Messaggio del Santo Padre al Presidente di Panamá in occasione del VII Vertice delle Americhe (10-11 aprile 2015)
All’Eccellentissimo Signor Juan Carlos Varela Rodríguez, Presidente di Panamá
Come ospite del VII Vertice delle
Americhe, desidero farLe giungere il mio cordiale saluto e, attraverso
di Lei, a tutti i Capi di Stato e di Governo, così come a tutte le
delegazioni partecipanti. Allo stesso tempo, mi piacerebbe manifestare
la mia vicinanza e il mio incoraggiamento affinché il dialogo sincero
consegua tale mutua collaborazione che unisce gli sforzi e supera le
differenze nel cammino verso il bene comune. Chiedo a Dio che,
condividendo i valori comuni, si arrivi a impegni di collaborazione
nell’ambito nazionale o regionale che affrontino con realismo i problemi
e trasmettano speranza.
Mi sento in sintonia con il tema scelto per
questo Vertice:
«Prosperità con equità: la sfida della cooperazione
nelle Americhe».
Sono convinto – e così l’ho espresso
nell’Esortazione apostolica Evangelii gaudium – che la inequità, la
ingiusta distribuzione delle ricchezze e delle risorse, è fonte di
conflitti e di violenza fra i popoli, perché suppone che il progresso di
alcuni si costruisca col necessario sacrificio di altri e che, per
poter vivere degnamente, bisogni lottare contro gli altri (cf. 52, 54).
Il benessere così raggiunto è ingiusto nelle sue radici e attenta alla
dignità delle persone. Ci sono «beni di prima necessità», come la terra,
il lavoro e la casa, e «servizi pubblici», come la salute,
l’educazione, la sicurezza, l’ambiente, dai quali nessun essere umano
dovrebbe rimanere escluso.
Questo desiderio – che tutti
condividiamo -, sfortunatamente è ancora lontano dalla realtà. Tuttora
continuano ad esserci disuguaglianze ingiuste, che offendono la dignità
delle persone. La grande sfida del nostro mondo è la globalizzazione
della solidarietà e della fraternità al posto della globalizzazione
della discriminazione e dell’indifferenza e, finché non si consegue una
distribuzione equa della ricchezza, non si risolveranno i mali della
nostra società (cf. Evangelii gaudium 202).
Non possiamo negare che molti paesi
hanno sperimentato un forte sviluppo economico negli ultimi anni, però è
altrettanto vero che altri continuano prostrati nella povertà. Per di
più, nelle economie emergenti, gran parte della popolazione non ha
beneficiato del progresso economico generale, al punto che
frequentemente si è aperto un divario maggiore tra ricchi e poveri. La
teoria del «gocciolamento» e della «ricaduta favorevole» (cf. Evangelii
gaudium 54) si è rivelata sbagliata: non è sufficiente sperare che i
poveri raccolgano le briciole che cadono dalla tavola dei ricchi. Sono
necessarie azioni dirette a favore dei più svantaggiati, l’attenzione
per i quali, come quella dei più piccoli all’interno di una famiglia,
dovrebbe essere prioritaria per i governanti. La Chiesa ha sempre difeso
«la promozione delle persone concrete» (Centesimus annus, 46),
prendendosi cura delle loro necessità e offrendo loro possibilità di
sviluppo.
Mi piacerebbe anche richiamare
l’attenzione sul problema dell’immigrazione. L’immensa disparità delle
opportunità tra alcuni paesi e altri fa sì che molte persone si vedano
obbligate ad abbandonare la propria terra, la propria famiglia,
diventando facile preda del traffico delle persone e del lavoro
schiavizzato, senza diritti, né accesso alla giustizia… In alcuni casi,
la mancanza della cooperazione tra gli Stati lascia molte persone fuori
dalla legalità e senza possibilità di far valere i propri diritti,
obbligandoli a collocarsi tra quelli che approfittano degli altri o a
rassegnarsi a essere vittime di abusi. Sono situazioni nelle quali non
basta salvaguardare la legge per difendere i diritti fondamentali della
persona, nelle quali, la norma, senza pietà e misericordia, non risponde
alla giustizia.
A volte persino all’interno di ogni
paese, si creano differenze scandalose e offensive, specialmente tra le
popolazioni indigene, nelle zone rurali o nelle periferie delle grandi
città. Senza un’autentica difesa di queste persone contro il razzismo,
la xenofobia e l’intolleranza, lo Stato di diritto perderebbe la propria
legittimità.
Signor Presidente, gli sforzi per
tendere ponti, canali di comunicazione, tessere relazioni, cercare
l’intesa non sono mai vani. La situazione geografica di Panamá, nel
centro del continente Americano, che la rende punto di incontro tra nord
e sud, tra gli Oceani Pacifico e Atlantico, è sicuramente una chiamata,
pro mundi beneficio, a generare un nuovo ordine di pace e di giustizia e
a promuovere la solidarietà e la collaborazione rispettando la giusta
autonomia di ogni nazione.
Con l’augurio che la Chiesa sia anche
strumento di pace e riconciliazione tra i popoli, riceva il mio più
sentito e cordiale saluto.
Dal Vaticano, 10 aprile 2015.
FRANCESCO
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