Il berlusconismo nella conferenza stampa 2008
Pagina di diario con alcune cose che ho notato con stupore e spavento. Dichiarazioni virgolettate prese da giornali online, qualche commento esperto, qualche commento mio. Sono passaggi di cui voglio serbare il ricordo. Ho notato in tutta la conferenza, seguita in diretta, che ogni domanda, compresa quella della giornalista dell'Unità, si è trasformata in battuta d'appoggio all'esposizione del pensiero berlusconista, tra forti riverberi piduisti e irrefrenabili autocratismi tipici del personaggio. Lui parla da padrone, considera le elezioni democratiche una investitura feudale che ogni atto di potere consente, dimentica che la nostra è una democrazia parlamentare (meno male che Bossi c'è, e Fini anche...) Ben venga il parlar chiaro, però, almeno nessuno potrà dire che non sapeva, che non aveva capito, che era distratto.
Presidenzialismo/cesarismo
«Sono convinto che il presidenzialismo sia la formula costituzionale che può portare il migliore risultato per il governo del Paese: sono assolutamente convinto che l'architettura costituzionale attuale ci pone dietro gli altri Paesi perché non conferisce i poteri necessari al premier per essere incisivo. Auspico che nel corso della legislatura ci sia un ampio dibattito, spero condiviso da maggioranza e opposizione e forte dell'opinione popolare, per arrivare a una riforma presidenzialista», Silvio Berlusconi, conferenza stampa 20 dicembre 2008
L'ossessione del Cavaliere tra statue, cipressi e fontane
di FILIPPO CECCARELLI
E' una monarchia presidenziale, prima che una Repubblica, quella che Silvio Berlusconi ha delineato al termine dell'interminabile conferenza stampa di fine anno. Un principato elettivo, ha lasciato capire l'aspirante unico sventolando un paio di volte il 72 per cento dei consensi di cui già disporrebbe
O meglio, considerata la necessaria unanimità che pure ha voluto evocare, si tratterebbe di una signoria plebiscitaria: questo è l'esito dichiarato del prossimo quadriennio che del resto era ben inscritto, visioni e simboli, nella maestosa ambientazione di villa Madama, fra statue, cipressi, fontane e amorini, scenografia affidata a Raffaello Sanzio, Sangallo, Giulio
Romano e Baldassarre Peruzzi, oltre s'intende al fidatissimo Gasparotti, regista d'ogni prestazione scenica del Cavaliere.
Certo faceva impressione veder questo imminente (forse) sovrano presidenziale, collocato comunque in quello scenario di magnificenza; e non per accarezzare profezie o indulgere a vetero catastrofismi penitenziali, ma un po' veniva anche da pensare al vecchio Giuseppe Dossetti, il professorino democristiano della Costituente poi divenuto monaco, che nel 1994 fece a tempo a prevedere, "verificandosi certe condizioni oggettive e attraverso una manipolazione mediatica dell'opinione", come il berlusconismo, che traeva origine da "una grande casa economica finanziaria fattasi Signoria politica", ecco, il berlusconismo si sarebbe potuto evolvere per l'appunto "in un principato più o meno illuminato, con coreografia medicea" aggiungeva preziosamente don Pippo Dossetti. ... continua qui .
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Il silenzio delle sentinelle di GIUSEPPE D'AVANZO
Dovremmo aver imparato in questi quindici anni che, nonostante l'abitudine alla menzogna, Berlusconi non nasconde mai i suoi appetiti. Il sermone di fine anno ci ricorda che la sua bulimia non conosce argini.
Vuole il presidenzialismo come il compimento della sua biografia personale. Non si accontenta di avere in pugno due poteri su tre. Dopo aver asservito il Parlamento al governo, pretende ora che evapori l'autonomia della magistratura. Dice che la riforma della giustizia è pronta e sarà battezzata al primo Consiglio dei ministri del 2009. Anticipa quel che ci sarà scritto: i pubblici ministeri se le scordino le indagini. Diventeranno lavoro esclusivo delle polizie subalterne al ministro dell'Interno, quindi affar suo che governa in nome del popolo. I pubblici ministeri, ammonisce, diventeranno soltanto "avvocati dell'accusa". Andranno in aula "con il cappello in mano" davanti al giudice a rappresentare come notai, o come burocrati più o meno sapienti, le ragioni del poliziotto. Dunque, del governo. Con un colpo solo, si liquidano l'eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge (art. 3 della Costituzione, "Tutti i cittadini sono eguali davanti alla legge"); l'indipendenza della magistratura (art. 104, "La magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere"); l'unicità dell'ordine giudiziario (art. 107, "I magistrati si distinguono fra loro soltanto per diversità di funzioni"); l'obbligatorietà dell'azione penale (art. 112 "Il pubblico ministero ha l'obbligo di esercitare l'azione penale"); la dipendenza della polizia giudiziaria dal pm (art. 109, "L'autorità giudiziaria dispone direttamente della polizia giudiziaria"). ... continua ... La Repubblica, 22 dicembre 2008: QUI .
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Giustizia e Magistratura
«Io ho il 72 per cento del consenso, e questo la dice lunga sulla fiducia che hanno gli italiani di questi magistrati politicizzati».
Il consenso popolare come lavacro d'ogni colpa o responsabilità, come ordalia o giudizio di Dio. Coerente con un'idea barbaricofeudale del potere. E, per giunta, il regime può continuare ad avere una parvenza di democrazia.
«Quando abbiamo deciso di inserire nelle liste elettorali delle persone su cui esistevano indagini o procedimenti della magistratura lo abbiamo fatto sempre a ragion veduta. Cioè ascoltando e conoscendo queste persone».
Sul leader maximo l'assoluzione discende dal giudizio del popolo/Dio, sui leader minori discende dal leader maximo in grazia del suo ascolto e della conoscenza che lui ha delle persone. Coerente con un'idea personalistica, egotista, autoritaria del potere. Ma è pur sempre una democrazia, visto che il leader maximo ha il 72% del consenso popolare. Logica e coerenza intaccabili, se non si ha il lume della ragione o si arretra nel tempo per sprofondare nell'arbitrio dei sovrani assoluti. Complimenti, mister Berlusconi! Complimenti a lei e al suo popolo sovrano così avveduto nell'affidarle i tre poteri dello Stato tutti insieme. E vada pure al diavolo quel Montesquieu, illuminista e relativista, che strologava di divisione e controllo vicendevole dei poteri!
«Al primo Consiglio dei ministri di gennaio porteremo la riforma della giustizia che poi andrà in Parlamento e lì ascolteremo le suggestioni di chi, anche dell'opposizione, vorrà darci suggerimenti. Fulcro della riforma sarà la separazione degli ordini, con un avvocato dell'accusa che avrà nei confronti dei giudici gli stessi doveri e diritti degli avvocati».
Intercettazioni: limitazione della lotta alla corruzione
«La situazione delle intercettazioni è inaccettabile. Devono essere fatte solo per i reati più gravi». «In Parlamento in un emendamento è stata inserita la possibilità di fare intercettazioni anche nelle indagini su reati contro la Pubblica amministrazione. Un disegno di legge così fatto, sul quale mi sono detto subito insoddisfatto, non cambierebbe di molto una situazione inaccettabile. I cittadini non devono essere intercettati rispettando il loro diritto alla privacy. Ho la certezza che questo mio convincimento sia condiviso da tutta la maggioranza».
Le intercettazioni e le menzogne sulla privacy dei cittadini
23 dicembre 2008
Lascio la parola a un articolo che tratta l'argomento con una competenza superiore alla mia.
Macché privacy di BRUNO TINTI
Ormai è un riflesso pavloviano: si apre un’indagine su qualche esponente politico e parte la campagna antintercettazioni.
Che vanno abolite o al massimo consentite solo per reati di terrorismo e mafia; concesse solo da un collegio di tre (al momento ma non si sa mai, magari cinque o forse sette sarebbe meglio) giudici che possano valutare con imparzialità la richiesta del PM, che non sia persecutoria; e che assolutamente non finiscano sui giornali, nemmeno quando siano diventate pubbliche e ne sia legittima la conoscenza.
La novità di questi giorni è che la linea dura, anzi durissima, è sostenuta solo dal Presidente del Consiglio, che in effetti di queste cose se ne intende; i suoi alleati (e anche l’opposizione) qualche distinguo sui reati per i quali le intercettazioni possono essere consentite lo propongono. Ancora una volta, nessuno si chiede quali sono i veri motivi per i quali ai politici viene la schiuma alla bocca quando si parla di intercettazioni. Nessuno ha sostenuto che le intercettazioni non servono per scoprire i reati. Ed è ovvio: si tratta dell’unico strumento di indagine possibile quando vi è una convergenza di interessi tra il cittadino (che corrompe) e il politico (che si fa corrompere), sicché confidare nel pentimento dell’uno o dell’altro è come credere a Babbo Natale. Durante l'estate hanno raccontato la storiella dell’eccessivo costo e dell’eccessivo numero delle intercettazioni. Ma si trattava di informazioni false: i 300 milioni (su 7 miliardi del bilancio della Giustizia) comprendevano le somme pagate ai periti e consulenti del PM, per le missioni della polizia giudiziaria, le trascrizioni degli interrogatori e via dicendo. E comunque, se le intercettazioni si pagano troppo, è colpa del legislatore che non prevede per i gestori telefonici il solo rimborso del costo sostenuto. Quanto al numero, è stato necessario informare il ministro della Giustizia che le persone intercettate sono poche centinaia e non migliaia. Alla fine si sono attestati sulla linea della riservatezza violata: non è giusto che, per scoprire qualche reato in più, venga violata la privacy dei cittadini italiani. E questa, al momento, è la tesi prevalente.
Anche questa tesi è falsa. La privacy dei cittadini italiani non corre alcun rischio. Prima di tutto per la maggior parte dei reati le intercettazioni non sono possibili oppure non sono utili; chi ruba al supermercato, chi picchia la moglie, chi lascia la macchina in sosta con il tagliando falsificato non viene intercettato. E poi l’interesse a rendere note le intercettazioni che riguardano il comune cittadino è pari a zero. Non si spreca spazio e carta per raccontare i fatti di una persona qualunque. La «privacy violata» è quella di un paio di migliaia di politici. E allora chiediamoci: sapere che qualche politico appoggia qualche banchiere, che qualche amministratore pubblico favorisce qualche imprenditore, che qualche dirigente pubblico deve la sua nomina all’amicizia di qualche ministro; non è necessario in uno Stato democratico? E, attenzione, saperlo oggi, quando il fatto risulta dalle stesse parole dei protagonisti, e non fra 10 anni, quando ci sarà la sentenza di prescrizione della Corte di Cassazione e il colpevole (prescritto) potrà consegnare ai giornali la sua proterva dichiarazione di innocenza «finalmente» accertata. Ma chiediamoci anche: se si trattasse di fatti che non costituiscono reato e che però danno la misura della statura etica e politica di chi appartiene alla classe dirigente, non sarebbe bene conoscerli? Io facevo il Procuratore della Repubblica; se si fossero intercettate mie telefonate con qualche mafioso che mi invitava con regolarità nella sua riserva di caccia e che mi ospitava a casa sua, non avreste voluto saperlo? Non avreste voluto sapere che tipo era quel magistrato che aveva il potere di avviare un processo nei vostri confronti? E non è, allo stesso modo, necessario che i cittadini sappiano che razza di gente li governa?
E infine. Se anche la risposta a queste domande fosse: no, non è necessario, anzi non è giusto; davvero pensate che la tutela di questa presunta privacy valga la certezza dell’impunità per i reati commessi abitualmente da una classe politica per cui etica e legge sono solo fastidiose astrazioni?
La Stampa, 23 dicembre 2008: QUI .
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Disuguaglianza sociale
Scelta riformista o cesarismo autoritario
di EUGENIO SCALFARI
... "Disuguaglianza sociale. Il dramma che l'Italia oggi sta vivendo è contenuto in queste due parole. Disuguaglianza sociale. È questa la grande, moderna questione che si pone oggi di fronte a noi. Colpevole non vedere, non rendersene conto. Imperdonabile non sentire bruciante sulla nostra pelle, per le nostre coscienze, il dovere di offrire risposte a questa realtà".
Le cronache dei giornali di ieri non riportano queste parole o ne fanno un cenno distratto, eppure esse aprono la relazione di Veltroni all'assise del Partito democratico e il fatto che non si tratti d'uno slogan ma di una drammatica constatazione è documentato da un lungo elenco di cifre e di situazioni che occupano la prima parte del discorso del segretario del Pd.
Sono cifre e situazioni che conosciamo, che provengono da fonti ufficiali e che non raccontano soltanto quanto avviene in Italia ma in tutto l'Occidente e in tutto il pianeta. La settimana scorsa citammo il pensiero di Joseph Stiglitz, premio Nobel dell'economia che individuava anche lui nella distribuzione malformata della ricchezza la piaga del mondo intero. ... continua qui .
Conferenza stampa Berlusconi 2008
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22 dicembre 2008
Improvvisazione al potere di TITO BOERI
QUI