Sinistra dem, infelix e incauta
sul voto diretto al Senato, che al momento sembra che non sia più tanto previsto
La brutta abitudine di promettere, pro domo sua, e di non mantenere la
parola. Spero che cambi idea di nuovo, se ci sarà una protesta diffusa,
tanto ha tutto il tempo, come dimostrano le registrazioni.
E la "sinistra dem", infelix, che se la bevve, potrebbe trovarsi ancora una volta di fronte a una giravolta, che dei gufi saggi avrebbero messo in conto.
Referendum. Niente elezione diretta per i nuovi senatori, Renzi si rimangia l'accordo con la minoranza Dem
di Angela MAURO - Huffington Post, 16 maggio 2016
Un’altra polemica annuvola il cielo dei rapporti tra maggioranza renziana e minoranza del Pd in vista del referendum costituzionale di ottobre. Scrive il senatore di minoranza Federico Fornaro: “Se la legislatura terminerà nel 2018 c'è tutto il tempo per approvare la legge per l'elezione del nuovo Senato, espressamente prevista dalla riforma costituzionale che sarà sottoposta a referendum”. Trattasi della legge che dovrebbe garantire un metodo di elezione diretta dei nuovi senatori, evitando che siano scelti in maniera indiretta all’interno dei consigli regionali. E’ la legge sul Senato elettivo promessa da Matteo Renzi alla minoranza Dem, il nucleo dell’accordo che garantì l’approvazione del ddl Boschi in Senato. Ora questo accordo potrebbe cadere, con probabili effetti sull'atteggiamento della minoranza Dem già poco convinta delle ragioni del sì. A meno di dietrofront di cui al momento non c’è traccia, il governo non intende approvare la nuova legge prima delle politiche del febbraio 2018.Anzi. Sulla carta potrebbe restare in vigore, anche per sempre, la norma transitoria: cioè che ogni consiglio regionale elegge tra i suoi componenti i consiglieri da mandare nel nuovo Senato, con buona pace dell’elezione diretta. Del resto, Renzi non l’ha mai caldeggiata e il ddl Boschi si fonda esattamente su un meccanismo di elezione indiretta, cavallo di battaglia delle accuse della minoranza Dem e dell’opposizione nelle concitate discussioni sulle riforme in Senato.
Ricorda Fornaro che “i futuri senatori, infatti, dovranno essere eletti dai consigli regionali ‘in conformità alle scelte espresse dagli elettori’ in occasione delle elezioni regionali”. L’argomentazione dei renziani è che prima delle politiche del febbraio 2018, l’unica regione interessata va al voto sé la Sicilia (primavera 2017). Dunque un’eventuale legge elettorale per il nuovo Senato approvata prima delle politiche, varrebbe solo per la Sicilia. Le altre 19, interessate alla tornata elettorale solo a partire dalla primavera del 2018, userebbero la norma transitoria prevista nel ddl Boschi. E cioè ogni consiglio regionale nominerebbe i propri rappresentanti in Senato.
Tre giorni fa, lo ha ricordato anche Gianclaudio Bressa, sottosegretario agli Affari Regionali: "I senatori che arrivano dalle regioni in prima battuta verranno scelti attraverso una norma transitoria che dice che siano i Consigli regionali a farlo, poi il prossimo Parlamento farà la legge elettorale".
Il punto è che questa norma transitoria può rimanere in vigore per sempre, secondo quanto prevede il ddl Boschi. Il testo infatti prevede che la nuova legge elettorale per il Senato venga approvata entro sei mesi dall’inizio della prossima legislatura, se non viene fatta entro le politiche del 2018. Ma “il termine dei sei mesi non è perentorio, bensì ordinatorio”, ci spiega il costituzionalista Stefano Ceccanti. “Significa che se non c’è accordo politico, può benissimo restare in vigore la norma transitoria”, aggiunge. E addio elezione diretta.
In effetti, dopo le elezioni verrebbero a cadere anche le ragioni politiche per una nuova legge elettorale che garantisca meccanismi di elezione diretta dei senatori. Sempre che Renzi venga confermato al governo. Alla Camera infatti l’Italicum garantirebbe al suo Pd una maggioranza schiacciante. E nel nuovo Senato spogliato di molte delle sue funzioni, tra cui quella di votare la fiducia al governo, non ci sarebbe più il problema dei numeri ballerini che adesso mettono la maggioranza nelle condizioni di scendere a compromesso con la minoranza.
“La faticosa mediazione trovata sulla elezione dei 74 senatori-consiglieri regionali ‘in conformità alle scelte espresse dagli elettori’ fu alla base dell'unità del gruppo del Pd al Senato nel voto finale favorevole al disegno di legge di riforma costituzionale", ricorda Fornaro. Appunto. Dopo le elezioni del 2018, questa urgenza non dovrebbe esserci. E i nuovi senatori potrebbero essere nominati dal consigli regionali. In forma indiretta. Cioè dai partiti e non dagli elettori. Per sempre.
"L'approvazione della nuova legge elettorale in questa legislatura, insieme alle norme sul presidente della Repubblica e sui giudici della Corte Costituzionale, era alla base dell'intesa che ha portato tutto il Pd ad approvare la riforma. E resta naturalmente la condizione per l'impegno coerente di ognuno di noi nel prossimo referendum", conclude Vannino Chiti, senatore di minoranza e artefice della mediazione con Renzi che permise al ddl Boschi di passare le forche caudine del Senato. E anche a Gianni Cuperlo non piace il rinvio della legge elettorale per il nuovo Senato: "Non mi pare fosse questo l'impegno assunto, voglio capire di cosa si sta parlando".
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