione è la legge 1228 del 24 dicembre 1954 che all'articolo 4 dice: "Agli effetti anagrafici per famiglia si intende un insieme di persone legate da vincoli di matrimonio, parentela, affinità, adozioni, tutela o da vincoli affettivi, coabitanti ad aventi dimora nello stesso comune". L'articolo 33 del regolamento d'esecuzione stabilisce che l'ufficiale di anagrafe deve rilasciare certificati anagrafici relativi allo stato di famiglia.

Quindi la mozione impegna il sindaco e la Giunta comunale "ad istruire l'Ufficio anagrafe affinché rilasci ai componenti delle famiglie anagrafiche che ne facciano richiesta l'attestazione di famiglia anagrafica basata su vincoli di matrimonio o parentela o affinità o adozioni o tutela o vincoli affettivi". Non solo: sollecita il Parlamento affinchè affronti il tema del
"riconoscimento giuridico di diritti, doveri e facoltà alle persone che fanno parte delle unioni di fatto".


Fonte: http://www.gaynews.it/view.php?ID=71331


Caro diario, sono felicemente allibita. Ma come? La legge sul riconoscimento anagrafico delle coppie di fatto esiste già? E dal 1954? Mi gira la testa. Certo bisogna vedere quali diritti e doveri vengano riconosciuti per queste coppie (basta andare a leggersi la legge, ma non ho tempo ora), comunque si tratta di un passo avanti e di una misura per uscire dalla palude dei veti incrociati di marca cattolica sui PACS, che attribuiranno invece un riconoscimento giuridico. In ogni caso, almeno nei registri dell'Anagrafe, a Padova queste persone d'ora in poi esisteranno.  Nel 1954 non c'era la Democrazia Cristiana al governo? Erano cristiani più coerenti e/o rappresentanti del popolo con maggiore consapevolezza dei diritti civili e umani?


Brava Padova! Ora tocca agli altri comuni italiani. Seguiranno l'esempio virtuoso di Padova, semplicemente adeguandosi a una vecchia legge? E il Parlamento riuscirà a venir fuori dalle secche dei pregiudizi e degli integralismi e, in generale, degli opportunismi?


PS. L'articolo del Gazzettino l'ho copiato e incollato alle 18:32 di oggi.


LA REPUBBLICA ONLINE (indicazione di "ondafrangente") Ne parleranno i telegiornali nazionali?


Approvata nella notte la mozione per le unioni affettive
Non si tratta dei Pacs ma di una norma approvata nel '54


Padova dice sì alle coppie conviventi
Pollastrini: "Un atto di civiltà"


Bertinotti: "Prendiamo in considerazione l'iniziativa"
Fini: "Non condivido la mozione"


http://www.repubblica.it/interstitial/interstitial718204.html