domenica 3 febbraio 2008

MEMENTO MORI



"Modi di morire" di Iona Heat, medico di base inglese.
Bollati Boringhieri. Recensione di
Umberto Galimberti
.
La morte, il destino, la scienza


   Siamo ancora capaci di morire? O abbiamo a tal punto rimosso il concetto di morte da non essere più in grado di affrontare l'evento con quello sguardo sereno di cui forse erano capaci gli uomini di altre culture, non ancora educati dalla cultura cristiana in cui noi occidentali siamo cresciuti, dai progressi della scienza medica che riduce il nostro corpo a semplice organismo, e infine dall'enfasi giornalistica che annuncia promesse che il sapere medico non è ancora in grado di garantire?


   Per effetto della cultura cristiana, infatti, si è affievolita la persuasione interiore, ben radicata nella cultura greca, secondo la quale l'uomo è "mortale", e perciò non muore perché si ammala, ma si ammala perché fondamentalmente deve morire. L'affievolirsi della promessa di una vita ultraterrena, per effetto della secolarizzazione del cristianesimo, ha fatto del prolungamento della vita ad opera della scienza medica il supremo valore a cui tutti tendono, per cui la morte non appare più come un "destino", ma come un "fallimento" del sapere e della pratica medica.


   I medici, a loro volta, avendo a che fare con la "salute", che è una sottospecie della categoria religiosa della "salvezza", sono stati investiti da un alone di sacralità, quando invece sono dei semplici funzionari di un sapere limitato, in grado non di salvare chiunque in qualsiasi circostanza, ma, come diceva Ippocrate: "di evitare la morte evitabile", o come a più riprese ribadisce Aristotele: "di aiutare la natura a risanarsi da sé". I limiti della scienza non sono noti ai pazienti, che tendono ad attribuire al sapere medico quell'onnipotenza che in ambito religioso viene attribuito a Dio o ai santi che fnno i miracoli.


   A tutto ciò si aggiunge il fatto che il medico, nel corso della sua preparazione universitaria e specialistica, non è mai a contatto con l'"uomo ", ma sempre e soltanto con il suo "organismo", per cui se è capace di cogliere il "male" che è un elemento oggettivo, può faticare a capire il "dolore" che è un tratto soggettivo, e ancor più l'angoscia di menomazione o di morte che è il nucleo più profondo della soggettività di ciascuno di noi. Nell'Ottocento chi si laureava in medicina doveva aver seguito due corsi di filosofia per capire chi è un uomo al di là del suo organismo. Oggi non è più così.


   In Modi di morire, Iona Heat, medico di base con alle spalle oltre trent'anni di pratica in uno dei quartieri più poveri di londra, affronta in modo non consolatorio, ma incisivo e radicale questo problema, a partire dalla trasformazione  della figura del medico che, da intermediario tra noi e la morte, s'è fatto: o seguace della sfida teconologica che ha come suo scopo il prolungamento della vita e non la sua qualità, o sacerdote della prevenzione, come se il nostro rapporto con la morte fosse solo quello di prevenirla o di posticiparla. E allora: state a dieta, non fumate, fate jogging, pensate positivo, come se queste pratiche potessero cambiare l'incidenza o l'esito di buona parte delle nostre effettive disgrazie.


   Scienziati e medici, ma anche giornalisti e politici sono ampiamente responsabili di queste illusioni, che hanno come risultato quello di "colpevolizzare la vittima", come ben ci ha insegnato Susan Sontag in Malattia come metafora, o quello ben peggiore di distoglierci dal pensiero della morte, con il risultato di farci morire male, senza dignità, ridotti a puro materiale biologico nelle mani dei medici, che vivono la nostra morte come una sconfitta del loro sapere, a cui mancano le parole che nessuno ha loro insegnato per accompagnarci quando la vita si congeda. [da La Repubblica, sabato 2 febbraio 2008]


 




Venezia_Palazzo Grassi sul Canal Grande


*


Aggiornamento di martedì 5 febbraio 2008


Tra informazione e disinformazione: un post aiuta


lunedì 4 febbraio 2008. Cure perinatali nelle età gestazionali estremamente basse (22-25 settimane)





Il documento sui prematuri redatto dai direttori delle cliniche ginecologiche delle facoltà di medicina delle università romane (Tor Vergata, La Sapienza, Cattolica e Campus Biomedico) ha scatenato l’ennesima polemica.


Il documento originale (ne ho fatto richiesta alla AGUI che cortesemente me lo ha inviato) è il seguente: La prematurità estrema: margini di gestione ostetrica e risvolti neonatologici. Convegno promosso dalle Facoltà di Medicina e Chirurgia delle Università Romane. Documento conclusivo: con il momento della nascita la legge attribuisce la pienezza del diritto alla vita e quindi all’assistenza sanitaria. Pertanto un neonato vitale va trattato come qualsiasi persona in condizioni di rischio ed assistito adeguatamente. L’attività rianimatoria esercitata alla nascita dà quindi il tempo necessario per una migliore valutazione delle condizioni cliniche, della risposta alla terapia intensiva e della possibilità di sopravvivenza e permette di discutere il caso con il personale dell’Unità ed i genitori. Se ci si rendesse conto dell’inutilità degli sforzi terapeutici, bisogna evitare ad ogni costo che le cure intensive possano trasformarsi in accanimento terapeutico.

continua nel blog Bioetica, qui .



35 commenti:

  1. ultimamente m'è capitato di aver a che fare con ottimi medici, ma che al contempo si sono mostrati cattivi psicologi. Furoreggia in loro la voglia di andare avanti fino allo sfinimento con terapie sempre più mirate, ma mi sembra che non ci sia mai la sincera volontà di aiutare e soprattutto confortare il paziente al fine di esaudire un compito che dovrebbe essere più che naturale. Le intenzioni sembrano essere altre, la sperimentazione certo deve fare i suoi passi, e chi meglio di un disperato può essere usato per questi scopi ? In fondo fu così che tagliarono le gambe al "protocollo Di Bella" assegnando viscidamente ad un medico normale il compito di miracolare chi avrebbe avuto bisogno solo di morfina e parole consone.

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  2. temiamo la morte perchè e' contro la nostra natura di essere eterni.. se la morte fosse un fatto naturale come mangiare e dormire non la temeremmo e non ci porremmo nessun problema.
    e forse sarebbe stato così per i nostri progenitori e per la restante umanita' senza il peccato originale.
    ma è un fatto ineluttabile e come dici giustamente va affrontato con dignità nella misura in cui e' possibile quando si sta male da morire...
    ne saremo capaci ?

    RispondiElimina
  3. temiamo la morte perchè e' contro la nostra natura di essere eterni.. se la morte fosse un fatto naturale come mangiare e dormire non la temeremmo e non ci porremmo nessun problema.
    e forse sarebbe stato così per i nostri progenitori e per la restante umanita' senza il peccato originale.
    ma è un fatto ineluttabile e come dici giustamente va affrontato con dignità nella misura in cui e' possibile quando si sta male da morire...
    ne saremo capaci ?

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  4. temiamo la morte perchè e' contro la nostra natura di essere eterni.. se la morte fosse un fatto naturale come mangiare e dormire non la temeremmo e non ci porremmo nessun problema.
    e forse sarebbe stato così per i nostri progenitori e per la restante umanita' senza il peccato originale.
    ma è un fatto ineluttabile e come dici giustamente va affrontato con dignità nella misura in cui e' possibile quando si sta male da morire...
    ne saremo capaci ?

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  5. temiamo la morte perchè e' contro la nostra natura di essere eterni.. se la morte fosse un fatto naturale come mangiare e dormire non la temeremmo e non ci porremmo nessun problema.
    e forse sarebbe stato così per i nostri progenitori e per la restante umanita' senza il peccato originale.
    ma è un fatto ineluttabile e come dici giustamente va affrontato con dignità nella misura in cui e' possibile quando si sta male da morire...
    ne saremo capaci ?

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  6. ciao. Certo, non è facile pensare alla morte, ognuno di noi vorrebbe essere eterno, ma non è possibile, perchè l'uomo è vita biologica e pensiero, e chiaramente la vita biologica ha un termine. Non ci dovrebbe essere da parte dei medici, accanimento terapeutico, dovrebbero essere, in alcuni casi meno scienziati e più umani. Forse sapendo così anche noi avremmo meno paura della morte. ciao buona serata penny

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  7. @ Raymond
    La relazione fra medico e paziente dovrebbe basarsi sull'ascolto e sull'empatia. Non capita spesso, purtroppo.

    @ ilvecchiodellamontagna
    Ci voleva una bella risata liberatoria, vecchio. Fantastica sarebbe lo spargimento di caffettiere, ciotole e pentolini in Canal Grande. Povero teschio! Bello, però, appunto come un memento mori, là, dove impazza la vita gioiosa dei turisti e trascorre quella quotidiana dei veneziani. Bisognerà che torni anch'io a quella meraviglia che è "Il libro tibetano del vivere e del morire", meravigli di un pensiero che si nutre di senso del sacro.

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  8. @ Raymond
    La relazione fra medico e paziente dovrebbe basarsi sull'ascolto e sull'empatia. Non capita spesso, purtroppo.

    @ ilvecchiodellamontagna
    Ci voleva una bella risata liberatoria, vecchio. Fantastica sarebbe lo spargimento di caffettiere, ciotole e pentolini in Canal Grande. Povero teschio! Bello, però, appunto come un memento mori, là, dove impazza la vita gioiosa dei turisti e trascorre quella quotidiana dei veneziani. Bisognerà che torni anch'io a quella meraviglia che è "Il libro tibetano del vivere e del morire", meravigli di un pensiero che si nutre di senso del sacro.

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  9. @ Raymond
    La relazione fra medico e paziente dovrebbe basarsi sull'ascolto e sull'empatia. Non capita spesso, purtroppo.

    @ ilvecchiodellamontagna
    Ci voleva una bella risata liberatoria, vecchio. Fantastica sarebbe lo spargimento di caffettiere, ciotole e pentolini in Canal Grande. Povero teschio! Bello, però, appunto come un memento mori, là, dove impazza la vita gioiosa dei turisti e trascorre quella quotidiana dei veneziani. Bisognerà che torni anch'io a quella meraviglia che è "Il libro tibetano del vivere e del morire", meravigli di un pensiero che si nutre di senso del sacro.

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  10. @ Raymond
    La relazione fra medico e paziente dovrebbe basarsi sull'ascolto e sull'empatia. Non capita spesso, purtroppo.

    @ ilvecchiodellamontagna
    Ci voleva una bella risata liberatoria, vecchio. Fantastica sarebbe lo spargimento di caffettiere, ciotole e pentolini in Canal Grande. Povero teschio! Bello, però, appunto come un memento mori, là, dove impazza la vita gioiosa dei turisti e trascorre quella quotidiana dei veneziani. Bisognerà che torni anch'io a quella meraviglia che è "Il libro tibetano del vivere e del morire", meravigli di un pensiero che si nutre di senso del sacro.

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  11. @ luciamerli
    E' vero, noi uomini e donne con difficoltà riusciamo a pensarci mortali e ad accettare l'inevitabilità della fine. C'è, poi, una effettiva differenza tra chi è sicuro di una vita eterna dopo la morte e chi invece crede che tutto si concluda con la morte biologica.

    @ penny46
    Ritorna nelle tue parole il disagio che molti di noi avvertono al pensiero che possa esserci sottratta la dignità. Penso che si tratti di un problema molto presente nelle nostre coscienze, e forse per questo può essere utile che ne parliamo.

    RispondiElimina
  12. @ luciamerli
    E' vero, noi uomini e donne con difficoltà riusciamo a pensarci mortali e ad accettare l'inevitabilità della fine. C'è, poi, una effettiva differenza tra chi è sicuro di una vita eterna dopo la morte e chi invece crede che tutto si concluda con la morte biologica.

    @ penny46
    Ritorna nelle tue parole il disagio che molti di noi avvertono al pensiero che possa esserci sottratta la dignità. Penso che si tratti di un problema molto presente nelle nostre coscienze, e forse per questo può essere utile che ne parliamo.

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  13. @ luciamerli
    E' vero, noi uomini e donne con difficoltà riusciamo a pensarci mortali e ad accettare l'inevitabilità della fine. C'è, poi, una effettiva differenza tra chi è sicuro di una vita eterna dopo la morte e chi invece crede che tutto si concluda con la morte biologica.

    @ penny46
    Ritorna nelle tue parole il disagio che molti di noi avvertono al pensiero che possa esserci sottratta la dignità. Penso che si tratti di un problema molto presente nelle nostre coscienze, e forse per questo può essere utile che ne parliamo.

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  14. @ luciamerli
    E' vero, noi uomini e donne con difficoltà riusciamo a pensarci mortali e ad accettare l'inevitabilità della fine. C'è, poi, una effettiva differenza tra chi è sicuro di una vita eterna dopo la morte e chi invece crede che tutto si concluda con la morte biologica.

    @ penny46
    Ritorna nelle tue parole il disagio che molti di noi avvertono al pensiero che possa esserci sottratta la dignità. Penso che si tratti di un problema molto presente nelle nostre coscienze, e forse per questo può essere utile che ne parliamo.

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  15. Un giorno il Dalai Lama (il leader spirituale e politico del popolo Tibetano) scrisse una recensione
    al Libro Tibetano dei morti, dicendo :
    “In questo libro si trova concentrato tutto il sapere sulla morte, come accettarla, come aiutare il
    morente, e così via.
    Come buddista considero la morte come un normale processo, una realtà che accetto e che capita
    proprio perché sto vivendo la mia vita terrena. Se desideriamo morire bene dobbiamo imparare a
    vivere bene. Ma l’esperienza della morte, nel momento della morte è molto, molto importante,
    specialmente se ci sforziamo di generare uno stato virtuoso della mente. In questo modo siamo in
    grado di attivare e di rinforzare un karma positivo .”
    In questa considerazioni del Dalai Lama è contenuta la risposta tibetana al problema del rapporto
    fra mente e corpo. Per i buddisti tibetani questo in realtà non è un problema difficile. Il corpo, con le
    sue percezioni, è il veicolo attraverso cui l’anima si manifesta, ma oltre la morte del corpo durante
    la fase di transizione e in altri regni dell’esistenza il corpo viene cambiato, come la pelle di un
    serpente, e l’anima ne assume un altro per un altro ciclo di vita.
    Questo è il motivo per cui è tradizione che durante l’intervallo fra l’arresto del respiro e la
    cessazione delle pulsazioni nelle arterie , il guru del defunto, o un parente che egli amava e nel
    quale aveva fiducia legga la Grande Liberazione attraverso l’Udire in prossimità del suo orecchio.
    Questa è divisa in tre parti : Rivelazione della luminosità nel bardo del momento che precede la
    morte, il grande ricordo della rivelazione del bardo della dhàrmata -che significa “essenza della
    realtà”- e le istruzioni per chiudere l’ingresso all’utero del bardo del divenire. Queste istruzioni sono
    molto importanti nella credenza karmica dei tibetani, esse sono impiegate per impedire che l’anima
    del defunto s’incarni ancora o per concedere al defunto una reincarnazione di livello superiore al
    precedente.

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  16. Concordo con quanto detto, l’uomo occidentale ha imparato ad esorcizzare la morte, a tenerla “ai margini ” poiché in questo modo si è avuti l’impressione di poterla sconfiggere (forse sta in questo l'enorme successo di una festa come hallowin che non fa parte della nostra cultura?).
    Una strategia strettamente connessa all’abbondante ricchezza materiale prodotta dal prorompente e pervasivo modello consumistico intorno al quale si è venuta strutturando la realtà da cui egli è attualmente circondato. E’ l’abbondanza del quotidiano che porta a vedere la morte come un “fallimento”; una società che sta progressivamente perdendo il senso “del valore” delle cose per arrivare a conoscerne esattamente “il prezzo” non può capacitarsi di non poterla allontanare da se.
    Si parlava di sacralità della vita E' colpa invece della progressiva scomparsa del Sacro, del sentire la sacralità dell'Essere, ( ridotto ad una successione di momenti insignificanti ) se morire è diventato stupido quanto vivere. Beh credo che questa sia un’affermazione di grandissima importanza. Io, nel mio piccolo, ho esperienza che porta a suffragare questo.
    Avevo una nonna attaccatissima alla vita, cui dava una grande importanza. Cattolicissima, del “vecchio tipo” , ovvero credeva visceralmente negli insegnamenti cattolici. Beh… per anni le ho sentito dire: “Dio dammi la forza di staccarmi dalle cose terrene; dammi il ragionamento per tre giorni dopo morta e fammi morire in pace”
    Mia nonna: contadina, quinta elementare, senza saperlo con le sue semplici parole a mio parere aveva toccato temi filosofici di estrema importanza. Ah… è morta due anni fa, ne aveva 92, esattamente come chiedeva lei.

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  17. Sarebbe da recuperare la concezione presocratica della morte e della vita; ma troppe panacee, dalla fede alla scienza, come ben si evince dall'articolo, sono state fornite agli uomini perchè bamboleggino con se stessi.
    A questo tema è dedicato gran parte di La casa di Psiche di Galimberti, che accusa tutta la filosofia post-socratica e platonica di questa illusione: sfuggire alla morte. per non parlare dell'altro ramo, quello giudaico-cristiano.
    Eppure, sai, Harmonia, a volte penso alla frase di Ortis... "se questo cuore non vorrà più sentire(riferendosi alle Illusioni) io me lo strapperò dal cuore". Una sana illusione la si coltiva sempre.

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  18. Sarebbe da recuperare la concezione presocratica della morte e della vita; ma troppe panacee, dalla fede alla scienza, come ben si evince dall'articolo, sono state fornite agli uomini perchè bamboleggino con se stessi.
    A questo tema è dedicato gran parte di La casa di Psiche di Galimberti, che accusa tutta la filosofia post-socratica e platonica di questa illusione: sfuggire alla morte. per non parlare dell'altro ramo, quello giudaico-cristiano.
    Eppure, sai, Harmonia, a volte penso alla frase di Ortis... "se questo cuore non vorrà più sentire(riferendosi alle Illusioni) io me lo strapperò dal cuore". Una sana illusione la si coltiva sempre.

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  19. Sarebbe da recuperare la concezione presocratica della morte e della vita; ma troppe panacee, dalla fede alla scienza, come ben si evince dall'articolo, sono state fornite agli uomini perchè bamboleggino con se stessi.
    A questo tema è dedicato gran parte di La casa di Psiche di Galimberti, che accusa tutta la filosofia post-socratica e platonica di questa illusione: sfuggire alla morte. per non parlare dell'altro ramo, quello giudaico-cristiano.
    Eppure, sai, Harmonia, a volte penso alla frase di Ortis... "se questo cuore non vorrà più sentire(riferendosi alle Illusioni) io me lo strapperò dal cuore". Una sana illusione la si coltiva sempre.

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  20. Sarebbe da recuperare la concezione presocratica della morte e della vita; ma troppe panacee, dalla fede alla scienza, come ben si evince dall'articolo, sono state fornite agli uomini perchè bamboleggino con se stessi.
    A questo tema è dedicato gran parte di La casa di Psiche di Galimberti, che accusa tutta la filosofia post-socratica e platonica di questa illusione: sfuggire alla morte. per non parlare dell'altro ramo, quello giudaico-cristiano.
    Eppure, sai, Harmonia, a volte penso alla frase di Ortis... "se questo cuore non vorrà più sentire(riferendosi alle Illusioni) io me lo strapperò dal cuore". Una sana illusione la si coltiva sempre.

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  21. mi sono fatta l'idea che man mano che si invecchia, diventa sempre più difficile accettare l'idea della morte...

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  22. @ Masso57
    Farò tesoro del tuo contributo, Massimo, in quanto mi propongo di continuare le riflessione sul tema della vita e della morte. Il "Libro tibetano dei morti" e il "Libro tibetano del vivere e del morire" offrono grandi spazi a chi voglia considerare con mente libera la condizione umana, al di là dell'essere buddhisti o meno.

    @ perlasmarrita
    Penso che il tentativo di "tenere la morte ai margini" sia poco utile non solo alla vita nella sua pienezza ma anche al senso del sacro che tutti possono coltivare, aprescindere dall'adesione a una chiesa o meno.

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  23. @ Masso57
    Farò tesoro del tuo contributo, Massimo, in quanto mi propongo di continuare le riflessione sul tema della vita e della morte. Il "Libro tibetano dei morti" e il "Libro tibetano del vivere e del morire" offrono grandi spazi a chi voglia considerare con mente libera la condizione umana, al di là dell'essere buddhisti o meno.

    @ perlasmarrita
    Penso che il tentativo di "tenere la morte ai margini" sia poco utile non solo alla vita nella sua pienezza ma anche al senso del sacro che tutti possono coltivare, aprescindere dall'adesione a una chiesa o meno.

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  24. @ Masso57
    Farò tesoro del tuo contributo, Massimo, in quanto mi propongo di continuare le riflessione sul tema della vita e della morte. Il "Libro tibetano dei morti" e il "Libro tibetano del vivere e del morire" offrono grandi spazi a chi voglia considerare con mente libera la condizione umana, al di là dell'essere buddhisti o meno.

    @ perlasmarrita
    Penso che il tentativo di "tenere la morte ai margini" sia poco utile non solo alla vita nella sua pienezza ma anche al senso del sacro che tutti possono coltivare, aprescindere dall'adesione a una chiesa o meno.

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  25. @ Masso57
    Farò tesoro del tuo contributo, Massimo, in quanto mi propongo di continuare le riflessione sul tema della vita e della morte. Il "Libro tibetano dei morti" e il "Libro tibetano del vivere e del morire" offrono grandi spazi a chi voglia considerare con mente libera la condizione umana, al di là dell'essere buddhisti o meno.

    @ perlasmarrita
    Penso che il tentativo di "tenere la morte ai margini" sia poco utile non solo alla vita nella sua pienezza ma anche al senso del sacro che tutti possono coltivare, aprescindere dall'adesione a una chiesa o meno.

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  26. @ melchisedec
    Dobbiamo riconoscere che nell'essere umano, mortale e cosciente di esserlo, fortissima è la tendenza all'immortalità. In tutte le epoche e in tutte le civiltà si registrano i tentativi più disparati per affrontare questa realtà. Che cosa possiamo fare noi, immersi in una civiltà in cui lo sviluppo scientifico e tecnologico ripropone in maniera inedita l'approccio alla morte? Possiamo ragionare, discutere, mettere in campo saggezze e sentimenti, senso del sacro e senso della realtà nel loro compenetrarsi.

    @ ondainlove
    La morte diventa sempre più reale quando il tempo concesso sembra vicino alla scadenza, è naturale, ma poi ognuno reagisce a modo suo, tra ribellione e accettazione, tensione e abbandono.

    RispondiElimina
  27. @ melchisedec
    Dobbiamo riconoscere che nell'essere umano, mortale e cosciente di esserlo, fortissima è la tendenza all'immortalità. In tutte le epoche e in tutte le civiltà si registrano i tentativi più disparati per affrontare questa realtà. Che cosa possiamo fare noi, immersi in una civiltà in cui lo sviluppo scientifico e tecnologico ripropone in maniera inedita l'approccio alla morte? Possiamo ragionare, discutere, mettere in campo saggezze e sentimenti, senso del sacro e senso della realtà nel loro compenetrarsi.

    @ ondainlove
    La morte diventa sempre più reale quando il tempo concesso sembra vicino alla scadenza, è naturale, ma poi ognuno reagisce a modo suo, tra ribellione e accettazione, tensione e abbandono.

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  28. @ melchisedec
    Dobbiamo riconoscere che nell'essere umano, mortale e cosciente di esserlo, fortissima è la tendenza all'immortalità. In tutte le epoche e in tutte le civiltà si registrano i tentativi più disparati per affrontare questa realtà. Che cosa possiamo fare noi, immersi in una civiltà in cui lo sviluppo scientifico e tecnologico ripropone in maniera inedita l'approccio alla morte? Possiamo ragionare, discutere, mettere in campo saggezze e sentimenti, senso del sacro e senso della realtà nel loro compenetrarsi.

    @ ondainlove
    La morte diventa sempre più reale quando il tempo concesso sembra vicino alla scadenza, è naturale, ma poi ognuno reagisce a modo suo, tra ribellione e accettazione, tensione e abbandono.

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  29. @ melchisedec
    Dobbiamo riconoscere che nell'essere umano, mortale e cosciente di esserlo, fortissima è la tendenza all'immortalità. In tutte le epoche e in tutte le civiltà si registrano i tentativi più disparati per affrontare questa realtà. Che cosa possiamo fare noi, immersi in una civiltà in cui lo sviluppo scientifico e tecnologico ripropone in maniera inedita l'approccio alla morte? Possiamo ragionare, discutere, mettere in campo saggezze e sentimenti, senso del sacro e senso della realtà nel loro compenetrarsi.

    @ ondainlove
    La morte diventa sempre più reale quando il tempo concesso sembra vicino alla scadenza, è naturale, ma poi ognuno reagisce a modo suo, tra ribellione e accettazione, tensione e abbandono.

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  30. @ stefanomassa
    Dai, Stef, ho colto la recensione di Galimberti per ora, però minaccio di continuare.

    @ ozne
    I nostri atteggiamenti mentali ed emotivi di fronte all'idea della morte e, in particolare, della nostra morte personale, sono molteplici e contraddittori, dipendono dalla nostra appartenenza al regno animale e dalla nostra trasformazione in soggetti culturali, vivono delle nostre superstizioni, conoscenze, paure e di tutti i moti dello spirito. Per tutto questo mi pare utile, anzi necessario, parlarne.

    Sì, Enzo, Venezia è bellissima, e quel teschio fatto di caffettiere e pentolini, manda lampi sui colori e i suoni della vita che gli passa accanto, memore e immemore.

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  31. @ stefanomassa
    Dai, Stef, ho colto la recensione di Galimberti per ora, però minaccio di continuare.

    @ ozne
    I nostri atteggiamenti mentali ed emotivi di fronte all'idea della morte e, in particolare, della nostra morte personale, sono molteplici e contraddittori, dipendono dalla nostra appartenenza al regno animale e dalla nostra trasformazione in soggetti culturali, vivono delle nostre superstizioni, conoscenze, paure e di tutti i moti dello spirito. Per tutto questo mi pare utile, anzi necessario, parlarne.

    Sì, Enzo, Venezia è bellissima, e quel teschio fatto di caffettiere e pentolini, manda lampi sui colori e i suoni della vita che gli passa accanto, memore e immemore.

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  32. @ stefanomassa
    Dai, Stef, ho colto la recensione di Galimberti per ora, però minaccio di continuare.

    @ ozne
    I nostri atteggiamenti mentali ed emotivi di fronte all'idea della morte e, in particolare, della nostra morte personale, sono molteplici e contraddittori, dipendono dalla nostra appartenenza al regno animale e dalla nostra trasformazione in soggetti culturali, vivono delle nostre superstizioni, conoscenze, paure e di tutti i moti dello spirito. Per tutto questo mi pare utile, anzi necessario, parlarne.

    Sì, Enzo, Venezia è bellissima, e quel teschio fatto di caffettiere e pentolini, manda lampi sui colori e i suoni della vita che gli passa accanto, memore e immemore.

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  33. @ stefanomassa
    Dai, Stef, ho colto la recensione di Galimberti per ora, però minaccio di continuare.

    @ ozne
    I nostri atteggiamenti mentali ed emotivi di fronte all'idea della morte e, in particolare, della nostra morte personale, sono molteplici e contraddittori, dipendono dalla nostra appartenenza al regno animale e dalla nostra trasformazione in soggetti culturali, vivono delle nostre superstizioni, conoscenze, paure e di tutti i moti dello spirito. Per tutto questo mi pare utile, anzi necessario, parlarne.

    Sì, Enzo, Venezia è bellissima, e quel teschio fatto di caffettiere e pentolini, manda lampi sui colori e i suoni della vita che gli passa accanto, memore e immemore.

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