PALESTINESI E ISRAELIANI PER LA PACE
Hanna Siniora: «Ora tocca a noi palestinesi scendere in campo per sostenere il “Patto per la pace”. So bene che non è facile per un popolo sotto occupazione credere nel dialogo. Ma i centomila israeliani che sabato sera hanno manifestato a Tel Aviv in memoria di Yitzhak Rabin e per il ritiro dai Territori occupati, dimostrano che esiste un’altra Israele, l’Israele della pace giusta, tra pari, che non si riconosce nella politica del pugno di ferro adottata da Sharon e dal suo ministro della Difesa Mofaz». A sostenerlo è Hanna Siniora, già direttore del quotidiano in lingua araba di Gerusalemme «Al Fajr», uno degli esponenti riformatori della dirigenza palestinese, tra i promotori del «Patto per la pace» che verrà ufficializzato il 20 novembre a Ginevra. [...]
Cosa rappresenta il «Patto per la pace» per i palestinesi?
«Il compimento di un percorso di pace avviato a Oslo e sviluppatosi nei negoziati di Taba. Quel Patto è la realistica presa di coscienza che un accordo di pace è possibile solo se i due popoli s’incontreranno a metà strada, rinunciando al sogno della Grande Israele o della Grande Palestina».
Quel Patto non piace ad Hamas e agli irriducibili della lotta armata.
«La militarizzazione dell’Intifada ha provocato solo disastri per il popolo palestinese e per la nostra causa di libertà e di autodeterminazione nazionale. Il terrorismo è stato una risposta sbagliata, sciagurata, al regime di occupazione. Ripensare le forme di lotta, ritornare alle origini dell’Intifada, intesa come rivolta popolare. non significa arrendersi alla politica di brutale repressione esercitata dal governo di Ariel Sharon, ma l'esatto contrario: sostenere le nostre ragioni con iniziative di lotta capaci di parlare all’opinione pubblica mondiale e a quella parte d’Israele che crede in una pace fondata su due Stati».
Il dialogo può conciliarsi con la barriera di sicurezza in Cisgiordania?
«No. Perché il Muro voluto da Sharon non trova le sue ragioni in motivi di sicurezza ma nella realizzazione di quella politica dei fatti compiuti che svuoterebbe di ogni significato un futuro processo negoziale. Si tratta di un’annessione di fatto di territori occupati e del rafforzamento della colonizzazione ebraica in Cisgiordania». [...]
La destra ebraica ha accusato i promotori israeliani del Patto per la pace di collusione col nemico.
«È la stessa accusa rivoltaci dagli estremisti palestinesi. Di nuovo, gli opposti si ritrovano nella comune volontà di affossare ogni iniziativa di pace». [...]
La pace può essere «imposta» dall’esterno?
«La pressione internazionale è di fondamentale importanza ma da sola non può bastare. Per questo è necessario moltiplicare gli sforzi per costruire un movimento dal basso. La diplomazia dei popoli non è meno importante di quella dei governi».
Nel suo viaggio a Mosca, Ariel Sharon ha ribadito di essere pronto a fare concessioni.
«Il primo ministro israeliano non è nuovo a queste esternazioni a cui seguono sempre atti di carattere opposto, come lo è il proseguimento della costruzione del Muro in Cisgiordania. Sharon non si dice contrario ad uno Stato palestinese, ma il Muro prefigura una cantonizzazione della Cisgiordania che svuoterebbe lo “Stato” palestinese di ogni prerogativa propria di uno Stato indipendente, a cominciare dal pieno controllo del suo territorio».
Difficile questo percorso di speranza. Ma è obbligatorio seguirlo. Un bacio, Harmonia. Percival
RispondiElimina