mercoledì 19 febbraio 2003

Un po’ di autobiografia


Non voglio fare una graduatoria dei dittatori criminali e liberticidi, ma le atrocità compiute da Saddam si sono intrecciate anche con la mia vita personale. Mi riferisco alla guerra contro l’Iran, mia seconda patria. Per quanto orribili le guerre, tutte le guerre, quelle che ci colpiscono nei nostri affetti più cari devastano totalmente, mettendo a dura prova anche i più radicati ideali non violenti. Per alcune potenze ora la pericolosità di Saddam è tale da dover essere eliminata, a qualsiasi costo, compresa una guerra con armi convenzionali, non esclusa una guerra con armi nucleari. C’è un "dettaglio" in questa evoluzione della storia del fosco dittatore che si tende a rimuovere: non sarà lui ad essere colpito, saranno gli Iracheni a morire sotto le bombe. Donne irachene, uomini iracheni, bambine irachene, bambini iracheni, iracheni vecchi e giovani, poveri e ricchi, esseri umani con le loro personalità, le loro storie, i loro progetti. C’è davvero qualcuno che ha il diritto di decidere che possono essere condannati a morire, così, solo perché si trovano nel regno del malvagio Saddam? La guerra è un vecchio arnese, vecchio quanto la storia umana, tanto inutile quanto repellente. Dovrebbe essere diventato un tabù da molto tempo, o almeno dopo gli orrori del secolo appena passato. Non lo è diventato. Nemmeno l’opzione nucleare è diventata un tabù. Eppure Hiroshima e Nagasaki hanno in sé l’idea del tabù da non infrangere, mai. E la pace? E’ resistenza passiva, inazione, rassegnazione, qualcosa che esiste quando non c’è guerra, qualcosa che si può definire solo in negativo? Pace come assenza di guerra? Possiamo vedere tutti che la pace non è niente di tutto questo. La pace è creatività, avventura, sfida, azione avvincente, forza sempre spinta in avanti, energia che costruisce, supera gli ostacoli, e vince. E la sfida ora è quella di trovare gli strumenti pacifici che possano "eliminare" Saddam e liberare il popolo iracheno. Gli Stati Uniti hanno sicuramente la capacità di vincere questa sfida e segnare l’inizio di un’era assolutamente inedita nella storia: l'era dei conflitti che vengono risolti sempre e comunque con mezzi pacifici, con intelligenza umana e con la lucida forza della conoscenza.

1 commento:

  1. Colgo la cristallina veemenza delle tue parole al di là della compostezza della tua scrittura...
    Un giorno sulla mia agenda scrissi:
    DOBBIAMO TRASFORMARE LA SOFFERENZA IN IMPEGNO ETICO...
    la matrice di questo pensiero risale agli anni in cui la mia età era quella della scuola e dell'incontro con chi può essere a pieno titolo considerata MAESTRA DI VITA...non grandi gesti. ma quotidiana e ferma e tenace testimonianza incarnata anche in un fragile corpo...

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