venerdì 16 marzo 2007

IDENTITA'  [senza]  VIOLENZA


(terza puntata)


L'identità religiosa è certamente importante, magari molto importante, ma non comporta automaticamente atteggiamenti violenti, anzi. Tra gli appartenenti a una stessa religione possono trovarsi sia portatori di pace e comprensione che fautori di conflitti e intolleranza. Voglio parlare ancora della "identità cattolica" per sostenere ancora una volta che non è una entità monodimensionale e che il "dialogo" fra cattolici e laici è non solo possibile ma doveroso. Se ieri ho citato Enzo Mazzi, sacerdote delle comunità cristiane di base, oggi sono felice di citare il cardinal Martini che continua a dire parole di grande condivisione per credenti cattolici, non cattolici e non credenti.


Intervista al cardinale Martini dopo la messa per i pellegrini milanesi a Gerusalemme
"Bisogna parlare di cose che la gente capisce e ascoltare le sue sofferenze"


"La Chiesa non dia ordini serve il dialogo laici-cattolici"


dal nostro inviato ZITA DAZZI





<B>"La Chiesa non dia ordini<br>serve il dialogo laici-cattolici"</B>



Il cardinale Carlo Maria Martini


GERUSALEMME - "Credo che la chiesa italiana debba dire cose che la gente capisce, non tanto come un comando ricevuto dall'alto, al quale bisogna obbedire perché si è comandati. Ma cose che si capiscono perché hanno una ragione, un senso. Prego molto per questo". Raramente, il cardinale Carlo Maria Martini, arcivescovo emerito di Milano, 80 anni compiuti da poco, ha fatto un accenno così diretto, così esplicito, durante un'omelia pronunciata in chiesa, a temi che agitano anche il dibattito politico nazionale. Ma non lasciavano molti dubbi di interpretazione, le frasi pronunciate ieri sera, durante la messa celebrata nella basilica della Natività di Betlemme, davanti a 1300 pellegrini arrivati al seguito del suo successore, l'arcivescovo Dionigi Tettamanzi. Il cardinal Martini, parlando a braccio, fra gli applausi dei fedeli, ha sollecitato la chiesa italiana a credere nel dialogo "fra chi è religioso e chi è non religioso, fra credenti e non credenti" aggiungendo di pregare "perché si raggiunga quel livello di verità delle parole per cui tutti si sentano coinvolti".

Eminenza, a cosa si riferiva quando parlava della necessità di usare un linguaggio che la gente possa intendere non come un comando ma come una verità quotidiana?


"Credo che la chiesa debba farsi comprendere, innanzitutto ascoltando la gente, le sue sofferenze, le sue necessità, i problemi, lasciando che le parole rimbalzino nel cuore, lasciando che queste sofferenze della gente risuonino nelle nostre parole. In questo modo le nostre parole non sembreranno cadute dall'alto, o da una teoria, ma saranno prese per quel quello che la gente vive. E porteranno la luce del Vangelo, che non porta parole strane, incomprensibili, ma parla in modo che tutti possono intendere. Anche chi non pratica la religione, o chi ha un'altra religione".


Lei ha sempre auspicato la nascita di una pubblica opinione nella chiesa, con la possibilità di discutere, anche di non essere d'accordo.


"Venendo a vivere qui a Gerusalemme io mi sono posto come se fossi in pensione, fuori dai doveri pubblici. Mi sono posto l'impegno di osservare rigorosamente il precetto del vangelo di Matteo, quello che dice non giudicare e non sarai giudicato. Quindi io non giudico, perché con quella misura sarei giudicato. Ma il mio auspicio va in quella direzione".

Molti pensano che la Chiesa sia in difficoltà di fronte ai cambiamenti imposti dalla modernità.


"La modernità non è una cosa astratta. In verità ci siamo dentro, ciascuno di noi è moderno se vive autenticamente ciò che vive. Non è questione di tempi. Il problema è essere realmente presenti alle situazioni in cui si vive, essere in ascolto, lasciare risuonare le parole degli altri dentro di sé e valutarle alla luce del Vangelo".

Lei ha parlato recentemente della necessità di promuovere la famiglia, un compito che ha definito "più urgente" rispetto alla difesa della famiglia. Con quali azioni si può raggiungere lo scopo?


"Promuovere la famiglia significa sottolineare che si tratta di un'istituzione che ha una forza intrinseca, che non è data dall'esterno, o da chissà dove. La famiglia ha una sua forza e bisogna che questa forza sia messa in rilievo, che quindi appaia la bellezza, la nobiltà, l'utilità, la ricchezza, la pienezza di soddisfazioni di una vera vita di famiglia. Bisognerà che la gente la desideri, la gusti, la ami e faccia sacrifici per essa".

Invece, in questa fase del dibattito politico, della famiglia attuale vengono più facilmente lamentati i modi in cui essa si discosta rispetto al modello ideale.


"Durante l'omelia ho parlato delle comunità che troppo spesso rimangono prigioniere della lamentosità. Il Signore vuole che noi guardiamo alla vita con gratitudine, riconoscenza, fiducia, vedendo le vie che si aprono davanti a noi. Quando andavo nelle parrocchie a Milano, trovavo sempre chi si lamentava delle mancanze, del fatto che non ci sono giovani. E io dicevo di cui ringraziare Dio per i beni che ci ha concesso, non per quelli che mancano. Dicevo che la fede, in una situazione così secolarizzata, è già un miracolo. Bisogna partire dalle cose belle che abbiamo e ampliarle. L'elenco delle cose che mancano è senza fine. E i piani pastorali che partono dall'elenco delle lacune sono destinati a dare frustrazioni e non speranze".

>>>La Repubblica, (16 marzo 2007)<<<

6 commenti:

  1. In effetti Harmonia .... ;-)))

    Comunque, che ci si debba rallegrare di parole così moderate come quelle di Martini la dice lunga sullo stato disastroso della Chiesa cattolica, ormai in preda all'integralismo...

    Ciò che più mi fa venire rabbia è che i preti e i cardinali non vogliano proprio lo scontro con le parole, non abbiano il coraggio della verità, di fare il nome di Ratzinger, di dire chiaro il loro dissenso, e tutto questo in nome di giustificazioni d'ogni tipo - il non giudicare per non essere giudicati: perché Ratzinger forse non giudica??? Quindi lui può farlo ma gli altri non possono giudicarlo.
    Basta un minimo di preparazione psicologica per capire che tutti questi motivi per non esporsi sono solo delle razionalizzazioni per giustificare il proprio non coraggio.
    Lorenz

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  2. Anche noi ammiriamo e rispettiamo, pur da non credenti e non praticanti, lo stile di Martini e Tettamanzi.
    Tutt'altro spessore umano e sociale rispetto all'insopportabile invedente binomio Ruini-Ratzinger..!

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  3. piacevole trovo il tuo commento al mio post, grazie. Approfitto del momento per sbirciare il tuo blog e leggere qualcosa: a primo acchito mi appassionano i tuoi argomenti, verrò spesso a trovarti.

    Felicità
    Rino

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  4. Hai un nick che la dice lunga.. spero corrisponda alla realtà :)

    Christian

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  5. Errata corrige: illuminati.
    In Ot.
    Domani porti gli studenti che sai in visita alla Salerno longobarda e normanna. Avranno macchine fotografiche e telecamera per farsi il loro video.
    Ieri Nicola ha incontato il sindaco e l'addetto stampa del Comune per spianare la strada ad ulteriori iniziative.
    Di me in città possono saper questo, ma non del blog di certo.
    :)

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  6. @pistorius
    In coraggio uno non se lo può dare, diceva all'incirca Manzoni. Comunque non sottovalutiamo l'autorità del pontifex e l'obbligo di obbedire.
    @laBuba
    Si dice che abbia rinunciato lui stesso, per motivi di salute, si dice. Certo che quanto a lucidità batte una gran moltitudine.
    @Pattinando
    Hai ragione, Patti, ma non andrei a cercare nella scuola materna. A 33 anni si è ancora bimbi, date le proporzioni. Ci accontenteremmo dei cinquantenni. Ma sarebbe una garanzia l'età?
    @ilvecchiodellamontagna
    Che orrore, caro vecchio! Me l'ero dimenticata la vicenda di Pietro tagliatore di orecchie. Forse perché dopo è venuto di peggio, molto peggio. Auguriamoci che questa sia l'ultima crisi. Hai visto mai?
    @Pachucha
    Grazie! Abbraccio!
    @Loreanne
    Intanto Martini, ma non solo lui, parla e dialoga. Deo gratisa!
    @babilonia61
    Grazie, amante dei giardini!
    @Rosenkreutz
    E' vero il mio nick la dice lunga, ma non su di me, ahimè. Ahimsa e harmonia sono due modi di essere verso cui tendo, con molti limiti da parte mia.
    @rosalbas
    So del mobbing. Bisogna resistere. E resistere anche alla tentazione di imitare lo stile poco conciliante delle gerarchie.
    @marzia
    So, anche se non nei particolari. Ma, conoscendo la tua onestà e la passione che metti in ciò che fai, non mi meraviglio.

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