mercoledì 16 luglio 2003











 


2 giugno 2003
national anti war teach in


Il giorno degli sciacalli
Discorso tenuto al National Anti-war teach-in


Arundhati Roy


 

 




Mesopotamia. Babilonia. Tigri ed Eufrate. Quanti bambini, in quante classi, da quanti secoli, volano nel passato sulle ali di queste parole?


Adesso le bombe sono cadute e hanno incenerito e umiliato quell’antica civiltà.


Sull’involucro d’acciaio dei loro missili, giovanissimi soldati xamericani scarabocchiavano messaggi fantasiosi con calligrafie ancora


infantili: “Per Saddam, dalla Fat Boy Posse”.


Hanno colpito un palazzo. Un mercato. Una casa. Una ragazza innamorata di un ragazzo. Un bambino il cui unico desiderio era giocare con le biglie del fratello.


Il 21 marzo – il giorno dopo l’inizio dell’invasione illegale dell’Iraq da parte delle truppe americane e britanniche – un corrispondente “embedded” della CNN ha intervistato un militare americano. “Voglio andarci e sporcarmi le mani,” proclamava il sergente A.J. 2Voglio vendicare l’11 settembre.”


Per rendergli il dovuto merito, per quanto fosse “embedded” il giornalista ha timidamente tentato di suggerire che non esisteva una prova convincente di un collegamento diretto del governo iracheno con gli attacchi dell’11 settembre. Al che il sergente A.J. ha srotolato la sua lingua, fino a toccarsi la punta del mento: “Ah, sì, beh ne ho piene le tasche di questa storia.”


Quando gli Stati Uniti hanno invaso l’Iraq, un sondaggio New York Times/CBS stimava che il 42 per cento del pubblico americano fosse convinto della diretta responsabilità di Saddam Hussein negli attacchi dell’11 setembre 2001 al World Trade center e al Pentagono. E secondo un’indagine di ABC, il 55 per cento degli americani era convinta che Saddam Hussein supportasse direttamente al-Qaeda. Entrambe queste diffuse convinzioni non sono suffragate da prove (che non ci sono), sono invece fondate su insinuazioni, auto-suggestione e vere e proprie bugie messe in circolazione dai media americani.


Negli Stati uniti, il supporto dell’opinione pubblica alla guerra contro l’Iraq si è fondato su un edificio di falsità e inganni stratificati, progettato dal governo americano e fedelmente amplificato dalla stampa.


Il collegamento fra l’Iraq e al-Qaeda era inventato. Il terrore delle “armi di distruzione di massa” irachene era creato artificialmente. Non si sono trovate armi di distruzione di massa. Nemmeno piccole così.


Ora – dopo che la guerra è stata combattuta e vinta, e gli appalti per la ricostruzione firmati e registrati – il New York Times riferisce che “La Central Intelligence Agency ha avviato un’indagine per cercare di stabilire se i servizi segreti nel loro complesso hanno sbagliato nelle valutazioni prebelliche dei programmi di armamento dell’Iraq e del governo di Saddam Hussein.”


Nel frattempo, casualmente un’antica civiltà è stata decimata da una più recente, e casualmente brutale, nazione


In più di dieci anni di guerre e sanzioni economiche, le forze americane e britanniche hanno lanciato missili e bombe a migliaia sull’Iraq. Dal cielo, sono piovute sui campi e i terreni agricoli iracheni trecento tonnellate di uranio impoverito.


Nelle loro sortite, gli Alleati hanno preso di mira e distrutto impianti di depurazione delle acque, ben sapendo che non avrebbero potuto essere riparate senza assistenza straniera. Nel sud dell’Iraq, l’incidenza del cancro sulla popolazione infantile è quadruplicata.


In dieci anni di sanzioni economiche che hanno seguito la guerra del Golfo, ai civili iracheni sono state negate medicine, attrezzature ospedaliere, ambulanze, acqua potabile: insomma, il minimo indispensabile.


In conseguenza delle sanzioni, circa mezzo milione di bambini iracheni sono morti.


I mezzi di comunicazione di massa hanno avuto un ruolo chiave, celando alla pubblica opinione americana le notizie relative alla devastazione dell’Iraq e del suo popolo. E ora stanno preparando il terreno per mettere in atto la stessa girandola di bugie e isteria per una guerra contro la Siria o l’Iran, o forse, chissà, perfino contro l’Arabia Saudita.


Forse la prossima guerra sarà la ciliegina sulla torta della campagna elettorale di Bush per le Presidenziali del 2004. Ma forse non avrà bisogno di spingersi così lontano. I Democratici hanno annunciato una strategia per le elezioni del 2004 concentrata su un’accusa: i repubblicani non sono sufficientemente attenti ai temi della sicurezza nazionale. Come se un bulletto di periferia accusasse la Mafia di avere troppi scrupoli


Viste da oggi, le elezioni presidenziali americane rischiano di essere solo un’enorme perdita di tempo per tutti. Ma questa non è una notizia da prima pagina.


L’invasione americana dell’Iraq è stata probabilmente la più vigliacca guerra mai combattuta sulla faccia della terra.


Dopo aver usato i ‘buoni uffici’ della diplomazia delle Nazioni Unite (sanzioni economiche e ispezioni sugli armamenti) per assicurarsi che l’Iraq fosse messo in ginocchio e la maggior parte dei suoi armamenti fossero stati distrutti, la ‘Coalizione dei Volonterosi’ (meglio nota come Coalizione dei Convinti-con-le-buone-o-con-le-cattive) ha inviato un’armata d’invasione!


Poi, la stampa ha raccontato in toni trionfalistici la vittoria, giusta e stupefacente, degli Stati Uniti d’America.


Gli spettatori sono stati testimoni in diretta della felicità portata dall’Esercito degli Stati Uniti alla gente dell’Iraq. Tutte quelle persone appena liberate che sventolavano bandiere americane, che dovevano aver raccolto e nascosto negli anni delle sanzioni.


E non importa che l’abbattimento della statua di Saddam Hussein a Firdos Squame (vista e rivista in TV) si sia rivelato una scana accuratamente coreografata, con la partecipazione di comparse pagate dai Marines degli Stati Uniti: Robert Fisk l’ha definita “il filmato pubblicitario più trasmesso dai tempi di Iwo Jima”.


E non importa che nei giorni seguenti i soldati americani hanno sparato su una folla di dimostranti iracheni pacifici e disarmati, che chiedevano alle truppe di occupazione americane di andarsene. Quindici persone sono state uccise.


E non importa che pochi giorni dopo un soldato americano ha ucciso altre due persone e ne ha ferite diverse altre che protestavano per l’uccisione dei quindici manifestanti inermi. E non importa che a Mosul siano state assassinate altre diciassette persone.


E non importa che nei prossimi giorni altre persone saranno uccise (ma non ce le faranno vedere in TV).


E non importa che un paese laico sta per precipitare nel settarismo religioso.


E non importa che il governo degli Stati Uniti abbia favorito l’ascesa al potere di Saddam Hussein e lo abbia sostenuto nei suoi peggiori eccessi, fra i quali otto anni di guerra contro l’Iran e lo sterminio con il gas della popolazione curda di Halabja: gli stessi crimini che, quattordici anni dopo, sono stati riscaldati e serviti a tavola come giustificazione per una guerra contro l’Iraq.


E non importa che dopo la prima guerra del Golfo gli Alleati abbiano fomentato l’insurrezione degli Sciti a bassora, per poi guardare dall’altra parte quando Saddam Hussein soffocava la rivolta nel sangue e macellava gli oppositori a migliaia per placare la propria sete di vendetta.


Dopo l’invasione dell’Iraq, l’interesse morboso dei canali televisivi occidentali per la scoperta di alcune fosse comuni si è rapidamente dissolto quando ci si è resi conto che si trattava dei corpi di iracheno uccisi nella guerra con l’Iran e durante la sommossa degli Sciti… La ricerca di vere fosse comuni continua.


E non importa che i militari americani e britannici avessero ordini di uccidere la gente, ma non di proteggerla. Le loro priorità erano chiare: la sicurezza del popolo iracheno non era di loro competenza.


Anche la sicurezza di quel poco che rimaneva delle infrastrutture irachene non era di loro competenza. Lo era, invece, la sicurezza dei giacimenti petroliferi dell’Iraq: i pozzi iracheni erano “in sicurezza” già prima che l’invasione cominciasse.


Vale la pena notare che la ricostruzione dell’Afghanistan, che si trova in condizioni ben peggiori dell’Iraq, non ha meritato lo stesso entusiasmo evangelico della ricostruzione dell’Iraq. Perfino i fondi promessi pubblicamente all’Afghanistan non sono stati ancora completamente trasferiti.


Forse è perché l’Afghanistan non ha petrolio? Ha un percorso per un oleodotto, ma non ha petrolio: dunque, ben poco di cui appropriarsi nel paese sconfitto.


D’altra parte, ci viene riferito che gli appalti per la ricostruzione dell’Iraq potrebbero far compiere un balzo in avanti all’economia mondiale. Strano come gli interessi delle aziende americane vengano così spesso, così deliberatamente confuse con l’interesse dell’economia mondiale.


Le parole spese sul petrolio iracheno agli iracheni, sulla guerra di liberazione e su democrazia e rappresentanza popolare nel governo hanno fatto il loro tempo. E il loro uso. Ma adesso le cose sono cambiate…


Essendo riuscito a far precipitare una civiltà vecchia di settemila anni nell’anarchia, George Bush ha annunciato che la presenza degli Stati Uniti in Iraq sarà “a tempo indeterminato”. Gli Stati Uniti, in effetti, hanno detto che l’Iraq potrà avere un governo di rappresentanza solo nella misura in cui rappresenti gli interessi delle compagnie petrolifere anglo-americane. In altre parole, hai libertà di parola solo se dici quello che voglio io.


Il 17 maggio, sul New York Times si leggeva: “Con una brusca inversione di marcia, Stati Uniti e Gran Bretagna hanno indefinitamente sospeso il piano che avrebbe permesso alle forze d’opposizione irachene di formare, entro la fine del mese, un’assemblea nazionale e un governo provvisorio. In un meeting di questa sera, i diplomatici americani e britannici che si occupano della ricostruzione hanno dichiarato ai leader in esilio che gli ufficiali alleati manterranno il controllo dell’Iraq per un periodo indefinito”.


Già molto prima che cominciasse l’invasione, la comunità degli affari mondiale fremeva di eccitazione per la quantità di denaro che la ricostruzione dell’Iraq avrebbe messo in moto. Si parlava del “più grande sforzo di ricostruzione dai tempi del Piano Marshall per la ricostruzione dell’Europa dopo la seconda guerra mondiale”.


Bechtel Corp., una società con sede a San Francisco, guida il branco di sciacalli che sta migrando verso l’Iraq.


Per coincidenza, l’ex Segretario di Stato Gorge Schultz siede nel consiglio di amministrazione di Bechtel, oltre a essere stato presidente dell’advisory board del Comitato per la Liberazione dell’Iraq.


Intervistato dal New York Times a proposito del potenziale conflitto d’interessi, Schultz ha dichiarato: 2Che io sappia, Bechtel non ne beneficerà particolarmente. Ma se c’è del lavoro da fare, Bechtel è il tipo di azienda che può farlo: Ma nessuno la considera una cosa da cui trarre profitto.”


Bechtel ha già ricevuto appalti per 680 milioni di dollari ma, secondo il New York Times, “stime indipendenti stabiliscono il costo finale per le opere di ricostruzione coperte dall’appalto di Bechtel con USAID in 20 miliardi di dollari.”


In un articolo appropriatamente intitolato "Feeding Frenzy Under Way, as Companies From All Over Seek a Piece of the Action", sempre il New York Times nota (senza ironia) che “Governi di tutto il mondo, insieme alle aziende la cui causa supportano, hanno messo sotto assedio Washington, in una campagna per la conquista di un pezzo delle attività di ricostruzione dell’Iraq.”


“Gli inglesi,” annota l’articolo, “sebbene il tono dei loro appelli si pacato, fanno leva su quello che per molti funzionari dell’amministrazione Bush è l’argomento più convincente: il sangue versato in Iraq.”


Di chi fosse quel sangue, non è chiaro. Di sicuro non è sangue britannico, o americano. Deve per forza significare che gli in gelsi hanno aiutato gli americani a spargere sangue iracheno.


Così, “l’argomento più convincente” per gli appalti della ricostruzione è aver partecipato direttamente e attivamente al massacro degli iracheni.


Lady Simmons, vice presidente della Camera Alta del Parlamento inglese, si è recentemente recata negli Stati Uniti, insieme a quattro leader dell’industria britannica. Oltre a sostenere la propria parte nella spartizione della torta della ricostruzione, in quanto partecipi dell’assassinio di migliaia di iracheni, la delegazione britannica ha sottolineato (anche qui senza ironia) il proprio passato coloniale a sostegno delle imprese britanniche che “hanno una lunga e stretta relazione con l’Iraq e l’economia irachena fin dai tempi dell’Impero nei primi anni del Novecento, fino alle sanzioni internazionali imposte negli anni Novanta.” Lasciando anche intendere che la Gran Bretagna ha appoggiato Saddam Hussein per tutti gli anni Settanta e Ottanta.


Quelli di noi che provengono da ex colonie britanniche pensano all’imperialismo come a uno stupro. Dunque, si stupra, poi si uccide, poi si rivendica il diritto di stuprare il cadavere. Questa si chiama necrofilia.


Estendendo questa macabra analogia, Richard Perle ha recentemente affermato che “Oggi gli iracheni sono più liberi, e noi siamo più sicuri. Rilassiamoci e godiamocela.”


Pochi giorni dopo l’inizio delle guerra, il commentatore televisivo Tom Brokaw ha affermato. “ Una delle cose che non vogliamo fare […] è distruggere le infrastrutture irachene, perché fra pochi giorni saremo noi i padroni del paese.’


Adesso i nuovi atti di proprietà sono stati firmati. L’Iraq non è più un paese, è un valore patrimoniale.


Non deve più essere governato: è posseduto.


Ed è posseduto per la maggior parte da Bechtel. Forse a Halliburton e a un paio di società inglesi resterà qualche ossa da spolpare.


La nostra battaglia, dunque, deve essere non solo contro chi occupa l’Iraq, ma anche contro i suoi nuovi padroni.


 







Documento originale   The Day Of The Jackals


Traduzione di Paolo Canton





2 commenti:

  1. Il commento lo lascerei al Generale Cambronne.
    Dio salvi gli Stati Uniti da Bush, e gli altri dagli Stati Uniti di Bush! Comunque non disperiamo ancora; grande è la forza di una grande democrazia. Speriamo in un soprassalto di dignita' di quel popolo, e nelle prossime presidenziali!

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  2. Gli americani hanno una sola cosa che me li fa ammirare: mandano alle stelle e nella polvere con la stessa facilità un presidente...soprattutto se è 'bugiardo' -cosa imperdonabile per loro-...e Bush sta già assaggiando la polvere! lucilla

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