giovedì 11 ottobre 2007


Aiutiamo il popolo Birmano aggiungendo questo post e queste immagini al proprio blog.(Questo è un nuovo tipo di protesta on line che usa i blog per diffondere globalmente una petizione, per partecipare seguite le istruzioni del post) si tratta di democrazia e diritti umani basilari. Per favore aiutate a prevenire una   tragedia umana in Birmania (Myanmar) aggiungendo il vostro blog e chiedendo ad altri di fare lo stesso. Passando il testimone attraverso la blogosfera, speriamo di generare maggiore consapevolezza e di evitare un massacro. In quanto attenti cittadini del mondo, questo è quanto noi bloggers possiamo fare.


come partecipare:


copia l'intero post sul tuo blog includendovi questo numero speciale


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Dopo qualche giorno cerca su Google questo numero per cercare tutti i blog che partecipano alla protesta e petizione. Potrebbe occorrere qualche giorno in più perchè il tuo blog appaia nei risultati a causa del modo in cui google indicizza i blogs.


Da: Le Favole Private - QUI


*


VELI




Il sito BBC News offre questa rassegna grafica di veli islamici con relative didascalie: QUI . Ma l'informazione sull'argomento, molto ampia, l'ho trovata a partire da BBC religion: Islamic dress . E a questo link sono arrivata dalla mia ricerca sull'Iran, e in particolare sulle "donne malvelate" che incorrono nelle durezze del regime islamico: 'Bad hijab'  -  Iranians face a severe crackdown over un-Islamic dress: QUI . Qualche cognizione in più per parlare del burqa in Italia con mente aperta e senza pregiudizi da ignoranza.


Le mie convinzioni sull'uguaglianza degli esseri umani mi porterebbero a una immediata chiusura mentale di fronte all'argomento velo, che leggo come imposizione maschile tesa a limitare la libertà femminile fino a chiuderla completamente col burqa col pretesto della legge coranica, che pure esiste anche se ci sono delle controversie tra gli islamici sull'interpretazione dei dettami riguardanti l'abbigliamento delle donne e degli uomini. Ma le convinzioni personali devono essere accantonate, almeno in parte, quando entra in gioco la necessità della convivenza e dell'armonizzazione con altre culture. Mi faccio soccorrere ancora una volta da un articolo della BBC su come è stato affrontato il problema in Europa, The Islamic veil across Europe , e sul punto di vista dei musulmani  in Gran Bretagna, UK Muslim panel on the veil row . (In italiano non ho trovato nulla di così ampio e sistematico, accetto suggerimenti con gratitudine anticipata).


Mi pare che il problema più grosso sia rappresentato dal burqa che copre tutto il corpo e tutto il viso, compresi gli occhi, davanti ai quali c'è una fitta grata di tessuto che evita la cecità completa di chi lo indossa ma non evita la mortificazione dello sguardo costretto a una visione del mondo estremamente ridotta e parcellizzata in piccolissimi quadrati infaustamente simili alle grate crudelmente ravvicinate di una prigione. Qui la mia capacità, ma anche la mia volontà di comprensione e di armonizzazione si arresta, perché mi riesce concettualmente impossibile armonizzarmi con una simile violazione dei diritti umani, così come ritengo doveroso non avere nessuna, ma proprio nessuna, comprensione per la diversità rappresentata dalle mutilazioni genitali.


Il burqa viene presentato come simbolo religioso: che cosa dice il Corano al riguardo? Ricorro ancora una volta al sito BBC: Hijab in scripture . Dalla faticosa lettura in inglese mi pare che non ci sia nulla di dirimente sui veli in generale, ma nulla sull'obbligo del sudario tipo burqa. Che cos'è allora il burqa? Lascio la risposta a Giuliana Sgrena che scrive:


"Basterebbe leggere uno dei libri che vanno per la maggiore di questi tempi - «I mille splendidi soli» di Hosseini - per capire l'uso del burqa nel paese di origine, l'Afghanistan, negli anni sessanta e settanta. Non di religione si tratta ma di oppressione patriarcale. La più tremenda, che relega le donne dietro una grata, attraverso la quale guardare il mondo a quadretti senza essere osservate.
Mentre nel mondo islamico è aperto lo scontro sul velo: è islamico oppure no, e nemmeno il Corano è sufficiente a redimere il quesito, in Italia si avalla come dovere religioso l'uso del burqa. Che non solo non è citato nei testi religiosi, ma proprio in Afghanistan era stato abolito fin dal 1923 dal re Amanullah con la nuova costituzione che doveva servire a modernizzare il paese anche attraverso l'istruzione delle donne e l'abolizione della poligamia. Naturalmente il re Amanullah aveva scatenato le ire dei fondamentalisti che l'avevano estromesso dal trono e solo nel 1959 le donne della famiglia reale, ai tempi di re Zahir Shah, si sarebbero presentate in pubblico a capo scoperto. A riportare in voga, si fa per dire, il velo e anche il burqa ci avrebbero pensato i fondamentalisti mujahidin e i taleban.
La decisione del prefetto di Treviso, appoggiata purtroppo anche dalla ministra Rosi Bindi (salvo smentite) e da altre parlamentari, è basata evidentemente su un relativismo culturale molto diffuso anche nella sinistra - ma non riguarda la ministra Barbara Pollastrini, che si è espressa decisamente contro il burqa - che vuole condannare popoli e soprattutto le donne di paesi del sud a subire le imposizioni più conservatrici e tribali di alcuni leader religiosi o politici locali.
È eramente molto triste dover ammettere che non solo la guerra in Afghanistan non ha liberato le donne afghane dal burqa - e questo ce lo aspettavamo - ma che la talebanizzazione è arrivata anche in Italia. Forse anche per questo non alziamo un dito contro le nuove milizie religiose irachene che uccidono le donne che si rifiutano di portare un velo che non avevano mai portato. E che dire della nuova polizia religiosa che controlla la moralità dei comportamenti dei palestinesi non solo nella Gaza di Hamas ma anche nella Ramallah di Fatah? Il nostro sostegno a queste donne deve partire da subito, da qui, aiutando quelle che vivono nel nostro paese a sottrarsi al giogo dell'oppressione e della violenza, di cui, altrimenti, diventiamo complici.
Non è accettando il burqa che riconosciamo un diritto alle donne: sottolineando la loro «diversità» santifichiamo la loro ghettizzazione. E quando si parla di libera scelta occorrerebbe tenere in considerazione che l'unica scelta di cui godono queste donne è quella di portare il velo e molte di loro hanno così interiorizzato l'idea che la loro sicurezza passa attraverso l'annullamento del proprio corpo che non si sono ancora liberate del burqa." ( Il Manifesto, 10 ottobre 2007,
La vita sotto il burqa )



E, infine, che dire della violazione dei diritti dell'infanzia? Giocare, correre, avere le mani libere, sentire il vento fra i capelli, sentirsi uguali ai più fortunati maschietti ... Argomento spinoso, lo so, e complesso, ma la complessità non può essere invocata per eludere problemi etici di questa portata. Perché di etica si tratta, cari musulmani e musulmane e cari prefetti italiani, l'etica della libertà personale e dell'in-nocenza.


Aggiornamento 12 ottobre 2007



Accordo al consiglio di sicurezza Onu

WASHINGTON. I quindici ambasciatori deplorano la repressione della giunta militare

Gli ambasciatori all’Onu dei quindici membri del Consiglio di sicurezza si sono messi d’accordo sui principali punti di un progetto di dichiarazione non vincolante che «deplora» la repressione in Birmania. I quindici ambasciatori si incontreranno di nuovo oggi per esaminare le risposte delle loro capitali, secondo quanto appreso da fonti diplomatiche.

L’ambasciatore americano presso l’Onu Zalmay Khalilzad ha riferito alla stampa al termine delle consultazioni a porte chiuse che i rappresentanti al Consiglio di sicurezza si incontreranno questa mattina (pomeriggio in Italia) per esaminare le risposte delle loro capitali sperando di ottenere una approvazione formale del testo. Cominciata nel pomeriggio, la riunione era stata sospesa per permettere ai tre membri permanenti occidentali del Consiglio di sicurezza (Usa, Francia, Gran Bretagna) di rivedere il testo. Una prima versione del testo, proposta venerdì dai tre paesi occidentali, era già stata emendata su richiesta della Cina, principale alleata della Birmania. La prima versione proponeva di «condannare» la repressione che ha fatto tredici morti secondo il bilancio ufficiale.

Nella versione emendata, il testo «deplorava fermamente» la «violenta repressione da parte del governo di Birmania delle manifestazioni pacifiche, compreso l’uso della forza contro rappresentanti religiosi» e invitava la giunta a liberare l’insieme dei prigionieri politici, tra cui la leader dell’opposizione democratica Aung Sang Suu Kyi. Contrariamente a una risoluzione, una dichiarazione non può essere approvata che all’unanimità dei quindici membri del Consiglio.

La Stampa, 11/10/2007 (7:50), qui 

8 commenti:

  1. @gintonic76
    Ricambio con un bacio planetario, grata del sostegno.

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  2. @gintonic76
    Ricambio con un bacio planetario, grata del sostegno.

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  3. Ho subito aderito alla tua proposta con un nuovo post seguendo le indicazioni riportate.
    Ti abbraccio con amicizia, mia cara H., sempre buon blog e ubuntu anche in questo caso.

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  4. Ho subito aderito alla tua proposta con un nuovo post seguendo le indicazioni riportate.
    Ti abbraccio con amicizia, mia cara H., sempre buon blog e ubuntu anche in questo caso.

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  5. .. io non so nemmeno come ringraziarti :)

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  6. Mi inchino al divino che è in te, amica carissima e candela accesa e dedicata alla fiammella della speranza.

    TpnO.

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  7. Mi inchino al divino che è in te, amica carissima e candela accesa e dedicata alla fiammella della speranza.

    TpnO.

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