Intorno alla legalizzazione della tortura (1)
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Karim Ben Khelifa for Newsweek
Paper trail: Oma Abdullah and son Mustapha, holding a photo of his father who died in U.S. custody
Le torture pesano sulle nostre anime e sulle nostre menti.
Abbiamo impiegato millenni interi per arrivare ad abolirle e cancellarle nelle nostre leggi fondamentali.
I tentativi di legalizzare la tortura devono essere bloccati sul nascere, dovunque questa infamia si verifichi. Sembra che sia il momento nero dell'America e dell'Italia.
La stampa Americana ha articoli quasi ogni giorno sull'argomento, a prescindere dalle diverse visioni politiche. |
Lynnie Sladky / AP
ROUGH JUSTICE: A fighter from the Afghan war is hauled to an interrogation session in February 2002 [GIUSTIZIA SOMMARIA: Un combattente dalla guerra Afghana è trasportato a una sessione di interrogatorio nel Febbraio 2002]
Questa fotografia apre un articolo complesso e impegnativo del TIME di questa settimana. Un rapporto su tutta una serie di documenti e discussioni presenti nei maggiori giornali Americani: Washington Post e New York Times. Desidero esprimere subito tutto il mio apprezzamento per la stampa Americana che non sorvola su un argomento cruciale come quello che segue.
Redefining Torture
Did the U.S. go too far in changing the rules, or did it apply the new rules to the wrong people?
By AMANDA RIPLEY
Sunday, Jun. 13, 2004
From the moment that photos documenting prisoner abuse in Iraq
came to light seven weeks ago, the Bush Administration has stuck to
the claim that the crimes were the vile acts of a few bad soldiers.
But the effort to blame a few individuals has faltered as evidence has
mounted of abuse in U.S. detention centers from Cuba to Afghanistan
to Iraq. Last week the scandal seemed to drift ever closer to
implicating policymakers at the highest levels of the U.S. war council.
[Dal momento in cui delle foto che documentavano abusi sui
prigionieri in Iraq sono venute alla luce sette settimane fa,
l'Amministrazione Bush si è appigliata all'affermazione che i crimini
erano vili azioni di pochi cattivi soldati. Ma lo sforzo di dare la colpa
a pochi individui ha vacillato mentre è montata l'evidenza di abusi nei
centri di detenzione U.S. da Cuba all'Afghanistan all'Iraq. La
settimana scorsa è sembrato che lo scandalo si sia avvato sempre
più verso l'implicazione di responsabili politici ai più alti livelli del
consiglio di guerra U.S.]
Una serie di memorandum legali trapelati ha rivelato che a partire
dalla fine del 2001 l'Amministrazione ha cominciato a riformare la
posizione dell'America sulla tortura, in silenzio ma basilarmente.
Contraddicendo 50 anni di politica che governa il trattamento dei
detenuti catturati durante un conflitto, i memorandum elencano
meticolosamente tutte le leggi contro la tortura - e dopo offrono i
metodi per eluderle. La Casa Bianca insiste sul fatto che questi
documenti erano riflessioni astratte più che cambiamenti della politica
attuale.
Nondimeno, quei documenti lasciano intendere che ciò che è
accaduto ad Abu Ghraib non è stato un fatto isolato, ma è derivato da
un clima di ambiguità riguardante il trattamento e gli interrogatori dei
prigionieri, creato da un'Amministrazione determinata a fare qualsiasi
cosa per vincere la guerra contro il terrorismo.
I memorandum trapelati, da soli, non provano che gli ufficiali U.S.
abbiano avallato l'uso della tortura per strappare informazioni ai
detenuti. Ma hanno messo l'Amministrazione sulla difensiva.
Davanti alla Commissione Giustizia del Senato la scorsa
settimana, il Procuratore Generale John Aschcroft ha detto:
"Questa Amministrazione è contraria alla tortura," ma ha
rifiutato di rilasciare un memo non riservato riportato dal
Washington Post che sembrava colpire alla base queste parole.
Il Presidente Bush, quando gli è stato chiesto se avesse firmato
(sottoscritto) qualche memo che avrebbe potuto allentare le regole
degli interrogatori, ha detto che non ricordava di aver visto tali
documenti e che "l'autorizzazione che io ho dato era che noi
avremmo fatto tutto nel rispetto delle leggi U.S." e dei trattati
internazionali.
Fin dal 16 Settembre 2001, il Vice Presidente Dick Cheney, nella sua
prima intervista dopo gli attacchi dell'11/9, disse, "Sta diventando
vitale per noi usare qualsiasi mezzo a nostra disposizione,
fondamentalmente, per raggiungere il nostro obiettivo." Questa
dichiarazione ha incontrato poca resistenza in un pubblico vacillante
dall'11/9 e disposto a supportare le misure necessarie per prevenire un
altro attacco.
Dietro le quinte, gli avvocati del governo hanno discusso sul
significato di "qualsiasi misura a nostra disposizione". Perfino
prima che gli U.S. andassero in Afghanistan nell'Ottobre 2001, gli
ufficiali del Dipartimento di Stato e gli avvocati militari del Pentagono
erano irritati dal fatto che gli incaricati politici volevano exempts dalle
Convenzioni di Ginevra i Telebani e i combattenti di al-Qaeda
catturati. "[Il Segretario di Stato Colin] Powell era arrabbiato su
questo," ricorda un funzionario ufficiale del Dipartimento di Stato.
"Egli andava sostenendo, 'Voi non potete seguire le Convenzioni
di Ginevra'".
Dopo l'11/9, un piccolo gruppo di avvocati designati in vari
dipartimenti nell'Amministrazione ha sostenuto che le convenzioni,
che hanno bandito l'uso della tortura dei prigionieri di guerra e sono
stati firmati dagli U.S. nel 1955, non sono applicati in una guerra
contro i terroristi. Gli alti funzionari sono stati d'accordo. Nel
Febbraio del 2002, il Segretario della Difesa Donald Rumsfeld disse,
"La realtà è questa: il complesso di fatti che esistono oggi con al-Qaeda
e i Talebani non era necessariamente il complesso di fatti che furono
presi in considerazione quando si formò la Convenzione di Ginevra."
In quel mese il Presidente Bush dichiarò che i soldati U.S. si
sarebbero attenuti allo spirito delle Convenzioni di Ginevra ma che né
i Talebani né i prigionieri di al-Qaeda detenuti a Guantanamo Bay
avrebbero avuto attualmente la qualifica di prigionieri di guerra.
La conclusione che i membri di al-Qaeda non fossero soggetti al
trattato ha avuto validità per molti avvocati internazionali.
In ogni caso, il Talebano non rappresentava una nazione, uno stato
che aveva avuto il ruolo di contraente nelle convenzioni. Ancora,
l'Amministrazione ha deciso che, come ha spiegato la settimana scorsa
in un editoriale del Los Angeles Times John Yoo, un professore di
giurisprudenza all'università di California che scrisse uno dei
principali memos quando era procuratore al Dipartimento della
Giustizia: "la milizia Talebana ha perduto il suo diritto allo status di
prigioniero di guerra perché non indossava un'uniforme, non
operavano agli ordini di comandanti responsabili e violavano
sitematicamente le leggi della guerra."
A metà del 2002 gli avvocati del governo ha cominciato a creare
interpretazioni addirittura più marcate delle leggi anti-tortura. Un
memo del Dipartimento della Giustizia in Agosto informò la CIA che
torturare i terroristi di al-Qaeda all'estero "poteva essere giustificato,"
ha riportato il Washington Post la settimana scorsa. In Dicembre,
Rumsfeld approvò una lista di 17 tecniche di interrogatorio per
Guantanamo, includendo la deprivazione del sonno e le "stress"
posizioni. Viste le preoccupazioni che le tecniche violassero la legge
internazionale, Rumsfeld ritirò la lista un mese più tardi e chiese una
revisione politica. Rumsfeld emanò una nuova lista nell'Aprile del
2003, lista che è ancora in uso. In accordo con un funzionario del
Pentagono che lavorò alla revisione, la lista finale delle tecniche
approvate è meno dura delle raccomandazioni iniziali.
Dopo l'invasione dell'Iraq, le regole che guidavano gli interrogatori
dei prigionieri sono state infrante mentre soldati inesperti cercavano
di trattare con migliaia di detenuti e con le confuse distinzioni
militari tra combattenti della resistenza e terroristi.
Un funzionario senior del Pentagono dice che regole degli
interrogatori in Iraq erano "più aggressive di quelle (in uso) a
Guantanamo." Le "stress" posizioni, la deprivazione del sonno,
l'uso di cani per intimidire i detenuti-tutte violazioni di Ginevra-
erano permesse in Iraq, benché non fossero usate a Guantanamo.
Ad Abu Ghraib, i detenuti portavano braccialetti di plastica con il
loro numero di identificazione e la parola terroristi, ha riportato il
Wall Street Journal.
Mentre l'Amministrazione ampliava la definizione di terrorista, si
rifletteva sulle strade per aggirare le proibizioni contro la tortura per
lungo tempo osservate. Nel Marzo del 2003 la bozza di un rapporto
del Dipartimento della Difesa, trapelato dal Wall Street Journal la
scorsa settimana, sosteneva che il Presidente ha l'autorità di approvare
quasi qualsiasi tecinca fisica o psicologica, inclusa la tortura, in nome
della sicurezza nazionale. Sebbene i funzionari dell' Amministrazione
dicano che loro non hanno mai autorizzato l'uso della tortura, alcuni
membri del Congresso sono furiosi per il fatto che gli U.S. abbiano
addirittura cercato le strade per giustificarla. "E' davvero incredibile,"
ha detto il Senatore Repubblicano John McCain al Time. "Perché ogni
nazione al mondo non ha una "green light" per fare qualsiasi cosa
ritenga sia necessario per combattere una 'minaccia terroristica'?"
A dispetto dei tentativi della Casa Bianca per respingere la
reposnsabilità per le pratiche impiegate ad Abu Ghraib e altrove,
l'esistenza dei memos ha ulteriormente eroso la credibilità degli U.S. .
Un funzionario del Pentagono dice al Time che Rumsfeld stava
sostenendo privatamente di rendere di dominio pubblico le tecniche
di interrogatorio perché, venendo fuori un po' alla volta, stavano
producendo un grande danno politico. Alcuni alti ufficiali
dell'esercito, comunque, dicono che al-Qaeda sta già allenando i suoi
seguaci sulle tecniche contenute in un manuale militare dell'Esercito, e
che se fossero pubblicati gli altri, i terroristi potrebbero usare questo a
loro vantaggio. Le cose potrebbero persino peggiorare. Un Senatore
Repubblicano dice che accuse di omicidio (colposo) e violenza
possono essere subito essere mosse contro il personale U.S. coinvolto
nel trattamento dei detenuti in Iraq e Afghanistan.
— With reporting by Massimo Calabresi, Matthew Cooper, Viveca Novak, Mark Thompson, Karen Tumulty and Douglas Waller/ Washington; and Aparisim Ghosh/Baghdad
From the Jun. 21, 2004 issue of TIME magazine
"Redefining torture" in http://www.time.com/time/ (Ho cercato di tradurre al meglio l'articolo del TIME, ma è meglio che viaggiatori e viaggiatrici si documentino sull'originale, tenendo conto dei miei limiti di traduttrice e delle difficoltà oggettive che ogni traduzione presenta.)
Continua. I documenti e le rivelazioni dell'ultima settimana sono molti
e dimostrano quanto la politica di Bush sia pericolosa per i
fondamenti della "nostra civiltà".
I documenti, per fortuna, dimostrano anche la forza
della democrazia Americana, e l'importanza della libertà
di informazione, senza la quale nessuno avrebbe
saputo a quali livelli siano scesi gli uomini
dell'Amministrazione.
Bush, invece, pover'uomo, lui "non ricorda".