lunedì 30 marzo 2009

IL POPOLO DIMEZZATO



 "... l’avverarsi di un grande sogno: la nascita ufficiale del “Popolo della Libertà”, un movimento che in realtà è già nato, è già cresciuto, è già forte, è già vincente. ...


Oggi i sondaggi ci danno al 43 per cento. Puntiamo al 51 per cento. Sappiamo come arrivarci, sono sicuro che ci arriveremo. ... Siamo il partito degli italiani, siamo il partito degli italiani di buon senso e di buona volontà, siamo il partito degli italiani che amano la libertà e vogliono restare liberi. ... Oggi i sondaggi ci danno al 43 per cento. Puntiamo al 51 per cento. ...


Popolo e Libertà. Dunque, il Popolo della Libertà. 


Ecco perché non è retorico affermare che oggi noi siamo il movimento, l’unico movimento, che realizza il sogno di un popolo, le speranze di un popolo, le attese di un popolo, l’unico partito che definisce l’identità del nostro popolo. ...


[ dal discorso di apertura del Presidente Silvio Berlusconi al Congresso del Popolo della Libertà alla Fiera di Roma il 27 marzo 2009 ]



*


Il popolo italiano che emerge da queste affermazioni è evidentemente un popolo dimezzato. La metà buona, cittadino più cittadino meno, e vincente è la metà berlusconista. L'altra metà, definita dal neopresidente ad escludendum,  è quella di cui faccio parte io.


Post Scriptum delle 13:22


La parola che non torna nel discorso del leader maximo è proprio la parola principale, la parola fondante: POPOLO. L'altra parola che non torna è la seconda parola fondante: LIBERTA'. Di quale libertà si permette di parlare il capo acclamato indiscusso indiscutibile di un partito che vuole privare le cittadine e i cittadini italiani della libertà più autentica esclusiva personale? La libertà del vivere e del morire, la libertà del "noli me tangere", la libertà del corpo e dell'anima. Attenzione! Più dell'anima che del corpo.


Aggiornamento delle 18:16


Un articolo di Barbara Spinelli da La Stampa di ieri.


Il coma dell'anima


Non è solo il corpo a esser sequestrato, dalla legge che il Senato ha approvato sul testamento biologico. Molte cose giuste sono state scritte sullo Stato espropriatore, ma la presa di possesso oltrepassa l’organico. È la vita a essere sequestrata, nel suo scabroso intreccio tra materia e spirito, corpo e anima. Più precisamente, è l’idea che da millenni ci facciamo del vivere bene, che non è mero vegetare ma vivere pensando, ragionando, capendo chi soffre. In questo viver bene, il pensiero della morte è, oltre che centrale, il più vitale dei pensieri. Non è il finale segmento della strada terrena, ma quel che le dà profondità, sapore. Per la filosofia antica, a cominciare da Platone, l’esistere saggio consiste proprio in questo: nel prepararsi alla morte, l’anima impara a esser «tutta raccolta in sé»; s’abitua a vivere «senza impacci», più liberamente sceglie la virtù.

Socrate parla nel Fedone di questo prepararsi e lo chiama esercizio di morte, melete thanatou: allenamento, meditazione. Un po’ più tardi, Seneca e Marco Aurelio diranno che ci si allena vivendo ogni giorno come fosse l’ultimo: non per fatalismo ma per aguzzare l’intelligenza, la perfezione.

Posso vivere bene o male il mio giorno: ma se è l’ultimo il bene peserà di più e anche il male, non potendolo più riparare. Il testamento biologico doveva essere proprio questo: una preparazione del fine vita e un ripensare la vita stessa, un rammemorarla, un predisporre autonomamente la sua conclusione in caso di non-coscienza, senza ledere il prossimo e senza dipendere da tutori non scelti. Doveva essere un esercizio di morte: un atto del vivere bene.

La legge approvata in Senato, se non sarà cambiata dalla Camera, non lo permette. La Dichiarazione anticipata non è vincolante (articolo 7 della legge), e contro la nostra volontà dovremo esser nutriti e idratati artificialmente. La legge e lo Stato non si limitano a gestire al nostro posto i corpi, ma meditano, si esercitano, vivono insomma, al nostro posto. Chi si esercita a morire è sentinella - il verbo greco ha la stessa radice. Vivere bene è vigilare su di sé, darsi da soli una legge (questo è: auto-nomia). È lo Stato a divenire ora sentinella, non solo ai confini d’un territorio geografico ma alle frontiere stesse dell’essere. Diventa bio-potere, bio-politica: due parole che Michel Foucault coniò nei primi Anni 70, quando studiò la clinica e la metamorfosi della medicina. Il sovrano che decide della vita e della morte non lascia solo vivere ma «fa vivere»: complice della tecnica, della scienza, di una Chiesa sbandata, determina i cicli vitali. Beppino Englaro non ha torto quando dichiara: «Adesso lo Stato si crede Dio». Fini, parlando della legge ieri al Congresso Pdl, ha ammonito contro lo Stato etico e l’abbandono dello Stato laico.

Molto più del corpo è dunque in gioco. Sono in gioco l’essere dell’uomo e l’antichissima arte medica, già in mutazione secondo Foucault dalla fine del ’700. È quel che fa capire Umberto Veronesi, quando il 18 marzo dice in Senato: «La medicina tecnologica moderna è in grado di spostare il termine della vita al di là della morte naturale, introducendo una vita artificiale che permette agli organi del corpo umano di rimanere vitali, anche senza attività cerebrale, senza coscienza, senza pensiero, senza vista, udito, parola». Nutrimento e idratazione forzati dei comatosi non sono trattamenti terapeutici ma «forme di sostegno vitale», dice la legge, e anche questo è opinabile. Il trattamento forse non è terapeutico ma di sicuro è sanitario (Veronesi ha descritto crudamente l’inserimento di tubi nei corpi), e fa violenza anch’esso alla natura e a Dio. Foucault parla, a proposito della nascita della clinica, della fine della medicina aspettante e dell’avvento della medicina interventista, tecnologica. Il medico aspettante non rompe il rapporto con la natura. Spera di dominarla meglio, ma conosce il limite, non punta ad annullare la morte, la sua necessità. I rivoluzionari del ’700 crearono le cliniche non solo istituendo un nuovo clero - i medici pagati con i beni confiscati alla Chiesa - ma presumendo addirittura di abolire la malattia.

Quando lo Stato s’impadronisce dell’esercizio di morte non nega all’uomo solo la libertà. Gli toglie la responsabilità: quella di riconoscere la finitezza dell’essere. Per questo non è appropriato parlare esclusivamente di diritti calpestati. Calpestato è il senso del dovere che impregna il viver bene, se è vero che il pensiero della morte, per chi voglia redigere il più importante dei testamenti (quello che riguarda non gli averi, ma l’essere) è meditazione sul proprio presente e memoria di una vita fatta di emancipazioni.

Il contrario dell’esercizio di morte è l’indifferenza e dunque più fondamentalmente: la perdita di controllo su di sé, l’anticipato coma dell’anima. Per lo Stato che monopolizzando ogni cosa si sostituisce alla natura, il cittadino comatoso è l'ideale. Non contano l'uomo e i suoi modi scritti o verbali di allenarsi alla morte. Conta il corpo nudo, «gettato lontano» nelle cliniche, come scrive Rilke nel Malte Laurids Brigge. Contano il sovrano, e le macchine con cui esso piega la volontà delle persone. Quella che viene strappata all’uomo, in realtà, è la condizione di maggiorità (la sua Mündigkeit, direbbe Kant). Non a caso il sottosegretario Eugenia Roccella paragona il comatoso irreversibile, trafitto anche senza volerlo da sonde nutritive, a un neonato nutrito col biberon.

Chi immaginava un vero testamento biologico dovrà ricordarlo. Come quel neonato dovrà vedersi da ora in poi allo specchio, se la legge passerà: infantilizzato, dotato di diritti dell’infanzia ma gettato nella prigione del coma senza aver potuto sventare in tempo lo stato di minorità. Dovrà vedersi non come bamboccione ma addirittura come lattante, titolare di diritti ma privo di responsabilità.

La maggiore età è per Kant la facoltà che ciascuno possiede di determinare se stesso, di parlare e pensare per proprio conto in indipendenza e libertà, di sfuggire la minorità. È così comodo esser minorenni, e lusinghiero per chi ci vorrebbe poppanti: «A far sì che la stragrande maggioranza degli uomini (e con essi tutto il bel sesso) ritenga il passaggio allo stato di maggiorità, oltreché difficile, anche molto pericoloso, provvedono già quei tutori che si sono assunti con tanta benevolenza l’alta sorveglianza sopra costoro. Dopo averli in un primo tempo istupiditi come fossero animali domestici e aver accuratamente impedito che queste pacifiche creature osassero muovere un passo fuori dal girello da bambini in cui le hanno imprigionate, in un secondo tempo mostrano a esse il pericolo che le minaccia qualora tentassero di camminare da sole» (Kant, Risposta alla domanda: cos'è l'Illuminismo?).

Chi aspira alla maggiorità si guarderà dall’esaltare valori supremi, che sempre hanno qualcosa di guerresco: abbassando ogni altro valore, il Valore Supremo diventa Unico. Il bello delle costituzioni è di ammettere le contraddizioni (c’è il valore della vita, ma anche il rispetto dell’autodeterminazione personale). Trovare un equilibrio tra valori significa non vederne più di supremi. È una delle forme del viver bene, e della laicità.
Vivere bene vuol dire anche, per chi auspica veri testamenti biologici, ascoltare punti di vista diversi (come fa la Costituzione). È vero che togliere cibo e acqua è rischioso eticamente: se mi affido a un medico, devo non temere - lo diceva il filosofo Jonas - che si trasformi in boia, servendo magari interessi estranei (i trapianti, il desiderio di sbarazzarsi dei vecchi in società senescenti). È vero che urge perfezionare le terapie del dolore, perché spesso più che morire temiamo il soffrire. Sono obiezioni sostanziali; vanno ascoltate: purché il malato non sia ridotto a lattante. [QUI ]


8 commenti:

  1. c'è quel pizzico di retorica che ogni leader di destra o sinistra sa usare per raccogliere il suo popolo.

    è indubbio che il PDL ha un grande seguito e che mira ad accrescere i propri consensi. ed ora che ricominci a lavorare sulle riforme.

    RispondiElimina
  2. @ xunder

    Il problema non è la retorica. Il problema non è nemmeno la ricerca del consenso da parte del leader di un grande partito. Il problema per me è la vecchia, vecchissima, politica dell'esclusione, della divisione quasi manichea, dell'uso manipolatorio delle parole. Qui la parola che non torna è proprio la parola principale, la parola fondante: POPOLO.

    RispondiElimina
  3. l'importante e che ci sia sempre l'altra meta' per poter controllare
    la meta' berlusconiana o cosidettabuona
    la paura vera sara' quando la meta' non potra' piu avere voce in capitolo allora davvero si chiamera' dittatura

    ps
    da commento-))
    e' inevitabile cambiare la vita va avanti e porta con se esperienze che non possono lasciart uguale a prima di averle vissute
    la cosa fondamentale e non cambiare il cuore
    buona settimana

    RispondiElimina
  4. @ ladolcetempesta

    Pavento appunto le riforme che restringeranno le libertà costituzionali. Tali riforme il capo le sta già attuando con leggi ordinarie, svuotando i principi costituzionali dall'interno, come fa il tarlo che scava nel legno. Mi sembra impossibile che il popolo sovrano, quello al 100%, non se ne renda conto.

    RispondiElimina
  5. Ciao Harmonia
    vedi ho ancora a mente il discorso di Veltroni al Circo Massimo.

    siamo antropologicamente ed eticamente migliori, Berluska antidemocratico, dittatoriale e i clichès che ascolto da 15 anni (mai avveratisi), un mostro insomma.

    ecco queste parole usate da Veltroni non le ho scovate nel discorso di Berluska.

    RispondiElimina
  6. Il titolo di The Guardian non e' molto tenero nei confronti del Cavaliere: ''Italia: L'ombra del fascismo''.

    "A differenza della Germania del dopo-guerra, l'Italia del dopo-guerra non si e' mai veramente confrontata con la propria eredita' fascista. Di conseguenza, mentre in Germania il neofascismo non si e' mai riaffacciato seriamente, in Italia ci sono state importanti continuita' - leggi e responsabili ereditati dall'epoca di Mussolini e la rinascita del Partito Fascista sotto un altro nome - nonostante la cultura pubblica nominalmente anti-fascista del Paese. Queste continuita' sono solo diventate piu' forti. E' un giorno di vergogna per l'Italia (...) E' un pensiero molto scioccante che tra i 20 leader mondiali che parteciperanno al vertice economico di Londra questa settimana ci sia un capo di governo che ha ricostruito la sua base politica su fondamenta gettate dai fascisti e che afferma che come conseguenza la destra rimarra' al potere per generazioni''.
    _______
    cosa aggiungere?

    RispondiElimina
  7. @ kreben

    Le vicende politiche di questi ultimi 15 anni hanno messo in evidenza un susseguirsi di crisi della politica. Le vicende degli ultimi giorni, con gli scenari di un PDL vincente nella persona del suo autocrate, mi creano grandi preoccupazioni. C'è solo da sperare che il senso del pericolo per la democrazia faccia rinsavire i politici di quella che chiami la "cosiddetta sinistra democratica". La nottata, temo, sarà lunga da passare.

    RispondiElimina
  8. @ Masso57

    Purtroppo The Guardian ha ragione. La perfida Albione non ama il cavaliere e nemmeno noi italiani. Abbiamo il dovere di raccogliere forze e coraggio, ora, per evitare che la profezia si avveri. Per quanti anni ha governato la Thacher? 12?

    RispondiElimina