lunedì 22 ottobre 2007

Il Dalai Lama e la Cina



"La mia strategia per la pace è di lunga durata: io credo che dovremmo educare i giovani a capire che la violenza non è la soluzione e che l'uso della forza è destinato a fallire, perché crea più problemi di quelli che risolve. L'unica cosa che può funzionare è il dialogo. Viviamo in un mondo che diventa sempre più piccolo: la distruzione del tuo vicino può portare alla tua stessa distruzione. Spero che i paesi coinvolti in questa crisi riflettano su questo".


La sua strada del dialogo non sembra portare a molte soluzioni: solo qualche giorno fa i cinesi hanno sparato a un gruppo di monaci e bambini che cercava di lasciare il Tibet. E sempre più giovani tibetani sono stanchi di aspettare. Non ha mai pensato che possa essere ora di cambiare strategia?

"No, non lo credo. Sono molto preoccupato per quello che sta succedendo in Tibet, l'attitudine cinese è sempre più severa nei confronti della popolazione e molte persone mi parlano di un'atmosfera sempre più simile a quella della rivoluzione culturale. Ma parliamo di un paese in transizione. Ci sono sempre più persone che appoggiano la nostra causa fra i cinesi: la Cina ha bisogno del Tibet e della sua ricchezza spirituale e religiosa. Il Tibet ha bisogno della Cina per svilupparsi. Quello che noi vogliamo è un accordo che benefici entrambe le parti. Quanto ai giovani, alcuni sono impazienti e pensano che battersi per il Tibet sia eroico: io credo che questo creerebbe nuovi problemi, e non ne risolverebbe nessuno".

Crede che la comunità internazionale stia facendo abbastanza per il Tibet o che la necessità di accordi con la Cina stia facendo passare la questione in secondo piano?

"Gli accordi dei paesi stranieri con Pechino sono i benvenuti, perché possono far sviluppare quella parte della popolazione cinese che ancora vive in povertà. I paesi occidentali portano business, ma parlano anche di diritti umani. Credo che sia l'approccio giusto. La maniera migliore per aiutare il Tibet è discutere con i cinesi, non affrontarli di petto: questo genererebbe in loro ancora più paura e sospetto".

Non teme che un'attesa troppo lunga finirà con l'uccidere il Tibet e la sua cultura?

"C'è molta pressione sui tibetani che vivono nella Madre patria, ma i sei milioni di tibetani che sono ancora lì e i quattro milioni che sono fuggiti stanno facendo di tutto per salvare la nostra cultura. Siamo tibetani, e lo resteremo: nell'anima. E questo la Cina non lo può cambiare".   



Da un'intervista a La Repubblica del 13 ottobre 2006 - QUI . Insegnamenti nobili, altissimi, ma anche realistici, concreti ed efficaci, per quanto a lungo o lunghissimo termine. Per la pace ci vorrà una rivoluzione spirituale che porti a un cambiamento radicale delle nostre umane attitudini e strategie relazionali ancora fortemente condizionate da ancestrali istinti violenti. Che fare allora con la Cina? Penso che la via giusta sia dimostrare amicizia mista a determinazione serena nell'esprimere il dissenso nei confronti delle politiche del regime.


Dalla Birmania al Tibet al Darfur e così via, sventuratamente. Ora è di nuovo il turno del riacutizzarsi della "questione curda" dalla parte della Turchia, per non parlare della "questione armena" storicamente risolta ma sempre aperta. Per questo rimando al blog ISTINTIVA MENTE , dove l'amico Tuareg ha pubblicato il post "Cose Turche" con molte informazioni e preoccupazioni serie.

16 commenti:

  1. Permettimi questa semplice considerazione che mi è balzata alla mente dopo la lettura dell'intervista. Se i politici nazionali ed internazionali seguissero gli insegnamenti-suggerimenti del Dalai Lama non ci sarebbe neppure una guerra, ci sarebbero, invece, pace, serenità e sicuramente più giustizia sociale o comunque la speranza concreta che l'uomo possa tornare a considerarsi un animale dotato di intelligenza.
    Bel post, cara amica.
    Enzo

    RispondiElimina
  2. Permettimi questa semplice considerazione che mi è balzata alla mente dopo la lettura dell'intervista. Se i politici nazionali ed internazionali seguissero gli insegnamenti-suggerimenti del Dalai Lama non ci sarebbe neppure una guerra, ci sarebbero, invece, pace, serenità e sicuramente più giustizia sociale o comunque la speranza concreta che l'uomo possa tornare a considerarsi un animale dotato di intelligenza.
    Bel post, cara amica.
    Enzo

    RispondiElimina
  3. @ozne
    La specie umana è arrivata a capire che la violenza deve essere superata, ma è ancora un fatto ristretto, nonostante l'adesione delle "masse" a metodi e mezzi pacifici di soluzione dei conflitti. Ci vorrà la rivoluzione di cui parla il Dalai Lama, una rivoluzione radicale che richiederà molto tempo.

    RispondiElimina
  4. @ozne
    La specie umana è arrivata a capire che la violenza deve essere superata, ma è ancora un fatto ristretto, nonostante l'adesione delle "masse" a metodi e mezzi pacifici di soluzione dei conflitti. Ci vorrà la rivoluzione di cui parla il Dalai Lama, una rivoluzione radicale che richiederà molto tempo.

    RispondiElimina
  5. molto suggestiva
    stef
    sul tuo blog trovo sempre aspetti interessanti informativi che a volte possono sfuggire
    stef

    RispondiElimina
  6. molto suggestiva
    stef
    sul tuo blog trovo sempre aspetti interessanti informativi che a volte possono sfuggire
    stef

    RispondiElimina
  7. con la speranza che tutto questo non porti ad una repressione dalle conseguenze irrecuperabili, le preoccupazioni peggiori occupano svariati panorami, e davvero i tentativi proposti finora non sembrano recare alcun aiuto valido.
    Ed è legittimo sospettare che gli accordi eventuali sarebbero solo di facciata ...

    RispondiElimina
  8. con la speranza che tutto questo non porti ad una repressione dalle conseguenze irrecuperabili, le preoccupazioni peggiori occupano svariati panorami, e davvero i tentativi proposti finora non sembrano recare alcun aiuto valido.
    Ed è legittimo sospettare che gli accordi eventuali sarebbero solo di facciata ...

    RispondiElimina
  9. @stefanomassa
    Grazie, Stef, ovviamente il merito è di chi fornisce le informazioni.
    @Raymond
    I rischi sono sempre enormi, tuttavia il rischio di esporsi alla lotta con strumenti pacifici è necessario correrlo ed è preferibile agli altri.

    RispondiElimina
  10. @stefanomassa
    Grazie, Stef, ovviamente il merito è di chi fornisce le informazioni.
    @Raymond
    I rischi sono sempre enormi, tuttavia il rischio di esporsi alla lotta con strumenti pacifici è necessario correrlo ed è preferibile agli altri.

    RispondiElimina
  11. non lo so, non so più che pensare tranne che il mondo è gia ANDATO a rotoli!

    RispondiElimina
  12. ciao! ..una bella intervista, e ciò che più insegna è il fatto che pur vedendo il suo popolo e la sua cultura minacciate di essere spazzate via, crede con fermezza ancora nel dialogo, anche con i suoi persecutori. Questo è ammirabile ed è un segno della sua grande elevatezza mentale e grandiosità dell'anima. Si è distaccato dai piccoli problemi e scaramucce relazionali e si è saputo elevare ad una essenza più alta e nobile del genere umano. E la persegue. ..Bravo...abbiamo tutti da imparare.
    ciao, claudio

    RispondiElimina
  13. A proposito di Bach in cucina: credimi...è un connubio stupendo!!!

    Grazie del commento

    P.S.: Sono dello stesso avviso del Dalai Lama... salutamelo

    RispondiElimina
  14. A proposito di Bach in cucina: credimi...è un connubio stupendo!!!

    Grazie del commento

    P.S.: Sono dello stesso avviso del Dalai Lama... salutamelo

    RispondiElimina
  15. senza dubbio ne vale la pena, quel che è difficile da digerire è che mai niente si riesca a risolvere con un dialogo, senza dover sempre giungere ad azioni di questo tipo.
    utopia la mia ...

    RispondiElimina
  16. senza dubbio ne vale la pena, quel che è difficile da digerire è che mai niente si riesca a risolvere con un dialogo, senza dover sempre giungere ad azioni di questo tipo.
    utopia la mia ...

    RispondiElimina