COMINCIO con una citazione dello storico 
francese Jacques Julliard ne "Le Monde" di venerdì scorso: "Que serait 
une gauche sans le peuple? Le socialisme, certes, c'est une moral mais 
doublée d'une empathie populaire. Or une partie du peuple des gauche 
fait sécession et exprime un vote de désaffiliation. Il y a surtout 50 
pour cent d'abstensions, c'est-à-dire une gigantesque crise du 
politique, un incontestable malaise dans la représentation. Les 
professionnels de la politique ont rongé la vie democratique".
Non si poteva descrivere meglio quello che sta accadendo in Francia: "Un
 paysage bouleversé" che anche in Italia presenta esattamente la stessa 
crisi: i professionisti della politica stanno distruggendo la 
democrazia, la sinistra sta perdendo l'appoggio popolare e la sinistra 
senza il suo popolo non esiste più.
Ed ora citerò un grande discorso che De Gasperi tenne in Parlamento il 
17 gennaio del 1953, alla vigilia del voto sulla legge elettorale che 
pochi mesi dopo fu battuta dalle opposizioni di destra e di sinistra. Fu
 chiamata legge truffa, ma non lo era affatto; dava un premio al partito
 o alla coalizione che aveva ottenuto il 50,1 per cento dei voti. 
"Questa legge non trasforma la minoranza in maggioranza. Se così facesse
 sarebbe un tradimento della democrazia. Si limita a rafforzare la 
maggioranza affinché sia più solida e possa governare come è suo 
diritto. Ma se perdesse il 50 meno un voto sarebbe sconfitta da chi 
invece prendesse due voti di più. Vi sembra che questa sia 
un'intollerabile sopraffazione?".
Così diceva De Gasperi. Mettete insieme questi concetti espressi 
cinquantuno anni fa e quelli de "Le Monde" di tre giorni fa e vedrete 
una perfetta identità di ragionamento che descrive in tutta la sua 
evidenza lo stato della democrazia nel nostro Paese, aggravato in più da
 altri due fatti salienti: l'abolizione del Senato e una legge 
elettorale che non solo trasforma in maggioranza una minoranza cui 
mancano dieci punti percentuali per arrivare al 50 più uno, ma che è 
anche una legge di "nominati".
Le conseguenze di queste decisioni che stanno per essere approvate tra 
pochi giorni sono di fatto l'abolizione della democrazia parlamentare.
Un Parlamento di "nominati" in un sistema monocamerale è una 
"dependance" del potere esecutivo che fa e disfà senza più alcun 
controllo salvo quello della magistratura se dovesse trovare un reato 
contemplato dal codice penale.
Resta naturalmente la Corte costituzionale ma anch'essa può finire con 
l'essere una Corte nominata dall'esecutivo se desse troppa noia 
all'autoritarismo d'un governo a sua volta sottomesso alla decisione 
d'un autocrate e del suo cerchio magico. Gli interessati si sono assai 
doluti perché avevamo usato il termine di democratura per descrivere 
l'essenza di quanto rischia di accadere. Ma quale altra parola lo 
descriverebbe in modo più appropriato?
Aggiungeteci la ciliegina che riguarda la dipendenza della Rai dal 
governo che sta per essere decisa tra poche settimane e avrete una 
gustosissima torta che saranno in pochi a gustare.
***
Detto questo ci sono questioni economiche e sociali altrettanto urgenti e
 importanti da affrontare. Comincerò spiegando che cosa è e da dove 
proviene quel cosiddetto tesoretto di un miliardo e 600 milioni che 
improvvisamente il presidente del Consiglio ha estratto venerdì scorso 
dal cilindro tra la sorpresa del Consiglio dei ministri che stava 
esaminando la legge di stabilità presentata dal ministro dell'Economia.
A leggere la maggior parte dei giornali le madri del tesoretto sarebbero
 il miglioramento del Pil, la ripresa dell'occupazione, il mutamento 
delle aspettative e gli effetti che questo determina sui consumi e sulla
 domanda.
Ebbene, non è così. Il tesoretto viene dagli effetti della manovra 
monetaria di Mario Draghi che come primo risultato ha prodotto un 
ribasso consistente del rendimento dei titoli pubblici e quindi una 
diminuzione di circa due miliardi di euro negli oneri che il Tesoro 
sopporta per pagare gli interessi sui titoli in circolazione.
Due settimane fa avevo chiuso il mio articolo scrivendo "meno male che 
Draghi c'è". Non voglio ripetermi, del resto i fatti stanno a provarlo e
 non solo per quanto riguarda l'Italia ma l'Eurozona nel suo complesso.
***
Un altro problemino da chiarire riguarda il Jobs act e il ministro 
Poletti, che chiacchiera molto e spesso a sproposito. Quale giorno fa, 
citando fonte Istat e interpretandola a suo modo, informò la pubblica 
opinione che il primo bimestre di quest'anno, paragonato al 
corrispondente bimestre dell'anno scorso, registrava una crescita 
dell'occupazione di oltre 79 mila unità. Poco ma buono, un inizio d'anno
 comunque confortante.
Gli fu obiettato che doveva tener conto dei contratti stipulati sulla 
base del Jobs act ma non aveva tenuto conto dei licenziamenti che erano 
stati nel frattempo effettuati.
E così si scoprì che, fatte le debite sottrazioni, il saldo tra nuove 
assunzioni di precari e licenziamenti era di 44 mila occupati in più.
Molto poco ma pur sempre una cifretta positiva e comunque un indizio 
confortante che sarebbe certamente aumentato con rapidità. Ma poi, 
impietosamente, ieri sono usciti i dati dell'Inps sull'occupazione nel 
suo complesso. Va infatti chiarito che i contratti sulla base del Jobs 
act non sono vere e proprie assunzioni ma semplicemente un 
consolidamento di alcune forme di precariato con contratti a tempo 
indeterminato per tre anni, salvo la facoltà di licenziamento alla 
scadenza del triennio.
L'Inps invece parla di occupazione e disoccupazione vera e propria, chi 
lavora sotto qualunque forma contrattuale e chi non lavora affatto.
Anche qui il saldo è positivo e sapete qual è la cifra: 13 persone in più.
La scrivo in lettere per esser sicuro che la lettura sia corretta: 
tredici persone in più. Una cifra che percentualmente è espressa con il 
numero zero perché non è matematicamente percepibile come percentuale.
Questo fatto conferma che Jobs act è una buona legge se e quando 
riprenderanno investimenti e domanda, ma finché questo non accadrà il 
Jobs act è un oggetto esposto in vetrina. Gli imprenditori lo guardano 
ma in vetrina rimane.
Salvo un punto: ha abolito l'articolo 18 per i lavoratori che saranno 
assunti con quella legge. Proposta da un partito che si proclama di 
centrosinistra mi ricorda la citazione poc'anzi riportata di Julliard: 
la sinistra senza popolo è morta. Renzi sostiene che si tratta di una 
sinistra nuova, moderna, cambiata e forse è vero. Però a me ricorda 
alcuni personaggi che provenivano tutti dal socialismo e che 
instaurarono qualche cosa che somiglia molto alla democratura. Si tratta
 di Crispi, Mussolini, Craxi. E chiedendo scusa ai tre precedenti (come 
ho già detto tutti e tre provenienti dal socialismo) mi viene anche da 
aggiungere Berlusconi che ai tempi del suo sodalizio con Bettino si 
proclamava socialista anche lui.
Io speriamo che me la cavo, è un vecchio detto sempre attuale di fronte a rischi di tal genere.
***
In questi ultimi venti giorni sono accaduti fatti orrendi nel mondo: la 
strage di massa del cosiddetto Califfato che avviene in tutto 
l'agitatissimo Medio Oriente ma anche in Europa; il fondamentalismo 
nelle religioni, la strage-suicidio nell'aereo della Lufthansa voluta da
 un pazzo; il massacro di un altro pazzoide al tribunale di Milano, il 
tema della tortura e quello della corruzione.
Secondo me c'è stata una sola stella in un cielo così denso di nuvole 
nere: la stella è papa Francesco, il solo in grado di gestire il 
presente con lo sguardo verso il futuro.
Chi vive il presente e non vede il tempo lungo, chi ama il potere per il
 potere e non guarda al bene dei figli e dei nipoti, rischia di 
annaspare in una palude di acque morte.
È quello il rischio, è quello il pericolo che ci sovrasta e neppure Francesco riuscirà ad evitarlo.
Noi abitiamo un Paese di grandi individui e di grande civiltà ma pochi 
ne hanno goduto. Una aristocrazia di geni che ha educato attraverso i 
secoli un popolo di persone consapevoli e responsabili, un popolo 
sovrano ma minoritario in patria. Il resto era plebe fatta di poveri, di
 deboli, di esclusi, ma anche di corrotti, di tiranni, d'avventurieri, 
di buffoni e di voltagabbana.
Questo avviene in tutto il mondo, la violenza, la cupidigia, l'avidità, 
l'avarizia di sé sono dovunque è l'animale uomo, bestia pensante che 
oscilla di continuo tra l'istinto animalesco e la coscienza, il bene suo
 e il bene degli altri.
Stiamo attraversando un fine d'epoca dominata dall'egoismo.
Non potrebbe essere altrimenti, quando un'epoca tramonta e la nuova non ha ancora preso forma e creato nuovi valori.
Ho scritto molte volte queste riflessioni e mi scuserete se le ripeto. 
Non sono certo un oracolo e spero sempre di sbagliarmi, ma i fatti 
purtroppo mi danno ragione o almeno così mi sembra.
Può darsi che la comunicazione di massa che mai prima d'ora aveva 
raggiunto questa intensità, sottolinei le cattive notizie e trascuri le 
buone. Comunque suscita nuovi istinti e nuovi pensieri.
L'elemento
 dominante nel mondo di oggi è la società globale. Questo è il tema del 
quale tutti dovremo tener conto. Facciamolo questo sforzo: è già il 
presente ma richiede tempo lungo per essere costruito a misura dell'uomo
 e non della bestia dalla quale proveniamo.
Scalfari, Repubblica 11 aprile 2015 
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