venerdì 10 ottobre 2003

Nobel per la Pace alla Iraniana Ebadi



 Il premio Nobel per la Pace per il 2003 è stato assegnato all’iraniana Shirin Ebadi. Avvocatessa, è stata premiata «per i suoi sforzi per la democrazia e i diritti umani. Si è concentrata specialmente sulla battaglia per i diritti delle donne e dei bambini». È la prima donna musulmana a vincere il Nobel.



Shirin Ebadi, nata nel 1947, laureata in Legge all’Università di Teheran, è stata la prima donna nominata giudice in Iran, prima che la rivoluzione islamica la costringesse a dimettersi per le leggi che limitavano autonomia e diritti civili delle donne iraniane. In seguito ha difeso le famiglie di alcuni scrittori e intellettuali uccisi tra il 1998 e il 1999.


É una dirigente dell'associazione per la protezione dei diritti dei bambini in Iran, di cui è stata anche fondatrice. Ha partecipato come avvocato di parte civile al processo ad alcuni agenti dei servizi segreti, condannati nel 1998 per l’uccisione del dissidente Dariush Forouhar e di sua moglie. Nel 2000 la sua partecipazione ad una conferenza a Berlino sul processo di democratizzazione in Iran, provocò una feroce polemica in Iran e la pronta reazione del governo di Teheran, che fece arrestare molti dei partecipanti al loro ritorno nel Paese.


Nello stesso anno venne sottoposta a un processo segreto per aver prodotto e diffuso una videocassetta sulla repressione anti-studentesca del luglio 1999, materiale che "disturbava l'opinione pubblica", secondo l’accusa.


Secondo le motivazioni del Comitato norvegese per il Nobel, la giurista iraniana è conosciuta a livello internazionale per «promuovere soluzioni pacifiche e democratiche a problemi seri nella società ».


«Come avvocato, giudice, conferenziere, scrittore e attivista, ha parlato sempre con grande forza e chiarezza nel suo Paese, l'Iran, e molto al di là delle sue frontiere. Si è distinta come una seria professionista, una persona coraggiosa, e non ha mai ceduto alle minacce contro la sua sicurezza», continua il comunicato. «La sua arena principale è la battaglia per i diritti umani fondamentali, e nessuna società merita di essere definita civilizzata, se i diritti delle donne e dei bambini non vengono rispettati». Ebadi «è una musulmana responsabile. Non vede alcun conflitto tra l'Islam e i diritti umani fondamentali. Per lei è importante che il dialogo tra differenti culture e religioni del mondo prenda come punto di partenza i loro valori comuni».


Il presidente del comitato Ole Danbolt Mios ha lodato il suo «coraggio» e impegno in favore della «democrazia». Il Comitato per il Nobel ha contatto la famiglia dell'avvocato iraniano, per avere il suo numero di telefono pochi minuti prima dell’assegnazione del premio: di solito, il comitato del premio telefona al vincitore un’ora prima. Probabilmente i tempi “stringati” della decisione di quest’anno sono dovuti alla difficoltà di scelta del candidato.


Tra i nomi illustri presenti nella lista dei possibili vincitori figurava quest’anno anche il Papa, riconosciuto come uno dei pontefici che nel corso della Storia si sono più impegnati per la Pace e per i diritti umani.


Non è servito neanche il desiderio espresso dal sindaco di Roma Walter Veltroni, e dall’ex leader di Solidarnosc Lech Walesa (già vincitore del premio), di veder assegnato il premio Nobel per la Pace per il 2003 al pontefice Giovanni Paolo II, a spingere il comitato per il premio Nobel a scegliere il papa. Lo stesso Walesa non ha condiviso la scelta ricaduta su Shrin Ebadi, commentando la notizia con: «È stato un grosso errore».


Un piccolo commento


Ho un profondo rispetto per il Papa e per la grandezza del suo apostolato.


Ma penso che un Papa come Giovanni Paolo II non abbia bisogno di premi,


nemmeno del Nobel, proprio perché la sua opera nel mondo trascende


qualsiasi tipo di riconoscimento.


Una donna come l'avvocata Shirin Ebadi, invece, potrebbe essere


aiutata e, in un certo senso, protetta dal premio. La situazione sociale e


politica dell'Iran è difficile per tutto il popolo e in particolare per le


donne, difficile e drammatica a tal punto che va al di là della possibilità


di immaginarla per chi non l'abbia conosciuta direttamente.


Lottare per i Diritti Umani in Iran richiede un coraggio fisico oltreché


morale di proporzioni enormi.


Portare alla ribalta le persone, che lottano apertamente e pacificamente


contro l'ingiustizia e la violenza, significa non solo riconoscere i loro meriti


ma soprattutto dare loro un forte sostegno che si riverbererà sui deboli


e gli oppressi.


Al Papa tutto il mio amore.



Rose e usignoli dall'Iran

2 commenti:

  1. Un abbraccio forte di Pace, Ipanema

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  2. Totalmente d'accordo col commento e felice del Nobel ad una donna coraggiosa. Certo queste Shirin sono fenomenali!

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