martedì 31 agosto 2004

Appello ai Musulmani


Che i Musulmani di tutto il mondo si levino contro la continuazione di crimini innominabili perpetrati in nome del loro Dio. Si stanno opponendo all'assassinio dei due giornalisti Francesi, per la prima volta da moltissime parti. Lo facciano con maggiore forza, con la forza della fede e della ragione. Si oppongano i Musulmani di tutto il mondo ai terroristi che vogliono infangare il nome dell'Isalm. Opponiamoci insieme al terrorismo pseudoreligioso come insieme ci opponiamo alla guerra di pseudoliberazione.


Assassinati in video in Iraq per la loro fede in Buddha


Picture of Nepal


Agu 31, 2004 11: 23 EST


We have reported earlier on Sherpas moon-lighting off season in places like Iraq and Afghanistan, where they cook for the Army and help out with general tasks, much like they do for expeditions in HiArmed Nepalese personnel, many former British army Gurkhas – work for security firms guarding foreign contractors in Iraq. The guys are just as popular with the Army as they are with the expeditions for their eagerness to work and friendly smiles.

Oggi dodici di loro sono stati assassinati in Iraq. In video. Il rapporto non è ancora stato confermato, ma se vero, è il più grande numero di ostaggi stranieri trucidati nello stesso momento in Iraq. Il video mostra un uomo mascherato che taglia la gola a dei lavoratori nepalesi e ne mostra la testa alla camera.
Ad altri hanno sparato e tutto è stato registrato in un video di 4 minuti, pubblicato in un sito web.

Viene data la colpa all'America, ma il fatto è che le persone assassinate erano poveri lavoratori nepalesi.

"Noi abbiamo eseguito la sentenza di Dio contro 12 Nepalesi che sono venuti dal loro paese per combattere contro i Musulmani e servire gli Ebrei e i Cristiani ... credendo in Buddha come loro Dio," è stata la dichiarazione nel sito da parte di Jaish Ansar al-Sunna. - Fonte: http://www.mounteverest.net/


La notizia è confermata dai quotidiani italiani, quindi corrisponde purtroppo alla realtà.


Follia criminale che loro, gli assassini, attribuiscono a una sentenza divina. Questi criminali non credono in alcun Dio, perché avrebbero paura di offenderlo con simili eccidi e tali blasfemi sacrileghi proclami. In ogni caso, questi orrori non diventino alibi per continuare l'occupazione dell'Iraq.

‘L'informazione è una componente del potere.’



Come si fa a convincere grandi masse di persone a vedere cose che non esistono e a non vedere l’evidenza di fatti evidenti? Sappiamo tutte/i che i media, se si mobilitano con adeguata sintonia e sincronia, sono in grado di creare giochi illusori e piegare anche menti non sprovvedute, consapevoli, esperte. Ma come si fa nella pratica? Quali sono i modi e gli strumenti? Quali sono le tecniche informative al servizio di qualsivoglia cliente?


Information as an element of power.


Con questa frase si apre il sito dell’agenzia di consulenza,


che certo non è l'unica al mondo.


http://www.rendon.com/


NuoviMondiMedia ha pubblicato un articolo illuminante sui ‘servizi di comunicazione politica’.



Guerrieri dell'informazione


di Pratap Chatterjee da guerrillanews.com


La Rendon Group è l’agenzia di consulenza che fornisce servizi di comunicazione politica. Tali servizi variano dalla creazione di “un ambiente favorevole in vista della privatizzazione” alla giustificazione della guerra. Al suo attivo: la manipolazione dei media durante guerra del Golfo, le reazioni dopo gli attentati dell’11 settembre, la giustificazione dell’invasione in Iraq... continua


FONTE:http://www.nuovimondimedia.it/modules.php?op=modload&name=News&file=article&sid=782&mode=thread&order=0&thold=0





Tutti i gruppi che vogliono imporre delle idee o una visione del mondo funzionali al raggiungimento dei propri obiettivi sanno queste cose meglio di chiunque altro. Siamo noi, i destinatari e destinatarie dell'informazione a doverci attrezzare per non essere ingannati , fuorviati, condizionati. Se "l'informazione è una componente del potere", abbiamo bisogno di trasformarla in una 'componente della libertà di scelta', la nostra libertà di capire e di scegliere.


Enzo Baldoni era l'uomo che voleva capire, e ora per me è l'esempio dell'informazione che ha lo scopo non di convincere ma di far capire.

domenica 29 agosto 2004

Quando il morto è di sinistra


di Nando Dalla Chiesa

Lo sputo beffardo su un condannato a morte. Anche questo abbiamo dovuto vedere. Roba che nei film si delega al cattivo, al più vigliacco della banda, all’attore su cui una volta - nei mille cinema Paradiso sparsi per l’Italia - il pubblico indignato scagliava insulti e maledizioni come se la scena fosse vera. A Enzo Baldoni lo sputo è arrivato purtroppo nella realtà vera, anche se forse non se ne è accorto. Ed è arrivato pubblicamente. Dalla nazione che avrebbe dovuto trepidare per lui, per la sua vita. Compatta, insieme. Perché italiano, pur se italiano convinto che anche gli altri popoli abbiano o possano avere ragioni o diritti. Il «codardo oltraggio» del Manzoni, quello spregevole gesto eguale e opposto al «servo encomio», non poteva trovare una rappresentazione più nitida.
Quando Baldoni stava per morire, e poi quando Baldoni era già morto, e poi ancora quando già si sapeva che Baldoni era stato ucciso.
Insomma nella agghiacciante sequenza attraverso cui questo civilissimo paese ha visto un quotidiano sbeffeggiare una vittima annunciata. Come forse mai era accaduto. Se è vero che la guerra tira fuori il peggio degli uomini su ogni fronte, ne abbiamo avuto la riprova.
Intendiamoci, «Libero», perché questo è il quotidiano che si è distinto nell’opera senza precedenti, ha probabilmente dato fiato a una cultura che non nasce in quella redazione. Bisogna averne consapevolezza. Nei titoli, nei toni, nel gioco di foto, occhielli e «catenacci», si è espresso a meraviglia quel «plebeismo borghese», ossimoro diventato realtà, che è da un po’ di anni la vera metastasi civile nella grassa Italia padana, il grande problema con cui ogni decente progetto di governo dovrà seriamente e strenuamente fare i conti.
Non vi è dubbio: anche se spesso dalle parti di quella redazione si inneggia alla chiarezza del parlare (e in effetti davvero strepitosa è stata la chiarezza anche in questa occasione), si farà ogni sforzo causidico,
si tenterà ogni acrobazia logica per dimostrare che in fondo si voleva salvare, in un modo un po’ diverso, magari - ci giurereste? - in modo meno conformista, la pelle del giornalista assassinato.
Ma è drammaticamente ancora più certo che nelle ore dell’angoscia il giornale in questione si è coerentemente adoperato per rendere un po’ buffonesca, fino al surreale, l’attesa (la paura) di una esecuzione capitale. «Che barba, che noia, non mi rapiscono». «Spero che mi rapiscano». «Il vacanziere col brivido». «Il turista del giornalismo». «Un simpatico pirlacchione». «Il giornalista italiano che cercava brividi in Iraq» (scritto dopo la notizia dell’assassinio). Miscelando abilmente una passata avventura colombiana e il rapimento dell’Esercito islamico, la tragedia di Baldoni è stata derubricata ad altro. Un alto in cui si mescolavano irrisione per la vittima, il dileggio per l’inviato pacifista finito nei guai, il divertito rimprovero di essersela cercata.
Tutti ingredienti che in sé, presi singolarmente, non sono nuovi in certi ambienti umani. La sola storia della lotta alla mafia o alle corruzioni grandi e piccole del Paese ne è strapiena. Ma il loro montare contemporaneo mentre la persona è già nelle mani del carnefice, questo è semplicemente terrificante. Perché svela anche ai ciechi che una misura è stata superata. Che per una cultura di destra comunque forte nel Paese non esistono limiti di sorta alla faziosità politica. Baldoni è pacifista. Baldoni è inviato del «Diario». Baldoni è (così ci è stato detto) antiberlusconiano. Dunque la sua vita conta meno. Se contasse come le altre, non gli si sputerebbe addosso prima e dopo la esecuzione. Si avrebbe un attimo, solo un attimo di ripensamento, di raccoglimento, di ansia. Di ansia vera, intendo. Non quella che porta a colloquiare idealmente con i rapitori per dirgli di rilasciarlo, così da amante del brivido continuerà a far danni al suo paese e a scrivere bene di loro. Non quella che porta a ipotizzare che sia tutta una sceneggiata per recitare un rabdomante dell’avventura. Il quale, da bravo professionista delle sceneggiate, appare nel video «troppo sereno».
Se la sua vita contasse non si scriverebbe che «i rapitori non hanno esitato a sparargli anche se era amico loro»; ossia che Baldoni era amico degli assassini, loro complice, solo perché contrario alla guerra. Non esiste pietas per il plebeismo borghese che, vedrete, nei prossimi mesi si affannerà (quando si discuterà di fecondazione assistita) a predicarci la sacralità della vita umana, in tutte le sue forme, perché è la vita in sé che è sacra. Non vi è in esso ombra di quella pietas che è fondatrice - e non per caso - di tutte le civiltà mediterranee, nel mito e nella leggenda come nel diritto. E, correlativamente, non c’è il pensiero che consente di distinguere, di capire, di non trasformare l’altro, alla fine, in complice di assassini.
Non c’è infine il pudore, figlio della pietas e del pensiero.
È stato scritto, sempre su «Libero», che Baldoni avrebbe fatto la fine di Quattrocchi, ossia «del suo nemico ideologico». Ecco alfine l’idea archetipica: Baldoni e Quattrocchi nemici, tra i quali dunque occorrerebbe schierarsi (uno amico, l’altro nemico);
non due italiani uccisi in Iraq, andati in Iraq con culture e finalità diverse.
È vero che nei bassifondi della sinistra di Internet
, come ha ricordato Michele Serra, si sono dette su Quattrocchi cose nauseanti. Ma mai sui giornali, nei dibattiti, nelle posizioni ufficiali e responsabili della formazione dell’opinione pubblica, alcun esponente politico, civile, intellettuale della sinistra si è sognato di pronunciare o scrivere frasi men che rispettose verso il valore colpito della vita. Sono stato, in silenzio e senza riflettori, nella casa di Stefio e nella casa di Quattrocchi. Ho provato angoscia e dolore per loro. E proprio per questo la rappresentazione dei «due nemici» (il vigilante privato e il giornalista pacifista) m’appare oggi francamente insultante per noi come italiani.
Tornano in mente, davanti al plebeismo borghese, le discussioni lette per l’ennesima volta in queste settimane, sulla egemonia culturale della sinistra. E la domanda sorge oggi spontanea, inarrestabile. Ma davvero è colpa della sinistra se questa destra non riesce a produrre egemonia culturale? Ma scusate, quando lo sputo si fa parola, quando i fragori interiori si fanno pensiero, quali poeti, quali romanzieri, quali registi, quali filosofi, quali giuristi vorrete mai che nascano e che non durino il tempo di una moda o di un protettore politico? Di chi è la colpa se nemmeno le tragedie che elevano in genere gli spiriti e le menti riescono qui a favorire le dimensioni del rispetto, della riflessione, della umana condivisione?
Ci piacerebbe che, proprio per l’attenzione con cui li seguiamo, qualcosa dicessero i celebri «terzisti». Che stavolta trovassero l’immane coraggio di dire che questo capitolo della nostra vita pubblica ha qualcosa di spregevole e di allarmante. Chi è al di sopra delle parti o equidistante, in fondo, non deve preoccuparsi di sembrarlo sempre nello stesso articolo o commento. Meglio, più credibile, essere netti e indipendenti di volta in volta di fronte alle singole vicende.
Chi ha dunque qualcosa da dire sullo sputo beffardo sul condannato a morte?


L'UNITA', 29 AGOSTO 2004


http://www.unita.it/index.asp?SEZIONE_COD=EDITO&TOPIC_TIPO=E&TOPIC_ID=37255


Le parti in grassetto nell'originale non sono evidenziate, quindi sono mie soggettive sottolineature.


"quella pietas che è fondatrice di tutte le civiltà mediterranee"


richiama il concetto di hybris e delle nefaste azioni che la hybris suggerisce.




Per chi abbia voglia di leggere i riassunti degli articoli comparsi su 'Libero',


suggerisco di andare alla rassegna che ne ho fatto, pur con la ripugnanza


del caso, nel post di venerdì 27 agosto 2004.


Oggi, domenica 29 agosto 2004, 'Libero' offre il seguente articolo:



ORA LINCIANO NOI


di VITTORIO FELTRI


PACIFISTI



Rapiti in Iraq due francesi: gli estremisti chiedono l'abolizione della legge sul velo. Invece di prendersela coi terroristi islamici che hanno ucciso Baldoni, scatenano una campagna contro Libero.


La nostra colpa è aver detto la verità sull'assurda "vacanza" a Bagdad del pubblicitario. E arrivano le minacce. Non so se sia interessante, ma provo a raccontarvelo lo stesso. Da due o tre giorni la segreteria di Libero è intasata: arrivano troppi fax, troppe telefonate, troppa posta elettronica. Non sono lettori abituali, ma estemporanei, quelli che vedendo le prime pagine nelle rassegne stampa televisive vengono scioccati dai nostri titoli. Non leggono i testi. Leggere costa fatica. Sono colpiti dalla diversa interpretazione dell'ultimo fatto, il sequestro e l'assassinio di Enzo Baldoni, e reagiscono male forse non sopportando vi sia qualcuno non disposto ad accodarsi al corteo. Uno dei messaggi più cortesi al nostro indirizzo: «Spero che finiate voi nelle mani dei terroristi islamici». Nessuna firma. Pochi insultatori e menagramo firmano. Si accontentano di dire parolacce. Le più ricorrenti: «Fascisti di merda». La sinistra conta su una importante (numericamente) ala cafona in parte simile a quella da superattico: la caratteristica comune consiste nel rifiuto di discutere, di prendere in considerazione le idee altrui. continua...http://213.145.29.108/libero/LF_main.jsp#




http://213.145.29.108/libero/LF_main.jsp#


E ora tocca a due giornalisti francesi. Del diplomatico iraniano non si sa nulla. I due ostaggi turchi sono stati uccisi. Queste sono le persone che attirano la nostra attenzione in qualche modo, emergendo sull'enorme scandaloso numero di vittime della guerra in Iraq.

sabato 28 agosto 2004


I sorrisi sono una cosa meravigliosa



Enzo Baldoni


e i piedi spaiati di Mohammed





  


   "Lo so, di lettere così ne ricevi a dozzine, ma Mohammed, che vive in


campagna, stava accompagnando la moglie a partorire giusto mentre


gli americani stavano entrando a Baghdad. Un Bradley ha cannoneggiato


l'ambulanza. M'med è stato sbalzato fuori senza gambe e ha visto


la moglie bruciata con il bambino che stava nascendo.


   Una qualche associazione beneficagli ha dato due piedi spaiati, un 37


e un 38, e gli manca una rotula. Si può fare qualcosa per questo ragazzo di


Baghdad che mi sono preso a cuore? Si è appena risposato.


Lui ha un sorriso che riempie il cuore d'allegria, ma la nuova moglie


si vergogna di presentarlo ai genitori senza gambe. Ti abbraccio."





 


E-mail di Enzo Baldoni a Teresa Sarti, presidente di Emergency, 11 agosto 2004. La risposta di Teresa è stata affermativa, come era da aspettarsi.


(copiata a mano dalla copertina di 'diario'. http://www.diario.it/index.php) - Foto: da La Repubblica.

venerdì 27 agosto 2004




Il primo post di Enzo Baldoni nel blog 'BLOGHDAD'


http://bloghdad.splinder.com/




sabato, 24 luglio 2004

La terra, il tepore, la morte.


 


 


E' tornato. E' tornato il momento di partire.
Da un po' di tempo la solita vocina insistente tra la panza e la coratella mi
ripeteva: "Baghdad! Baghdad! Baghdad!". Ho dovuto cedere.
Come sempre, quando si prepara un viaggio importante, cominciano a
grandinare le coincidenze. E chissà quanto sono segni e quanto
le provochiamo noi.
Ancora una volta, prima di una partenza, mi sono sdraiato sotto le stelle, nella Romagna dei miei nonni e della mia infanzia, in cima a Monte Bora, sulla terra notturna ancora calda del sole di luglio.
La terra, sotto, mi riscaldava il corpo. La brezza, sopra, lo rinfrescava.
Lucciole, profumo di fieno tagliato, il canto di milioni di grilli.
E' qui che da piccolo studiavo spagnolo su un libro trovato in soffitta. E' qui, davanti a un piatto di tagliatelle, che tre anni fa si è fatta sentire la solita vocina che ripeteva: "Colombia, Colombia, Colombia!"


Si è parlato molto di morte in questi giorni: della morte serena di Zio Carlo, filosofo e yogi, che forse sapeva la data del suo trapasso. Guardando il cielo stellato ho pensato che magari morirò anch'io in Mesopotamia, e che non me ne importa un baffo, tutto fa parte di un gigantesco divertente minestrone cosmico, e tanto vale affidarsi al vento, a questa brezza fresca da occidente e al tepore della Terra che mi riscalda il culo. L'indispensabile culo che, finora, mi ha sempre accompagnato.



di zonker [Enzo G. Baldoni] | 02:53, ora di Baghdad |







"Enzo andava incontro alla vita con un sorriso.


Era un inguaribile ottimista e


i semi di questo ottimismo germoglieranno nel mondo"


Giusy Baldoni


 



Dubbi



Ho deciso di postare una rassegna di articoli dal quotidiano 'Libero'. Sono perplessa e la cosa per giunta mi ripugna. Non ho alcun intento polemico, ma sono stupita: perché una simile gragnuola di colpi contro un uomo ostaggio di un gruppo terroristico? E, dopo, contro un uomo morto, assassinato?



Stamattina in edicola c'erano tre quotidiani soltanto che non avevano la notizia del crimine in prima pagina: i tre quotidiani della famiglia più ricca d'Italia. Non è strano? In più, il suddetto 'Libero' aveva ancora articoli improntati a un sarcasmo sferzante. Non possono sostenere che non sapevano. La notizia circolava già prima della mezzanotte.



 Sul blog di Baldoni commenti oscurati



Il "Bloghdad" fondato da Enzo Baldoni ha chiuso ieri la sezione Commenti. I " blogger" hanno scelto di restare « in rispettosa, silenziosa attesa » , perché temono che « qualunque cosa appaia sul sito possa risultare dannosa per Enzo. Per rispetto di Enzo e della sua famiglia, la cosa migliore è il silenzio » .



 *







Ora la finalina sarà uno strazio
di GIUSEPPE BRAGA



 ATENE - L'ultima dalla strana vigilia della strana partita arriva da Claudio Gentile: «Se vinciamo il bronzo lo dedichiamo a Enzo Baldoni» . Italia- Iraq, finale di calcio per il terzo posto alle Olimpiadi, stasera alle 19.30 ora italiana. Che spingeva il nostro ct ad aggiungere, prima della notizia della morte di Baldoni: «Sarebbe bellissimo che, prima di una partita così importante, il giornalista venisse liberato da persone che hanno qui una squadra che li sta rappresentando. Sarebbe un gesto nobile» . Un incontro così importante da invogliare la concessione di non tagliare la gola all'ostaggio italiano, i sequestratori con una squadra che li rappresenta: confusione mentale. Non diamo colpe al povero Gentile, che nel lussuoso hotel Hyatt di Salonicco condiviso con gli avversari si sente sempre più a disagio («Dobbiamo adeguarci, ma avrei preferito incontrarli soltanto allo stadio») : gli azzurri e gli iracheni si guardano, si salutano a gesti incrociandosi nei corridoi, noi nell'austera divisa oltrecortina del Coni, loro in allegre tute verdi, magliette, scarpe eccetera regalate dal Giappone, arricchite con tocchi tricolori da tifosi adolescenti (o da gente che cerca lavoro): un cappellino dell'Inter qua, una spilla della Juve là. Alcuni giocatori iracheni si fanno fotografare con Pirlo, che per qualche motivo è il più popolare dei nostri nei paesi arabi.



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FERIE PERICOLOSE





FERIE PERICOLOSE Dall'America all'Asia, tutte le guerre preferite da Baldoni IN CHAPAS Nel 1996 Enzo Baldoni va in vacanza in Chapas.
 



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IL PACIFISTA COL KALASHNIKOV
di VITTORIO FELTRI







 Se esaminata cinicamente, cioè con lucidità, la disavventura di Enzo Baldoni sconfina nella commedia all'Italiana. Già ieri abbiamo scritto: un uomo della sua età, moglie e due figli a carico, avrebbe fatto meglio a farsi consigliare da Alpitour, anziché dal Diario, la località dove trascorrere vacanze sia pure estreme (si dice così?). Evidentemente, da buon giornalista della domenica egli ha preferito cedere all'impulso delle proprie passioni insane per l'Iraq piuttosto che adattarsi al senso comune. Ciascuno fa come gli garba. E se a lui garbava di mettere a repentaglio la ghirba allo scopo di essere la caricatura dell'inviato speciale, forse sognando di diventare un Oriano Fallaci o un Ettore Mo, c'è poco da obiettare. Molto da obiettare invece c'è sul fatto che adesso tocchi allo Stato italiano di toglierlo dalle pettole (dal milanese: peste). Vabbè. Non facciamoci guardar dietro spendiamo quanto c'è da spendere per riportarlo a casa, questo bauscia simile a certi tizi i quali, durante il week end, indossano la tuta mimetica e giocano ai soldatini nelle brughiere del Varesotto. ... continua
 



*











Il pacifista calibro 9
di GIANCARLO LEHNER



 11 settembre 2001 avrebbe dovuto cambiare tutti noi e renderci più razionali e più seri. Non so altrove, ma è certo che in Italia quella funesta azione di guerra pare sia stata rimossa, cosicché tutto, anche le tragedie, ruotano all'interno di un eterno, monocorde girotondo di girotonti. Enzo Baldoni, pacifista calibro 9 (stando all'eloquente foto pubblicata ieri da " Libero") sarebbe andato in Iraq a trascorrere vacanze alternative: ricevimento al kalashnikov, poi albergo, mezzapensione, bevande e tour tutto compreso, anche il sequestro, la prigionia e la decapitazione. "C'è figa a Bagdad", tale sarebbe stata la scoperta vacanziera di codesto pubblicitario, non a caso autore dello slogan: "vent'anni dalla parte del porco". Messa così, e Francesco Merlo su "Repubblica" di ieri così l'ha messa, saremmo all'anticonformismo grullo. Io, però, non lo faccio così fatuo ed uno dei motivi per i quali Baldoni lo voglio vivo è per domandargli come sia riuscito ad entrare in Iraq.
 



Il rapimento sembrava una pagliacciata



 Caro Feltri, mi permetta di dissentire totalmente da questa penosa pagliacciata confezionata ad arte da chi desidera la dittatura per gli iracheni, ed allo stesso tempo mette a repentaglio la vita di tutti i soldati in Iraq. Non è pensabile che una persona normale definisca un viaggio in Iraq una vacanza, ed in questo caso non si tratta soltanto di Baldoni ma di tutto ciò che gli ruota intorno, l'intero universo di sinistra. Pier Mauro Marras - Sassari


 Egregio Direttore, Ha fatto bene il Governo Italiano a respingere il ricatto dei terroristi. I familiari stiano sicuri: è in buone mani tra amici antiamericani. E il governo italiano non sprechi denaro per liberare un pacifista antiamericano, esibizionista. Saranno i suoi amici a rilasciarlo, essendosi coperti di ridicolo, grazie a Libero.
 



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Cronistoria di una tragedia un po' cercata
di CATERINA MANIACI



 ROMA - Ultimatum scaduto, sentenza eseguita. La tv Al Jazeera ha diffuso alle ventitrè e venti la notizia: come annunciato, Enzo Baldoni è stato " giusitiziato" dai terroristi iracheni che lo avevano rapito e che avevano stabilito quarantottore di tempo, poi, se non ci fosse stato il ritiro delle truppe italiane in Iraq, l'esecuzione. Si conclude così, tragicamente, la vicenda del free- lance italiano, di cui si erano perdute la tracce il 21 agosto scorso. Baldoni si trovava in Iraq da un paio di settimane per fare dei servizi giornalistici, collaborava con il settimanale Diaro, ma voleva anche prestare - hanno sempre ripetuto familiari, amici e colleghi di lavoro - la sua opera di " uomo di pace". Una figura, però, dai contorni non ben definiti, equivoci. Il 21 agosto si trova con un convoglio della Croce Rossa, nei pressi di Najaf, la città santa degli sciiti al centro di pesanti scontri a fuoco da molte settimane.



 *
La sinistra ha fatto di tutto e di più « Salvatelo, è uno di noi » . Invano.
di CATERINA MANIACI



 ROMA - La sinistra rispetta la consegna del silenzio sul caso Baldoni, mentre si agita ed esterna la sinistra estrema. Gli italiani sono tutti un bersaglio, in Iraq, perché sono considerati «rappresentanti di una forza di occupazione militare», afferma Armando Cossutta, presidente del Pdci, mentre il compagno di partito Marco Rizzo sostiene che le ultime dichiarazioni del ministro Frattini sono solo «una presa in giro» . Questo, sul piano delle dichiarazioni politiche. Poi, c'è la stampa. Bisognava farglielo sapere, agli iracheni: Enzo Baldoni era dalla parte loro, non era mica un filogovernativo, un berlusconiano, un guerrafondaio. Questo è quel che si leggeva, sopra e sotto le righe, in molta della stampa nostrana, registrando le ansie della sinistra per la sorte di Baldoni. «Dobbiamo sforzarci di comunicare agli iracheni che lui sta dalla parte degli iracheni.»



 E pensare che Enzo voleva essere rapito
di FRANCESCO RUGGERI



 MILANO - «Sequestrino: Beh, ero quasi offeso. Due viaggi in Colombia, quasi tre mesi nelle città e nelle selve di uno dei Paesi più pericolosi del mondo e mai una rapina, un attacco alla diligenza, un tentativo di rapimento. Appena due tentativi di borseggio andati a vuoto. Che palle. Finalmente sono stato accontentato» . A scrivere questo resoconto era Enzo Baldoni, ucciso ieri notte dai terroristi iracheni, dopo che l'ultimatum di 48 ore era scaduto. Il turista del giornalismo sognava di essere rapito, stando almeno al citato stralcio di un reportage colombiano da lui pubblicato sul blog " Locombia", durante una precedente escursione in zona di guerra nel settembre 2003. Prima di partire si era letto " Notizia di un sequestro" di Garcia Marquez. E nell'occasione Baldoni subì davvero un primo sequestro lampo, insistendo peraltro affinchè accadesse. Nel raccontarlo ai lettori della rete, affermava di aver trovato " teneri" i suoi sequestratori, di averli voluti «coccolare, abbracciare» . Fino al punto da restituirgli il kalashnikov che era riuscito a farsi dare con vecchio trucco.
 



COLPO IN TESTA A BALDONI
di RENATO FARINA



Non c'è rimedio. Non sono serviti i sorrisi suoi e quelli dei suoi cari. Quella è gente che mantiene le promesse: ammazzato. Una consolazione all'orrore: non gli hanno tagliato la testa. E' stato assassinato come Fabrizio Quattrocchi, con proiettili di piombo in testa. Enzo Baldoni è morto alla stessa maniera del suo nemico ideologico. Quattrocchi, nel momento in cui aveva compreso la sua sorte, ha cercato di togliersi la benda nera. E poi, con un'aria di sfida tranquilla, ha detto all'uomo che parlava italiano: «Ti faccio vedere come muore un italiano ». I no globan avevano scritto proprio sul sito di Baldoni il loro schifo per una morte da mercenario. Negli ambienti no global e del Diario si era sussurrato: «Ha detto: "Vi faccio vedere come muore un camerata"». Una menzogna. Ed ora è toccato ad un altro nostro fratello italiano, battezzato. Le idee politiche erano diverse da quelle dei primi sequestrati. Ai terroristi islamici non importa delle nostre opinioni politiche, dei nostri sentimenti sul mondo.



 I pezzi sono nelle versione ridotta che il quotidiano mette a disposizione di chi non è iscritto.



 *



Dico no al cinismo



Ieri il direttore del quotidiano Libero, Vittorio Feltri, durante il telegiornale di Rete4, quello delle 19 con Emilio Fede, ha detto che Enzo Baldoni "avrebbe potuto scegliere un altro posto per andare in vacanza", per esempio "avrebbe potuto fare le vacanze a Rimini". (sentito con le mie orecchie, incredule).



Oggi Libero è venuto fuori con un articolo del suo vicedirettore, Renato Farina, incollato qui sotto.



VACANZE INTELLIGENTI



di RENATO FARINA



Alle 16 di ieri, come quarta notizia di Al Jazeera, è stata mostrata la faccia barbuta di un uomo. In inglese ha detto: «Sono Enzo Baldoni». Aveva una polo grigia e l'aria tranquilla. Forse un po' troppo. Pareva un turista per caso. Il comunicato dell'"Esercito islamico in Iraq" (Al-Jeish Al- Islami-si-Iraq) ha posto un ultimatum a Berlusconi: o ritira entro 48 ore le sue truppe, e lo fa in modo chiaro, con un decreto firmato, o «non garantiamo la sicurezza di Baldoni ». Vuol dire che lo ammazzano. Il gruppo ha un simbolo molto simile a quello di Al Zarqawi, il decapitatore professionista per conto di Osama Bin Laden. Si deve questo simpatico esercito l'uccisione di un ingegnere e di un autista pachistani il 28 luglio scorso in Iraq. Al Jazeera non ha trasmesso le immagini dei pachistani perché «sconvolgenti". Abbiamo capito cosa gli hanno fatto. Eppure Baldoni appare straordinariamente rilassato. Come se avesse un asso nella manica.



Lo sappiamo su che cosa conta: sulle proprie idee. In fondo, è un loro simpatizzante. Perché dovrebbero fargli del male? È un giocherellone della rivoluzione.



Repubblica ha pubblicato un suo decisivo reportage: «Le mie vacanze col brivido». Dopo le ferie intelligenti, proviamo a fare quelle sconvolgenti. Ecco il ritratto che dedica sui Linus" al Chapas: «Marcos: culo e carisma». E questo sarebbe giornalismo di sinistra? Vogliamo dirlo: è un simpatico pirlacchione. Lo scriviamo tremando. Sappiamo che ci sono moglie, genitori e fratelli in lacrime. Desideriamo gli sia restituito vivo e vegeto. Evitiamoci le tirate patetiche però. Signori di Al Qaeda, proprio dal vostro punto di vista, non vale la pena di ammazzarlo. continua... (grassetto e colore sono miei per evidenziare ciò che mi ha maggiormente colpito, del tutto soggettivamente). - Libero, 25 Agosto 2004 http://213.145.29.108/libero/LF_main.jsp



Ognuno/a è libero di esprimere le proprie opinioni e convinzioni.



Pertanto esprimo la mia sulle opinioni di Feltri e Farina: sono ciniche e



disumane. Sono anche incomprensibili, perché c'è del livore in ciò che



dicono, un livore di cui non capisco la causa.



Mi chiedo come sia possibile attaccare con tanto sarcasmo un uomo in



pericolo, facendo balenare con chiarezza oscure accuse di connivenza



con dei terroristi.



(ricopiato per comodità dal mio post di mercoledì 25 Agosto 2004)



Mi sembra rivoltante trattare con tale irridente superficialità una vicenda



in cui un altro uomo, l'autista-interprete di Baldoni è stato ucciso in un



agguato. Si chiamava Ghareeb.



Mi ricorda un altro attacco che mi sembrò incomprensibile e ancora non



mi è chiaro: quello del capo della Croce Rossa Scelli a Gino Strada e



ai suoi medici, quando furono rapiti altri quattro Italiani.



 



 



 

giovedì 26 agosto 2004


Enzo Baldoni è stato ucciso



L'ultima immagine di un uomo di grande dignità e coraggio di fronte ai suoi immondi assassini. Ma anche di fronte al mondo intero. E di fronte a noi, Italiane e Italiani. Un'immagine di umana grandezza e forza, pur nell'orrore della situazione. L'autentica testimonianza di una vita intera. Voglio vegliare stanotte. Voglio stare con la sua famiglia, con le persone a lui più vicine. Solo pensieri d'amore e di pace per Enzo, uomo giusto e generoso. Voleva ascoltare, capire, far capire. Il volontario sorridente e il suo sorridente interprete Ghareeb, anche lui assassinato, assassinato da suoi conterranei, forse. Che pensare del terrorismo e dei terroristi se non che si cibano della loro violenza senza scopo? Che dire dei loro crimini, tutti, se non che sono orribili bestemmie contro il Dio che invocano e contro la Terra tutta con il suo carico di vita e di bellezza?



 



 



Foto: (AFP/File/Pino Scaccia) - BLOGHDAD


Abbandonarsi tra le Mani del Nonno



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Villaggio di Gongzhong nella Prefettura di Nyingchi, Tibet, 17 Agosto 2004.
REUTERS/Andrew Wong

mercoledì 25 agosto 2004


   Enzo Baldoni
martedì, 24 agosto 2004  



 



"Alle 16 di ieri, come quarta notizia di Al Jazeera, è stata mostrata la faccia barbuta di un uomo. In inglese ha detto: «Sono Enzo Baldoni». Aveva una polo grigia e l'aria tranquilla. Forse un po' troppo. Pareva un turista per caso. Il comunicato dell'"Esercito islamico in Iraq" (Al-Jeish Al- Islami-si-Iraq) ha posto un ultimatum a Berlusconi: o ritira entro 48 ore le sue truppe, e lo fa in modo chiaro, con un decreto firmato, o «non garantiamo la sicurezza di Baldoni ». Vuol dire che lo ammazzano. Il gruppo ha un simbolo molto simile a quello di Al Zarqawi, il decapitatore professionista per conto di Osama Bin Laden. Si deve questo simpatico esercito l'uccisione di un ingegnere e di un autista pachistani il 28 luglio scorso in Iraq. Al Jazeera non ha trasmesso le immagini dei pachistani perché «sconvolgenti". Abbiamo capito cosa gli hanno fatto. Eppure Baldoni appare straordinariamente rilassato. Come se avesse un asso nella manica.




Lo sappiamo su che cosa conta: sulle proprie idee. In fondo, è un loro simpatizzante. Perché dovrebbero fargli del male? È un giocherellone della rivoluzione.



Repubblica ha pubblicato un suo decisivo reportage: «Le mie vacanze col brivido». Dopo le ferie intelligenti, proviamo a fare quelle sconvolgenti. Ecco il ritratto che dedica sui Linus" al Chapas: «Marcos: culo e carisma». E questo sarebbe giornalismo di sinistra? Vogliamo dirlo: è un simpatico pirlacchione. Lo scriviamo tremando. Sappiamo che ci sono moglie, genitori e fratelli in lacrime. Desideriamo gli sia restituito vivo e vegeto. Evitiamoci le tirate patetiche però. Signori di Al Qaeda, proprio dal vostro punto di vista, non vale la pena di ammazzarlo. continua... - Libero, 25 Agosto 2004 http://213.145.29.108/libero/LF_main.jsp



 



Ognuno/a è libero di esprimere le proprie opinioni e convinzioni. Pertanto esprimo la mia sulle opinioni di Feltri e Farina: sono ciniche e disumane. Sono anche incomprensibili, perché c'è del livore in ciò che dicono, un livore di cui non capisco la causa. Mi chiedo come sia possibile attaccare con tanto sarcasmo un uomo in pericolo, facendo balenare oscure accuse di connivenza con dei terroristi. Mi sembra rivoltante trattare con tale irridente superficialità una vicenda in cui un altro uomo, l'autista-interprete di Baldoni è stato ucciso in un agguato. Si chiamava Ghareeb. Mi ricorda un altro attacco che mi sembrò incomprensibile e ancora non mi è chiaro: quello del capo della Croce Rossa Scelli a Gino Strada e ai suoi medici, quando furono rapiti altri quattro italiani.
 


lunedì 23 agosto 2004


L'urlo di Mays






Najaf, 18 Agosto 2004. - Mays, una bambina Irachena, piange dopo che un proiettile di mortaio è caduto fuori della sua casa e ha colpito suo zio, 18 Agosto 2004. [...] REUTERS/Ali Jasmin


Mays è mia figlia, mia nipote, mia cugina, mia amica ... icona dell'inizio del terzo millennio p. C. n.


domenica 22 agosto 2004













Le donne di Tehran
di Denise Faticante
20 Aug 2004

Le sette ragazze salivano velocemente le scale, buttavano vesti e veli neri, si accomodavano in salotto e iniziavano a respirare. In quel momento tutto si strasformava, scompariva la dittatura, il tenebroso e barbuto potere maschile e rimaneva solo la letteratura. "Il romanzo è come qualcosa da inalare, rimane nei polmoni, dunque cominciate a respirare". Quelle parole venivano dallo loro insegnate, Azar Nafisi, che nel 1997 ha dovuto abbandonare l'università di Tehran, i Khomeini e i Kamenei, guardiani della rivoluzione e ora vive negli Stati Uniti. Qui ha partorito uno splendido romanzo:


"Leggere Lolita a Tehran".



In questi giorni le tredici deputate del parlamento dominato dai conservatori hanno dato un calcio a lei a tutte quelle donne che dentro o fuori il paese si battono perché non venga più ipotecata la vita femminile. Le parlamentari hanno votato contro una legge proposta dal governo riformista che mirava a promuovere la parità tra i sessi in campo giuridico, economico e sociale.


Un tradimento che siede negli scranni del palazzo dal quale è giunta un'altra proposta: introdurre una sorta di costume nazionale femminile che si confaccia alle regole islamiche. Un enorme passo indietro per un paese abituato a giocare alle leggi come fossero uno yo-yo.


Le donne iraniane, come le sette studentesse di Tehran, hanno respirato libertà ed emancipazione quando ancora le rivendicazioni femminili erano embrionali in Europa e in America.


- Nel 1977 viene legalizzato l'aborto.


- Il 1967 è l'anno in cui molte ragazze possono accedere all'università e conquistare il diritto al voto.


- Nel 1977 intanto le legge di protezione della famiglia impone l'assenso della prima sposa in caso di ricorso del marito alla poligamia, e l'età minima del matrimonio è fissata a 18 anni.


La rivoluzione del 1979 fa tabula rasa: il regime di Reza Pahlavi viene rovesciato e con la scomparsa dello scià di Persia scende sul volto delle donne iraniane il chador. E con il velo prendono vita violenze, arresti e maltrattamenti nei confronti di chi non si piega alle imposizioni. E poiché la storia insegna che il peggior nemico delle donne ha un volto femminile, nascono a alcune associazioni come "Le sorelle di Zeyanab" o la "Gaschtè" con il compito di redarguire le recalcitranti.


Queste stesse donne oggi occupano, per volere del Consiglio dei Guardiani, le poltrone del potere. E con un voto hanno bocciato la lotta, il coraggio e una vita dignitosa.


Denise Faticante
d.faticante@reporterassociati.org


Non diversamente dalle deputate Iraniane si sono comportate le parlamentari Italiane che hanno votato e fatto approvare una legge per la fecondazione assistita lesiva dei diritti delle donne, in particolare, e dei diritti umani, in generale. Una dignitosa fecondazione assistita, infatti, riguarda tutte e tutti, donne e uomini, più che mai insieme e partecipi. h


Pensieri sparsi sulla questione Iraniana


Prego tutte e tutti i viaggiatori di non pensare assolutamente che io voglia sostenere la dittatura dello shah di Persia, ero radicalmente contraria. Ritengo, tuttavia, che sia un'orribile beffa per un popolo, desideroso di libertà e giustizia, lottare fino alla morte per poi ritrovarsi addosso una dittatura ben peggiore della precedente.


Le Iraniane e gli Iraniani sono stati ingannati e oppressi con sistemi diversi da poteri decisamente sovrastanti. Gli ultimi eventi della storia dell'Iran sono stati:


1953 - golpe della CIA contro il primo ministro Mossadeq (vedi post del) e restaurazione della dittatura dello shah;


1979 - crollo del regime dello shah; tentativo del primo ministro Bakhtiar di formare un governo socialdemocratico, dopo aver convinto lo shah a lasciare Tehran; tradimento da parte dell'esercito; vittoria della rivoluzione khomeinista;


1979 - comincia uno dei periodi più difficili per l'Iran; le prime a pagare sono le donne che, appunto, perdono tutti i diritti faticosamente conquistati;


2004 - il regime clericale è ancora al potere; le donne continuano ad essere oppresse; gli antichi nemici, quelli del colpo di stato contro Mossadeq, USA e Gran Bretagna, parlano di armi nucleari in Iran; dobbiamo assuefarci all'idea di un'invasione dell'Iran, stato canaglia per definizione?


Importante:


il libro l'ho comprato..ed è splendido..l'abbiamo recensito anche in
www.ilparnasoambulante.splinder.com
un abbraccio



... precisamente
qui

... e anche qui.











venerdì 20 agosto 2004

 Edward Luttwak, l'autore dell'analisi molto puntuale sullo stato delle cose in Iraq, pubblicata dal New York Times 1l 18 Agosto scorso.

Edward Luttwak è stato Consulente del segretario alla Difesa, del Consiglio per la Sicurezza Nazionale e del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti oltre ad essere membro del Gruppo di Studio per la Sicurezza Nazionale del Dipartimento della Difesa e membro associato dell'Istituto del Ministero delle Finanze Giapponese per la politica Fiscale e Monetaria. Luttwak è inoltre docente presso numerose università, tra le quali Berkeley e Yale, e istituti militari negli Stati Uniti all'estero (Russia, Italia, Francia. Spagna, Giappone, Argentina e Gran Bretagna).  http://www.radio.rai.it/radio3/mondo3/index.cfm

Dopo aver sostenuto l'invasione dell'Iraq, ora sostiene che gli Stati Uniti, sempre per salvaguardare i loro interessi, dovrebbero abbandonare l'iraq, o almeno, usare la minaccia del loro ritiro come strumento di pressione. Trovo agghiacciante il suo modo di argomentare e cinico il suo modo di analizzare le cose. Le persone non esistono.

Da noi, però, nemmeno un dubbio sull'opportunità di ritirare i nostri soldati, sia nell'interesse nazionale che per motivi etici e umanitari. Il bandanato non sembra propenso a rinunciare a un giorno di vacanza per andare in Parlamento a riesaminare l questione. Non lo si può costringere, ma si può gridargli l'indignazione per queste continue offese alle istituzioni.

Time to Quit Iraq (Sort Of)


By EDWARD LUTTWAK


Chevy Chase, Md. - Molti Americani credono ora che gli Stati Uniti stiano esaurendo la propria forza militare, il potere diplomatico e il Tesoro per perseguire un obiettivo irrealistico. Sembra che la democrazia interessi poco agli Iracheni, data la tendenza diffusa tra gli Sciiti di seguire rappresentanti del clero non eletti, il rifiuto dei Sunniti del principio della regola maggioritaria, e la preferenza dei Kurdi per tribù e clan rispetto a governi eletti. Si era supposto che la ricostruzione sarebbe avanzata rapidamente aumentando le entrate petrolifere, ma sta andando avanti con difficoltà poiché continua la distruzione inflitta da sabotaggi e furti. E in ogni caso,è improbabile che il nuovo governo Iracheno a interim sarà in grado di effettuare elezioni significative in un paese in cui la sua autorità è più largamente negata che riconosciuta.







 


Per ora pochi Americani sono preparati ad abbandonare semplicemente l'Iraq. Intanto, loro sono giustamente preoccupati perché fare questo sarebbe un colpo mortale alla credibilità globale dell'America e incoraggerebbe gli Islamisti dovunque. Un ritiro immediato lascerebbe il governo a interim e le sue deboli forze di dubbia lealtà a fronteggiare gli attacchi dei fedeli al regime Baath molto imbaldanzito, dei revanscisti Sunniti, degli estremisti Islamici locali e stranieri, e delle sempre più numerose milizie Sciite.











 


Il risultato probabile sarebbe la defezione dell'esercito governativo, della polizia e dei membri della guardia nazionale, seguita da un rapido collasso e poi dalla guerra civile. Peggio andrebbe nel Medio Oriente - come di solito succede - fino al punto di invasioni da parte dell'Iran, della Turchia e di eventuali altri (paesi), dando inizio a un nuovo ciclo di repressione e violenza.







 


Pertanto le probabili conseguenze di un abbandono Americano sono così tetre che pochi Americani vorrebbero perfino prenderlo in considerazione. Questo è un errore: è così precisamente perché un'imprevedibile è confusione è talmente prevdibile che gli Stati Uniti potrebbero disimpegnarsi dall'Iraq a poco costo, o addirittura forse vantaggiosamente.






 


Ecco perché: in Iraq l'America affronta alcuni diversi nemici, ... alcuni alleati nominali decisamente di nessun aiuto. Mentre le cose stanno, la loro mutua intensa ostilità ora non porta vantaggi agli Stati Uniti. Ma tutto potrebbe essere sbilanciato da una ben pianificata politica di disimpegno, e forzato a bloccare il danneggiamento degli interessi Americani e, possibilmente, perfino a favorirli in qualche misura.




Al momento, poiché gli Stati Unitisono completamente impegnati in Iraq, gli Sciiti seguaci del religioso rinnegato Moktada al-Sadr si sentono liberi di attaccare anche le forze Americane che stanno combattendo i Sunniti tesi a restaurare la loro ancestrale supremazia. Molti religiosi Sciiti e gran parte della popolazione - molti Sunniti stanno sperando di opprimere ancora una volta - o applaudono Mr Sadr o non fanno niente per fermarlo.



Ma se gli Sciiti fossero persuasi che l'America potrebbe davvero abbandonarli soli di fronte ai lealisti di Saddam Hussein, sembra certo che loro ritornerebbero a quella collaborazione con le forze di occupazione già mostrata nel seguito dell'invasione.





 


Nello stesso modo, finché alcuni dicono che le due maggiori potenze nella regione, Iran e Turchia, vedrebbero un Iraq nell'anarchia come un'opportunità per espandere la loro potenza, questo sembra probabile. Certo, un Iraq diviso sarebbe una base da cui quei paesi nemici - specialmente i dissidenti Kurdi - sarebbero in gardo di operare impunemente.





 


Per ora, con gli Stati Uniti visti come determinati a tirare diritto, gli hard-liners (?) in Iran possono perseguire la loro vendetta anti-Americana incoraggiando l'opposizione Sciita, sostenendo la milizia di Mr. Sadr e incoraggiando la Siria ad aiutare i terroristi Islamici a introdursi di nascosto in Iraq. Ma un ritiro Americano significherebbe la fine di ogni speranza per un Iraq unificato, a guida Sciita, che è l'obiettivo di lungo termine dell'Iran, e probabilmente una restaurata supremazia Sunnita, che è la più grande paura dell'Iran.



Per quanto riguarda la Turchia, nostro alleato sempre più nominale, sembra che sia focalizzata sull'alleanza con la minoranza Turcomanna in Iraq, e sulla divisione dei Kurdi. Non viene fatto nulla per aiutare gli Stati Uniti nelle loro difficoltà - e la Turchia potrebbe fare molto, soprattutto ovviamente condividendo l'informazione raccolta dalle sue unità di intelligence operanti in Iraq.




 


Ma se l'alternativa fosse un imminente ritiro Americano - e un Kurdistan Iracheno indipendente de facto - la Turchia arriverebbe subito a stare alle calagna (?). La minaccia di disimpegno colpirebbe anche i giocatori minori. Il Kuwait, la cui vera esistenza dipende dal potere Americano, ha dato poco per aiutare. In un tempo di esplosive rendite petrolifere, e con i subcontactors Kwaitiani che raccolgono grandi somme dai contratti con il Pentagono, il Kuwait Red Crescent sta mandando solo strani carichi di cibo in Iraq (e perfino quelli sembrano gonfiati). Per quanto riguarda i Sauditi, la loro tendenza è esemplificata dalla loro recente offerta di un contingente Islamico per aiutare la fortezza Iraq: all'inizio è suonato coraggioso, invece si è rivelata una promessa di truppe che non erano loro, e vincolate da condizioni che le hanno resse peggio che inutili.







Tuttavia il Kuwait e l'Arabia Saudita sarebbero fortemente danneggiate da un Iraq nell'anarchia, che potrebbe persino permettere all'Iran di invadere le sue regioni meridionali col pretesto di proteggere i seguaci Sciiti.



Ancora, la minaccia del ritiro Americano sarebbe adatta a concentrare le menti meravigliosamente. Lo scopo sarebbe di portare il Kuwait e l'Arabia Saudita a rimpiazzare i contribuenti Americani nell'aiutare l'Iraq; i due potrebbero congiuntamente sponsorizzare le truppe di peacekeeping, questa volta seriamente, remunerando finanziariamente i paesi Musulmani più poveri con truppe to spare (?).




 


While deploying such soldiers across Iraq would be a very bad idea - they would be Sunnis of course, and most unwelcome to Iraq's Shiites - they would be fine for the recalcitrant Sunni towns.


This is no diplomatic parlor game. The threat of an American withdrawal would have to be made credible by physical preparations for a military evacuation, just as real nuclear weapons were needed for deterrence during the cold war. More fundamentally, it would have to be meant in earnest: the United States is only likely to obtain important concessions if it is truly willing to withdraw if they are denied. If Iraq's neighbors are too short-sighted or blinded by hatred to start cooperating in their own best interests, America would indeed have to withdraw.



 


That is a real constraint. Then again, the situation in Iraq is not improving, the United States will assuredly leave one day in any case, and it is usually wise to abandon failed ventures sooner rather than later.


Yes, withdrawal would be a blow to American credibility, but less so if it were deliberate and abrupt rather than a retreat under fire imposed by surging antiwar sentiments at home. (See Vietnam.)


So long as the United States is tied down in Iraq by over-ambitious policies of the past, it can only persist in wasteful futile aid projects and tragically futile combat. A strategy of disengagement would require risk-taking statecraft of a high order, and much competence at the negotiating table. But it would be based on the most fundamental of realities: for geographic reasons, many other countries have more to lose from an American debacle in Iraq than does the United States itself. The time has come to take advantage of that difference.



Edward N. Luttwak is a senior fellow at the Center for Strategic and International Studies and the author of "Strategy: The Logic of War and Peace."


Originale:


New York Times, 18 Agosto 2004


Time to Quit Iraq (Sort Of) by Edward Luttwak


http://www.nytimes.com/2004/08/18/opinion/18luttwak.html