martedì 13 gennaio 2009

Il diritto e la cura


di IGNAZIO MARINO



"Credo nella libertà di scelta", "non si può costringere un ammalato a curarsi contro le sua volontà", "sacra è la vita e sacra l'autodeterminazione". Sono alcune delle frasi dei cinquantamila cittadini che, in questi giorni, hanno aderito all'appello per il diritto alla libertà di cura (http://testamentobiologico.ilcannocchiale.it/). Sono voci che rappresentano il Paese e che vanno considerate nel momento in cui il Parlamento si avvia a fissare, per legge, alcune regole che riguardano la fine della vita. Il mio convincimento è che vada garantito sempre e comunque il diritto alla libertà di cura come previsto dalla Costituzione, un diritto che esiste in teoria per tutti, ma che non può essere esercitato da chi ha perso l'integrità intellettiva e con essa la capacità di esprimere le proprie volontà.

Proviamo a calare il principio nella realtà: un paziente con un cancro all'esofago, nella fase avanzata della malattia, si troverà a non poter più deglutire e ad alimentarsi naturalmente. Per continuare a nutrirsi potrà ricorrere a tecniche artificiali, ovvero ad un tubo inserito chirurgicamente nello stomaco attraverso il quale introdurre nutrimenti chimici per la sopravvivenza. Di fronte a questa prospettiva, il paziente può scegliere se accettare oppure rifiutare. Se accetta forse vivrà più a lungo, altrimenti arriverà alla fine della sua esistenza, secondo il destino segnato dalla malattia. Qualunque essa sia, la scelta sarà rispettata. Ma nel caso di una persona in stato vegetativo, chi deciderà? E chi farà rispettare le volontà del malato?

Di qui la necessità di una legge sul testamento biologico, che fissi le regole in base alle quali il diritto costituzionale della scelta delle terapie sia sempre garantito e i cittadini non debbano rivolgersi ai tribunali.

Vi sono molti progetti in Parlamento ed io, assieme ad altri cento senatori, propongo una legge che dia, soltanto a chi lo vuole, la possibilità di indicare quali terapie si intendono accettare e quali no, se un giorno si perderà la capacità di esprimere il proprio consenso. Si tratta di una norma molto semplice, a mio modo di vedere persino conservatrice, perché non cambia nulla, semplicemente ribadisce il diritto alla libertà di cura già previsto dalla Costituzione. Altri, come il sottosegretario Roccella e l'onorevole Binetti, propongono una vera rivoluzione: l'alimentazione artificiale sia somministrata sempre, diventi terapia obbligatoria per legge e, quindi, venga esclusa dalla nostra libertà di scelta. Tale impostazione tradisce la Costituzione ed implica gravissime conseguenze. Esistono casi in cui l'alimentazione artificiale è consigliata, altri in cui prolunga solo un'inutile agonia. La valutazione spetta ai familiari del paziente e ai medici che li accompagnano in una scelta che va fatta caso per caso e non in base ad una legge uguale per tutti. Quali le conseguenze per i medici? Si troverebbero davanti ad un bivio: violare la legge restando fedeli alla deontologia che impone di non fare nulla contro la volontà del paziente, oppure rompere, in nome di un'imposizione dello Stato, il patto di alleanza terapeutica con l'ammalato. Un patto che io, come chirurgo, considero sacro.

Le difficoltà aumenteranno e, con esse, il numero delle persone che si rivolgeranno ai tribunali. E così il Parlamento otterrà il risultato di aumentare i contenziosi. In questo contesto la Chiesa si mostra preoccupata. Alcuni temono il rischio che la libertà di scelta si trasformi in abbandono e nell'interruzione delle cure ai più deboli. Anche su questo dobbiamo essere chiari: non si può immaginare di aiutare i più bisognosi limitando la libertà degli individui. La difesa della fragilità non è in discussione e non è una discriminante tra credenti e non credenti, è un dovere del nostro convivere civile.

Va ricordato poi, che nella tradizione cristiana, l'accettazione della morte per sciogliersi dal corpo e ricongiungersi al Padre è elemento essenziale della fede. Essa è rintracciabile nei secoli, nella fine della vita di San Francesco come in quella del patriarca Athenagoras: l'arcivescovo di Costantinopoli, che lavorò con Paolo VI per l'unità dei cristiani, ricoverato in seguito ad una frattura del femore, chiese di non essere nutrito ma lasciato morire come un monaco, pregando e ricevendo come unico cibo la Santa Comunione. Come si sarebbero comportati il sottosegretario Roccella ed il ministro Sacconi con il patriarca? Ne avrebbero ordinato la nutrizione forzata per decreto?

Infine la politica, e le scelte che il Pd è chiamato a fare. Nel Partito Democratico, è noto, vi sono approcci più o meno scientifici nell'affrontare le questioni bioetiche, ciò è normale in un partito che cerca di unire culture diverse. Io, da credente, rispetto le posizioni di chi non lo è e non sento l'esigenza di imporre una visione univoca del mondo e della vita. Mi pare tuttavia urgente, oltre che logico, arrivare ad una posizione chiara del Pd, espressione della maggioranza se non di tutti, da difendere senza esitazione nelle sedi parlamentari e nel dibattito pubblico; una posizione che caratterizzi il Pd e che rifletta l'orientamento e le istanze dei suoi sostenitori. Se la libertà di pensiero rappresenta un punto di forza per un moderno partito riformista, l'assenza di una posizione definita rischia di trasformarsi nel suo tallone d'Achille.

L'autore è presidente della Commissione
parlamentare d'inchiesta
sul Servizio Sanitario Nazionale


La Repubblica, 13 gennaio 2009


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Stretta sul testamento biologico
50mila firme per la libertà di cura


di MATTEO TONELLI



 


ROMA - La questione del testamento biologico accelera. A breve, nonostante le divisioni che agitano, trasversalmente, gli schieramenti, il Pdl porterà in commissione Sanità al Senato un testo unificato, mentre venerdì il Pd si riunirà in un seminario per tentare di stabilire una linea unitaria in vista dell'accelerazione parlamentare. Il tutto mentre l'appello per una legge sul testamento biologico, lanciato dal senatore del Pd Ignazio Marino raggiunge le 50mila adesioni e si continua a firmare sul sito dell'appello.

Stando alle anticipazioni il testo della maggioranza stabilisce il rispetto per la libertà di decisione del medico sul trattamento terapeutico cui sottoporre il paziente e la possibilità per il paziente di esprimersi solo sulla terapia da seguire ma non di decidere se vivere o morire. Principi che incontrano perplessità anche all'interno della stessa maggioranza. "Se questo è il testo mi pare improbabile che possa essere condiviso" dice Benedetto della Vedova, presidente dei riformatori liberali.

Ma se la maggioranza si divide, il Pd rischia di spaccarsi. Conclusi con un nulla di fatto i lavori del "comitato dei sei", di cui facevano parte Marino e la senatrice teodem Paola Binetti, il partito di Veltroni ha deciso di correre ai ripari, organizzando il seminario di venerdì. Cercando, così, di fare in modo che sul testamento biologico non si registri una spaccatura profonda tra le varie anime dei democratici.

Nel frattempo l'iniziativa di Marino continua a raccogliere adesioni. Scorrendo l'elenco delle firme spiccano quelle del premio Nobel Rita Levi Montalcini, del fondatore di Repubblica, Eugenio Scalfari, di Miriam Mafai, di Corrado Augias, del segretario generale della Cgil, Guglielmo Epifani. Ed ancora Umberto Veronesi, Luciana Littizzetto e il ct della nazionale, Marcello Lippi. Le loro firme e quelle di tanta gente comune hanno fatto toccare quota 50mila. Tutti insieme per chiedere una legge che, se si dovesse perdere la facoltà di espressione, possa dare la possibilità di indicare le terapie alle quali essere sottoposti e quelle no. Un testamento che, se ci fosse già stato, avrebbe evitato lo straziante stillicidio della vicenda di Eluana Englaro.

La Repubblica, 13 gennaio 2009

1 commento:

  1. Grazie per la segnalazione, darò un'occhiata al sito sul cannocchiale. Un saluto
    A77

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