giovedì 31 luglio 2003

GUANTANAMO: per non dimenticare.


In molte parti del mondo i Diritti Umani sono calpestati,


ma gli USA si coinsiderano e sono considerati il meglio della


DEMOCRAZIA e del DIRITTO, e hanno deciso di esportarli


con la guerra e la violenza.


Sollecitarli a guardare in casa propria è vitale per questo.


Un disegno da BBC News del 7 Febbraio 2002














Each prisoner has been given:

  • US army standard-issue 2cm-thick foam sleeping mat, one blanket, two buckets, a one quart canteen
  • Two orange boiler suits, one pair flip-flops
  • Two bath towels, one for washing, one for use as a prayer mat
  • A washcloth, toothpaste, soap, shampoo
  • A copy of the Koran

    Prisoners are served three meals a day - all "culturally appropriate":


  • Breakfast - typically bread, cream cheese, an orange, a pastry, a roll, a bottle of water
  • Lunch - typically a box of cereal, two cereal bars, a packet of peanuts, one packet crisps, one packet raisins, a bottle of water
  • Evening meal - typically white rice, red beans, a banana, bread, a bottle of water.

    The detainees' daily routine:


  • Breakfast followed by shower opportunity and personal time
  • Doctor visits to address any medical issues
  • Lunch followed by shower opportunity and personal time
  • Exercise period
  • Mail call - pens and paper are provided for limited time, letters may be written under supervision, all pens are collected afterwards
  • Dinner followed by shower opportunity

    Typical weather:


  • Sunny with temperatures ranging from 22C at night to around 28C maximum during the day



  • ______________________________________________________________________________________


    NEW YORK TIMES - July 29, 2003


    Father Asks to See Son Held by U.S.


    (Un padre chiede di vedere il figlio detenuto dagli USA)


    By MIKE McINTIRE


    Il padre di un Australiano confinato a Guantànamo Bay fin dalla sua cattura in Afghanistan,


    quasi due anni fa, ieri ha sollecitato i funzionari degli Stati Uniti di non processare il proprio


    figlio davanti a un tribunale militare. CONTINUA: lungo articolo


    da IL MANIFESTO  -  30 Luglio 2003 (in Italiano è più facile)


    Il padre di D. Hicks si chiude in gabbia
    Il padre di un giovane australiano sospettato di essere un terrorista e detenuto da 19 mesi nelle gabbie della base militare Usa di Guantanamo (nella foto Reuters), si è fatto rinchiudere per protesta in una gabbia di ferro in una strada di New York - dov'era in visita per discutere con i legali il preannunciato processo del figlio davanti ad una corte marziale - per attirare l'attenzione sulla vicenda. «Non tratterei neppure un cane come stanno trattando lui», ha detto Terry Dicks. «Ho bisogno urgente di potergli parlare - ha aggiunto - e la mia principale preoccupazione è la sua condizione psicologica». Il giovane, David Dicks (nella foto da Internet), 27 anni, è stato fatto prigioniero mentre combatteva a fianco dei talebani in Afghanistan nel novembre 2001. Il presidente della Federazione internazionale dei diritti dell'uomo, Michael Ratner, ha accusato il governo australiano di non volersi occupare del caso di David Hicks.


     














    mercoledì 30 luglio 2003

    Muovono oscuri


    demoni della morte


    contro la luce.



    Un dono poetico che amo condividere con i viandanti della blogsfera. Non so chi l'abbia scritto, ma so chi ne è stato l'ispiratore.


    Georg W. Bush, che non è l'unico responsabile, è chiaro, ma è il più responsabile di tutti/e, perché è lui che detiene il potere maggiore del mondo nelle sua mani.


    Eppure a lui dobbiamo rivolgerci, con grazia e determinazione, perché dia uno sguardo al grembo materno della foresta, si penta e inverta la marcia verso la morte. A te, amico George, dedico queste bellezze






    adoro il bradipo e la sua lentezza



    da THE INDEPENDENT  -  30  LUGLIO 2003


    Bush, the rainforest and a gas pipeline

    President Bush vuole fondi per un progetto controverso di costruzione di tubazioni di gas  funds for a controversial project to drive gas pipelines dalle incorrotte foreste pluviali nell'Amazzonia Peruviana alla costa.


    Il piano arricchirà alcune compagnie contributrici più vicine a  Mr Bush rischiando la distruzione della foresta pluviale, minacciando le sue popolazioni indigene e mettendo in pericolo rare specie sulla costa.


    Tra i beneficiari dovrebbero esserci: due compagnie per l'energia del Texascon stretti legami con la Casa Bianca; Hunt Oil and Kellogg Brown & Root (KBR), una vecchia compagnia consociata del Vice-President Dick Cheney's, Haliburton, che sta ricostruendo le infrastrutture petrolifere dell'Iraq. CONTINUA su The Independent ...


    Chi può fermare l' "amico Mr Bush" ? Il popolo Statunitense, con il voto, of course, e l'opinione pubblica mondiale, la cui voce purtroppo è soffocata da questi poteri immensi.



    martedì 29 luglio 2003

    il biancospino


    così parla di pace


    a primavera




    ancora un haiku senza nome


    ancora un dono caro al cuore


    harmonia

    Attraverso il deserto ai margini di un'oasi


    A caravan ends its crossing at the water's edge...


    verso un'altra oasi e un'altra ancora


    continuando il cammino nello sconfinato


    spazio di sabbia e vento, difficile


    faticoso cammino, ora aspro ora dolce,


    ma libero cammino.


     


    harmonia







    Peace P a c e


    13 novembre 2002


    La festa dei veterani


    di Howard Zinn


    La festa dei veterani si chiamava originariamente festa dell’armistizio perchè fu l’undici novembre del 1918, alle 11 – l’undicesima ora, dell’undicesimo giorno, dell’undicesimo mese – che la prima guerra mondiale giunse al termine.


    Sarebbe bene ricordare alcune cose di questa guerra ora che il Paese si stà per imbarcare in ancora un’altra guerra. Primo, che le guerre non si “vincono”. Abbiamo “vinto” la prima guerra mondiale, ma ne abbiamo seminata un’altra. La guerra ha un rapido effetto, come il crack. Un’inebriatura che fa esultare – abbiamo vinto! – e poco dopo arriva nuovamente il calo, e c’è bisogno di un’altra dose, un’altra guerra.







    Durante la prima guerra mondiale, il Kaiser tedesco fu presentato come la personificazione del male – una minaccia per il mondo – che andava eliminato per la nostra sicurezza. In verità, si trattava di un poco di buono, ma la sua minaccia fu enormemente esagerata, come con Saddam Hussein. Così gli Alleati sconfissero la Germania, tolsero di mezzo il Kaiser, e dieci milioni di persone morirono sui campi di battaglia.



    Possiamo togliere di mezzo Saddam Hussein. L’Iraq è una potenza militare di quinto grado, senza aviazione di cui poter parlare, il suo esercito un ricordo di ciò che era dieci anni fa, il Paese ancora in rovina, le sue infrastrutture devastate da due guerre, la sua popolazione indebolita da dieci anni di sanzioni che deprivano le persone di cibo e gli ospedali di medicinali, e che hanno causato centinaia di migliaia di morti. E gli Stati Uniti, com la loro invincibile aviazione, vinceranno.



    Nel corso di questa, decine di migliaia di iraqeni moriranno – molti di loro civili innocenti, altri poveri, miserabili coscritti dell’esercito iraqeno. Uccideremo le vittime di Saddam Hussein. Grazie alla sua schiacciante superiorità militare, l’America perderà pochi soldati. Ma perderà la sua anima.



    La prima guerra mondiale, presentata al pubblico come una guerra per la democrazia, per la libertà, fu infatti una Guerra combattuta da poteri imperiali (Francia, Inghilterra, Russia) contro un rivale imperiale, la Germania. Questa portò, non alla liberazione dei popoli coloniali, ma al cambiamento di chi avrebbe dominato il Medio Oriente, l’Africa, e l’Europa dell’Est.



    Adesso, la guerra in Iraq viene presentata come una crociata morale per porre fine alle “armi di distruzione di massa”, le prove su queste lontane dall’esser chiare. L’assunto secondo cui Saddam le userà causando il proprio annientamento (visto che la maggior parte delle armi di distruzione di massa nel mondo sono in possesso degli Stati Uniti) non ha senso.



    Come nella prima guerra, vi sono motivi imperiali alla base, e la sconfitta di Saddam porterà al cambiamento di chi controllerà le preziose riserve petrolifere dell’Iraq. Verranno stipulati accordi con Russia, Francia, e Inghilterra per dividere il bottino. Le discussioni sono in atto adesso.



    La prima guerra mondiale fu venduta al pubblico americano come “la guerra per porre fine a tutte le guerre”. Ma ventun’anni dopo ci fu la seconda guerra mondiale, nella quale cinquanta milioni di persone vennero uccise. Le Nazioni Unite furono create, come dice il suo statuto, per “salvare le future generazioni dal flagello della guerra, che per due volte nel corso di questa generazione ha portato indicibili afflizioni all'umanità”.



    Invece no, per gli Stati Uniti è stata una guerra dopo l’altra: Corea, Vietnam, Grenada, Panama, Iraq, Yugoslavia. Tutte accompagnate da dichiarazioni dicendo che andavamo in guerra per una qualche giusta causa, tutte causando la perdita di vite umane, tutte esigendo l’accettazione delle motivazioni del governo, la maggior parte delle quali si sono rivelate menzogne. Dal Vietnam avremmo dovuto imparare che il patriottismo vero non significa marciare verso il fronte semplicemente perchè il governo ci dice di farlo. I 58.000 nomi sul monumento commemorativo di Washington dovrebbero renderlo chiaro.



    Da veterano della seconda guerra mondiale, da studente della storia delle nostre guerre, e contemplando ancora un’altra guerra, vorrei suggerire di tenere certe cose in mente. Primo, che bisogna essere estremamente scettici di ciò che gli ufficiali del governo ci dicono circa le motivazioni sulla necessità di questa guerra. Secondo, che ciò che è certo della guerra è che un largo numero di persone innocenti moriranno, inclusi molti bambini, e ciò che è incerto della guerra è che ne venga fuori qualcosa di buono.



    Infine, che quando si va in guerra, vi si va con l’assunto che le vite delle persone in un’altro Paese non hanno lo stesso valore delle vite dei nostri compatrioti. Se crediamo veramente, così come i nostri più fondamentali principi morali ci costringono a credere, che i bambini in altri Paesi hanno lo stesso diritto di vivere dei nostri bambini, allora dobbiamo rifiutare la chiamata alla guerra. È ora, a richiesta generale, a protesta generale, di porre fine al “flagello della guerra.”



    La miglior cosa che possiamo fare per la festa dei veterani e di promettere:


    “mai più veterani di guerra”.


    Negli Stati Uniti gli amanti e i 'costruttori di pace' lavorano intensamente

    contro l'imposizione della logica della guerra.

    Il Dr. Howard Zinn, Professor Emeritus of Political Science at Boston University,


    è un acuto critico dei fatti sociali e un insigne accademico di studi storici.











    lunedì 28 luglio 2003

    da REPUBBLICA


    Nuove rivelazioni sulle ultime ore dello scienziato suicida
    una cena con il ministro della Difesa Geff Hoon
    Caso Kelly, la Bbc accusa:
    "Il governo ci minaccia"

    I giornalisti protestano dopo che l'esecutivo ha ipotizzato
    di rivedere la convenzione dell'emittente di Stato
    di PAOLO FILO DELLA TORRE










    David Kelly

    LONDRA - "Le vostre minacce non ci metteranno mai in ginocchio". Gavyn Davies presidente della Bbc ha risposto con un furioso articolo sul Sunday Telegraph alla sfida che gli è stata lanciata dal governo di Tony Blair di una riforma totale della sua gloriosa istituzione. Il ministro della Cultura ha infatti lasciato trapelare che la Royal Charter, il documento che da ottant'anni regola la Corporation, verrà modificato nel 2006. Al posto del consiglio di amministrazione rappresentato da undici "governatori" potrebbe essere instaurato un "commissario" che governerebbe la Bbc. Inoltre è molto probabile che venga bocciato il progetto di un finanziamento del gruppo radiotelevisivo attraverso la raccolta di pubblicità almeno per alcuni dei suoi canali. Attualmente l'unica fonte di entrata è il canone ma anche questo potrebbe restare invariato. La Bbc sarebbe allora costretta a dipendere da contributi governativi e a effettuare drastiche economie.

    Secondo Davies si tratta di una vendetta. "Ci hanno voluto punire perché abbiamo avuto la temerarietà di raccontare una vicenda che non piace al governo". E' indubbio che mai nella lunga storia della Corporation i rapporti tra l'ufficio del primo ministro e i massimi dirigenti della Bbc erano stati così tesi. Neppure quando la signora Thatcher esasperata per alcuni servizi quanto mai critici nei confronti del suo governo aveva esclamato: "La British Broasting è un nido di vipere".

    Malgrado sia Davies che il suo amministratore delegato siano stati in passato legati al Labour party, la loro Bbc è oggi la fonte di informazioni più impopolare con l'entourage di Tony Blair. [...]continua


    Usa, Uk, Italia: attacco all'informazione libera.













    da L'UNITA'






    28.07.2003
    Gli Usa all'attacco dei media arabi. Wolfowitz: «Istigano la guerriglia antiamericana»
    di red

    Dopo Saddam gli Stati Uniti dichiarano guerra ai media arabi. E non solo. Il vice segretario americano alla difesa Paul Wolfowitz ha accusato la rete televisiva satellitare al Jazira e altri emittenti arabe di «incitare alla violenza» contro le truppe americane, tramite la diffusione di notizie false e distorte.


    In un’intervista alle tv americana Fox, Wolfowitz ha attaccato duramente il contenuto delle informazioni che le emittenti arabe mandano in onda: «Appena queste televisioni ottengono qualcosa che possono usare per diffondere odio e violenza in Iraq – ha sottolineato il vice segretario – la trasmettono».


    «Gli americani – risponde il direttore di al Jazira, Adnane al-Sharif – non possono accusarci di distorcere le notizie solo perché a loro non piacciono». Più duro è il corrispondente della televisione a Baghdad, Yasser Abu Hilala, che accusa gli Stati Uniti di volere un’informazione asservita alla loro volontà. Anche l’altra grande tv araba, Al Arabiya, reagisce con fermezza alle parole del vice–segretario alla difesa americano: «Durante la guerra in Iraq – ricorda il direttore Salah Al-Qallab – la nostra emittente si è sforzata di diffondere un’informazione equilibrata, né dalla parte di Saddam, né dalla parte degli Usa, nonostante siano considerati da gran parte del mondo arabo come invasori».



    In ordine di tempo l’ultima falsa notizia diffusa da Al Jazra sarebbe stata quella dell’arresto dell’imam di Najaf Moqtada Sadr: «Notizie come questa mettono seriamente in pericolo la vita dei soldati americani». Per questo motivo il governo di Washington sta tentando di trovare un accordo con i proprietari dei network incriminati e con i governi che li ospitano nella speranza di blandire il contenuto delle informazioni che, a detta del Pentagono, possono contribuire ad istigare la guerriglia antiamericana in Iraq.


    L’intervista del numero due del Pentagono fa luce sul problema dell'informazione nel dopoguerra iracheno e della libertà dei giornalisti. Gli ultimi episodi riguardanti il rapporto con i media mostrano con chiarezza come gli Usa trovino difficoltà nel gestire il flusso notizie di un dopo guerra molto complesso. Qualche giorno fa i marines avevano arrestato, nei pressi di Mosul, un teleoperatore di Al Jazra mentre filmava un gruppo di iracheni intenti a sparare contro le truppe alleate. All’operatore è stata sequestrata la cassetta con le immagini della sparatoria ed è stato rimesso in libertà qualche ora dopo.


    Anche domenica un cameraman giapponese è stato picchiato da alcuni soldati americani mentre riprendeva i cadaveri dei cinque civili uccisi dalle truppe americane durante l'attacco ad una casa di Bagdad ritenuta (a torto), un rifugio per l'ex dittatore iracheno. Il giornalista giapponese è stato duramente picchiato, portato in una cella dove è rimasto alcune ore e i filmati gli sono stati sequestrati. Di nessuno di questi episodi di cui sono stati testimoni i giornalisti, il comando satunitense ha dato notizia, forse preoccupato dello stillicidio di notizie negative per il morale delle truppe e del fronte interno americano .
















    Il posto degli haiku



    Fiore appassito


    in giardino d'autunno


    cuore infranto


    Luckyluc


     


    Grazie ad amici e amiche, anche sconosciuti/e,


    il mio blog stia diventando un giardino di poesia.


    Felicità e gratitudine per cotanti doni.

    domenica 27 luglio 2003

    Luce dal monte


                                                    si ritira la notte


                                                    lieto mattino


     


    Da chi questa seconda perla poetica di oggi?


    Che fare? Ringrazio e pubblico.


    E attendo che si chiarisca il mistero. (harmonia)

    Gocce di luce


    tra gli alberi del bosco


    suono silente



     


    Ancora una perla poetica anonima nel mio blog.


    Che dire? Grazie! (harmonia)

    sabato 26 luglio 2003


    Via dalla gabbia


    lucciole


    una ad una trasmutano


    in stelle


    OGIWARA SEISENSUI (1884-1976)

    DUE IN UNO



    morbida seta


    due sembrano uno


    notte d'estate



    Ho trovato nel mio blog, come commento anonimo,


    questo haiku, un lampo sull'indicibile. (harmonia)


    [Monet]




    venerdì 25 luglio 2003

    ONDE DI ANTICHI ALBERI NELL'OCEANO DEL TEMPO




    ILLIMITATA SPIRALE DI RAMI OSCILLANTI NELLO SPAZIO


    SEGNI DI LUCE SOLARE SULLE FORME DELLA BELLA TERRA


    ELICOIDALI RADICI PROTESE VERSO IGNOTI RICHIAMI


    DISEGNANO IL TRIONFO DELLE ETERNE FORZE CELESTI


    harmonia

    giovedì 24 luglio 2003

    ANATOMIA DEL CORPO UMANO E ZODIACO



    Très riches heures du Duc du Berry


    E' notte e questa immagine mi fa sognare a occhi aperti.


    Sull'immensa cintura di costellazioni dello Zodiaco dal nostro pianeta


    vediamo stagliarsi il Sole di mese in mese. Osservazioni geniali del cielo da


    parte di antichi astronomi, forti dei loro occhi e del loro spirito di ricerca.


    Videro figure in quei gruppi di stelle.


    Individuarono significati e influssi sulla vita di uomini e donne.


    Al di là delle opinioni e delle credenze personali di ognuno/a,


    è lo staordinario mondo dell'astrologia e della magia, dove


    tra macrocosmo e microcosmo vengono intravisti misteriosi


    legami.


    Io sogno.

    SOGNI PRIMA DEL RISVEGLIO












    The Tilled Field






    Joan Mirò - The Tilled Field


    Visione poetica di un mondo possibile nella fantasia,


    stranezza di sogni non ignoti alla mente umana proprio


    sul far del giorno, prima del risveglio. Si aprono i misteriosi


    cassetti del profondo dove tutto si annida e si nasconde,


    come dolci grani celesti di desiderio e di trasgressione,


    raggi di "Sole in uno scrigno" o amabili profezie.

















    The Sun in Its Jewel Case






    Yves Tanguy - Il Sole in uno scrigno



    sabato 19 luglio 2003



              felicità assoluta

     





    mani che si posano sulla pelle

     


             petali bianco-rosati

     

    harmonia

    venerdì 18 luglio 2003

    giovedì 17 luglio 2003

    GUARDARE IL CIELO



    capelli di ambrato rame nativo


    piccole nuvole leggiadre accarezzano


    la creatura fatta di cielo


    occhi innocenti che fissano il mondo


    harmonia

    30 Aprile 2003



    Dal Vietnam all'Iraq


    Edward Herman


    Si doveva distruggere l'Iraq per liberarlo:


    alcune raccapriccianti similitudini tra Iraq e Vietnam.


    Ci sono, ovviamente, importanti differenze tra l'invasione statunitense del Vietnam e quella dell'Iraq. In Vietnam, dal 1964 fino al 1965, gli Stati Uniti hanno semplicemente cercato di imporre un governo fantoccio importato ad un popolo che appoggiava una dirigenza e un movimento comunista profondamente radicati, e solo nell'ultima fase dell'intervento, gli Stati Uniti si sono effettivamente mossi verso un'invasione su vasta scala. Quell'invasione fallì definitivamente nella conquista del paese bersaglio, anche dopo un devastante sforzo durato molti anni. Al contrario, l'invasione-conquista dell'Iraq attualmente in corso è riuscita a destituire un regime impopolare, anche si tratta di un regime che era stato sostenuto dagli invasori appena 15-20 anni prima, quando il suo utilizzo di "armi di distruzione di massa" era utile agli attuali invasori - da cui erano anche fornite le armi. Le forze impegnate nell'invasione dell'Iraq hanno inoltre scalzato il regime bersaglio in poco tempo, anche se il processo di pacificazione è appena iniziato.


    Ma ci sono anche importanti similitudini che riflettono sia la continuità nel carattere e nelle linee politiche dei dirigenti dello stato imperiale e dei loro agenti di propaganda, sia le minime restrizioni all'esercizio statunitense del potere nel sistema globale. Un'importante similitudine è che entrambe le invasioni rappresentano casi di aggressione nell'accezione comune della parola, mentre in entrambi i casi le agenzie di propaganda hanno semplicemente messo da parte o ignorato tali accuse e comportamenti, considerandoli irrilevanti per le operazioni dei loro leader, proprio come per i loro predecessori è rimasto indiscusso il diritto di sterminare gli americani nativi e impadronirsi del territorio messicano. Nel caso del Vietnam, mentre da una parte si ammetteva che il governo di minoranza scelto e imposto non poteva competere politicamente con quello di Ho Chi Minh e con le forze che si stavano combattendo, dall'altra i funzionari e i media statunitensi accusarono Ho e il Fronte di Liberazione Nazionale (NLF) di commettere un'aggressione resistendo al governo del loro fantoccio. E' stata anche coniata la splendida espressione "Aggressione interna" per descrivere la resistenza dei Sud vietnamiti al nostro governo imposto - il popolo di quel paese stava commettendo un'aggressione, mentre noi stavamo "difendendo il Vietnam del Sud", cioè stavamo proteggendo contro i suoi stessi cittadini un governo scelto da noi. I media non si sono mai opposti a questa consuetudine orwelliana.


    Naturalmente, i funzionari statunitensi sostenevano di combattere per l'"autodeterminazione" e la "libertà" dei sud vietnamiti che stavano commettendo quest'aggressione interna contro il nostro fantoccio. La logica del ragionamento su questo punto non è mai stata troppo chiara, ma seguiva questa linea: la gente non sceglierebbe mai il comunismo liberamente, quindi quelli che hanno compiuto questa scelta avevano certamente subito il lavaggio del cervello, e avrebbero invece desiderato il governo del nostro fantoccio se fossero stati propriamente educati; e quelli che fossero sopravvissuti al nostro assalto sarebbero stati certamente educati se noi avessimo vinto. Non andò così, nonostante il grande numero di vittime, ma i grandi media non misero mai in dubbio che si stava combattendo dalla parte giusta, per l'autodeterminazione e la libertà. Non impallidirono mai davanti all'espressione "aggressione interna", solo si sconfortarono quando non si poté proseguire nell'azione, visto che i costi sarebbero risultati troppo alti (per noi).


    I media non impallidirono mai neppure davanti al fatto che il leader del Vietnam del Sud da noi scelto, Ngo Dinh Diem, era un espatriato importato direttamente dagli Stati Uniti, e che, come riconobbero gli ufficiali statunitensi e Diem stesso, non aveva significativo appoggio nel paese di cui gli era stato affidato il governo. La recente importazione di Ahmed Chalabi a seguito della vittoria militare, un uomo che non metteva piede in Iraq da 45 anni, ma che è evidentemente molto apprezzato dal Vice Presidente Cheney e designato dai conquistatori ad un ruolo di leadership, è nella grande tradizione della politica del "buon vicino" del cortile accanto - proprio come nel caso del Vietnam.


    Bush e Blair hanno commesso un aggressione ancor più diretta in Iraq, un caso chiaro come l'attacco di Mussolini all'Etiopia nel 1936 o l'invasione di Hiltler della Polonia nel 1939, un'invasione armata per la conquista di un paese piccolo e distante che non rappresentava nessuna minaccia per gli aggressori, che non sono stati in grado neppure di avere la copertura legale del Consiglio di Sicurezza per il loro attacco, nonostante la corruzione e le pesanti coercizioni. Quasi non c'è bisogno di dire che i grandi media non sono in grado di chiamare aggressione questo attacco, più di quanto i media italiani e tedeschi negli anni trenta chiamarono quegli attacchi con il loro giusto nome.


    Un'altra similitudine tra l'invasione del Vietnam e quella dell'Iraq è la sfrontatezza con cui gli Stati Uniti hanno ignorato l'opposizione internazionale, rifiutandosi di prestare ascolto ai tentativi di risolvere il conflitto con altri mezzi che non fossero la violenza. Nel Vietnam gli Stati Uniti hanno calpestato gli estremi degli accordi relativi alle Convenzioni di Ginevra del 1954, hanno imposto la loro tirannia nella metà meridionale del Vietnam, e poi, quando il regime fantoccio ha cominciato a vacillare, trascurarono numerosi tentativi da parte dell'ONU, dell'NLF [Fronte di liberazione nazionale] e degli alleati di trovare una soluzione di compromesso, optando invece per un'invasione ed un'aggressione su larga scala. Nel caso dell'Iraq, gli Stati Uniti, che prima dell'invasione del Kuwait nell'Agosto 1990 avevano soddisfatto senza limiti le richieste di Saddam Hussein, da allora in poi hanno insistito con sanzioni aggressive e genocide, e, alla fine, hanno perpetrato un'aggressione per realizzare un "cambiamento di regime" contro il volere di un Consiglio di sicurezza calpestato e minacciato, e di un'ampia maggioranza globale.


    Sia nel caso del Vietnam che in quello dell'Iraq, la "comunità internazionale" non è riuscita a fermare le aggressioni o a penalizzare gli aggressori in alcun modo. […]


    E’ possibile leggere l’intero articolo in www.Znet.org


    Edward S. Herman, Professor Emeritus of Finance


    at the Wharton School, University of Pennsylvania.



    LA GUERRA UMANITARIA DI ADOLF HITLER


    1 Settembre 1939: invasione della Polonia. Dal discorso:


    Testo Originale


    "Seit 5.45 Uhr wird jetz zaruckgeschossen....Wer selbst sich von den Regeln einer humanen Kriegfuhrung


    entfernt, kann von uns nichts andres erwarten, als dass wir den gleichen Schritt tun. Ich werde diesen


    Kampft, ganz gleich gergen wen, so lange fuhren, bis die sicherheit des Reiches und bis seine Rechte


    gewaahrleistet sind"


    Traduzione


    "Dalle ore 5,45 rispondiamo al fuoco...Colui che di propria iniziativa si distacca


    dalle regole di condotta di questa guerra umanitaria, non può aspettarsi da noi


    null'altro che un ugual trattamento. Condurrò questa battaglia, contro chiunque,


    fino a quando i diritti non saranno garantiti"

    mercoledì 16 luglio 2003











     


    2 giugno 2003
    national anti war teach in


    Il giorno degli sciacalli
    Discorso tenuto al National Anti-war teach-in


    Arundhati Roy


     

     




    Mesopotamia. Babilonia. Tigri ed Eufrate. Quanti bambini, in quante classi, da quanti secoli, volano nel passato sulle ali di queste parole?


    Adesso le bombe sono cadute e hanno incenerito e umiliato quell’antica civiltà.


    Sull’involucro d’acciaio dei loro missili, giovanissimi soldati xamericani scarabocchiavano messaggi fantasiosi con calligrafie ancora


    infantili: “Per Saddam, dalla Fat Boy Posse”.


    Hanno colpito un palazzo. Un mercato. Una casa. Una ragazza innamorata di un ragazzo. Un bambino il cui unico desiderio era giocare con le biglie del fratello.


    Il 21 marzo – il giorno dopo l’inizio dell’invasione illegale dell’Iraq da parte delle truppe americane e britanniche – un corrispondente “embedded” della CNN ha intervistato un militare americano. “Voglio andarci e sporcarmi le mani,” proclamava il sergente A.J. 2Voglio vendicare l’11 settembre.”


    Per rendergli il dovuto merito, per quanto fosse “embedded” il giornalista ha timidamente tentato di suggerire che non esisteva una prova convincente di un collegamento diretto del governo iracheno con gli attacchi dell’11 settembre. Al che il sergente A.J. ha srotolato la sua lingua, fino a toccarsi la punta del mento: “Ah, sì, beh ne ho piene le tasche di questa storia.”


    Quando gli Stati Uniti hanno invaso l’Iraq, un sondaggio New York Times/CBS stimava che il 42 per cento del pubblico americano fosse convinto della diretta responsabilità di Saddam Hussein negli attacchi dell’11 setembre 2001 al World Trade center e al Pentagono. E secondo un’indagine di ABC, il 55 per cento degli americani era convinta che Saddam Hussein supportasse direttamente al-Qaeda. Entrambe queste diffuse convinzioni non sono suffragate da prove (che non ci sono), sono invece fondate su insinuazioni, auto-suggestione e vere e proprie bugie messe in circolazione dai media americani.


    Negli Stati uniti, il supporto dell’opinione pubblica alla guerra contro l’Iraq si è fondato su un edificio di falsità e inganni stratificati, progettato dal governo americano e fedelmente amplificato dalla stampa.


    Il collegamento fra l’Iraq e al-Qaeda era inventato. Il terrore delle “armi di distruzione di massa” irachene era creato artificialmente. Non si sono trovate armi di distruzione di massa. Nemmeno piccole così.


    Ora – dopo che la guerra è stata combattuta e vinta, e gli appalti per la ricostruzione firmati e registrati – il New York Times riferisce che “La Central Intelligence Agency ha avviato un’indagine per cercare di stabilire se i servizi segreti nel loro complesso hanno sbagliato nelle valutazioni prebelliche dei programmi di armamento dell’Iraq e del governo di Saddam Hussein.”


    Nel frattempo, casualmente un’antica civiltà è stata decimata da una più recente, e casualmente brutale, nazione


    In più di dieci anni di guerre e sanzioni economiche, le forze americane e britanniche hanno lanciato missili e bombe a migliaia sull’Iraq. Dal cielo, sono piovute sui campi e i terreni agricoli iracheni trecento tonnellate di uranio impoverito.


    Nelle loro sortite, gli Alleati hanno preso di mira e distrutto impianti di depurazione delle acque, ben sapendo che non avrebbero potuto essere riparate senza assistenza straniera. Nel sud dell’Iraq, l’incidenza del cancro sulla popolazione infantile è quadruplicata.


    In dieci anni di sanzioni economiche che hanno seguito la guerra del Golfo, ai civili iracheni sono state negate medicine, attrezzature ospedaliere, ambulanze, acqua potabile: insomma, il minimo indispensabile.


    In conseguenza delle sanzioni, circa mezzo milione di bambini iracheni sono morti.


    I mezzi di comunicazione di massa hanno avuto un ruolo chiave, celando alla pubblica opinione americana le notizie relative alla devastazione dell’Iraq e del suo popolo. E ora stanno preparando il terreno per mettere in atto la stessa girandola di bugie e isteria per una guerra contro la Siria o l’Iran, o forse, chissà, perfino contro l’Arabia Saudita.


    Forse la prossima guerra sarà la ciliegina sulla torta della campagna elettorale di Bush per le Presidenziali del 2004. Ma forse non avrà bisogno di spingersi così lontano. I Democratici hanno annunciato una strategia per le elezioni del 2004 concentrata su un’accusa: i repubblicani non sono sufficientemente attenti ai temi della sicurezza nazionale. Come se un bulletto di periferia accusasse la Mafia di avere troppi scrupoli


    Viste da oggi, le elezioni presidenziali americane rischiano di essere solo un’enorme perdita di tempo per tutti. Ma questa non è una notizia da prima pagina.


    L’invasione americana dell’Iraq è stata probabilmente la più vigliacca guerra mai combattuta sulla faccia della terra.


    Dopo aver usato i ‘buoni uffici’ della diplomazia delle Nazioni Unite (sanzioni economiche e ispezioni sugli armamenti) per assicurarsi che l’Iraq fosse messo in ginocchio e la maggior parte dei suoi armamenti fossero stati distrutti, la ‘Coalizione dei Volonterosi’ (meglio nota come Coalizione dei Convinti-con-le-buone-o-con-le-cattive) ha inviato un’armata d’invasione!


    Poi, la stampa ha raccontato in toni trionfalistici la vittoria, giusta e stupefacente, degli Stati Uniti d’America.


    Gli spettatori sono stati testimoni in diretta della felicità portata dall’Esercito degli Stati Uniti alla gente dell’Iraq. Tutte quelle persone appena liberate che sventolavano bandiere americane, che dovevano aver raccolto e nascosto negli anni delle sanzioni.


    E non importa che l’abbattimento della statua di Saddam Hussein a Firdos Squame (vista e rivista in TV) si sia rivelato una scana accuratamente coreografata, con la partecipazione di comparse pagate dai Marines degli Stati Uniti: Robert Fisk l’ha definita “il filmato pubblicitario più trasmesso dai tempi di Iwo Jima”.


    E non importa che nei giorni seguenti i soldati americani hanno sparato su una folla di dimostranti iracheni pacifici e disarmati, che chiedevano alle truppe di occupazione americane di andarsene. Quindici persone sono state uccise.


    E non importa che pochi giorni dopo un soldato americano ha ucciso altre due persone e ne ha ferite diverse altre che protestavano per l’uccisione dei quindici manifestanti inermi. E non importa che a Mosul siano state assassinate altre diciassette persone.


    E non importa che nei prossimi giorni altre persone saranno uccise (ma non ce le faranno vedere in TV).


    E non importa che un paese laico sta per precipitare nel settarismo religioso.


    E non importa che il governo degli Stati Uniti abbia favorito l’ascesa al potere di Saddam Hussein e lo abbia sostenuto nei suoi peggiori eccessi, fra i quali otto anni di guerra contro l’Iran e lo sterminio con il gas della popolazione curda di Halabja: gli stessi crimini che, quattordici anni dopo, sono stati riscaldati e serviti a tavola come giustificazione per una guerra contro l’Iraq.


    E non importa che dopo la prima guerra del Golfo gli Alleati abbiano fomentato l’insurrezione degli Sciti a bassora, per poi guardare dall’altra parte quando Saddam Hussein soffocava la rivolta nel sangue e macellava gli oppositori a migliaia per placare la propria sete di vendetta.


    Dopo l’invasione dell’Iraq, l’interesse morboso dei canali televisivi occidentali per la scoperta di alcune fosse comuni si è rapidamente dissolto quando ci si è resi conto che si trattava dei corpi di iracheno uccisi nella guerra con l’Iran e durante la sommossa degli Sciti… La ricerca di vere fosse comuni continua.


    E non importa che i militari americani e britannici avessero ordini di uccidere la gente, ma non di proteggerla. Le loro priorità erano chiare: la sicurezza del popolo iracheno non era di loro competenza.


    Anche la sicurezza di quel poco che rimaneva delle infrastrutture irachene non era di loro competenza. Lo era, invece, la sicurezza dei giacimenti petroliferi dell’Iraq: i pozzi iracheni erano “in sicurezza” già prima che l’invasione cominciasse.


    Vale la pena notare che la ricostruzione dell’Afghanistan, che si trova in condizioni ben peggiori dell’Iraq, non ha meritato lo stesso entusiasmo evangelico della ricostruzione dell’Iraq. Perfino i fondi promessi pubblicamente all’Afghanistan non sono stati ancora completamente trasferiti.


    Forse è perché l’Afghanistan non ha petrolio? Ha un percorso per un oleodotto, ma non ha petrolio: dunque, ben poco di cui appropriarsi nel paese sconfitto.


    D’altra parte, ci viene riferito che gli appalti per la ricostruzione dell’Iraq potrebbero far compiere un balzo in avanti all’economia mondiale. Strano come gli interessi delle aziende americane vengano così spesso, così deliberatamente confuse con l’interesse dell’economia mondiale.


    Le parole spese sul petrolio iracheno agli iracheni, sulla guerra di liberazione e su democrazia e rappresentanza popolare nel governo hanno fatto il loro tempo. E il loro uso. Ma adesso le cose sono cambiate…


    Essendo riuscito a far precipitare una civiltà vecchia di settemila anni nell’anarchia, George Bush ha annunciato che la presenza degli Stati Uniti in Iraq sarà “a tempo indeterminato”. Gli Stati Uniti, in effetti, hanno detto che l’Iraq potrà avere un governo di rappresentanza solo nella misura in cui rappresenti gli interessi delle compagnie petrolifere anglo-americane. In altre parole, hai libertà di parola solo se dici quello che voglio io.


    Il 17 maggio, sul New York Times si leggeva: “Con una brusca inversione di marcia, Stati Uniti e Gran Bretagna hanno indefinitamente sospeso il piano che avrebbe permesso alle forze d’opposizione irachene di formare, entro la fine del mese, un’assemblea nazionale e un governo provvisorio. In un meeting di questa sera, i diplomatici americani e britannici che si occupano della ricostruzione hanno dichiarato ai leader in esilio che gli ufficiali alleati manterranno il controllo dell’Iraq per un periodo indefinito”.


    Già molto prima che cominciasse l’invasione, la comunità degli affari mondiale fremeva di eccitazione per la quantità di denaro che la ricostruzione dell’Iraq avrebbe messo in moto. Si parlava del “più grande sforzo di ricostruzione dai tempi del Piano Marshall per la ricostruzione dell’Europa dopo la seconda guerra mondiale”.


    Bechtel Corp., una società con sede a San Francisco, guida il branco di sciacalli che sta migrando verso l’Iraq.


    Per coincidenza, l’ex Segretario di Stato Gorge Schultz siede nel consiglio di amministrazione di Bechtel, oltre a essere stato presidente dell’advisory board del Comitato per la Liberazione dell’Iraq.


    Intervistato dal New York Times a proposito del potenziale conflitto d’interessi, Schultz ha dichiarato: 2Che io sappia, Bechtel non ne beneficerà particolarmente. Ma se c’è del lavoro da fare, Bechtel è il tipo di azienda che può farlo: Ma nessuno la considera una cosa da cui trarre profitto.”


    Bechtel ha già ricevuto appalti per 680 milioni di dollari ma, secondo il New York Times, “stime indipendenti stabiliscono il costo finale per le opere di ricostruzione coperte dall’appalto di Bechtel con USAID in 20 miliardi di dollari.”


    In un articolo appropriatamente intitolato "Feeding Frenzy Under Way, as Companies From All Over Seek a Piece of the Action", sempre il New York Times nota (senza ironia) che “Governi di tutto il mondo, insieme alle aziende la cui causa supportano, hanno messo sotto assedio Washington, in una campagna per la conquista di un pezzo delle attività di ricostruzione dell’Iraq.”


    “Gli inglesi,” annota l’articolo, “sebbene il tono dei loro appelli si pacato, fanno leva su quello che per molti funzionari dell’amministrazione Bush è l’argomento più convincente: il sangue versato in Iraq.”


    Di chi fosse quel sangue, non è chiaro. Di sicuro non è sangue britannico, o americano. Deve per forza significare che gli in gelsi hanno aiutato gli americani a spargere sangue iracheno.


    Così, “l’argomento più convincente” per gli appalti della ricostruzione è aver partecipato direttamente e attivamente al massacro degli iracheni.


    Lady Simmons, vice presidente della Camera Alta del Parlamento inglese, si è recentemente recata negli Stati Uniti, insieme a quattro leader dell’industria britannica. Oltre a sostenere la propria parte nella spartizione della torta della ricostruzione, in quanto partecipi dell’assassinio di migliaia di iracheni, la delegazione britannica ha sottolineato (anche qui senza ironia) il proprio passato coloniale a sostegno delle imprese britanniche che “hanno una lunga e stretta relazione con l’Iraq e l’economia irachena fin dai tempi dell’Impero nei primi anni del Novecento, fino alle sanzioni internazionali imposte negli anni Novanta.” Lasciando anche intendere che la Gran Bretagna ha appoggiato Saddam Hussein per tutti gli anni Settanta e Ottanta.


    Quelli di noi che provengono da ex colonie britanniche pensano all’imperialismo come a uno stupro. Dunque, si stupra, poi si uccide, poi si rivendica il diritto di stuprare il cadavere. Questa si chiama necrofilia.


    Estendendo questa macabra analogia, Richard Perle ha recentemente affermato che “Oggi gli iracheni sono più liberi, e noi siamo più sicuri. Rilassiamoci e godiamocela.”


    Pochi giorni dopo l’inizio delle guerra, il commentatore televisivo Tom Brokaw ha affermato. “ Una delle cose che non vogliamo fare […] è distruggere le infrastrutture irachene, perché fra pochi giorni saremo noi i padroni del paese.’


    Adesso i nuovi atti di proprietà sono stati firmati. L’Iraq non è più un paese, è un valore patrimoniale.


    Non deve più essere governato: è posseduto.


    Ed è posseduto per la maggior parte da Bechtel. Forse a Halliburton e a un paio di società inglesi resterà qualche ossa da spolpare.


    La nostra battaglia, dunque, deve essere non solo contro chi occupa l’Iraq, ma anche contro i suoi nuovi padroni.


     







    Documento originale   The Day Of The Jackals


    Traduzione di Paolo Canton





              nutrimento stellare


                                                       stille di ambrosia solare


                                                       riempiono l'aria


    harmonia

    martedì 15 luglio 2003

    L'INDIRIZZO INTERNET DELLA PRESIDENZA EUROPEA


    "Le disavventure europee del governo Berlsuconi iniziano ben prima del


    3 luglio, data del faccia a faccia Schulz-Cavaliere, e da un terreno assolutamente


    secondario, il web. Da alcuni anni il Consiglio europeo ha deciso di dare ad


    ogni presidenza il medesimo indirizzo internet: www.eu seguito dall'anno, il punto


    e le iniziali di ogni paese. È stato così fino all'appena concluso semestre greco:


    www.eu2003.gr, Roma ha invece tergiversato, dimenticando di registrare il


    dominio che è finito nelle mani di uno studente belga di 23 anni, Wouter


    Coppens. Coppens non ha perso tempo e nella pagina che doveva servire a


    presentare le iniziative del semestre ha creato uno spazio sostanzialmente


    completo - storia, vicende giudiziarie, conflitti di interesse, rapporto internazionali


    sul caso Italia, rassegna stampa, sondaggi, frasi celebri... - per informare l'Europa


    sul pericolo Cavaliere. Un successo chiaramente favorito dalle sparate del premier,


    tanto che nel fatidico 3 luglio oltre 15 mila internauti si sono lasciati informare dal


    sito di Coppens.


    Scippato per incapacità, il governo italiano è ripiegato su www.ueitalia2003.it


    in cui appaiono anche degli sponsor, un'altra prima volta in Europa".


    da IL MANIFESTO, 13 Luglio 2003


    Ho visitato i due siti in INTERNET:


    www.eu2003.it , quello che doveva essere il nostro


    www.ue2003italia.it , quello su cui il governo Italiano ha


    dovuto ripiegare, non senza farsi sostenere, per la prima


    volta nell'Unione Europea, da 5 sponsor.


    La voce "sponsor" è l'ultima nell'elenco "La Presidenza informa",


    colonna destra della pagina: Presidenza Italiana del Consiglio dell'Unione Europea".


    Solo a titolo di informazione. Mi astengo dal commentare,


    perché non so che cosa pensare e quindi non so che cosa dire.


    lunedì 14 luglio 2003

             abissale notte senza confini


         si adagiano dormono      si amano


             le creature       su miriadi di stelle


    harmonia



    Grimshaw - Spirit of the Night

    FRANCIA 14 LUGLIO 2003 FESTA NAZIONALE


    14 LUGLIO 1789


    La presa della Bastille


    I principi fondamentali: Liberté, Egalité, Fraternité


    26 AGOSTO 1789: il testo finale della


    Dichiarazione dei Diritti dell'Uomo e del Cittadino











     




    "La Dichiarazione è ancora oggi il fondamento giuridico di tutte le costituzioni delle


    democrazie occidentali. Sancisce molti importanti diritti, ma soprattutto:


    L'uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla Legge (scritta)


    La DICHIARAZIONE fu ricalcata sulla


    COSTITUZIONE DEGLI STATI UNITI D'AMERICA



    Philadelphia 14 Maggio1787









    Page 1 of the Constitution


    We People of the United States of America...


    E' doveroso ricordare.























    domenica 13 luglio 2003











    RICORDARE I VIVI, TUTTI


    Viaggio all'interno di Camp Delta tra i 680 "presunti terroristi"
    rinchiusi nella base americana a Cuba
    Gabbie, Corano e disperazione
    ecco i dannati di Guantanamo

    I detenuti non possono parlare, non sanno nulla del loro destino
    "Sono solo terroristi catturati in battaglia"
    dal nostro inviato CARLO BONINI


    GUANTANAMO - Lo chiamano Camp Delta. È un immenso specchio rifrangente di metallo, filo spinato e cemento. Un sarcofago schiacciato su mille stie di ferro che segregano 680 prigionieri di 42 paesi dalle 17 lingue e i 23 dialetti. Ha ingoiato i dannati di "X Ray", il vecchio campo "raggi X", perché se ne diluisse il ricordo, fino a spegnerlo. Almeno così speravano al Pentagono. In ceppi, il 2, il 28 e il 29 aprile del 2002, hanno trascinato i prigionieri nelle loro nuove gabbie a soli duecento metri dal mare. Senza spiegargli che non lo avrebbero mai visto, né sentito. Perché a "Camp Delta", l'Oceano non è né un suono né un odore né un colore.


    da LA REPUBBLICA 14 lUGLIO 2003 [continua]










    dal NEW YORK TIMES


    DOMENICA 13 LUGLIO 2003


    Bush dichiara la sua fiducia in Tenet e nella C.I.A.


    By RICHARD W. STEVENSON


    Reuters


    Reuters


    George Tenet, direttore della C.I.A.,


    ha accettato la responsabilità per il rapporto sull'Iraq.


    L'articolo è pubblicato nell'edizione online del New York Times di oggi.


    Da parte mia una domanda, soltanto una domanda.


    Mi dica, Signor Presidente, please,


    quello di Tenet e della C.I.A. le sembra un errore da poco?


    sabato 12 luglio 2003

    26 maggio 2003
    The Guardian


    Prossima fermata Tehran


    Simon Tisdall









    Immaginate per un momento di essere un alto dirigente del ministero degli esteri iraniano. Fuori, nelle strade polverose e congesionate di Tehran, fa caldo. Ma dentro il ministero, nonostante l'aria condizionata, il clima sta diventando sempre più appiccicoso. Avete un grosso problema, un problema che il presidente iraniano, Mohammad Khatami, ammette essere "enorme e serio". Il problema è l'amministrazione Bush, e, nello specifico, la sua insistenza nel dichiarare che l'Iran sta attuando "un allarmante programma clandestino di armamenti nucleari".


    L'articolo continua su www.Znet.org


    Per parte mia vorrei aggiungere che la popolazione Iraniana ha altri problemi gravissimi, primo fra tutti: la mancanza di democrazia. Coraggiosi studenti stanno cercando di opporsi. Le prigioni iraniane, con tutto quel che ne consegue, sono spaventose. Io sono con gli studenti e con tutte le persone che vogliono aiutare gli Iraniani a liberarsi dalla terribile oppressione del clero islamico. Ma non sono con Bush o Blair e i loro affini.


    Si può gridare "IRAN LIBERO!" senza che Bush ne approfitti per applicare


    la sua tristemente nota dottrina politica, come ha fatto in Iraq?



    GRANDI AMANTI


    Paolo e Francesca da Rimini


    Nell'acquarello di Dante Gabriele Rossetti l'intera storia.


    Nel marmo di Auguste Rodin i momenti sublimi dell'amore.



    Un amore che Dante canta in versi immortali


    Amor ch'al cor gentil ratto s'apprende,
    prese costui de la bella persona
    che mi fu tolta; e 'l modo ancor m'offende.


     


    Amor, ch'a nullo amato amar perdona
    mi prese del costui piacer sì forte,
    che, come vedi, ancor non m'abbandona.





    venerdì 11 luglio 2003


    Splendore della carne! o splendore ideale!


    O amore rinascente, aurora trionfale!



    Arthur Rimbaud

    DORMIRE


      Flaming June


    Frederic Leighton

    DELLA TIRANNIDE LIBRI DUE


    di Vittorio Alfieri


    "Tirannide indistintamente appellar si debbe ogni qualunque governo in cui chi è preposto alla esecuzione delle leggi può farle, distruggerle, interpretarle, impedirle, sospenderle o anche soltanto eluderle, con sicurezza di impunità. E quindi o questo infrangi-leggi sia ereditario o elettivo usurpatore o legittimo; uomo buono o tristo; uno o molti a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva che basti a ciò fare è tiranno; ogni società che lo ammetta è tirannide; ogni popolo che lo sopporta è schiavo".


    La citazione è di Giorgio Bocca, L'Espresso di questa settimana


    OMBRE SUL VOLTO


    Un'immagine politica


    " Ho lasciato che i ragazzi si sfogassero "


    Le parole azzurre tra virgolette sono del Primo Ministro Berlusconi. La fotografia è sulla prima pagina de L'Unità. L'ho copiata perché mi è sembrata fortemente simbolica. Non amo fare polemiche sterili e ritengo odioso il sarcasmo. Soltanto un sincero interesse per l'Italia e le sue sorti mi spinge a chiedere al Primo Ministro di meditare su quelle ombre, effetto fotografico certo, ma drammaticamente reali per molte cittadine e molti cittadini Italiani. Che l'abbiano votato o meno poco importa, il Primo Ministro ha il dovere primario di occuparsi del benessere e della dignità della nostra Nazione.


    Una preghiera: smetta di fare battute così poco consone alla carica che ricopre e al contesto istituzionale. Ministri e parlamentari Italiani sono "ragazzi che si sfogano"? Non fa ridere e nemmeno sorridere, provoca invece angoscia e senso di umiliazione.


    " La stampa di destra non ride alle battute di Berlusconi "


    [ da INTERNAZIONALE]


    Nemmeno la stampa di Destra, aggiungo io.


    Ma perché dovrebbe ridere?


    Rispetto la Destra e sono convinta dell'onestà


    e dell'intelligenza di chi ne condivide le idee.


    Non quelle di Berlusconi, appunto.