mercoledì 1 aprile 2009

si fa presto a dire "popolo"


Il mio antiberlusconismo è senza rimedio e comincia dal nome dato al partito. Che ci sia una pillola per curare la sindrome? Ma non voglio essere curata. Dovrei curarmi dalla passione per la verità, non la verità assoluta, ma almeno quella relativa che ci conquistiamo da millenni con ricerche e tentativi continui? Le parole hanno significati che si evolvono nel tempo, certo, ma per i parlanti in un determinato segmento della storia le parole hanno significati precisi. Ieri ho manifestato il mio disagio per l'uso delle due parole che compongono il "Popolo della Libertà". Oggi posto due articoli che confortano le mie tesi. Post lunghissimo, ma ne vale la pena.


Associated Press_Fri Mar 27, 2:21 PM ET


Nel nome dei popoli italiani
di GIAN ENRICO RUSCONI


È sorprendente l’effetto di seduzione che ha acquistato la parola «popolo» nella retorica berlusconiana. Da dove viene il fascino di questa antica parola che ha superato infinite stagioni politiche, dal lontano risorgimento liberale sino all’inno della sinistra comunista? È facile dire che essa trae la sua forza dall’idea del «noi», della «comunità». E più timidamente dalla «nazione». Ma più che una convinzione è l’attesa o la finzione di una unità più profonda rispetto alle differenze sociali e culturali visibili. Eppure oggi la parola «popolo» ha ripreso vigore, accentuando proprio queste differenze. Basti pensare all’espressione «popolo della Lega» che per prima è risuonata nell’arena italiana. Per sottolineare differenze etno-territoriali spinte talvolta sino alla minaccia secessionista.

Ma Berlusconi ha introdotto una novità. Quello che ha in testa infatti è il «popolo-degli-elettori». Il popolo è chi lo vota. Non è la nazione o la etnia (vera o inventata), ma un dato politico. Un elettorato che è ad un tempo socialmente destrutturato e politicamente polarizzato attorno al leader. Più la stratificazione sociale nasconde i suoi connotati di classe tradizionali - complessificandosi nella diversità delle fonti di reddito e delle posizioni di lavoro o di precarietà, nella pluralità degli stili di vita e di consumo, nell’autopercezione personale e sociale - più si crea la finzione del «popolo» che segue il leader. Non a caso, replicando all’invito di Dario Franceschini di non presentarsi alle urne europee, perché non potrà mai mettere piede a Strasburgo, Berlusconi risponde rivendicando il suo ruolo di guida ideale e simbolica (bandiera) del suo popolo. Che faccia lo stesso Franceschini con il «suo popolo», dice.

Allora non c’è un «popolo italiano» bensì molti popoli con i rispettivi leader? La confusione è grande, ma «il popolo delle libertà» non se ne cura. Anzi la suggestione della parola «popolo» copre l’equivoco. Chi non sta con «il popolo delle libertà» - questo è il messaggio non tanto nascosto - non è il vero popolo italiano. Intanto Berlusconi sogna il 51 per cento dei consensi elettorali. Se, per ipotesi irrealistica, li ottenesse, comincerebbero i suoi guai. Non già per opera di un’opposizione inchiodata all’impotenza. Ma proprio da parte del suo «popolo» che gli chiederà finalmente conto delle promesse fatte e continuamente rimandate, per colpa di altri. Allora le divisioni interne (soprattutto di quella parte cui eufemisticamente si dice che è «rimasta indietro») diventeranno palesi e drammatiche.

Il Cavaliere, stordito dal successo mediatico, non si rende conto che l’ampio consenso di cui già gode gli proviene da una società frammentata, destrutturata, decomposta. Una società che avanza le richieste più contraddittorie, che non sono gestibili con la retorica del «noi siamo il popolo». L’omogeneità degli interessi sociali è creata illusoriamente soltanto dall’immediatezza del rapporto tra leader ed elettori, che al momento è tutta assorbita nell’immediatezza mediatica. Il risveglio da questa illusione sarà amaro.

I politologi (almeno quelli che non sono alla corte di Berlusconi) conoscono molto bene il fenomeno che si sta verificando. Si chiama populismo democratico. Inesorabile, incontenibile, prevedibile. Nel frattempo, però, tutte le parole usate per definirlo, analizzarlo, denunciarlo si sono logorate. E non parlo delle accuse (sbagliate) di autoritarismo di stampo più o meno fascistoide. Più si ripetono queste accuse, più si consumano senza più alcuna capacità di incidenza. Torniamo all’ultimo sogno berlusconiano: il raggiungimento della maggioranza assoluta. Se il Cavaliere pensa di poter fare e disfare tutto con un ipotetico 51 per cento, fa un calcolo sbagliato. Ritiene forse di poter agire automaticamente contro il restante 49 per cento? Non ha mai sentito parlare della «dittatura della maggioranza» - un concetto per altro inventato dai liberali? La democrazia è un faticoso, tenace, leale governo delle differenze e dei conflitti, non la finzione e l’imposizione di una omogeneità degli interessi annunciata da un palco mediatico. [ La Stampa, 1 aprile 2009 ]



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POPOLO L' oggetto del desiderio della nuova demagogia
di Nadia Urbinati



Il "popolo" è tra le categorie politiche quella forse più ambigua e più abusata, al punto di essere ora adottata addirittura per designare un partito, come se "la parte" e "il tutto" si identificassero; anzi, come se "la parte" si proponesse identica al tutto.


L' origine del termine "popolo" è latina e nella tradizione romana repubblicana aveva un significato di opposizione/distinzione rispetto a una parte di popolazione che non era popolo: l' aristocrazia o il patriziato. Per questa sua connotazione non socialmente unitaria, dovendo decidere la denominazione della nuova assemblea convocata all' indomani della presa della Bastiglia, nel 1789, i costituenti francesi preferirono l' aggettivo "nazionale" a "popolare".


L' incorporazione del "popolo" nella concezione moderna della sovranità statuale e poi la sua identificazione con la nazione vennero perfezionate nel corso dell' Ottocento. Nel 1835 Giuseppe Mazzini lo definì "l'unica forza rivoluzionaria" esistente anche se "mai scesa nell' arena" politica, fino ad allora il luogo esclusivo della "casta" aristocratica e militare. Popolo venne a identificarsi con volontà collettiva e quindi con la sorgente del consenso fondamentale senza il quale nessun governo poteva dirsi legittimo. Ma è proprio nella natura singolare del nome che sta il problema. Nelle principali lingue europee ad eccezione della lingua inglese, i termini Popolo, Peuple, Volk designano un' entità organica, un tutto unico la cui volontà è una ed è legge. Lo stesso Jean-Jacques Rossueau, al quale ingiustamente è stata attribuita la paternità teorica della democrazia totalitaria, aveva anticipato i rischi di plebiscitarismo quando, descrivendo l' assemblea popolare come unico legittimo sovrano, aveva precisato con molto acume che i cittadini vi si recano individualmente, e poi, una volta riuniti in assemblea, danno il loro voto in silenzio, ragionando ciascuno con la propria testa e senza consentire a nessun oratore di manipolare i loro consenso. Le adunate oceaniche di memoria fascista e nazista sono state una negazione della volontà popolare democratica alla quale pensava Rousseau e che è così ben definita nella nostra costituzione. Quelle adunate di popolo, che ricalcavano il modello dell' antica Sparta dove le assemblee si concludevano urlando il "sì" o il "no" alla proposta del consiglio, non erano per nulla un segno di democrazia.


In Atene, alla quale dobbiamo la nostra visione della democrazia, i cittadini si recavano all' assemblea e votavano individualmente, con voto segreto,e infine contavano i voti uno per uno, non fidandosi dell' impressione acustica provocata dall' urlo come a Sparta. Il modo di raccogliere il consenso e la procedura di computa dei voti sono stati da allora i due caratteri cruciali che hanno dato democraticità alla categoria ambigua di popolo; che hanno anzi consentito di togliere l' ambiguità ed evitare l' abuso. È chiaro infatti che se il termine "popolo" è singolare, sono le regole che si premuniscono di renderlo plurale.


Il popolo dei populisti, quello per intenderci della concezione fascista e plebiscitaria, non è lo stesso del popolo democratico: ne è anzi la sua degenerazione e negazione. È ancora a un autore classico che ci si deve affidare per comprendere questa distinzione cruciale. Nella Politica Aristotele distingue tra varie forme di democrazia, procedendo da quella meno pessima o sufficientemente buona a quella assolutamente pessima: la migliore è quella nella quale le funzioni del popolo di votare in assemblea sono affiancate da quelle di magistrati eletti; la peggiore è quella demagogica, un' unità nella quale la voce del demagogo diventa la voce del popolo e il pluralismo delle idee si assottiglia pericolosamente. Nel Novecento, Carl Schmitt ha dato voce a questa visione di democrazia plebiscitaria o cesaristica integrandola con una critica radicale del Parlamento: perché perdere tempo a discutere se ci si può valere di un leader che sa quel che il popolo vuole visto che la sua volontà è una sola con quella del suo popolo?


Il termine popolo acquista dunque un significato meno ambiguo e soprattutto liberale quando è associato non a una massa uniforme che parla con una voce e si identifica con un uomo o un partito, ma invece all' insieme degli individui-cittadini che fanno una nazione. Individui singoli perché il consenso non è una voce collettiva nella quale le voci individuali scompaiono, ma un processo che tutti contribuiscono a formare. Il pluralismo è il carattere che fa del popolo un popolo democratico; anche perché il voto è l' esito di una selezione tra diverse proposte o idee che devono potersi esprime pubblicamente per poter essere valutatee scelte. Vox populi vox dei ha un senso non sinistro solo a una condizione: che la democrazia abbia regole e diritti non alterabili dalla maggioranza grazie ai quali i cittadini possono liberamente partecipare al processo di definizione e interpretazione di quella "voce". Ma se la "vox dei" abita un luogo definito e unico - sia esso un partito o un potere dello stato o un uomo - se acquista un significato unico, allora è la voce non più del popolo ma di una sua parte che si è sostituita ad esso. Concludendo in sintonia con questa analogia religiosa, vale ricordare che l' unanimità e la concordia ecclestastica finirono quando il pluralismo interpretativo del cristianesimo si affermò. La democrazia costituzionale può essere a ragione considerata una forma di protestantesimo politico. [La Repubblica, 31 marzo 2009]



si fa presto a dire "libertà"


Associated Press_Fri Mar 27, 2:06 PM ET



Un fatto emblematico, esempio massimo del concetto di libertà nel berlusconismo imperante con il suo "popolo della libertà": neanche i sondaggi vanno bene quando non coincidono con la volontà suprema del capo da molti definito "carismatico" (ahimè).


Biotestamento, 3 su 4 per la libera scelta
Il sondaggio: anche tra i cattolici il 55% dice sì alla possibilità di fermare le cure


Anche tra i cattolici il 55% dice sì alla possibilità di fermare le cure e il 47% alla scelta di interrompere nutrizione e idratazione di R. MannheimerIl grafico: guarda [ Corriere della Sera, 1 aprile 2009 ] 


 

9 commenti:

  1. @ Aicha77

    Ho riletto con commozione e coinvolgimento i Diritti della dichiarazione Universale nel tuo post.
    Li ho pubblicati anch'io e ogni anno festeggio l'anniversario della proclamazione di questo avanzamento decisivo e definitivo della civilizzazione umana. Sono dolorosamente consapevole del grado di non rispetto di questi principi in tutto il mondo. In questo periodo, forse egoisticamente, mi sto dedicando quai esclusivamente al problema di questi diritti disattesi in Italia, ma un po' mi assolvo, perché in fondo è giusto cominciare da noi stessi, per noi e per gli altri.

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  2. diritti si, ma farli valere ?
    e qui c'è l'arte :-)
    un caro saluto e
    grazie al tuo passaggio

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  3. Il problema, col presidente del milan, è che quando i sondaggi non assecondano cio' che gli serve, scatena la sua campagna mediatica farcita di menzogne. Bene fai tu a ribadire verità oggettive e concrete.
    Namaste!
    Ed al solito, tpnO.

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  4. @ qualquna

    Dobbiamo sforzarci proprio nella direzione del rispetto delle leggi e dei diritti.

    @ Masso57

    E' davvero il colmo questo dei sondaggi che valgono solo se assecondano la volontà del lider. Non che io mi appenda ai sondaggi, che sono da maneggiare con cura e prudenza. ma i sondaggi sul testamento biologico, banco di prova della libertà, sono più o meno uguali da molto tempo.
    Bisogna ribadire e rintuzzare il falso senza stancarsi in quest'era italica di falsificazioni. Satira di Michele Serra docet.

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  5. Mirando a riscrivere la Costituzione, comincia dal vocabolario...
    (ovviamente attribuendo significati finora inediti ai termini "popolo" e "libertà")

    Ti abbraccio cara harmonia, scorata e spaventata quanto te.

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  6. Berlusconi si appella al "popolo" e intanto se ne tira fuori. Ne ha la stessa considerazione dei Re; si sente gravato dalla responsabilità di condurre questo popolo bue, tirato per il naso, verso destini di bovina felicità. Il suo disprezzo verso la massa è dissimulato e totale. Ne estrae volta volta le figure di cui a bisogno: la bellona, la macchietta agitata e vociante, il servo sciocco da telegiornale. L'unica speranza è nell'altra metà,in quel 49% che non sopporta anelli al naso.

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  7. Libertà è una parola seria per la quale tanta gente è arrivata anche all'estremo sacrificio e stona sulla bocca di quel signore ch la usa a piacere per prendere in giro gli italiani. e quà chiudo altrimenti parto per la tangente e non mi fermo più. Ciao, Harmonia.

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