martedì 30 gennaio 2007

DARFUR



©UNICEF


dal Vertice dell'Unione Africana



"Il Darfour ci chiama in causa", ha dichiarato il presidente della Commissione dell'UA, Alpha Oumar Konaré. "Noi lanciamo un appello ardente ai nostri amici sudanesi (...): fermate i vostri attacchi, fermate i vostri bombardamenti! (...) La pace in Sudan è la pace nel Ciàd, nella Repubblica Centrafricana", ha aggiunto, evocando "una guerra che noi non vogliamo vedere". [continua su Le Monde: QUI]



Ecco, il Darfur! C'è un genocidio nel Darfur? La risposta dell'ONU, risoluzione 1564/2004, è quella che segue: 


"La crisi in Sudan deve considerarsi a tutti gli effetti una crisi umanitaria. Il tasso di mortalità "crude mortality rate" usato per definire l’esistenza di tale crisi è di un morto ogni 10.000 persone ogni giorno. Una recente stima dell’Organizzazione mondiale della sanità ha stabilito che il tasso per quel che concerne il Darfur settentrionale è di 1,5 morti mentre nella regione meridionale è addirittura di 2,9 morti. Ciò significa che in Darfur, dove vive una popolazione di un milione e 200 mila persone, almeno 10000 muoiono ogni mese." [ da La crisi nel Darfur: la Risoluzione 1564 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ]


Ammetto che non riesco a seguire la "crisi" del Darfur. Le notizie non sono molte e gli sviluppi di questa immane tragedia non vengono seguiti quotidianamente dai nostri media, ma non è di questo che voglio parlare. Voglio piuttosto proseguire il discorso del post precedente sulla giornata della memoria, il cui scopo principale è quello di onorare le vittime di quel genocidio con un impegno costante su diversi fronti. Innanzitutto l'impegno volto a evitare ogni sua possibile ripetizione, sia pure in scala ridotta. Sappiamo che purtroppo questo non è stato sufficiente: altri "genocidi" sono stati perpetrati anche negli ultimi tempi. Sappiamo anche che c'è un altro problema da non sottovalutare: il negazionismo. Un problema da non sottovalutare, soprattutto nella prospettiva di tragici eventi futuri.


In che cosa può consistere l'impegno di una persona "comune, semplice" come me? Certo non può bastare il raccoglimento di un giorno o anche di più giorni. Ci sono i movimenti di protesta che hanno la forza delle molte voci, c'è il voto a sostegno dei politici che hanno i diritti umani tra le loro priorità, c'è l'impegno personale nel volontariato e innumerevoli altre cose che ora non mi vengono in mente. Quanto al negazionismo, infine, penso che l'impegno possa esprimersi nello studio e nella riflessione personale. Comincerei subito con una domanda su cui molti studiosi si sono arrovellati: che cosa si intende per genocidio? E continuerei con l'informazione sugli altri genocidi.


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Foto: bbc.co.uk >>> QUI


sabato 27 gennaio 2007

27 gennaio 1945 - 27 gennaio 2007


Memoria di tutte le vittime della shoah (sterminio)



Ci aiuta a ricordare tutte le vittime la maniacale precisione degli aguzzini nazifascisti che avevano organizzato una serie di contrassegni per ciascun gruppo di prigionieri nei campi di concentramento:


ebrei (stella di David gialla) - rom e sinti (triangolo marrone) - omosessuali (triangolo rosa) - "antisociali" [disabili fisici e mentali, vagabondi, prostitute e lesbiche] (triangolo nero) - testimoni di Geova (triangolo viola) - oppositori politici (triangolo rosso) - apolidi (triangolo blu) ...


Sei milioni di ebrei e un altissimo numero (quanti milioni?) di persone non ebree ma ugualmente oggetto di odio discriminatorio, razzista in senso lato. E al ricordo di queste vittime vorrei si aggiungesse quello di tutte le altre vittime di stermini, prima e dopo l'orrore nazifascista, fino a quelle dei nostri tempi, del nostro oggi.


Remember Poem


Vorrei evitare la retorica delle celebrazioni di un giorno, pur importanti, e ricordarmi che ogni giorno è necessario interrogarsi su quello stato mentale, non ancora risolto, che Umberto Eco chiama il "fascismo eterno" e che si presenta sotto le forme più diverse, tanto più subdolo quanto più mascherato.


Lo sterminio nazifascista è stato indiscutibilmente un evento unico per l'eccezionalità dell'ideologia e dei metodi e del numero delle vittime, ma questo non autorizza a sottovalutare eventi "minori" e a non rimanere vigili, a cominciare da noi stessi/e.


"Informarsi soltanto non costa sforzo, la vera fatica è trasformare l'informazione in conoscenza. È anche una fatica implicitamente etica, perché parte sempre da un riconoscimento dell'altro". Elie Wiesel


Ho letto un articolo di Moni Ovadia illuminante ed edificante prorpio in questo senso. Ne riporto un pezzo:


"Se la memoria non è uno strumento di costruzione del futuro, se non viene sottratta alle forme retoriche della routine, rischia di diventare un boomerang. Per evitare una simile pericolosa eventualità, è urgente vivificare il senso ultimo della Shoà nella battaglia contro ogni forma di razzismo, di sopraffazione, di offesa alla dignità e al diritto degli uomini, di ogni uomo. Solo il legame con le grandi battaglie per l’uguaglianza, per la pace, per la giustizia sociale, per la sacralità universale di ogni esistenza umana tiene viva quella memoria e la rilancia eticamente contro l’inaridimento celebrativo e l’isterilirsi nelle forme museali che ne fanno una comoda copertura delle false coscienze." (Memoria e propaganda)




Nota: non ho pretese di acribia storica, perciò metto in conto qualche imprecisione sull'elenco delle vittime, elenco che si trova in vari siti. In questo blog l'ho riportato copiandolo da PeaceReporter <<<QUI<<<. A proposito del  "fascismo eterno": QUI

venerdì 26 gennaio 2007


AFRICA


EPA   e   ACQUA


Ieri si è chiuso il World Social Forum di Nairobi. I grandi media ne hanno parlato poco o quasi nulla. Spero che almeno da domani, almeno la carta stampata se ne occupi con qualche approfondimento. Confesso che non sapevo che cosa fosse l' EPA, mentre sono un po' più informata sul problema della privatizzazione dell' ACQUA. Ogni commento diventa superfluo quando i fatti parlano con tale chiarezza.


EPA - Accordi di partnerariato economico - Il nome non fa pensare a qualcosa di negativo per l'Africa, ma che cosa siano quegli accordi lo spiega molto bene Alex Zanotelli sul Manifesto di ieri. [QUI]


Perché l'Africa teme l'Epa


Dal cuore dell'Africa, sotto un sole cocente e una luce abbagliante nel momento finale del Forum mondiale sociale che si tiene qui a Nairobi in Kenya, sento il bisogno di lanciare con forza il grido di allarme sugli Epa (Accordi di partnerariato economico) che ho ascoltato qui al Forum.
In queste giornate sia i rappresentanti contadini dell'Africa occidentale (oltre 30 milioni di agricoltori), sia le organizzazioni più svariate hanno cantato e urlato: «No all'Epa!»; c'è stata perfino una marcia contro gli Epa nel Forum. Eppure molti italiani non sanno proprio di cosa si tratta. Pensano forse all'epatite! Eppure è una questione molto grave che toccherà la vita di milioni di Africani!
Mi domando: ma perché la stampa non parla di queste cose? Perché non aiuta il popolo italiano a capire, a informarsi?
Che cos'è l'Epa? E' il nuovo trattato di partnerariato economico che l'Unione europea sta preparando con l'Africa dei paesi Acp (Africa, Caraibi e Pacifico, ndr) che rimpiazzerà il trattato di Cotonou che regge le relazioni economiche con i paesi impoveriti.
Con l'Epa l'Africa sarà divisa in quattro regioni. Molto discutibili queste divisioni che sembrano riflettere interessi nostri più che logiche del mercato africano. Scopo fondamentale dell'Epa è la liberalizzazione economica: gli stati africani infatti non potranno più imporre tariffe nelle importazioni.

Questa costituirà una grossa perdita per gli stati africani che ottengono dal 10 per cento al 60 per cento delle proprie entrate annuali da queste tariffe. L'Epa avrà conseguenze devastanti per i produttori locali che non potranno competere con i prodotti agricoli importati che vengono svenduti (dumping) sul mercato locale. Ricordiamo che gli agricoltori europei ricevono 50 miliardi di euro all'anno come sovvenzioni per cui possono svendere i loro prodotti agricoli in un'Africa che rimane al 70 per cento agricola. L'Africa dovrà assistere impotente all'invasione dei prodotti agricoli europei. Questi sono accordi capestro per l'Africa nera già oggi così dissanguata! Da questo Forum mondiale arriva oggi con forza il grido dell'Africa che non ne vuole sapere dell'Epa.
Questa è la gente ma è chiaro che i governi africani la pensano diversamente e sono tentati di firmare. Abbiamo infatti solo pochi mesi a disposizione, perché l'Epa verrà firmato entro il primo gennaio 2008. Per cui questi sono mesi fondamentali. Chiedo che tutte le forze sane di questo paese con le forze missionarie che operano in Italia e in Europa si mettano insieme e lancino con forza una campagna contro l'Epa (una campagna lanciata lo scorso anno dall'Aefjn (Accesso ai farmaci in Africa, ndr) che ha la propria sede a Bruxelles). Ma non sarà facile, il tempo è breve.
Ma è quest'Africa che soffre, questi volti bellissimi di bambini neri, meravigliosi destinati al macello che mi spingono a scrivere e ad impegnarmi.
Chiedo al governo Prodi
che specifichi la propria posizione ufficiale su questi Accordi di partnerariato economico. Chiedo ai parlamentari italiani di iniziare una serie di interrogazioni parlamentari al riguardo. Chiedo ai parlamentari europei di mettersi insieme al di là delle ideologie perché si tratta di una catastrofe annunciata per l'Africa se si permetterà che gli accordi Epa passino.
Chiedo che tutti abbiano il diritto a vivere.




ACQUA - « ... Poi la parola d’ordine è acqua. Se perdiamo la battaglia sul diritto all’acqua perderemo anche quella sulla povertà e sulla democrazia. Perché se oggi abbiamo 50 milioni di morti per fami tra pochi anni, se non facciamo niente, avremo 100 milioni di morti per sete. E che questo tema sia fondamentale lo abbiamo visto anche qui al Forum dove una bottiglietta piccola di acqua costava 40 scellini e la gente veniva da me, da noi, a chiderci di comprargliela perché non se la possono permettere». Alex Zanotelli > QUI [L'Unitàe <QUI [Nigrizia]


Cominciamo da noi con una firma per una legge di iniziativa popolare, qui, in Italia:



 

"È cominciata il 13 gennaio la raccolta di firme per portare in parlamento la proposta di legge di iniziativa popolare per il riconoscimento dell'acqua come bene comune e diritto umano universale, affinché la gestione e la tutela di questa risorsa fondamentale venga affidata a enti di diritto pubblico. Il risultato del primo weekend di raccolta firme è stato senza dubbio molto positivo: quasi 15 mila, sulle 50 mila che sono necessarie per portare al parlamento la proposta.


Non solo un buon numero di firme già dall'inizio, ma anche un altro risultato: se il Governo confermerà l'impegno preso in riunione con i promotori del movimento, verrà emanato un decreto che prevede una moratoria per i processi di privatizzazione dell'acqua attualmente già in corso, all'interno delle politiche di riforma sui servizi pubblici locali.


A portare la questione dell'acqua a livello nazionale è un forum che raccoglie circa 60 realtà nazionali e più di 400 comitati locali, coordinati da una segreteria romana: questo dimostra che la società civile, ancora una volta, è più avanti rispetto al mondo politico, perché quotidianamente più vicina ai problemi, perché sicuramente più attenta e con il potere di una rete così numerosa, diffusa e forte, la possibilità di fare pressione a livello politico è decisamente significativa.


Di diritto all'acqua si parla anche al Forum sociale in corso in questi giorni a Nairobi, mentre negli slums di Kibera i poveri fanno la fila per comprare un po' di acqua, il cui prezzo varia a seconda della disponibilità, con infrastrutture praticamente inesistenti, promesse politiche e processi di privatizzazione in corso. ..." continua QUI


Foto: 1. da savethechildren; 2. da international rivers network 


martedì 23 gennaio 2007

COMPLEANNI


    Avatar il poeta Rumi, nickname il vecchio della montagna, titolo del blog cogito ergo sum. Voglio festeggiarlo perché ieri si è ricordato di essere entrato nel V anno di blog e ha scritto: "Insomma,scherzando scherzando, sono quattro anni che scrivo questo blog. Che è un sacco di tempo. Il compleanno era il 18 Gennaio e il primo post fu questo:"... >>>qui<<<


Doppia festa perché mi ha indotta a ricordare che anche il mio blog ha compiuto quattro anni, addirittura qualche giorno prima del suo, e mi ha dato il coraggio di rifare questo percorso. Da lui ho letto che i blog sono 257000. Il mio porta il numero 1746.  Chissà che numero ha il suo. Il contatore mi segnala 195357 contatti, un numero che mi emoziona, sono sincera. Non c'è traccia del primo post, anzi i primi mesi sembrano essere passati attraverso un terremoto in splinder.


Ho cominciato esattamente come il vecchio e come molti altri, dopo aver letto un articolo su La Repubblica o L'Espresso. Avevo voglia di giocare. Mi piaceva l'idea di consistere soltanto in ciò che avrei messo nel mio diario online, senza fisicità né carta d'identità, e di poter stabilire un contatto con chissà chi. Il bel gioco è diventato molto presto un vicenda seria, perché gli eventi mi hanno portata a concentrarmi prevalentemente su temi politici.


E' stata ed è un'esperienza molto bella, molto positiva, direi straordinaria, se penso a tutte le persone che ho incontrato, alle molte con cui ho intrecciato sinceri legami di amicizia in questa virtual life, legami belli e veri come nella real life. Sono accadute tante cose in questi anni nella blogosfera. Ricordo con affetto e malinconia Sultana e Fior di Loto, le due amiche blogger la cui scomparsa ha fatto irrompere drammaticamente la realtà nella virtualità del web. Ho imparato e ricevuto molto. Per questo lasciatemi dire tutta la mia gratitudine.


lunedì 22 gennaio 2007

KARIBU   BENVENUTI



People’s Struggles, People’s Alternatives”



Questo il tema della settima edizione del World Social Forum che si inserisce in quello più ampio di "una altro mondo è possibile". Da Porto Alegre, nel 2001, a Mumbai a Bamako a Caracas a Karachi, quest'anno per la prima volta in Africa, a Nairobi


 'Avremo tante torte nei cieli ma noi le vogliamo subito. E per questo bisogna lottare, nessuno ce le dara'.  Desmond Tutu


 


Sito ufficiale: Karibu to WSF Nairobi 2007!



Il Forum Sociale QUI - Massimo consiglia anche questo sito: http://www.nairobi2007.it/


giovedì 18 gennaio 2007

La Costituzione dell' UnioneEuropea



"Noi dobbiamo dare un'anima all'Europa. Noi dobbiamo trovare l'anima dell'Europa."


Angela Merkel riapre il discorso sulla legge costituzionale dell'Europa, ne sottolinea l'importanza storica e ne stabilisce la priorità. Finalmente ritorna in primo piano questo obiettivo fondamentale, mancato due anni fa a causa del rifiuto della Francia e dei Paesi Bassi. Spero che si vada avanti e che tutti gli Stati capiscano la necessità per l'UE di darsi "un'anima" e una politica unitaria, e soprattutto una politica estera coerente.


Da leggere l'articolo apparso oggi sul Guardian:


Merkel pushes for constitution to save Europe's soul

mercoledì 17 gennaio 2007

Toponomastica e Teopolitica


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Questo uno dei titoli del Riformista di oggi. L'articolo non è disponibile online, ma evidentemente pone un problema vecchio e non ancora risolto.

Sono all'oscuro dei fatti, quindi mi rivolgo a google, dove trovo un articolo di Mario Pirani, sicuramente tratto da La Repubblica e risalente al maggio dell'anno scorso. Potrebbe sembrare una cosa di poco conto se si pensa agli stravolgimenti e agli orrori di questi giorni in molte parti del mondo, ma non lo è. Sul piano storico, simbolico e politico ritengo quella targa una vicenda enorme per una città italiana, non importa quale. Una vicenda vergognosa per la sua carica razzismo in generale e di antisemitismo in particolare. E che dire del fatto che la richiesta è stata fatta dal vescovo di Arezzo e che i nostri politicanti di sinistra hanno lasciato fare, sia pure come opposizione, per le solite questioni di convenienze elettorali? .



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Linea di confine

Mario Pirani

QUELLA TARGA DA TOGLIERE SENZA SE E SENZA MA

 

Domenica prossima, assieme a molte altre città, anche Arezzo rinnoverà il Consiglio comunale. L´amministrazione, attualmente sotto commissario, era in Toscana una delle poche di centro destra (Forza Italia, An e Udc), vincente nel 1999 e nel 2004, dopo un cinquantennio dominato dalle sinistre. Il motivo per cui ne parlo è apparentemente minore ma di grande valore simbolico. Poco dopo il suo insediamento la giunta di centrodestra, malgrado l´opposizione dei laici, si affrettò, su richiesta del vescovo, a intitolare la piazzetta prospiciente la Casa di Petrarca, in pieno centro, alla «insurrezione popolare dei Viva Maria». I partiti di centrosinistra si rassegnarono.

Solo Rifondazione comunista presentò un odg per la rimozione della targa, rimasto senza seguito. Un piccolo gruppo di storici e di intellettuali laici, sostenuti da un coraggioso giornalista, Marco Caneschi, dalle colonne del settimanale Arezzo, seguitò a documentare l´infamia dell´iniziativa e a riportare i messaggi indignati delle comunità ebraiche in Italia e all´estero.

Nell´attuale campagna elettorale è stata la Rosa nel Pugno a riportare sul piano politico la questione mentre il resto del centro sinistra svicola per timore che la Margherita e il capolista, nipote di Amintore Fanfani, patisca qualche reazione della Curia.

Ricordo di che si tratta anche per chi non ha letto o ha dimenticato un articolo del 1999 in cui ne parlai su queste colonne, ancor prima che divampasse la polemica aretina.

Ero stato sollecitato dalla rivalutazione che Il Foglio aveva fatto, anticipando la sua più recente svolta cattolico-ortodossa, del movimento delle Insorgenze, come vengono battezzati i moti sanfedisti del 1796-1799. Le «armate della santa fede», così venivano denominate, organizzate dal cardinale Ruffo di Calabria, agirono a Napoli e nel Mezzogiorno, ma anche nel Granducato di Toscana, nello Stato pontificio e altrove.

Ovunque, in concomitanza con il ritorno dei sovrani assoluti sostenuti dalle armate austro-russe, dopo il primo ritiro di Napoleone dall´Italia, si abbandonarono a sanguinosi massacri dei giacobini italiani che avevano dato vita alle effimere repubbliche locali e a municipalità provvisorie, degli esponenti simpatizzanti del ceto medio emergente e dei pochi aristocratici che avevano abbracciato la Carta dei Diritti dell´Uomo. Ma soprattutto l´odio veniva indirizzato contro gli ebrei che gli eserciti della Rivoluzione francese avevano appena liberato dai ghetti dove erano rinchiusi.

Veri e propri pogrom vennero effettuati non nel Sud, dove non vi erano ebrei, almeno palesi, ma in Toscana, nelle Marche (Senigaglia fu teatro di un massacro), mentre a Roma il ghetto appena aperto venne assaltato. Ora, è pur vero che le Insorgenze, animate e guidate dal rancore nobiliar-clericale, riuscirono a far presa sulla disperazione atavica di masse contadine poverissime, rese ancor più insofferenti dalle tasse introdotte da francesi e giacobini, ma far passar tutto questo, come abbiamo letto, per un eroico moto di popolo di «uomini e donne di ogni ceto sociale che eroicamente impugnarono falci e forconi in nome della propria identità, della religione cattolica e dei legittimi sovrani», è qualcosa che solo qualche prete forcaiolo dell´800, spogliato dei benefici ecclesiastici o qualche legittimista nostalgico dei sovrani assoluti, avrebbe potuto scrivere.

Soprattutto non è dato ignorare gli aspetti tragici che assunse in quel frangente l´odio antiebraico di marca cristiana, ispirando, appunto, nel caso in questione, le bande aretine dei "Viva Maria". Queste, dapprima scacciarono violentemente gli ebrei da Monte San Savino, quindi, saputo che alcuni si erano rifugiati presso i correligionari di Siena, si precipitarono in quella città.

Era la notte dello shabbat. Guidati da un prete, tal Romanelli, devastarono la sinagoga uccidendo tre ebrei che vi si erano rifugiati, altri vennero pugnalati nella strade. Sulle gradinate della chiesa di S. Martino ne fu assassinato un altro con la moglie incinta, accorsa al suo fianco. Il culmine dell´orrore venne raggiunto al mattino del sabato 28 giugno 1799, quando un gruppo di ebrei e un soldato francese ferito vennero bruciati su un falò a piazza del Campo. sotto lo sguardo del vescovo che assisteva da una finestra.

In tutto 14 ebrei vennero massacrati. Due secoli dopo, in un´altra notte di shabbat, tra il 5 e il 6 novembre 1943 altri 14 ebrei senesi che non erano riusciti a nascondersi vennero deportati senza ritorno ad Auschwitz.

Quella lapide è una offesa intollerabile ai martiri dell´uno e dell´altro eccidio. Va cancellata senza se e senza ma.

22/05/2006


C'è ovviamente chi è di parere opposto. Se qualcuno è interessato a sentire l'altra campana, può informarsi consultando il sito Istituto Storico dell'Insorgenza e per l'Identità Nazionale.

domenica 14 gennaio 2007

LIBERTA’ RELIGIOSA: PROSEGUE L’INDAGINE CONOSCITIVA


La I Commissione affari costituzionali ha proseguito l’indagine conoscitiva in materia di libertà religiosa, nell’ambito dell’esame, in sede referente, delle proposte di legge C36 Boato e C134 Spini. In particolare, oggi, sono state svolte le audizioni di esperti. Nei giorni scorsi sono stati ascoltati rappresentanti della Conferenza episcopale italiana, delle confessioni religiose che hanno stipulato un’intesa con lo Stato o per le quali è in corso la relativa procedura, componenti della Consulta per l’Islam italiano e rappresentanti dell’Unione atei agnostici razionalisti. (Fonte: Camera dei Deputati)


L'amica blogger Rosalba Sgroia del Comitato di coordinamento dell' UAAR,


  è stata ricevuta con il segretario Villella per l'audizione dell'Unione atei agnostici razionalisti. Interessante il suo resoconto che è possibile leggere nel suo blog: >>>QUI<<< e qui nel sito dell'UAAR.


Prendo atto con gioia che nel nostro Parlamento vengano prese in considerazione anche le istanze delle cittadine e dei cittadini che credono in cose  diverse dalla religione, qualsiasi religione. Mi sembra che sia la prima volta dei "non credenti" (non mi piace questa definizione al negativo!). Mi sembra una buona affermazione dei principi democratici.


Le proposte di legge si possono reperire nel sito della Camera dei Deputati: >>>QUI<<< e >>>QUI<<<.


Aggiornamento alle ore 18:00, dopo il quinto commento


Sfogliando i giornali online mi è capitato questo articolo in cui il giornalista ha il coraggio, come pochi, di dire come e perché gli interventi dello Stato del Vaticano nella nostra politica interna, addirittura nelle nostre sedi legislative non siano la cosa migliore da fare (eufemismo).


Il governo di Papa


Furio Colombo


La frase chiave per capire la storia che stiamo narrando è quella del deputato della Margherita Renzo Lusetti che «ha invocato più rispetto per il santo Padre e per quello che lui rappresenta». (Il Corriere della sera, 12 gennaio).

È una frase ovvia e giusta, che provoca però una inevitabile domanda: e il rispetto per la Repubblica italiana? Infatti la presa di posizione di Lusetti era una risposta alle proteste di alcuni esponenti della Rosa nel Pugno (Villetti, Angelo Piazza) che avevano detto: «I vertici istituzionali italiani devono ignorare il discorso del Papa e proseguire esclusivamente per il bene della comunità e dei cittadini».

Ma quegli esponenti della Rosa nel Pugno sono stati i soli in tutto il Parlamento a sollevare il problema di ciò che il giorno prima il Papa aveva detto, ricevendo per una visita di auguri il sindaco di Roma, il presidente della Provincia di Roma e il presidente della Regione Lazio.

«I progetti per attribuire impropri riconoscimenti giuridici a forme di unioni diverse dal matrimonio sono pericolosi e controproducenti e finiscono inevitabilmente per indebolire e destabilizzare la famiglia legittima fondata sul matrimonio».

Ci sono tre problemi in questa frase, detta a rappresentanti delle istituzioni italiane, con i verbi all’indicativo e la formulazione di una sentenza definitiva.


Il primo è che il Papa non governa la Repubblica italiana e non è stato eletto dagli italiani. Non sta parlando di religione ma di codice civile. Infatti non ha detto: «Noi vi diciamo... Noi vi raccomandiamo...». Presenta come dati di fatto incontrovertibili le sue convinzioni. Quella che avrebbe dovuto essere una conversazione in cui ciascuno ha il suo punto di vista, è diventato un editto. Ma nelle repubbliche democratiche non esistono editti, esistono opinioni che gradatamente si trasformano in posizioni, e poi in proposte di legge e poi in un dibattito (o in tanti dibattiti, con tutti i liberi pareri che la democrazia ammette e richiede). E poi segue, unico sigillo, il voto.

Il secondo problema è che il Papa è certamente un personaggio molto autorevole, ma è il Capo di un altro Stato, e questo fatto diventa evidente quando si rivolge a persone che rappresentano le istituzioni italiane.

Ha tutto il diritto di dire ciò che pensa. E, se lo desidera, anche di aggiungere le ragioni che possono fare luce sulle sue affermazioni. Per esempio: perché, se si attribuisce un diritto a chi ne è privo, si destabilizza una istituzione come il matrimonio che è due volte sostenuta, dal vincolo religioso e da quello civile? Ma può il Capo di un altro Stato indicare alle istituzioni italiane, con i verbi all’indicativo presente, ciò che deve essere fatto, adesso e subito, pena un «pericolo» di cui non ci dice niente? «Pericolo» per chi, in quale ambito o sfera? Detto da un personaggio influente a istituzioni di governo, le parole «controproducente» e «pericoloso» sono gravi. Definiscono irresponsabile chi si avventurasse per una simile strada, ovviamente «controproducente» e «pericolosa». E allora le domande si moltiplicano. Può un argomento come il dibattito in corso nella società, nella vita civile, nella politica e nel Parlamento italiano essere trattato alla stregua di un pericolo oggettivo, come una malattia, una guerra, un atto di terrorismo («pericoloso, destabilizzante»)?

Il terzo problema è la completa mancanza dei tipici espedienti di cautela che caratterizzano il linguaggio diplomatico. La Chiesa di Ratzinger è contro la pena di morte. Eppure dopo l’esecuzione di Saddam Hussein le fonti ufficiali vaticane si sono limitate a dire che «ogni vita umana è preziosa». Niente di più, per non lasciarsi coinvolgere nel sospetto di un sentimento antiamericano.

I lettori sanno che non sto parlando di un intervento occasionale e sfortunatamente male espresso dal Papa, parole che danno l’impressione di mettere liberamente le mani nella macchina politica italiana. Sto riflettendo su una fitta sequenza di editti, di enunciazioni, di intimazioni, tutte con il verbo all’indicativo, tutte privi della forma esortativa e di invocazione che è tipica della predicazione religiosa, tutte fermamente basate sull’intento di dettare legge, senza mostrare alcun margine di tolleranza per posizioni diverse.

Ciò non accade nei confronti di altri Paesi, pur altrettanto cattolici e con opinioni pubbliche altrettanto inclini a considerare alta e autorevole la voce del Papa. Ciò non accadeva con Giovanni Paolo II, le cui affermazioni, anche nette, anche aspre, erano sempre dirette al mondo, alla coscienza di tutti i credenti, non a una particolare Repubblica, non per esercitare pressione diretta sempre sullo stesso governo, quello italiano.

A me sembra giusto e anzi urgente ripetere la frase del deputato Lusetti con una correzione: non sarebbe giusto avere rispetto per l’autonomia democratica della Repubblica italiana, lo stesso rispetto riservato alle istituzioni di altri Stati, tra cui alcuni afflitti da mali e problemi ben più drammatici?

* * *
Noi (intendo dire coloro che mentre leggono si associano a quanto sto scrivendo) sappiamo benissimo quanto siano profonde le venature di autentica religiosità, di sentimento cattolico in questo Paese. Ma questa è una ragione in più per evitare di dettare legge direttamente alle istituzioni. Ovvio che non si tratta di chiedere silenzio.

Ovvio, anche, che la forma, la scelta delle parole da parte di un grande personaggio che è Capo di una Chiesa, ma è anche Capo di uno Stato, hanno un’importanza molto grande quando si interviene sulle questioni civili di un altro Stato.

Rivolgersi continuamente, come sta avvenendo in Italia, ai vertici delle istituzioni, e in certi casi anche degli schieramenti e dei partiti, dà la sgradevole sensazione di non tenere in alcun conto la struttura democratica di un Paese in cui ciascuno decide in coscienza con il voto. Ricorda la brutta prova del referendum sulla procreazione assistita, in cui il rischio che la volontà popolare risultasse diversa dalle istruzioni emanate dalla Chiesa ha portato all’espediente di ordinare ai credenti di non votare. In tal modo ogni verifica della effettiva volontà popolare è diventata impossibile anche perché l’ordine di non votare rendeva pubblico il comportamento delle persone. In altre parole, tutti potevano sapere se eri andato alle urne, disobbedendo al Santo Padre o se ci eri andato, comportandoti da cittadino italiano. Senza dubbio un bel dilemma per i credenti.

Adesso si ha l’impressione che l’Italia sia stretta in una morsa tra astensione di base e interventismo sui vertici, così che, invece che attraverso un consenso democratico liberamente raggiunto, si procede per decisioni preventive e assolute su ciò che è bene e ciò che è male per i cittadini, dando disposizioni direttamente ai governanti.

La conseguenza purtroppo è chiara: con interventi ormai consueti, come quello dell’11 gennaio, Papa Ratzinger, che se ne renda conto o no, che lo voglia o no - indipendentemente dalle sue intenzioni - sta rendendo ingovernabile l’Italia. Infatti le sue parole incoraggiano spaccature profonde e inconciliabili fra cittadini all’interno di ognuno degli schieramenti politici. Sta separando in modo drammatico credenti da non credenti e dilaniando la coscienza di molti credenti.

So che queste osservazioni saranno deliberatamente fraintese e definite una «richiesta di silenzio del Papa». Oppure, come dice Lusetti, saranno scambiate per una «mancanza di rispetto».

Sul silenzio del Papa dirò che si tratta di una interpretazione assurda. La sua capacità-possibilità, ma anche il suo privilegio (data la totale disponibilità mediatica italiana) è un dato di fatto, prima ancora che un diritto-dovere che nessuno potrebbe contestare, persino se ne avesse l’intenzione.Come sapete, il Papa ha acquisito un diritto di presenza in ogni telegiornale italiano, ogni giorno, più volte al giorno, su tutte le reti.

Quanto al rispetto, ognuno ha le sue preoccupazioni. Io chiedo rispetto per la Repubblica italiana, per le sue istituzioni elette, per i cittadini credenti e non credenti che votano, per i politici credenti e non credenti che sono eletti, ciascuno esattamente con gli stessi diritti e doveri e lo stesso grado di rispettabilità. E sembra giusto tentare di ristabilire nella vita pubblica italiana un sistema del tutto reciproco di riguardo e rispetto. Non la persuasione o la predicazione del Papa appare discutibile, dunque, ma l’intimazione, basata su un punto di vista che però viene dettato come unico percorso possibile. Non è fuori posto ricordare che il diritto civile italiano è un patrimonio di tutti, credenti e non credenti.

«I progetti per attribuire impropri riconoscimenti giuridici a forme di unione diverse dal matrimonio» saranno forse discutibili. Ma io mi azzardo a pensare che sia più discutibile il gesto di autorità e di egemonia del Papa sul diritto italiano, l’impossessamento e la manomissione di norme che sono di pertinenza dello Stato italiano e dei suoi cittadini, non della Chiesa. Ho già detto che il Papa non può governare l’Italia, ma può fare in modo che diventi ingovernabile. È permesso dirgli che ciò che sta facendo, mentre getta tutto il suo peso su questo solo Paese, è «pericoloso» e «destabilizzante» ? (Fonte: L'Unità >>>QUI)


Furio Colombo ha dimenticato, però, di rivolgersi ai politicanti italiani, a loro per primi o per ultimi, perché la responsabilità maggiore sta nel loro comportamento poco dignitoso e rispettoso della nostra indipendenza nazionale.

giovedì 11 gennaio 2007


dall'Antigone di Sofocle


CANTO DELL’ UOMO


Coro


Molte ha la vita forze
tremende; eppure più dell’uomo nulla, vedi, è tremendo.
Va sul mare canuto
nell’umido aspro vento,
solcando turgidezze che s’affondano
in gorghi sonori.
E la suprema fra gli dèi, la Terra,
d’anno in anno affatica egli d’aratri
sovvertitori e di cavalli preme
tutta sommovendola.


E la famiglia lieve
degli uccelli sereni insidia, insegue
come le stirpi
ferine, come il popolo
subacqueo del mare,
scaltro, spiegando le sue reti, l’uomo:
e vince, con frodi,
vaghe pei monti le fiere del bosco:
stringe nel giogo, folta di criniera
la nuca del cavallo e il toro piega
montano, infaticabile.


Diede a sé la parola
il pensiero ch’è come il vento, il vivere
civile, e i modi
d’evitare gli assalti
dei cieli aperti e l’umide tempeste
nell’inospite gelo, a tutto armato
l’uomo: che nulla inerme
attende dal futuro. Ade soltanto
non saprà mai fuggire,
se pur medita sempre
nuovi rifugi a non domati mali.


Con ingegno che supera
sempre l’immaginabile, ad ogni arte
vigile, industre,
egli si volge al male
ora, ora al bene.
Se le leggi osserva
della sua terra e la fede giurata
agli dèi di sua gente,
sé con la patria esalta; un senza-patria
è chi s’accosta, per sua folle audacia,
al male.
E non mi sieda mai vicino,
al focolare, e in nulla abbia comuni
suoi pensieri coi miei
chi così vive ed opera.


Sofocle, Antigone, vv. 332-375


Ho copiato questo "Canto dell'uomo" da un post del 24 marzo 2003. Erano i giorni dell'inizio della guerra in Iraq. Sono passati quasi quattro anni da allora. Ieri il cristiano rinato Bush, detentore di un potere immenso, ha parlato alla sua nazione. Di nuovo, dopo molti disastri. Ma per confermare il peggio della sua politica tragicamente cristallizzata in una sola idea fissa, impermeabile a qualsiasi ragionamento, contro ogni principio democratico di civiltà. Nessuna sorpresa, certo, soprattutto dopo i raid aerei sulla Somalia.


Eppure è sorprendente. Sono passati quattro anni, centinaia di migliaia di persone morte, e lui non è cambiato. Nemmeno il suo amico di Londra deve essere cambiato, anche se non lo si sente più tanto. Questo dobbiamo ricordarcelo: la collaborazione di alcuni della vecchia Europa, divisa e impotente. Blair, Aznar, Berlusconi, un polacco (non so chi)...Ma è Blair che giganteggia sui complici europei, lui il fedele servitore e spacciatore di menzogne, come apertamente riconosciuto.


E l'Europa di oggi? E' un grande superstato, circa mezzo miliardo di cittadine e cittadini, una potenza politica. Peccato che non abbia una politica, non ha nemmeno una Costituzione approvata, grazie alla grande Francia e all'Olanda, tremebonde di fronte all'eventuale arrivo dell'idraulico polacco. Le responsabilità vanno distribuite. L'Unione Europea, 27 Stati, non ha una politica estera unitaria e ha consegnato la nostra privacy al cristiano rinato, senza riservarsi nemmeno il diritto di reciprocità.


martedì 9 gennaio 2007


Una voce nel silenzio ha chiamato



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Una voce nel silenzio ha chiamato.



Lascia, notte, che non la creda vera,



o notte per dove tanto ho cercato



un pertugio da cui si veda il cielo.



Ma ecco, sei tu il mio cielo?



Alessandro Parronchi



Alessandro Parronchi è morto qualche giorno fa, il 6 gennaio 2007, a Firenze. E' stato un grande studioso e rappresentante illustre dell'ermetismo fiorentino. Ma questa è letteratura. Lui definiva la sua poesia "malinconica e triste", anche se a un tempo affermava che "oggi la tristezza non è ammessa" e intitolava una raccolta di liriche "coraggio di vivere". A me sembra che la poesia stessa sia "un pertugio da cui si veda il cielo" e che siano i poeti a mostrarci come raccogliere le forze per non lasciarci sovrastare dalle difficoltà del vivere.





Fotografia dal sito della NASA: >>>QUI<<< e un regalo di Marzia.

giovedì 4 gennaio 2007

RIABILITAZIONE


<B>Oscar Wilde riabilitato<br>svolta in Vaticano</B>


OSCAR WILDE IN VATICANO


Caro diario, ieri un anatema, oggi una riabilitazione strabiliante e promettente. La notizia l'ho letta stamattina su La Repubblica, e ora l'ho trovata online. Sono molto contenta per il Vaticano e spero che sia l'inizio di una svolta. Ecco parte dell'articolo:


Le massime dello scrittore in un libro di padre Leonardo Sapienza addetto al protocollo della Prefettura della Casa Pontificia


Oscar Wilde riabilitato svolta in Vaticano di Orazio La Rocca


CITTÀ DEL VATICANO - Sorpresa. Oscar Wilde, grande scrittore e poeta dell'800, ma anche storica icona omosessuale della cultura europea, fa breccia in Vaticano. Le sue massime - provocatori aforismi del tipo "Posso resistere a tutto, ma non alle tentazione", oppure "L'unico modo di liberarsi di una tentazione è abbandonarsi ad essa" - sono state prese a modello in un libro scritto da un alto esponente della curia per dare una scossa a fedeli cristiani intiepiditi e uomini di buona volontà. Un obiettivo indicato fin dal titolo, "Pro-vocazioni", e dal sottotitolo, "Aforismi per un cristianesimo anticonformista" (Editrice Rogate). Ne è autore uno dei più stretti collaboratori di papa Benedetto XVI, il padre rogazionista Leonardo Sapienza, addetto al protocollo della Prefettura della Casa Pontificia. Il libro contiene un migliaio di frasi a carattere morale suddivise in 443 paragrafi selezionati in ordine alfabetico. ...


... l'avvertimento di padre Sapienza: "Dobbiamo essere una spina nel fianco" per muovere le coscienze e per fronteggiare quello che oggi è il nemico numero uno della religione: l'indifferenza. Male particolarmente temuto da Benedetto XVI. Così la Santa Sede sembra ora riabilitare una figura scomoda come Wilde, scrittore "dotato di una intelligenza folgorante - scrive Sapienza - autore mordace, sarcastico e provocatorio, vissuto perigliosamemte e un po' scandalosamente, ma che ha lasciato nelle sue pagine motti taglienti".

La Repubblica (4 gennaio 2007) - http://www.repubblica.it/2007/01/sezioni/spettacoli_e_cultura/wilde-chiesa/wilde-chiesa/wilde-chiesa.html
 

mercoledì 3 gennaio 2007

ANATEMA


Musical Divina Commedia Rock satana inferno monsignor Marco Frisina, direttore del centro liturgico del Vicariato di Roma e della Cappella Lateranense


«Il rock l'ho messo all'inferno perché il rock è il nemico», ha dichiarato perentorio ieri alle agenzie di stampa monsignor Marco Frisina, direttore del centro liturgico del Vicariato di Roma e della Cappella Lateranense. E ancora: «Il rock se non è proprio il male è comunque espressione del male». 2007


Il rock è «espressione di passioni elementari, che nei grandi raduni di musica hanno assunto caratteri culturali, cioè di controculto, che si oppone al culto cristiano». E ancora: «Il rock deve essere purificato dei suoi messaggi diabolici» papa Ratzinger, quand´era ancora prefetto della Congregazione della dottrina della fede. 1996


Scriveva anni fa Joseph Ratzinger: «Il rock vuole liberare l'uomo da se stesso nell'evento di massa e nello sconvolgimento mediante il ritmo, il rumore e gli effetti luminosi, facendo precipitare chi vi partecipa nel potere primitivo del Tutto, mediante l'estasi della lacerazione dei propri limiti». Che dire? Una splendida definizione di rock: si vede che se ne intende, Vostra Santità.


Caro diario, fra tutte le cose importantissime di questi giorni sono stata colpita da questo divertissement offerto da un articolo pubblicato da L'Unità: Anatema vaticano: il Rock è l´Inferno di Roberto Brunelli [http://www.unita.it/view.asp?IDcontent=62224]. Per la serie "non ci posso credere", ho registrato qui alcune dichiarazioni di due menti eccelse. In effetti il giornalista ha ragione quando dice che il prof. Ratzinger s'intende di musica rock: ne ha dato infatti una notevole definizione. Chapeau!


PS. Anche l'immagine l'ho presa da L'Unità. Consiglio vivamente la lettura dell'articolo.

lunedì 1 gennaio 2007

Buon viaggio e felici avventure attraverso il 2007 nuovo nuovo!


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