giovedì 17 luglio 2003

30 Aprile 2003



Dal Vietnam all'Iraq


Edward Herman


Si doveva distruggere l'Iraq per liberarlo:


alcune raccapriccianti similitudini tra Iraq e Vietnam.


Ci sono, ovviamente, importanti differenze tra l'invasione statunitense del Vietnam e quella dell'Iraq. In Vietnam, dal 1964 fino al 1965, gli Stati Uniti hanno semplicemente cercato di imporre un governo fantoccio importato ad un popolo che appoggiava una dirigenza e un movimento comunista profondamente radicati, e solo nell'ultima fase dell'intervento, gli Stati Uniti si sono effettivamente mossi verso un'invasione su vasta scala. Quell'invasione fallì definitivamente nella conquista del paese bersaglio, anche dopo un devastante sforzo durato molti anni. Al contrario, l'invasione-conquista dell'Iraq attualmente in corso è riuscita a destituire un regime impopolare, anche si tratta di un regime che era stato sostenuto dagli invasori appena 15-20 anni prima, quando il suo utilizzo di "armi di distruzione di massa" era utile agli attuali invasori - da cui erano anche fornite le armi. Le forze impegnate nell'invasione dell'Iraq hanno inoltre scalzato il regime bersaglio in poco tempo, anche se il processo di pacificazione è appena iniziato.


Ma ci sono anche importanti similitudini che riflettono sia la continuità nel carattere e nelle linee politiche dei dirigenti dello stato imperiale e dei loro agenti di propaganda, sia le minime restrizioni all'esercizio statunitense del potere nel sistema globale. Un'importante similitudine è che entrambe le invasioni rappresentano casi di aggressione nell'accezione comune della parola, mentre in entrambi i casi le agenzie di propaganda hanno semplicemente messo da parte o ignorato tali accuse e comportamenti, considerandoli irrilevanti per le operazioni dei loro leader, proprio come per i loro predecessori è rimasto indiscusso il diritto di sterminare gli americani nativi e impadronirsi del territorio messicano. Nel caso del Vietnam, mentre da una parte si ammetteva che il governo di minoranza scelto e imposto non poteva competere politicamente con quello di Ho Chi Minh e con le forze che si stavano combattendo, dall'altra i funzionari e i media statunitensi accusarono Ho e il Fronte di Liberazione Nazionale (NLF) di commettere un'aggressione resistendo al governo del loro fantoccio. E' stata anche coniata la splendida espressione "Aggressione interna" per descrivere la resistenza dei Sud vietnamiti al nostro governo imposto - il popolo di quel paese stava commettendo un'aggressione, mentre noi stavamo "difendendo il Vietnam del Sud", cioè stavamo proteggendo contro i suoi stessi cittadini un governo scelto da noi. I media non si sono mai opposti a questa consuetudine orwelliana.


Naturalmente, i funzionari statunitensi sostenevano di combattere per l'"autodeterminazione" e la "libertà" dei sud vietnamiti che stavano commettendo quest'aggressione interna contro il nostro fantoccio. La logica del ragionamento su questo punto non è mai stata troppo chiara, ma seguiva questa linea: la gente non sceglierebbe mai il comunismo liberamente, quindi quelli che hanno compiuto questa scelta avevano certamente subito il lavaggio del cervello, e avrebbero invece desiderato il governo del nostro fantoccio se fossero stati propriamente educati; e quelli che fossero sopravvissuti al nostro assalto sarebbero stati certamente educati se noi avessimo vinto. Non andò così, nonostante il grande numero di vittime, ma i grandi media non misero mai in dubbio che si stava combattendo dalla parte giusta, per l'autodeterminazione e la libertà. Non impallidirono mai davanti all'espressione "aggressione interna", solo si sconfortarono quando non si poté proseguire nell'azione, visto che i costi sarebbero risultati troppo alti (per noi).


I media non impallidirono mai neppure davanti al fatto che il leader del Vietnam del Sud da noi scelto, Ngo Dinh Diem, era un espatriato importato direttamente dagli Stati Uniti, e che, come riconobbero gli ufficiali statunitensi e Diem stesso, non aveva significativo appoggio nel paese di cui gli era stato affidato il governo. La recente importazione di Ahmed Chalabi a seguito della vittoria militare, un uomo che non metteva piede in Iraq da 45 anni, ma che è evidentemente molto apprezzato dal Vice Presidente Cheney e designato dai conquistatori ad un ruolo di leadership, è nella grande tradizione della politica del "buon vicino" del cortile accanto - proprio come nel caso del Vietnam.


Bush e Blair hanno commesso un aggressione ancor più diretta in Iraq, un caso chiaro come l'attacco di Mussolini all'Etiopia nel 1936 o l'invasione di Hiltler della Polonia nel 1939, un'invasione armata per la conquista di un paese piccolo e distante che non rappresentava nessuna minaccia per gli aggressori, che non sono stati in grado neppure di avere la copertura legale del Consiglio di Sicurezza per il loro attacco, nonostante la corruzione e le pesanti coercizioni. Quasi non c'è bisogno di dire che i grandi media non sono in grado di chiamare aggressione questo attacco, più di quanto i media italiani e tedeschi negli anni trenta chiamarono quegli attacchi con il loro giusto nome.


Un'altra similitudine tra l'invasione del Vietnam e quella dell'Iraq è la sfrontatezza con cui gli Stati Uniti hanno ignorato l'opposizione internazionale, rifiutandosi di prestare ascolto ai tentativi di risolvere il conflitto con altri mezzi che non fossero la violenza. Nel Vietnam gli Stati Uniti hanno calpestato gli estremi degli accordi relativi alle Convenzioni di Ginevra del 1954, hanno imposto la loro tirannia nella metà meridionale del Vietnam, e poi, quando il regime fantoccio ha cominciato a vacillare, trascurarono numerosi tentativi da parte dell'ONU, dell'NLF [Fronte di liberazione nazionale] e degli alleati di trovare una soluzione di compromesso, optando invece per un'invasione ed un'aggressione su larga scala. Nel caso dell'Iraq, gli Stati Uniti, che prima dell'invasione del Kuwait nell'Agosto 1990 avevano soddisfatto senza limiti le richieste di Saddam Hussein, da allora in poi hanno insistito con sanzioni aggressive e genocide, e, alla fine, hanno perpetrato un'aggressione per realizzare un "cambiamento di regime" contro il volere di un Consiglio di sicurezza calpestato e minacciato, e di un'ampia maggioranza globale.


Sia nel caso del Vietnam che in quello dell'Iraq, la "comunità internazionale" non è riuscita a fermare le aggressioni o a penalizzare gli aggressori in alcun modo. […]


E’ possibile leggere l’intero articolo in www.Znet.org


Edward S. Herman, Professor Emeritus of Finance


at the Wharton School, University of Pennsylvania.



Nessun commento:

Posta un commento