sabato 22 novembre 2003

Dedicato a chi mi ha impedito di seguire lo spettacolo di


Raiot guzzanti raitre Courtesy of Studio Uno, 2003Sabina Guzzanti, l'Ottima


Non posso essere a Roma per lo spettacolo in teatro, comunque quello spettacolo


mi spettava, qui a casa mia. Sono abbonata e arrabbiata.


Deve proprio togliermi tutto, Lui?


Mi affido all'articolo di


Furio Colombo per dire quello che penso.






22.11.2003
Satira, c'è poco da ridere
di Furio Colombo

Oggi - domenica - Sabina Guzzanti presenterà all’Auditorium di Roma lo spettacolo che le è stato impedito di fare sugli schermi della televisione pubblica italiana. Lo scrivo in apertura di questo articolo perché credo e spero che tutti i lettori di questo giornale che ne hanno la possibilità, andranno all’Auditorium per partecipare a una grande manifestazione di libertà.


I regimi autoritari, nel loro formarsi, attraversano sempre un periodo di prova. Tentano una mossa più sfacciata di quelle precedenti per spiare la reazione dell’opinione pubblica. Se il gesto di soffocamento, censura e cancellazione delle libertà riesce, se i grandi giornali fanno finta di niente, si comportano come se si trattasse di una delle tante vicende che travagliano i mass media e le strambe personalità dello spettacolo, se non c’è una risposta ferma e diffusa dell’opinione pubblica, se si riesce a intimidire o a distrarre un numero abbastanza alto di persone, allora la strada è aperta per la prossima mossa, che sarà più grave.


Lo abbiamo detto e lo ripetiamo. Un giorno (speriamo presto, speriamo dopo le prossime elezioni, se niente turberà il godimento pieno e normale dei nostri diritti civili) questo periodo brutto e pericoloso della vita italiana sarà ricordato per il silenzio di una schiera di giornalisti, di una gran parte della classe politica, delle istituzioni verso cui i cittadini sono abituati a volgere lo sguardo sperando in un intervento. E sarà ricordato per il cauto e quieto defilarsi di molti tra gli intellettuali più in vista. Fanno eccezione quasi solo i giuristi, che tenacemente denunciano ogni svolta l’allontanarsi della politica italiana dalla Costituzione del Paese. Ma quando il Professor Pizzorusso ha provato - nell’ambito della libertà accademica che non è stata ancora sospesa da alcuna disposizione o giuramento - a condividere con gli allievi del corso per Uditori Giudiziari le sue valutazioni di giurista sul momento politico italiano, è stato prontamente fermato e autorevolmente sgridato.


Ha subìto una punizione pubblica che non è mai toccata al ministro delle Riforme che chiede di respingere gli immigrati a cannonate, al sindaco che ordina la distruzione di case di stranieri legali con regolare permesso e posto di lavoro, e le distrugge mentre donne e bambini sono in quelle case e devono rifugiarsi in chiesa.


Sono fulmini che non hanno mai sfiorato chi, da autorevoli posizioni politiche, ha accusato apertamente di terrorismo il leader della maggiore organizzazione sindacale italiana (per poi rimangiarsi tutto con la partecipazione unitaria alla manifestazione di Firenze).


Sono censure da cui gli spensierati accusatori della Commissione Telekom Serbia, che è stato un servizio, meticolosamente preparato con prove false, falsi informatori, e false notizie accuratamente diffuse presso tutti i media e la cui trasmissione, attraverso centinaia di telegiornali e giornali radio, non e mai stata bloccata o anche solo sospesa. Non ha mai creato preoccupazione nel consiglieri di amministrazione della Rai.


È ad essi, ai consiglieri di amministrazione della Rai, che dobbiamo dedicare attenzione nei giorni in cui dichiarano di voler sopprimere la trasmissione di satira politica di Sabina Guzzanti, e poi si accontentano di “sospenderla” perché la presidente Lucia Annunziata resiste. Benché la Annunziata sia un ostaggio isolato, rifiuta di accettare il voto di persone con il nome autorevole (alcuni) e la professione di intellettuali, che sono decise a chiudere definitivamente la bocca a chi parla male di Berlusconi.
Perché la questione è questa e solo questa. È una questione politica così grave che spazza via, nei consiglieri di amministrazione della Rai, ogni amor proprio, ogni naturale desiderio di tutela della propria reputazione. Altrimenti persone come Rumi e Alberoni non si darebbero da fare per far tacere qualcuno. È contro natura, data la loro condizione di docenti universitari. E contro il prestigio che si sono guadagnato nel corso della loro attività accademica.


È vero, la vicenda Pizzorusso - un professore costituzionalista che viene duramente redarguito per avere unito le sue opinioni di cittadino alla sua interpretazione di docente sullo stato delle leggi in Italia - può avere incoraggiato la spinta contro la libertà di prestigiosi membri del Cda della Rai.


Se si può far tacere un grande giurista per avere detto male di Berlusconi, perché non si dovrebbe far tacere la miglior voce del teatro di satira italiano per la stessa ragione?


A Lucia Annunziata va dato atto di avere sviato il colpo e di avere impedito l’umiliazione della sgridata, che invece è toccata - con voto unanime - al professor Pizzorusso. Almeno, in questo caso, il voto unanime è stato per la decisione di sospendere, non di sopprimere.


Sul momento è il danno minore. Ma ci costringe tuttavia a renderci conto dello stato della nostra libertà. Che lo facciano d’ufficio, o su richiesta pressante di più alta autorità, (spero che si tratti del secondo caso ma temo che ci troviamo di fronte al primo, ovvero l’impulso spontaneo di impedire, prima ancora che ti venga chiesto, che si dica male di Berlusconi) i consiglieri di amministrazione della Rai ci stanno mostrando che qui, in questa Italia, nella televisione pubblica che risponde solo al Parlamento e che ha come solo organo di controllo la Commissione di Vigilanza, non c’è più la fondamentale libertà di esprimere dissenso.


In altre parole, è stato gettato sulla nostra vita democratica uno degli ostacoli più gravi e pericolosi alla libertà di tutti. D’ora in poi deve scendere su di noi solo la tetra e maniacale cupezza di Bondi.


Il sorriso deve toccare soltanto al grande venditore che si avvantaggia con le sue leggi speciali mentre governa. E mentre governa, allontana noi cittadini dall’Europa e dalla libertà. Abbiamo già scritto su questo giornale che oggi, in questi anni, come si leggerà liberamente solo nei libri del dopo-Berlusconi, la nostra libertà personale e civile si deve alla nostra condizione non facilmente eliminabile di cittadini europei.


Non si può non collegare l’evento Guzzanti - che a noi pare grave proprio perché si tratta di satira, proprio perché segue la censura subìta, nella sua libertà di insegnamento, dal professor Pizzorusso - alle minacce violente contro l’Unità . Sono minacce dirette non solo ai suoi redattori e direttori - che forse, per il regime, sono irrecuperabili - ma anche (forse soprattutto)a chi ha impegnato il proprio danaro per salvare e ridare vita al giornale, a chi continua a rischiare perché questo giornale viva, a chi potrebbe essere indotto a comprare pubblicità sulle pagine dell’Unità ma non lo farà dopo avvertimenti tanto pesanti e tanto autorevoli.


Spiace e addolora leggere (nell’intervista a La Repubblica , 20 novembre) ciò che ha da dire il professor Giorgio Rumi, persona che merita stima e rispetto. Eppure ci ha detto ciò che pensa (e non ha smentito) con le frasi seguenti, che estrapolo dall’intervista senza la minima alterazione: «Al debutto (di questa trasmissione) qualcosa non ha funzionato nella catena di comando. In onda sono andate cose di cattivo gusto. Il funzionario non ha visto o dormiva».
La frase implica un desiderio di sorveglianza censoria che non ha niente a che fare con il teatro, con la satira e con la libertà.


Codice civile, Codice penale, e comune senso del pudore non sono mai stati violati neppure di striscio, nell’unica puntata di Raiot finora andata in onda.


Si è parlato male di Berlusconi, è vero. È questo che si chiama «cattivo gusto» e che un funzionario sveglio, nella «catena di comando» (che tremenda espressione per un uomo di cultura) avrebbe dovuto impedire?


E ancora: «Non tutto era satira. In certi momenti Raiot appariva come un manifesto politico. Senza contraddittorio. Si è passato il segno». Lo diciamo anche noi: si è passato il segno, per almeno due ragioni che è impossibile che non siano evidenti anche per il Prof. Rumi: la prima è che Rumi dovrebbe dirci quando, nella sua vita, ha assistito a uno spettacolo di comici seguito da contraddittorio. La seconda è che potrebbe aiutarci a ricordare una sola apparizione di Berlusconi sui teleschermi italiani in cui il fondatore di Forza Italia, capo di Mediaset, della Mondadori e del governo, abbia mai accettato un contraddittorio.


E infine: «La Guzzanti non può tirare fuori lo stalliere di Berlusconi o la P2, cose passate in giudicato...».
Complimenti per tanto candore, Prof. Rumi. Dunque questo era il nocciolo duro del problema. Bene, Lei e gli altri cattedratici che presidiano la Rai hanno il potere per farlo. Ma da quando, in Italia, una opinione, per quanto comica, «si può o non si può» esprimere, per usare le sue parole? Quando è stata cambiata la Costituzione?


Una cupa aria di provincialismo circola nelle stanze chiuse, rigorosamente ubbidienti di questa Rai, nonostante i tentativi di Lucia Annunziata di aprire qualche finestra e di far vedere ai consiglieri di Berlusconi qualche scorcio di mondo.
Certo Lucia Annunziata avrà spiegato a coloro che si meravigliano perché la satira sembra giornalismo e sembra politica, che persino nell’America di Bush (e ormai da tre decenni) vanno in onda ogni sera tre distinti talk show basati sulla satira politica, che sono guardatissimi riti della tribù americana. Quella libera tribù aspetta ogni sera l’occasione di vedere presi in giro i propri potenti. Nei tre talk show la satira si fa in due modi. Il primo è il monologo. Il conduttore va in scena e comincia: «Avete sentito quello che ha detto oggi George Bush nella conferenza stampa? Ma l’avete ascoltato bene?».


Il secondo è una serie di interviste. Alcune sono politiche e altre no. Ma in quelle politiche nessuno dice a nessuno se «può» dire una cosa. Al massimo gli fanno il «bip» sulla parola sconcia. E ogni settimana va in onda, da quasi due decenni, il più celebre programma di satira politica e di costume di quel Paese. È Saturday Night Live , un programma trasmesso in diretta che ha distrutto, con la comicità, sia George Bush padre, i cui discorsi venivano parodiati nel più devastante dei modi, sia Bill Clinton che in quel programma ha rivissuto tutta la parte meno esaltante delle sue avventure. Basta essere al corrente di questi programmi, e di quelli quasi identici della Tv tedesca, di quella francese, di quella inglese, per sapere che c’è un nesso strettissimo fra cronaca e satira e un nesso temporale ancora più stretto tra l’evento e la parodia dell’evento. Spostare uno spettacolo di satira fuori dall’immediatezza, che è il suo ambito naturale, equivale a ucciderlo.


Nei libri che verranno ci sarà una nota a piè di pagina. Ricorderà, in corsivo, nomi e circostanze della squallida giornata italiana in cui è stato deciso, non da forzuti squadristi ma da gentili professori universitari con illustre curriculum, che in Italia non si può dire male di Berlusconi.


Più avanti, una volta dimenticato il senso di umiliazione per eventi come questi, la nota a piè di pagina sarà tolta, e sarà unito (ma solo nelle edizioni più costose) un Dvd con l’intero spettacolo in cinque puntate di Sabina Guzzanti. Più una, in cui lo straordinario gruppo di comici ricostruirà il Consiglio di Amministrazione della Rai di quegli anni e i discorsi testuali (che risulteranno comicissimi) con le ferme parole di riprovazione nei confronti di una piccola libertà.












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