Dichiarazione di Peaceful Tomorrows 9/11/05
September 11th, 2005
L'associazione September 11th Families Peaceful Tomorrws si è costituita 1l 14 febbraio 2002, con la speranza che tutti i poteri della nostra nazione – il nostro potere politico, il potere legale, il potere economico e il potere spirituale – piuttosto che semplicemente il nostro potere militare, avrebbe portato a porre fine al terrorismo. Nella diffusione del supporto che la nostra nazione ha ricevuto dopo l’uccisione di quasi 3,000 persone, noi abbiamo riconosciuto la causa comune condivisa da quasi tutti sul pianeta: il desiderio di pace, libertà e autodeterminazione per noi stessi e per le generazioni future.
Nel luglio 2005, messi di fronte alla realtà che la superiorità militare americana non ha portato la pace né in Afghanistan, ne in Iraq – una nazione che non ha avuto niente a che fare con l’ 11/9 – i membri dell’amministrazione Bush hanno ammesso che gli sforzi futuri richiedono “tutti gli strumenti del nostro potere nazionale, tutti gli strumenti del potere nazionale delle comunità internazionali”, aggiungendo che la soluzione è “più diplomatica, più economica, più politica che non militare.” La “guerra contro il terrore”, hanno detto, è meglio che sia chiamata “lotta globale contro l’estremismo violento”.
Noi abbiamo applaudito il senso di realtà rappresentato da questo cambiamento nel linguaggio e nella strategia. E anche se il presidente è ritornato prontamente sui suoi passi, crediamo che ciò che per noi era evidente nel 2002 è perfino più lampante nel 2005. Dare inizio a due guerre non ha nulla a che fare con la fine del terrorismo. E nemmeno ha a che fare con la creazione di migliaia di vittime civili, l’implicazione nella tortura, il disinteresse per i desideri della maggior parte del mondo, la marginalizzazione delle voci della moderazione, l’indebitamento dell’economia US, la continuazione della nostra dipendenza dal petrolio straniero, o l’abbandono dei nostri soldati in condizioni di insicurezza senza una exit strategy.
Come abbiamo detto allora, e continuiamo a dire oggi, è il momento di riconoscere che un problema internazionale richiede una soluzione prodotta da una partecipazione internazionale. E’ tempo di chiedere più voci, più idee, e più partecipazione di ogni persona. E’ tempo di considerare se le scelte che la nostra nazione ha compiuto dall’ 11 settembre 2001 ci abbiano resi più sicuri, più forti, o abbiano alimentato la libertà in patria o nel resto del mondo.
Una maggioranza di americani oggi crede che sia stato sbagiato muovere guerra all’Iraq, e che dovremmo lasciare quel paese. Una maggioranza di americani crede che siamo meno sicuri in conseguenza di quella guerra, e noi accogliamo tutte le nuove voci che si sono levate nella discussione sulla politica della nostra nazione. ‘Active duty’ membri dell’esercito, veterani, e famiglie di ogni backgrounds stanno alzando la voce, e il loro dialogo merita di essere ascoltato.
Ma mentre gli americani continuano la storica tradizione democratica di parlare chiaro al potere, e di chiedere un governo sensibile e rappresentativo, ciò che potrebbe essere una feconda discussione tra tutti gli americani ha provocato alcune risposte decisamente non democratiche. La libertà di parola sta venendo equiparata al tradimento. La critica contro la guerra in Iraq sta venendo equiparata alla resa. Whistleblowers stanno venendo puniti. L’estremismo che giustamente critichiamo in tutto il mondo non può essere tollerato qui. Per quattro anni dopo l’ 11 settembre, è ancora tempo di continuare il processo di guarigione, e di rendere l’America, e il resto del mondo, un posto più sicuro. Ma la sicurezza non può aversi al prezzo della nostra libertà e del nostro modo democratico di vivere. Come abbiamo sentito quattro anni fa, e continuiamo a sentire oggi, non possiamo diventare il male che deploriamo. Oggi, più americani di prima stanno levando la voce contro la direzione che la nostra nazione ha preso dall’ 11 settembre. Noi invitiamo tutti a unirsi a questa discussione, e chiediamo che che sia condotta con civiltà e rispetto. Onorando le nostre libertà costituzionali, le nostre tradizioni democratiche, e tutto il resto, onoriamo tutti coloro che sono stati uccisi l’ 11 settembre 2001. Sia il nostro legato per un’America migliore e un mondo più sicuro per tutti. . Il documento originale, di cui ho fatto una traduzione bambinesca, si trova qui: http://www.peacefultomorrows.org/article.php?id=580. L'enfasi bellicistica data a un evento tragico come questo ha fatto un uso strumentale delle vittime, del dolore sacrosanto per la perdita e della naturale paura di fronte a un nemico feroce. Questo ci ricordano i familiari, chiedendo rispetto per i propri morti e condannando il militarismo cieco inefficiente dell'amministrazione Bush. Non è il momento di fare polemiche, ma da quattro anni a questa parte è sempre il momento di cambiare direzione e di ritornare nell'alveo della nostra tradizione democratica. Tutte queste cose vorrei ricordarle a voce alta e chiara anche ai politici e ai teocons di casa nostra, ai sedicenti amici dell'America, ai sostenitori della nostra superiorità (a cominciare dall'ineffabile Pera, ancora ieri in pieno delirio conservatorliberista). Mi sento amica degli americani e per questo sono preoccupata per loro, oltre che per noi stessi, visto che la conduzione disastrosa di chi ha il potere assoluto in quella che era una grande democrazia è perniciosa pericolosa degradante per tutto il mondo.
September 11th Families for Peaceful Tomorrows
Per questo mi associo senza riserve al pensiero dei familiari delle vittime dell' 11 settembre 2001, e voglio dare voce in questo mio diario alla nobile lungimiranza delle loro posizioni.
Oggi la marcia della pace da Perugia ad Assisi
«La nuova edizione della Marcia della pace Perugia-Assisi in occasione del Vertice Onu di settembre, a cinque anni dalla Dichiarazione del millennio, rappresenta un momento di incontro progettuale per rilanciare l'impegno in favore dei valori di libertà, di giustizia e di solidarietà».
''La pace e' un bene indivisibile: occorre affrontare con decisione i flagelli che tormentano milioni di esseri umani nel mondo''.
''Le societa' piu' avanzate devono utilizzare le grandi risorse di cui dispongono e le nuove tecnologie per promuovere il progresso comune''.
''E' questo l'obiettivo della Dichiarazione del millennio delle Nazioni Unite, che ha definito i termini di un'alleanza solidale tra paesi ricchi e paesi poveri, per lottare insieme contro la poverta', la fame e le malattie''.
Carlo Azeglio Ciampi, Presidente della Repubblica Italiana
.
E' pomeriggio. Caro diario, care amiche, cari amici, viandanti del web, ho proprio bisogno di aggiungere i link ad articoli appena letti online.
Nel sito de L' Unità: "Viva l'Italia" di Furio Colombo ( parla di noi italiane e italiani, e anche tanto di Terzani ): http://www.unita.it/index.asp?SEZIONE_COD=EDITO&TOPIC_TIPO=E&TOPIC_ID=44568 e "11 settembre, chi ha pagato?" di Bruno Marolo: http://www.unita.it/index.asp?topic_tipo=&topic_id=44573.
Nel sito de La Stampa: "Le ferite dell'America spaventano L'Europa" di Barbara Spinelli - http://www.lastampa.it/_web/_P_VISTA/spinelli/default.asp
da ALP
alle 23,40 di stasera, lunedi 12 settembre, su Rai3
c'è un film "Bimbi neri, notti bianche" con Giobbe Covatta
sui bambini soldato dell'Uganda, sui bambini vittime,
realizzato grazie all'Amref.
più economica
RispondiEliminabuona domenica
bacio
più economica
RispondiEliminabuona domenica
bacio
più economica
RispondiEliminabuona domenica
bacio
più economica
RispondiEliminabuona domenica
bacio
vorrei proprio vedere se qualcuno tra i tanti zelanti filo-bush italiani avrebbe il coraggio o l'impudenza di tacciare di antiamericanismo chi ha scritto queste parole (che condivido pienamente)
RispondiEliminagrazie di questo post...sempre essenziali i tuoi scritti...
RispondiEliminaun sorriso
veradafne
grazie di questo post...sempre essenziali i tuoi scritti...
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veradafne
grazie di questo post...sempre essenziali i tuoi scritti...
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veradafne
grazie di questo post...sempre essenziali i tuoi scritti...
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veradafne
carissima, questo tuo documento rispecchia e rispetta in modo esemplare quello che dovrebbe essere il pensiero delle persone perbene, nel senso di chi giudica dalle opinioni e non si limita a starnazzare cose che ha orecchiato da chi ha convenienza a farle ritenere "vere".
RispondiEliminaL'America ha una impellente necessità di creare, realmente o virtualmente, uno status di incertezza e timore prima di tutto fra i suoi cittadini e, di riflesso, fra gli altri "occidentali" in modo da ricreare quel clima che, negli anni che vanno dal secondo dopoguerra alla caduta del Muro, gli consentirono di imporre scelte politiche e militari spesso discutibili ma mai messe in discussione in nome di un superiore "interesse di sicurezza nazionale", lo stesso che oggi viene sbandierato ogniqualvolta ci sono voci, come quelle da te tradotte, che dissentono dal sentimento che la banda Bush cerca di imporre in modo spesso coercitivo, non a caso sentivo dire ieri, nello speciale del TG3 sull'11 Settembre, che questa amministrazione così fortemente nemica dello statalismo, sta creando una gigantesca burocrazia atta a sostenere l'apparato di controllo sociale che prende il nome di "Homeland security". Una forma più moderna e subdola di imperialismo
RispondiEliminaMauro
L'America ha una impellente necessità di creare, realmente o virtualmente, uno status di incertezza e timore prima di tutto fra i suoi cittadini e, di riflesso, fra gli altri "occidentali" in modo da ricreare quel clima che, negli anni che vanno dal secondo dopoguerra alla caduta del Muro, gli consentirono di imporre scelte politiche e militari spesso discutibili ma mai messe in discussione in nome di un superiore "interesse di sicurezza nazionale", lo stesso che oggi viene sbandierato ogniqualvolta ci sono voci, come quelle da te tradotte, che dissentono dal sentimento che la banda Bush cerca di imporre in modo spesso coercitivo, non a caso sentivo dire ieri, nello speciale del TG3 sull'11 Settembre, che questa amministrazione così fortemente nemica dello statalismo, sta creando una gigantesca burocrazia atta a sostenere l'apparato di controllo sociale che prende il nome di "Homeland security". Una forma più moderna e subdola di imperialismo
RispondiEliminaMauro
Speriamo che alle dichiarazioni d'intenti seguano fatti concreti.
RispondiEliminaNon c'è da augurarsi altro.
Purtroppo la loro storia fino ad oggi è andata in direzione opposta.
Spes...
Speriamo che alle dichiarazioni d'intenti seguano fatti concreti.
RispondiEliminaNon c'è da augurarsi altro.
Purtroppo la loro storia fino ad oggi è andata in direzione opposta.
Spes...
Speriamo che alle dichiarazioni d'intenti seguano fatti concreti.
RispondiEliminaNon c'è da augurarsi altro.
Purtroppo la loro storia fino ad oggi è andata in direzione opposta.
Spes...
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RispondiEliminaNon c'è da augurarsi altro.
Purtroppo la loro storia fino ad oggi è andata in direzione opposta.
Spes...
Dobbiamo sperare che si facciano strada negli USA quelle verità che così nobilmente ricordano i familiari delle vittime dell'11 Settembre. Il terribile Katrina ha tolto molti veli e mostrato impietosamente i limiti atroci di una società egoista. Il resto tocca agli Americani...
RispondiEliminasegnalazione o.t.(un abbraccio)
RispondiEliminaDOC 3
Il documentario d’autore.
Scienza, società’ costume, scenari naturalistici.
Grandi e piccole storie per riflettere e per interpretare il mondo che ci circonda
Bimbi neri notti bianche
di Giulio Manfredonia
con Giobbe Covatta
Lunedì 12 settembre 2005 ore 23.20
I “bimbi neri” sono le migliaia di bambini di etnia Acholi, che ogni notte devono allontanarsi dai loro villaggi nel Nord dell’ Uganda per sfuggire ai soldati dell’esercito ribelle di Joseph Kony.
Approfittando della notte i guerriglieri entrano nei villaggi bruciano tutto, uccidono e violentano gli adulti, saccheggiano e rapiscono tutti i bambini tra i 5 e i 15 anni. Li trascinano a forza nei campi di addestramento in Sudan, li picchiano, li affamano, li costringono ad uccidere i propri amici a bastonate.
Finito questo “addestramento”, li obbligano a tornare in Uganda per assaltare i villaggi, uccidere i propri fratelli e rapire altri bambini che diventeranno a loro volta soldati.
Giobbe Covatta nei panni di un surreale DJ ambulante gira in lungo e in largo le strade del nord dell’Uganda per raccontare la storia di tre fratellini Acholi: Maria, Pasquale e Jean Paul.
A bordo di una radio-jeep Giobbe entra nei campi profughi, nei villaggi devastati, negli ospedali, nei centri di recupero, e, dovunque va, riesce in una mission che forse è possible solo per uno come lui.
segnalazione o.t.(un abbraccio)
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di Giulio Manfredonia
con Giobbe Covatta
Lunedì 12 settembre 2005 ore 23.20
I “bimbi neri” sono le migliaia di bambini di etnia Acholi, che ogni notte devono allontanarsi dai loro villaggi nel Nord dell’ Uganda per sfuggire ai soldati dell’esercito ribelle di Joseph Kony.
Approfittando della notte i guerriglieri entrano nei villaggi bruciano tutto, uccidono e violentano gli adulti, saccheggiano e rapiscono tutti i bambini tra i 5 e i 15 anni. Li trascinano a forza nei campi di addestramento in Sudan, li picchiano, li affamano, li costringono ad uccidere i propri amici a bastonate.
Finito questo “addestramento”, li obbligano a tornare in Uganda per assaltare i villaggi, uccidere i propri fratelli e rapire altri bambini che diventeranno a loro volta soldati.
Giobbe Covatta nei panni di un surreale DJ ambulante gira in lungo e in largo le strade del nord dell’Uganda per raccontare la storia di tre fratellini Acholi: Maria, Pasquale e Jean Paul.
A bordo di una radio-jeep Giobbe entra nei campi profughi, nei villaggi devastati, negli ospedali, nei centri di recupero, e, dovunque va, riesce in una mission che forse è possible solo per uno come lui.
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di Giulio Manfredonia
con Giobbe Covatta
Lunedì 12 settembre 2005 ore 23.20
I “bimbi neri” sono le migliaia di bambini di etnia Acholi, che ogni notte devono allontanarsi dai loro villaggi nel Nord dell’ Uganda per sfuggire ai soldati dell’esercito ribelle di Joseph Kony.
Approfittando della notte i guerriglieri entrano nei villaggi bruciano tutto, uccidono e violentano gli adulti, saccheggiano e rapiscono tutti i bambini tra i 5 e i 15 anni. Li trascinano a forza nei campi di addestramento in Sudan, li picchiano, li affamano, li costringono ad uccidere i propri amici a bastonate.
Finito questo “addestramento”, li obbligano a tornare in Uganda per assaltare i villaggi, uccidere i propri fratelli e rapire altri bambini che diventeranno a loro volta soldati.
Giobbe Covatta nei panni di un surreale DJ ambulante gira in lungo e in largo le strade del nord dell’Uganda per raccontare la storia di tre fratellini Acholi: Maria, Pasquale e Jean Paul.
A bordo di una radio-jeep Giobbe entra nei campi profughi, nei villaggi devastati, negli ospedali, nei centri di recupero, e, dovunque va, riesce in una mission che forse è possible solo per uno come lui.
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Scienza, società’ costume, scenari naturalistici.
Grandi e piccole storie per riflettere e per interpretare il mondo che ci circonda
Bimbi neri notti bianche
di Giulio Manfredonia
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Lunedì 12 settembre 2005 ore 23.20
I “bimbi neri” sono le migliaia di bambini di etnia Acholi, che ogni notte devono allontanarsi dai loro villaggi nel Nord dell’ Uganda per sfuggire ai soldati dell’esercito ribelle di Joseph Kony.
Approfittando della notte i guerriglieri entrano nei villaggi bruciano tutto, uccidono e violentano gli adulti, saccheggiano e rapiscono tutti i bambini tra i 5 e i 15 anni. Li trascinano a forza nei campi di addestramento in Sudan, li picchiano, li affamano, li costringono ad uccidere i propri amici a bastonate.
Finito questo “addestramento”, li obbligano a tornare in Uganda per assaltare i villaggi, uccidere i propri fratelli e rapire altri bambini che diventeranno a loro volta soldati.
Giobbe Covatta nei panni di un surreale DJ ambulante gira in lungo e in largo le strade del nord dell’Uganda per raccontare la storia di tre fratellini Acholi: Maria, Pasquale e Jean Paul.
A bordo di una radio-jeep Giobbe entra nei campi profughi, nei villaggi devastati, negli ospedali, nei centri di recupero, e, dovunque va, riesce in una mission che forse è possible solo per uno come lui.