martedì 22 febbraio 2005








Non accade spesso di leggere un'analisi politica ed economica della situazione in Iraq fatta da un cittadino di quel paese, che in quel paese vive e lavora. In Peacelink ho trovato questo articolo di Hassam Juma'a Awad, che è il segretario generale dell'Iraq's Southern Oil Company Union e presidente della Basra Oil Workers' Union, e quindi suppongo abbia notizie di prima mano ma soprattutto possa darci finalmente un punto di vista iracheno.


Iraq, gli operai petroliferi: "Lasciate il nostro paese"










di Hassam Juma'a Awad da The Guardian


Dal primo giorno dell'invasione, gli operai hanno resistito all'occupazione. "Siamo iracheni, conosciamo il nostro paese, possiamo prenderci cura di noi stessi e ricostruire una nostra società democratica".










Abbiamo vissuto giorni bui sotto la dittatura di Saddam Hussein. Quando il regime è caduto, la gente voleva una nuova vita: una vita senza manette e terrore, una nuova vita dove noi avremmo potuto ricostruire il nostro paese e godere delle nostre ricchezze. Invece le nostre comunità sono state attaccate con agenti chimici e bombe a grappolo e la nostra gente torturata, rapita e uccisa nelle proprie case.

La polizia segreta di Saddam sollevava i pavimenti delle nostre case di notte, le truppe di occupazione irrompono nelle nostre case alla luce del sole. I mass media non fanno vedere nessuna immagine delle devastazioni che hanno ingolfato l'Iraq. I giornalisti che hanno il compito di dire la verità su quello che sta succedendo in Iraq vengono rapiti dai terroristi. Tutto questo al servizio delle forze di occupazione che desiderano eliminare tutti i testimoni dei loro crimini.

I lavoratori dei pozzi petroliferi situati nel sud dell'Iraq si sono organizzati subito dopo che le forze inglesi hanno occupato Bassora. Abbiamo fondato il nostro sindacato Southern Oil Company Union 11 giorni dopo la caduta di Baghdad nell'aprile 2003. Quando le truppe di occupazione si sono ritirate e hanno permesso che l'ospedale, l'università e gli edifici pubblici venissero incendiati e saccheggiati, e loro si sono tenuti il ministero e i campi petroliferi, noi ci siamo resi conto che avevamo a che fare con una forza brutale pronta ad imporre le sue volontà senza nessun riguardo per le sofferenze umane. Dall'inizio non avevamo alcun dubbio sul fatto che gli Stati Uniti e gli alleati fossero venuti per prendere il controllo delle nostre risorse.

Le autorità di occupazione hanno mantenuto le leggi repressive di Saddam inclusa quella del 1987 che ci priva dei diritti basilari dei sindacati, incluso il diritto di sciopero. Oggi non abbiamo nessun riconoscimento ufficiale come sindacato, sebbene abbiamo più di 23.000 membri in 10 diversi impianti di estrazione del petrolio e del gas a Bassora, Amara, Nassiriya e fino la provincia di Anbar. Comunque noi abbiamo la nostra legittimazione dai lavoratori, non dal governo. Noi crediamo che i sindacati devono operare secondo i desideri del governo fino a che la gente sia in grado finalmente di eleggere un governo iracheno indipendente che rappresenti i nostri interessi e non quelli dell'imperialismo americano.

Il nostro sindacato è indipendente da ogni partito politico iracheno. Molti sindacati britannici sembrano essere informati dell'esistenza di un solo sindacato in Iraq, la Federazione Unitaria dei Sindacati Iracheni (IFTU) autorizzata dal regime, il cui presidente Rassim Awadi è deputato del partito del primo ministro iracheno imposto dagli USA Ayad Allawi. La leadership dell'IFTU è divisa tra il partito comunista iracheno, l'intesa nazionale irachena di Allawi ed i suoi satelliti. Infatti ci sono altre due organizzazioni sindacali legate a partiti politici oltre la nostra organizzazione.

Il nostro sindacato ha già dimostrato che può stare contro una delle più potenti compagnie statunitensi, la KBR di Dick Cheney, che ha tentato di togliere posti ai nostri lavoratori con la protezione delle forze di occupazione.

Noi li abbiamo costretti e forzato il loro subappaltatore kuwaitiano, Al Khourafi, a rimpiazzare 1.000 dei 1.200 impiegati che aveva portato con sé con lavoratori iracheni, 70% dei quali oggi sono disoccupati. Noi abbiamo lottato anche contro i salari imposti dal governatore Paul Bremer, che ha imposto che i lavoratori pubblici iracheni devono guadagnare 69.000 ID ($35) al mese, mentre pagano più di 1.000 dollari al giorno a migliaia di mercenari iracheni. Nell'agosto 2003 abbiamo scioperato e fermato l'estrazione del petrolio per tre giorni. Come risultato le autorità di occupazione hanno aumentato i salari ad un minimo di 150.000 ID.

Difendere le risorse del nostro paese l'abbiamo visto come un nostro dovere. Noi rifiutiamo e ci opponeremo a tutti i tentativi di privatizzare la nostra industria estrattiva e le nostre risorse nazionali. Noi consideriamo questa privatizzazione come una forma di neo-colonialismo, un tentativo per imporre un'occupazione economica permanente a seguito dell'occupazione militare.

L'occupazione ha fomentato deliberatamente una divisione settaria tra sunniti e sciiti. Noi non abbiamo mai conosciuto questo tipo di divisione prima d'ora. I nostri matrimoni sono misti e abbiamo vissuto e lavorato insieme. E oggi abbiamo lottato assieme contro questa brutale invasione. Da Falluja a Najaf fino a Sadr City. La resistenza contro le forze di occupazione è un diritto divino degli iracheni e noi come sindacato ci vediamo come parte necessaria di questa resistenza - sebbene vogliamo lottare usando il nostro potere industriale, la nostra forza collettiva come unione e come parte della società civile che ha bisogno di crescere per difendersi sia dalle elitè saddamiste ancora al potere che dall'occupazione straniera del nostro paese.

Bush e Blair devono ricordarsi che coloro i quali hanno votato nelle scorse elezioni irachene sono tanto ostili all'occupazione quanto coloro che l'hanno boicottata. Coloro che affermano di rappresentare la classe lavoratrice irachena, chiedendo alle forze di occupazione di rimanere un po' più a lungo per lottare contro la guerra civile, parlano in realtà solo per se stessi e per la minoranza degli iracheni i cui interessi sono dipendenti dall'occupazione.

Noi come sindacato chiediamo unitariamente il ritiro delle forze di occupazione straniere e delle loro basi militari. Noi non vogliamo un orario preciso, questa è una tattica evasiva. Noi vogliamo risolvere i nostri problemi. Noi siamo iracheni, conosciamo il nostro paese e possiamo prenderci cura di noi stessi. Abbiamo i mezzi, le capacità e le risorse per ricostruire e creare una nostra società democratica.


Fonte: http://www.guardian.co.uk/comment/story/0,,1417222,00.html (18 febbraio 2005)
Tradotto da Chiara Panzera per l'associazione www.peacelink.it



 

8 commenti:

  1. Sei una infaticabile ricercatrice di notizie e di verità, sai..

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  2. OT: ho deciso di terminare il racconto pubblicamente...sarebbe troppo crudele, non trovi, amica mia ? :-)

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  3. Complimenti, si tratta di una testimonianza molto significativa perché esula da quelle che comunemente ci vengono propinate: ovvero, o i proclami dei fondamentalisti o i discorsi della leadership messa lì dagli Americani.

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  4. molto interessante Harmonia. Diranno che siamo i soliti anti americani. Un'abbraccio. Alain

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  5. Finalmente una voce dall'Iraq non filtrata dalla propaganda. é evidente che una società civile sta cercando di emergere nel marasma provocato da un'occupazione pasticciona oltre che violenta. mi chiedo se saranno in grado di evitare uno scontro etnico religioso.
    temo un'altro dramma.

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  6. Dove si dimostra che esportare davvero democrazia esclude l'uso della guerra e dell'occupazione militare e include il riconoscere le forme della democrazia, che non sono solo le elezioni, ma per esempio, anche i sindacati. Un documento davvero illuminante.

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  7. Bush, lo vedo tipicamente americano...molto falso quindi.
    No comment la sua frase "nulla ci dividerà" , riferendosi all'Europa.

    bah

    feAu

    P.S. ho generalizzato, non faccio mai comunque, dell'erba tutta un fascio. per precisione.

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  8. Grazie Harmonia questo articolo e' veramente illuminante e, mentre confuta le versioni dell'informazione ufficiale al servizio del potere, avalla
    la convinzione e lo scetticismo di tanta gente che non crede alle fandonie a volte anche troppo superficiali che vediamo o leggiamo nei mass media quotidianamente.
    E a tal proposito comincio anche a dubitare se questi rapimenti siano organizzati veramente da forze estremistiche o cellule impazzite.
    Con tutti quei mercenari assoldati dagli americani e sparsi per il territorio irakeno non riesco a togliermi dalla mente che, dietro a quadri di destabilizzazione, spesso c'e' stato lo zampino della Cia la famosa agenzia promotrice dei piu' efferrati colpi di destra nel mondo.
    Ciao e sempre buon blog ...

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