mercoledì 13 aprile 2005

Caro Giovanni Paolo II


Assisi, 1994. Incontro delle religioni, Papa Giovanni Paolo II © Massimo Siragusa



Comincia così Frei Betto una sua lettera indirizzata al Papa, dopo la sua morte. Frei Betto, domenicano, teologo della liberazione brasiliano, è sociologo e scrittore. L'ho trovata nel Manifesto di domenica 10 aprile. Nella dispersione disordinata e isterica dei giorni della sua agonia e poi dei funerali, nella smania della santificazione, questa lettera è stata per me come una boccata d'aria fresca.





Caro Giovanni Paolo II Sono rimasto esterrefatto con l'esibizione pubblica della sua immagine devastata dalla malattia. Forse che la curia romana voleva convincerci che Lei era un superuomo, impedendole di badare tranquillamente alla sua salute? Gesù non entrò a Gerusalemme montando un asino, in contrapposizione al cavallo bianco degli imperatori? Perché non l'hanno aiutata a rinunciare, come fece nel 1294 Celestino V, che oggi è annoverato fra i santi della chiesa cattolica? Forse che conveniva alla curia tenerla al comando della barca di Pietro perché i suoi cardinali potessero esercitare il potere di fatto?

Fu nel 1980 che ci conoscemmo, in occasione della sua prima visita in Brasile. Portai un gruppo di sindacalisti, fra loro c'era Lula, per incontrarla nel Collegio Santo Américo, a San Paolo. Diluviava e, inzuppati e infreddoliti, aspettammo in strada il permesso di entrare. Era orami sera quando dom Luiciano Mendes de Almeida, allora presidente della Conferenza episcopale brasiliana, ci condusse alla cappella. C'era poca luce e il suo segretario particolare, il padre Stanislaw Dziwisz, entrò con un vassoio pieno di sacchetti di plastica trasperante. Affamato, Lula, ne accettò uno, l'aprì e portò alla bocca quelle che sembravano arachidi. Erano grani del rosario. Lei benedisse i leader degli scioperi operai e ed espresse con chiarezza la sua posizione contro la dittatura militare che ci governava. L'anno prima, io l'avevo vista a Pubela e, negli anni successivi, l'avrei rivista a Roma, in Nicaragua e anche a Cuba che, nel 1998, meritò una sua visita e i suoi elogi per i progressi nella salute e nell'educazione.

Qual è l'impressione che conservo del suo pontificato? L'ho sempre definita un pontefice con la testa a destra e il cuore a sinistra. Conservatore in materia di dottrina, era ammirevole la sua sensibilità per le questioni sociali. Sotto il suo governo, la chiesa cattolica non ha fatto avanzare il Concilio vaticano II, ha tenuto le donne fuori dalle funzioni ecclesiastiche, è stata condiscendente con i casi di pedofilia del clero, ha reagito con reticenza alla corruzione dell'arcivescovo Marcinkus, ha condannato l'omosessualità come una malattia, ha proibito l'uso dei preservativi e qualsiasi dibattito sul sacerdozio dei preti sposati.

Tuttavia nell'ambito sociale la sua azione è stata sorprendente: ha appoggiato gli scioperi anti-totalitari in Polonia e in Brasile; ha chiesto con forza la riforma agraria al presidente Sarney; ha ricevuto Yasser Arafat e appoggiato la causa palestinese; ha tenuto le distanze dalla Casa bianca; ha condannato l'aggressione degli Stati uniti all'Iraq.

Quando mi chiedono cosa succede con la teologia della liberazione, rispondo che, per fortuna, essa è arrivata in Vaticano. Venti anni fa erano quasi solo i teologi della liberazione a parlare di neo-liberismo, debito estero, effetti negativi della globalizzazione. Negli ultimi anni tutti questi temi sono stati presenti nei suoi pronunciamenti e documenti. Quante volte la sua voce si è levata per chiedere l'annullamento del debito dei paesi più poveri!

Molti vedono il principale segno del suo pontificato nella caduta del muro di Berlino. Non per il suo anti-comunismo, bensì per il suo anti-totalitarismo. Mai la sua posizione contro la statocrazia socialista ha significato approvazione del capitalismo.


La sua dottrina sociale propone la globalizzazione della solidarietà in questo sistema che fa della concorrenza il suo valore supremo. Ora che lei riposa in pace, la chiesa si agita per scegliere il suo successore. Prevedo che sarà una scelta difficile. Gli italiani vorranno riprendere il monopolio del papato, che lei ha rotto nel 1978, dopo cinquecento anni. Però molti sanno che la chiesa ha bisogno di abbandonare il suo euro-centrismo se vuole evangelizzare i mondi africano e asiatico. Un papa nero o dagli occhi a mandorla costituirebbe un segnale forte di cambiamento di rotta.

Quali sfide attendono il nuovo pontefice? Primo, conquistare quell'empatia che lei aveva con i media e il pubblico. E com'è malumorata e arcigna, invece, la maggior parte dei cardenali! Poi, aprire il dibattito interno sulla morale sessuale, le relazioni di genere, il celibato obbligatorio e il ruolo della donna. Se il valore supremo è l'amore, perché la chiesa considera ancor oggi la procreazione la finalità primordiale del matrimonio? E chi convincerà i giovani a evitare l'Aids con l'astinenza sessuale?

Nel mondo c'è una profonda fame di Dio.


Le persone chiedono più spiritualità, profondità, etica, solidarietà. Vogliono una pace che sia figlia della giustizia. In questo la chiesa gioca un ruolo preponderante. Speriamo che il nuovo papa sia come Gesù, che ha annunciato a tutti il Dio della vita e dell'amore a partire dal suo impegno con i più poveri. Fuori dai poveri non c'è salvezza per la chiesa.


Frei Betto


Vorrei aggiungere che Giovanni Paolo II ha voluto e saputo evitare il famigerato scontro di civiltà e religioni, si è battuto per i diritti umani, si è opposto alla guerra con la massima determinazione. In questo sento di aver perso un alleato e un amico a cui invio un messaggio d'amore e di bellezza.





La fotografia è di © Massimo Siragusa:  Assisi, 1994. Incontro delle religioni, Papa Giovanni Paolo II (dal sito: http://www.contrasto.it/fotografi/dettaglio.asp?idf=39)

8 commenti:

  1. Cara Harmonia, ti sono debitrice per questa lettera a me ignota( più passa il tempo più mi accorgo della mia ignoranza).La stamperò perchè va divulgata e conosciuta, letta...grazie.

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  2. ..fame di Dio... mi ha colpito.

    Ciao Haimsa!

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  3. testa a destra, cuore a sinistra... definizione perfetta

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  4. Come mi corrisponde!.... Anch'io ho avuto risentimenti e stima per questo papa, miscelati in parti quasi uguali... Una cosa gli riconosco, comunque... che ha dato una svolta nel mettere a nudo la 'fame di Dio' e il desiderio di equità dell'uomo mondiale...
    E anch'io vivo nel dubbio di quale eredità sarà raccolta... spero la migliore e la più spirituale, come si converrebbe ad un 'regno di Dio in Terra'... Ma i cardinali sono uomini!!!!!!.....

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  5. Amica carissima, l'avessi letta prima questa lettera...quando ho scritto il mio pensiero sullo scomparso Pontefice, ho visto che a caldo le parole più dense di fede le avevano scritte, pare assurdo, i laici: scusa la autocitazione.
    "La scelta, sulla quale Zucconi ha scritto parole splendide, di farsi traslare non con le babbucce papaline, ma con scarponi da operaio, a rappresentare che il cammino ed il lavoro continuano anche dopo la morte terrena.
    L’uomo che sa che può vincere o perdere, che sa che il suo destino, in terra, è segnato.Il destino dell’uomo è la malattia e la morte."
    Questo, forse, l'insegnamento che resterà, passata la sbornia emotiva.

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  6. Sempre interessante leggere i tuoi post..ora sono curiosa di vedere chi sarà il prossimo papa...^^

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  7. come un "setaccio" lavori attentamente per selezionare la farina dalla crusca...perchè diventi il pane che alimenta con equilibrio ...
    ciascuno personalizza gli avvenimenti...ma è costruttivo aprire gli orizzonti della conoscenza e possibilmente amalgamare...

    un pensiero affettuoso Harmonia
    Sil

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  8. Trovo la lettera di Dom Frei Betto straordinariamente superficiale; confonde, come succede agli uomini infiammati di carità, e lui di sicuro lo è, la sostanza delle cose con i desideri del proprio cuore. Il resto nel mio blog.

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