11 SETTEMBRE 1973 - CILE -
11 SETTEMBRE 2001 - STATI UNITI
La lezione del Cile, la lezione delle Torri
di Ariel Dorfman
Qui non può succedere. Trent’anni fa, questo era ciò che gridavamo, che cantavamo per le strade di Santiago del Cile. [...] Nonostante tutto ciò, quello che nemmeno potevamo pensare, accadde. L’11 settembre 1973, i militari cileni fecero cadere il governo costituzionale di Salvador Allende che, per la prima volta, stava provando a costruire il socialismo con mezzi elettorali e pacifici. Quel giorno, il bombardamento del nostro Palazzo Presidenziale segnò l’inizio di una dittatura che sarebbe durata 17 anni e la cui eredità, ancora oggi, anche dopo aver recuperato la nostra democrazia, corrode il mio Paese. [...]
... come fu possibile che quel mio Paese così integro abbia partorito una delle peggiori tirannie dell’America Latina, tristemente celebre per i suoi regimi assassini? E, senza dubbio, la domanda più cruciale: perché tanti cileni, padroni di una democrazia vigorosa, permisero che in loro nome uno Stato portasse a compimento le più maligne vessazioni? Perché non protestarono per quello che succedeva nelle cantine e nelle mansarde senza misericordia della città? Perché finsero di non sapere delle torture, dei massacri e delle sparizioni? E, la questione finale, la più dolorosa: qualcosa di simile potrebbe ripetersi nelle nostre democrazie contemporanee, apparentemente stabili? [...]
A trent’anni dal golpe, questa è la lezione che il Cile ci spinge a imparare, soprattutto se prendiamo in esame la sequenza dell’altro 11 settembre, quel giorno del 2001, quando la morte, ancora una volta, è caduta dal cielo e, ancora una volta, migliaia di civili innocenti sono stati annichiliti, ferendo - quella volta- non un Paese lontano i cui dolori ed errori l’umanità poteva scordare, ma la potenza più forte del pianeta.
Non può rallegrarci quel che è successo nei due anni trascorsi dagli attacchi contro New York e Washington.
Nel sacro nome della sicurezza e come parte di una guerra contro il terrorismo incessantemente monopolizzata e usata dal governo di Bush, molti vantaggi di cui godevano i cittadini nordamericani (senza parlare di quelli che, in Usa, non sono nemmeno cittadini) si sono nei fatti ristretti. La situazione, fuori dagli Stati Uniti, è peggiorata visto che questa battaglia sempiterna contro i fanatici fondamentalisti è servita come scusa per limitare, in tutto il mondo, i diritti di molte società, tanto democratiche come autoritarie.
Anche in Afghanistan e in Iraq - i due Paesi «salvati» dagli Stati Uniti e adesso liberi dalle mostruose autocrazie che li malgovernavano, ci sono segnali allarmanti sulle violazioni dei diritti umani perpetrate dalle forze d’occupazione: tornano i vecchi posti di blocco, civili innocenti sono morti, le donne vedono i loro uomini sparire senza lasciar traccia come nei peggiori momenti della dittatura.
Non sto suggerendo che gli Stati Uniti e i suoi alleati si stiano trasformando in un gigantesco Stato poliziesco simile a quello che strangolò il Cile per tanti anni. Ma il nostro dolore sarebbe stato vano se oggi, in altre zone del mondo, non notassimo il profondo significato di quella stessa catastrofe che il popolo cileno iniziò a soffrire trent’anni fa.
Anche noi pensavamo, anche noi gridavamo, anche noi lanciavamo le nostre certezze a tutto il pianeta. Qui, una cosa del genere, non può succedere.
Anche noi pensavamo, in quelle strade non troppo lontane di Santiago, che potessimo chiudere gli occhi per non vedere il terrore che ci attendeva nelle interminabili notti del futuro.
da L'UNITA' - traduzione di Leonardo Sacchetti
Ariel Dorfman è uno scrittore cileno.
Non esiste "la" libertà. Esistono "le" libertà e le dobbiamo difendere tutte con molta attenzione e cura. Altrimenti si aprono abissi insospettati di sofferenza. Il Cile è stata una lezione per tutti gli uomini liberi, e a me ( e anche a te, cara harmonia) da tempo il Cavaliere non fa più ridere...
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